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Serata storta

«Dai Jo, ti muovi?»

Alza gli occhi dalla birra che sta spillando e replica con un sorriso beffardo. «Siamo nervose?»

Gli mostro il medio e lui se la ride. Sì, sono nervosa, ma sono affari miei.

Picchietto le dita sul bancone. Lisa è ancora seduta al tavolo con uno dei ragazzi del Ron. È giovane, deve essere entrato da poco. Testa rasata e tatuaggi sulle falangi, li ho notati prima, ma non sono riuscita a leggere cosa c'è scritto.

«Che hai?»

Mi volto e incrocio lo sguardo preoccupato di Jail. Faccio un cenno con la testa e capisce al volo.

«Qual è il problema?» Si avvicina e abbassa il tono, così da poterlo sentire nonostante la musica del locale. «È un amico del Ronin e tu ci vai d'amore e d'accordo.»

Lo fulmino. «Io sono io. Vicino a Lisa non ci voglio nemmeno Ron.»

«Dovresti fare altrettanto» borbotta e scuote la testa.

Lo spingo indietro, voglio spazio. «Ci scopo di tanto in tanto, lei invece si farebbe fregare subito.»

La controllo con la coda dell'occhio e noto che si alza. Sistema la maglia dei Therion che le abbiamo regalato per il compleanno. Forse ha capito e si è decisa a mollarlo lì.

«C'è parecchio movimento stasera.» Jail si guarda attorno, socchiude appena le palpebre e la penombra crea uno strano effetto, rendendo il castano delle iridi quasi nero.

«Già, ed è per lo più gente del giro.»

Si fa serio e sembra studiare le facce. «Sta' attenta, mi raccomando.»

Quando si muovono così hanno in ballo qualcosa di importante, lo sappiamo entrambi. Annuisco. Il Jo mette le nostre birre sul bancone e Jail ne approfitta subito. Mi tende il bicchiere, brindiamo al nulla e li battiamo all'unisono sul ripiano. Butto giù un paio di sorsi.

Lisa ci passa davanti e ci saluta col suo solito sorriso innocente. La invidio, vorrei poter essere come lei. Agito la testa, non devo pensare a questo.

«Vado a salutare un paio di amici.»

Congedo Jail, mentre Lisa è soltanto andata in bagno. Perché si è fatta abbindolare da quel coglione?

«Nika?» Mi volto verso il Jo, che si è allungato sopra il banco. «Quella la offre la casa.»

Inclino la testa e lo fisso.

«No, grazie, me la pago come tutti.»

«Possibile che non posso nemmeno fare una cosa gentile?»

Allargo un sorriso. «Se vuoi essere gentile, la offri a me e anche a Jail.»

«Approfittatrice.»

«Vedi che c'era altro sotto?»

«Ricordami di non fare mai affari con te!» ride, sistema la coda e si rimette dritto.

«Per questo le date le fissa lui e non io.»

«E va bene, il primo giro è gratis sia per te che per l'Hetfield di noialtri.»

Sollevo il bicchiere e tanto gli basta per tornarsene al lavoro. Riporto l'attenzione al tavolo.

«Ma che c―»

«Tutto bene?» Lisa è alle mie spalle, ma non le rispondo. «Ehi, Nika?»

Lascio la birra e mi giro di scatto. Cazzo, mi tremano le mani. Non devono accorgersene, non me lo posso permettere.

«Adesso, tu prendi e te ne vai a casa.»

Lisa sbarra gli occhi. «Perché?»

«Ho detto che te ne devi andare e stai lontana da quello.»

Resta interdetta qualche attimo, sbatte le palpebre con insistenza. «Ma io...»

«Oppure vai da Jail» sogghigno, in fondo lo so che gli muore dietro e, infatti, arrossisce. «Ma non ti avvicinare più a quel tipo. Sono stata chiara?»

«Sì, ma devo almeno salutarlo e dargli una spiegazione.»

«Non gli devi un cazzo!» Fa un passo indietro e trattiene il fiato. Non può spuntarla con me, lo sa. «Sei la mia groupie, no?»

Annuisce, abbassa la testa e il caschetto nero le copre in parte il viso. «Vado a riprendere la borsa.»

Fatico a sentirla, parla troppo piano e la grancassa di Thunderstruck che rimbomba dalle casse la sovrasta.

«Okay.»

Bene, almeno questa è sistemata. Ora resta il coglione: è pericoloso.

«Ciao stronza.»

Ron mi si materializza di fianco e sussulto.

«E tu da dove sbuchi?»

Mi squadra da testa a piedi. «Sembri tesa.»

«Non sono cazzi tuoi.»

Scoppia a ridere. «Non voglio sapere il perché, ma posso darti una mano ad allentare la tensione.»

Non stacca gli occhi dai miei, lo fa sempre con tutti. È una sfida, se cedi, ti divora. Se reggi, invece, hai qualche speranza di entrare nelle sue grazie. Comunque sia, il suo è uno sguardo magnetico e letale, grida la sua sicurezza e ti passa ai raggi X.

E se provassi a usare proprio lui, per fermare l'altro?

Lisa! La cerco e la trovo ancora in piedi al tavolo, la borsa in mano e nell'altra un bicchiere.

«Cazzo!»

Mi si contorce lo stomaco e, di colpo, l'acido risale in gola. Stringo i denti e scatto, pronta a fare casino. Li raggiungo in un batter di ciglia. Lui mi guarda, cerca di nascondere la sorpresa con un sorriso. Finto. Vediamo quanto dura, quando gli manderò le palle in gola.

Prendo il bicchiere di Lisa, che non capisce cosa sto facendo. Il bastardo, invece, si irrigidisce. Agito il bicchiere davanti alla faccia, fingo di studiarlo e sorrido. Lui deglutisce, ma ricambia. Falso.

Avvicino alle labbra il cocktail che le voleva offrire, piano, molto piano. Non lo perdo di vista. È nervoso, adesso. Come la prenderebbe Ron? Lo so, nella sua testa c'è questo pensiero. Suda freddo.

Allungo il braccio e glielo rovescio in testa.

«Nika» squittisce Lisa.

La spingo indietro e resto faccia a faccia con lui. «Che dici, è buono?»

«Brutta puttana!» Parte diretto per afferrarmi al collo.

Mi sposto di lato e va a vuoto. «Hai sbagliato tutto.»

Gli stringo il polso e con l'altra mano faccio leva sul gomito, lo spingo in alto per torcergli il braccio dietro la schiena. Devo bloccarlo. Asseconda il movimento, piega il busto avanti e riesce a fregarmi. Mi arriva di fianco. Col corpo mi spinge e cado addosso al tavolo. Merda, questo sa combattere!

«Che cazzo sta succedendo?» La voce di Ron è un misto tra il boato di un tuono e il ringhio di un animale inferocito, tanto forte da annullare la musica.

Resto un attimo con le braccia tese puntellate sul ripiano. Ho sbattuto sul bordo e il colpo mi ha spezzato il fiato.

«Guarda che casino ha combinato quella troia!»

Inspiro a fondo e cerco Ron. È incazzato. Mi rendo conto che la musica non c'è più, il Jo deve averla spenta e attorno a noi c'è parecchia gente. Brutta gente in effetti. Fanculo, non gli darò la soddisfazione di tremare o implorare.

«Chiedigli perché» dico atona alla volta di Ron.

Sposta gli occhi verso il suo uomo. Non una parola, basta lo sguardo a farlo sbiancare.

«Non le ho fatto nulla» e alza le mani.

«Non a me, coglione. Ma vogliamo parlare di quello che volevi rifilare alla mia amica?»

«Chiudi la bocca» mi blocca Ron. Non si era mai permesso di darmi ordini in questo modo. «Tu, fuori. Subito.» Controlla l'orologio. «Dieci minuti.» Il tipo scatta sull'attenti e obbedisce. Esce accompagnato da altri tre. «Tu, invece, vieni con me.»

«Nessuno mi dà ordini.»

Me lo ritrovo addosso. È veloce, quando vuole: il tempo di sbattere le palpebre e mi ha bloccata. Non provo nemmeno a muovermi, la presa in cui mi ha incastrato potrebbe sembrare un abbraccio, in realtà è una morsa pronta a diventare dolorosa. Il suo respiro mi scivola sulla guancia, è bollente e graffiante. Si ferma sull'orecchio.

«Vieni con me, così il rompicoglioni dietro al banco non chiama gli sbirri.» Mi morde il lobo. «Tu non vuoi avere a che fare con loro, vero?»

No, non voglio e lui ancora meno.

Inspiro a fondo, ma dita invisibili mi artigliano il collo. Il cuore batte troppo forte, è come se picchiasse contro la cassa toracica. Fa male. Anche respirare fa male. Chiudo gli occhi e Ron mi libera. Mi accarezza il braccio e scivola giù, fino a stringermi la mano. Ha un'espressione indecifrabile, dura. Non c'è traccia di ironia o sorrisi, nemmeno qualche ricciolo ribelle riesce ad addolcirne la ferocia, adesso.

Lo seguo. La gente torna a farsi gli affari suoi. E io? Non può fare granché finché restiamo qui, lo Sky è un locale pubblico, non ci sono soltanto i suoi e il Jo non lo appoggia affatto. Non può succedere nulla.

«Ehi!»

I piedi si bloccano da soli, rispondono al richiamo deciso di Jail. Cammina verso di me, doveva essere nel cortile sul retro e non ha assistito alla scena. Noto la sua attenzione virare in basso, sulla mano. Una ruga gli solca la fronte. No, cazzo! Se pianta un casino anche lui è finita. Alzo la mano libera e lo fermo. Sorrido, ma fingo una smorfia di disappunto per la sua intromissione.

«Ho da fare, ci vediamo dopo.»

Non è convinto. L'importante è che ne resti fuori.

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