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Caro diario,
il mio nome è Carrie Hinchinghooke
(e sì, per scriverlo bene ho dovuto copiarlo da uno dei documenti di lavoro del mio papà), ma perchè ho deciso di iniziare a scrivere questo diario?
Diciamo che i motivi sono un bel po'.
Un po' perchè la mia maestra dice che scrivere un diario è utile per migliorare il proprio stile di scrittura (e dato che da grande voglio diventare una giornalista credo che mi possa essere utile), un po' perchè i miei genitori dicono che possa essere una buona alternativa a Billy Facciatosta, il mio amico immaginario e un po' perchè mi andava di farlo e basta.
Forse in futuro ti troverò un altro scopo, ma per ora credo che mi limiterò a raccontarti le solite cose che si raccontano ai diari.
Ad esempio posso dirti che ho due mastichini, si chiamano Dami e Pip.
Dami è grande e tutto nero, con gli occhi che di notte sembrano quasi rossi. Fa un po' paura a dirla tutta, ma in effetti è proprio così che deve essere dato che è un cane da guardia. Pip invece è più piccolo, nonostante abbia la sua stessa età, ha gli occhi grandi e il pelo giallo tendente al bianco e morbidissimo, passerei ore intere solo ad accarezzarlo.
Poi suono la cornamusa fin da quando ero proprio piccola piccola, si tratta di una vecchia tradizione di famiglia, sai?
Ma il maestro si lamenta sempre perchè dice che non mi impegno abbastanza.
Ho una passione assurda per il tè (sarà perché sono sia inglese che giapponese) e adoro passare i pomeriggi dalla mia vicina, Shiemi. È davvero simpatica, nonostante i miei genitori mi dicano sempre di non passare troppo tempo con lei, forse credono che possa avere una cattiva influenza su di me, chissà.
Ma ad ogni modo, vediamo che altro potrei dirti...

Carrie camminava, o meglio, trotterellava al mio fianco col sorriso sulle labbra, la cartella nera che andava continuamente in avanti ed indietro, seguendo una sorta di semicirconferenza nella quale il raggio era il suo braccio sinistro.

Cosa avesse tanto da essere felice, però, per me rimaneva ancora un mistero, soprattutto considerando ciò che era successo il giorno prima.

- Sembri pensierosa. -

Commentò dopo alcuni minuti di cammino.
Avevamo appena imboccato il sentiero sterrato che, passando per il limitare del bosco, ci avrebbe condotto a casa sua.

- Cosa te lo fa pensare? - Ribattei io, ma poi nel vederla sorridere in modo un po' strano, capii all'istante e scoppiai a ridere. - No, non dirmelo. Ho fatto di nuovo quell'espressione, vero? -

Lei annuì con il capo, ridendo a sua volta.

Era così strano, benché sapessi perfettamente che io e Carrie dovevamo già esserci incontrate in passato, rimaneva comunque il fatto che intorno agli undici anni per qualche motivo avessi avuto un'amnesia che mi aveva fatto dimenticare completamente di lei, eppure al tempo stesso nel parlarle mi sentivo perfettamente a mio agio, come se non ci fossimo mai perse di vista in tutti quegli anni.

Caro diario,
sai una cosa che non ti ho detto ieri?
Si tratta del vero motivo per cui ho iniziato a scrivere questo diario.
Il fatto è che sono sempre stata terrorizzata dall'idea di poter dimenticare qualcosa, non importa cosa sia, un nome, un fatto, una data, un volto, ogni volta che non riesco a ricordare qualcosa che dovrei sapere mi sento male.
È per questo che ho deciso di iniziare a scrivere tutto ciò che mi succede, così da non dimenticarmene mai.

- Che mi dici dei tuoi genitori? -

- I miei genitori? -

Ribattè lei aggrottando la fronte.

- Beh, mi hai detto che vivi in una villa, così ho iniziato a chiedermi che lavoro facciano. -

- Ah, capito. Vedi, mia madre è un medico, chirurgo per l'esattezza, mio padre invece gestisce la compagnia navale dell'isola, praticamente le navi che fanno continuamente avanti e indietro dal molo appartengono quasi tutte a lui. -

- Starai scherzando!? -

Esclamai strabuzzando gli occhi.

Lei scoppiò a ridere di fronte a quella mia reazione esagerata e scosse energicamente il capo.

- Hai qualche altro parente qui a Ruben? -

- I miei zii e mia cugina. - Rispose lei con un'alzata di spalle. - Si tratta di una situazione piuttosto buffa, sai? Praticamente mio zio è il fratello di mia madre, e sono giapponesi, mentre mia zia è la sorella di mio padre, e ovviamente sono inglesi, scozzesi per la precisione. -

- E anche loro vivono con voi? -

- No, assolutamente no, mio padre e mia zia litigano in continuazione, sarebbe un disastro. - Disse sorridendo leggermente. - Loro vivono sul lungomare, vicino a casa tua credo. -

- Davvero? - Replicai sorpresa. - Come si chiama tua cugina? Magari la conosco. -

- Si chiama Emi. - Rispose lei. - Emi Katsuki. -

- EMI KATSUKI!? -

Replicai io a dir poco incredula.

- Sì, perchè? -

Ribattè Carrie osservandomi interdetta.

- Niente... Niente... -

Mormorai chinando lo sguardo verso terra.
Emi mi doveva delle belle spiegazioni, questo era poco ma sicuro...

Dopo quella scoperta passarono diversi minuti di silenzio assoluto.
Un silenzio piacevole, però, non di quelli imbarazzanti e pieni di disagio.

Poi però, tutto d'un tratto, mi tornò in mente una cosa e mi ritrovai così a rompere quel silenzio.

- Ehi Carrie. -

La chiamai d'un tratto.
La strada alle nostre spalle era ormai scomparsa dietro un fitto muro di alberi, arbusti e chi più ne ha più ne metta.

- Sì? -

Ribattè lei voltandosi verso di me, ma continuando a camminare.

Una ciocca dei setosi capelli biondo cenere le scivolò davanti al viso, accarezzandole la guancia e iniziando ad ondeggiare al ritmo del suo passo.

- M-ma che fai? -

Chiese Carrie strabuzzando gli occhi e osservandomi incredula, mentre arrossiva leggermente sulle gote.

E lo stesso feci io nel rendermi conto di aver appena allungato una mano verso il suo viso, volendo chissà per quale oscura ragione scostarle quella ciocca da davanti il volto, riportandogliela delicatamente dietro l'orecchio.

- Scusa! -

Esclamai in un mezzo squittio mentre subito ritiravo la mano, volgendo quindi lo sguardo verso terra, quasi che le mie vecchie scarpe da ginnastica fossero improvvisamente diventate così interessanti da assorbire tutta la mia attenzione.

- Che... Che mi volevi chiedere? -

Domandò lei alcuni istanti dopo, ricordandomi del dubbio che poco prima mi era sorto nella mente.
In realtà non si trattava di qualcosa di realmente importante, ma solo di un piccolo pensiero, una frase che tutto d'un tratto mi era tornata in mente, dopo che per giorni era stata completamente dimenticata.

- La tua vicina un paio di giorni fa mi ha detto... -

- Hai parlato con Shiemi!? -

Mi interruppe lei strabuzzando gli occhi.

- Sì, perchè? -

Ribattei io non capendo perché tanta sorpresa.

- Beh, è solo che mi ha sempre dato l'idea di essere una parecchio riservata... - Rispose Carrie, il tono di voce che si faceva via via sempre più basso. - Un paio di volte l'ho incrociata per strada, ma lei mi ha sempre ignorata... o è scappata via... -

- Davvero? -

E questa volta fui io a mostrarmi incredula.
Insomma, di sicuro Shiemi era un po' eccentrica... un po' parecchio eccentrica, ma non riuscivo proprio ad immaginarmela mentre evitava Carrie.

- Comunque non credo che lo faccia perché non ti sopporta. -

La rassicurai con un'alzata di spalle.

- Come fai ad esserne tanto sicura? -

- Beh, in fondo da da mangiare al tuo cane, no? -

E lì scese il silenzio.

Ciò che mi ero appena ricordata riguardava infatti proprio Shiemi e il fatto che due giorni prima mi avesse detto che ogni singola mattina andava a portare da mangiare ad un cane che viveva nei pressi della casa di Carrie. Sul momento non vi avevo fatto particolare attenzione, ma effettivamente era parecchio strana come cosa, soprattutto considerando che se quello era il cane di Carrie avrebbero potuto tranquillamente occuparsene lei o i suoi genitori di dargli da mangiare.

- Andiamo. -

Mi incitò notando che, immersa com'ero nei miei pensieri, ero finita col rimanere indietro.

Non accennai al fatto che avesse appena ignorato bellamente la mia domanda.

Sai diario, io avevo sempre creduto che questa mia paura di dimenticare le cose non fosse solo mia, ma che un po' tutti l'avessero.
Ma c'è una bambina che ha per problema l'esatto opposto: vorrebbe poter dimenticare tutto ciò che le è successo fino ad oggi e ricominciare da capo, con un nuovo nome, una nuova famiglia, tutto nuovo. Praticamente vorrebbe fare una specie di reset della mente.
Ho provato a spiegarle che non è possibile fare una cosa del genere, ma lei era così triste quando gliel'ho detto che alla fine le ho promesso che avrei provato a trovare una soluzione.

- Quanto manca? -

- Una decina di minuti. -

Stavamo passando in quel momento davanti alla casa di Shiemi, girando poi a sinistra, dritte verso un minuscolo e stretto sentiero, che si inoltrava proprio nel bel mezzo del bosco.

Caro diario,
forse ho trovato una soluzione per quel problema di cui ti parlavo la settimana scorsa, sai?
Alla fine sono giunta alla conclusione che, perchè Midori possa ricominciare con una nuova vita, non è necessario che dimentichi davvero tutto quanto. Alla fine basta che lei si inventi una nuova identità e si comporti come tale, no? Per quanto riguarda le altre persone invece, che sicuramente la riconoscerebbero in ogni caso, anche se si tingesse i capelli o, non so, facesse una di quelle schifezze che fanno i grandi dal chirurgo (beato il Team Rocket, a loro basta mettersi un capello e diventano irriconoscibili, peggio di Superman), per loro servirà trovare un motivo che li porti ad escludere a priori il fatto che la persona che hanno davanti sia davvero Midori.
Come?
Beh, se ti trovassi davanti un morto penseresti di avere qualche problema mentale, che magari la persona che credevi morta non sia realmente tale o invece crederesti alle sue parole quando quella persona si presentasse a te come qualcuno che non avevi mai conosciuto prima, portandoti a credere che tutta quella somiglianza sia solo uno stranissimo caso?
Rispondo io per te: la maggior parte delle persone sceglierebbe la terza opzione senza pensarci due volte.

- Senti... -

Deglutii leggermente mentre riflettevo su ciò che stavo per chiederle.
Sapevo che ciò che stavo per dirle era quanto di più sbagliato potessi tirare fuori in una situazione del genere, ma ad ogni modo arrivate a quel punto che senso aveva continuare a trannenersi e assecondarla?

- ...Perchè ieri ti sei arrabbiata tutto d'un tratto e sei scappata via? -

Per un istante scese il silenzio più assoluto, interrotto solo dal ritmico scalpiccio dei nostri piedi sul terreno ingombro di foglie secche.

Caro diario,
a volte mi piacerebbe che tu mi rispondessi, sai? Sarebbe bello poter avere il parere di qualcuno che mi aiutasse a capire se stia facendo o no la cosa giusta...
Il fatto è che ho paura, tanta, tanta, tantissima paura per Midori.
Ho paura per la sua vita, quella che ha intenzione di gettare via, al posto di una nuova di zecca, fatta su misura per lei.
Alla fine ricorderà che è tutta una finzione o finirà col crederci pure lei?

- Di che parli? -

Chiese semplicemente.

Non so cosa mi fossi aspettata esattamente da lei, ma quasi fui delusa da quella risposta. Forse avrei preferito che mi urlasse contro, iniziasse a piangesse o magari perfino che mi scoppiasse a ridere in faccia, come una di quelle psicopatiche che vedo continuamente nei manga che Junko si porta in classe.

Credo che sarebbe andata bene davvero qualunque cosa, tutto tranne quella risposta così atona, priva di qualsiasi traccia di emozione.

- Quello che è successo ieri. - Risposi io, guardandola di sottecchi mentre continuavo a seguire il sentiero. - Quando stavano parlando sulla riva del lago e poi improvvisamente ti sei... -

- Non ricordo. - Mi interruppe però lei, lo sguardo puntato in avanti, quasi stesse cercando di evitare il mio sguardo. - Ieri dopo che abbiamo parlato un po' ci siamo salutate e siamo tornate a casa, no? -

Non riuscii mai a capire se in quel momento mi avesse semplicemente preso in giro o se al contrario fosse stata seria.

...Forse sarà egoistico da parte mia, ma il punto è che ieri, mentre accennavo a Midori delle Ghost Rule e vedevo il suo sguardo illuminarsi alla sola idea, mi sono trovata a pensare che forse sarebbe stato meglio se non avessi fatto proprio nulla.
Lasciare le cose così come stanno.
Sarebbe bello, davvero bello.
Ma ormai è tardi, no?
Se ora dicessi a Midori di aver cambiato idea lei si intristirebbe di nuovo e io non lo sopporterei, non ce la faccio proprio più a vederla piangere.

- Carrie. -

- Sì? -

- È da un sacco di tempo che me lo chiedo, ma come mai indossi quella divisa? Mi sembra un modello piuttosto vecchio... -

- Ma che dici? - Ribattè lei sorridendo leggermente. - È identica alla tua, non vedi? -

Sentii una fitta al petto nel sentire quella risposta.

- E la classe? -

- Che ha di sbagliato la mia classe? -

Preferii non insistere.

Ma forse alla fine non sarebbe poi così male.
Potremmo crearci un nuovo mondo, un mondo tutto nostro.
Saremmo noi a dettare leggi, potremmo decidere ogni singola cosa, da chi siamo noi a cosa sono le cose che abbiamo intorno...

- Quanto manca? -

- Siamo arrivate. -

Rispose facendomi segno di voltarmi verso la mia sinistra.

Certo, potremmo finire col non riuscire più a distinguere ciò che è "vero", da ciò che ci siamo inventate noi, ma alla fine che differenza farebbe?

- Benvenuta a casa mia! -

Esclamò Carrie sorridendo raggiante.

Finchè possiamo restare insieme per me non ha alcuna importanza.

Fu quando la vidi che finalmente gli indizi e le scoperte fatte fino a quel momento si collegarono rapidamente l'una all'altra e io realizzai come stavano realmente le cose.
O meglio, ricordai cos'era successo.

In un certo senso, si può dire che fossimo state entrambe dei fantasmi.

L'una era il fantasma dell'altra.

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