21
- Non può... non può essere... -
Mormorai, lo sguardo ancora fisso sull'album.
In qualche modo riuscivo a ricordarmi i nomi di tutti i bambini presenti nella foto.
- Ed ecco che partono le pippe mentali. -
Sbuffò Takumi per poi strofinarsi con foga le mani sui pantaloni, ripulendole alla bell'e meglio, per poi togliermi con uno strattone l'album fotografico dalle mani.
- Ma che fai? -
Esclamai sorpresa voltandomi verso di lui.
- Evito che si verifichi un'inondazione, ecco cosa, il lago che abbiamo lì fuori basta e avanza. - Rispose bruscamente, mentre si dirigeva verso l'armadio per rimettere l'album al suo posto. - E poi i fazzoletti costano, quindi se devi piangere fallo da un'altra parte. -
Lo fissai strabuzzando gli occhi, chiedendomi se stesse parlando sul serio o mi stesse prendendo in giro.
Probabilmente stava facendo tutte e due le cose contemporaneamente.
- Non te la prendere. -
Mi disse invece Kioshi posandomi una mano sulla spalla.
Sussultai leggermente a quel contatto improvviso e, voltandomi verso di lui, mi accorsi con leggera sorpresa che il suo sguardo non era diretto esattamente verso di me, quanto verso un punto non meglio identificato alle mie spalle. In un primo momento pensai che stesse davvero osservando qualcosa dietro di me, poi mi ricordai del suo astigmatismo e del fatto che si fosse rotto gli occhiali.
- Ciò che voleva dire davvero è "se piangi tu piango io, quindi datti una calmata". -
- Non è vero! -
Protestò il corvino.
- Con lui bisogna saper leggere tra le righe. -
Aggiunse però il riccio, completamente sordo alle proteste dell'altro.
Non riuscii a fare a meno di scoppiare a ridere di fronte a quella scena.
Kioshi socchiuse leggermente gli occhi e sorrise, le labbra sempre serrate, Takumi invece sbuffò, borbottando qualcosa tipo "se dico che è perchè i fazzoletti costano è perchè i fazzoletti costano, e che diamine!".
~
Quando uscii dall'orfanotrofio il sole era sul punto di scomparire oltre l'orizzonte, il lago pareva fatto di lava tanto era rosso.
Vidi un gruppo indistinto di persone in lontananza che si avvicinava in tutta calma costeggiando lo specchio d'acqua, dovevano essere i badanti e i vari ragazzi dell'orfanotrofio.
Lasciai vagare per alcuni istanti lo sguardo sulle rive del lago Kushu, ripensando agli ultimi avvenimenti.
Chi l'avrebbe mai detto che indagando su Carrie sarei finita con l'indagare sul mio stesso passato.
Solo allora mi accorsi di lei.
Se ne stava seduta sul bordo con i piedi a penzoloni nel vuoto, a giusto cinque centimetri dallo specchio d'acqua.
Teneva la canna da pesca con entrambe le mani, i gomiti leggermente sollevati.
Era così concentrata che non si accorse della mia presenza neanche quando le fui praticamente alle spalle.
Mi affacciai sul secchio che aveva al fianco, osservando sorpresa le due trote che ancora si dibattevano al suo interno, nel vano tentativo di balzarne fuori per tornare in mare.
Non riuscii a fare a meno di pensare che se Chiyoko fosse stata qui, probabilmente le avrebbe ributtate in mare senza pensarci due volte.
- Che hai scoperto? -
Mi chiese Carrie tutto d'un tratto.
- Un sacco di cose. - Risposi sedendomi sull'erba accanto a lei. - Troppe cose... -
- Mai sentito di una detective che si lamenta per aver scoperto troppe cose. -
Commentò lei divertita, lo sguardo ancora rivolto alla piccola boa azzurra della canna da pesca, in attesa che qualcosa abboccasse all'amo.
La luce rossastra del tramonto si rifletteva nei suoi occhi color del ghiaccio traballando leggermente, come una piccola fiamma.
- Che c'è? -
Mi chiese tutto d'un tratto voltandosi verso di me e inarcando le sopracciglia con aria perplessa.
Arrossii leggermente nel rendermi conto di essere rimasta ad osservarla come un'ebete per almeno un minuto intero e subito distolsi lo sguardo.
- Allora detective. - Disse allora lei sorridendo con fare leggermente beffardo. - Posso sapere cosa ti hanno raccontato quei pazzoidi o sono informazioni top secret? -
- Ho scoperto di venire da lì. - Dissi tutto d'un fiato. - I miei genitori attuali... Sono genitori adottivi. -
Silenzio.
Per due interminabili minuti Carrie rimase in religioso silenzio, lo sguardo fisso davanti a sè e la fronte leggermente corrucciata, quasi stesse cercando di metabolizzare ciò che le avevo appena detto.
Quasi pensavo che avesse deciso di ignorarmi e basta, quando riprese a parlare.
- E allora? - Disse alzando leggermente le spalle.
- Come sarebbe a dire "e allora?"!? -
Ribattei io strabuzzando gli occhi.
- Insomma... - Riprese lei. - Alla fine cosa cambia? -
- Beh... Nulla, credo. - Mormorai, sorprendendo perfino me stessa. - Mi hanno detto che soffro di amnesia, ma che questa mi ha colpito prima che io arrivassi all'orfanotrofio. Sono arrivata lì quando avevo undici anni e me ne sono andata dopo appena sei mesi. Non hanno idea di cosa abbia fatto prima, nè di chi siano i miei veri genitori, credono che non ricordi nulla di quel posto solo perché mi sono imposta da sola di dimenticarmene. -
- Tu che ne pensi? -
- Credo che sia vero. Quando ho visto una foto di gruppo, scattata cinque anni fa, sono riuscita a riconoscere i volti di tutti quei bambini, nessuno escluso. -
- E così, alla fine hai scoperto tutto meno quello per il quale sei venuta qui, eh? - Rise leggermente Carrie. - Dopotutto sei venuta in questo orfanotrofio per investigare su di me, no? -
Mi morsi leggermente il labbro inferiore all'udire quelle parole.
Ormai era ufficiale: per quanto adorassi i misteri, facevo davvero pena come detective.
- A dirla tutta, qualcosa su di te l'ho scoperta. -
- Ah sì? -
Ribattè lei, ma dal suo tono allegro capii che non mi stava prendendo particolarmente sul serio.
- Mi hanno detto che il mio nome era Carrie. -
- E allora perché ora ti chiami Midori? -
Mi chiese con noncuranza.
- A quanto pare quando sono arrivata lì ero in condizioni pietose, dicevano che fossi appena scampata a un qualche tipo di incidente, ma non hanno saputo dirmi di più. Ad ogni modo, mi hanno raccontato che a causa della mia amnesia non reagivo quando mi chiamavano Carrie, non riuscivo neanche a ricordarmi che quello fosse il mio nome. Mi hanno anche detto che soffrivo di sonnambulismo e che parlavo nel sonno. L'unica parola che dicevo, però, era "Midori". Un giorno provarono a chiamarmi così e per qualche motivo io reagii all'istante, così decisero di darmi quel soprannome. A quanto pare sulla mia carta d'identità sono segnati entrambi, sia "Carrie", che "Midori". -
- E con ciò? - Replicò lei. - Insomma, non fraintendermi, tutto ciò è davvero incredibile, neanche oso immaginare quanto devi sentirti confusa in questo momento, ma comunque cosa c'entro io? Il fatto che anche io mi chiami Carrie non prova nulla. -
- È vero. - Concordai annuendo leggermente. - Ma mi hanno detto che anche tu vivevi in quell'orfanotrofio. -
Le sue spalle ebbero un lieve sussulto.
Continuai...
- Mi hanno detto che ci sei praticamente cresciuta, che hai vissuto lì fin da quando avevi solo tre o quattro mesi di vita, solo che poi, esattamente una settimana prima del mio arrivo lì, sei scomparsa. -
Le mani iniziarono a tremare leggermente, strinse la canna da pesca finchè le nocche non le diventarono bianche.
- ...Mi hanno detto che andavamo a scuola insieme all'asilo e anche alle elementari, ma eravamo in classi diverse... -
- Basta... -
Lo disse così piano che quasi credetti di essermelo immaginato.
- Mi hanno detto che quando poco tempo fa ti hanno rivista dopo ben cinque anni di assenza, quasi stentavano a crederci. Ma tu sei cambiata, mi hanno detto che sei cambiata incredibilmente dalla persona che conoscevano loro. Innanzittutto perchè hai iniziato... -
- ...chiudi il becco... -
- ...a farti chiamare Carrie... -
- ...stai zitta... -
- ...quando invece il tuo vero nome è Midori. -
- SILENZIO! -
Gridò alzandosi in piedi di scatto.
Mi ritrassi dalla sorpresa, osservando quasi con paura il suo sguardo, carico di rabbia e odio, ma al tempo stesso tristezza e disperazione.
- Midori non c'è più! - Esclamò, le mani strette a pugno lungo i fianchi. - MIDORI È MORTA!-
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