Prologo
Parigi era affollata quel giorno. Le vie erano talmente piene di persone che il sacerdote riusciva a passare solo con grande fatica. Aveva le tempie ricoperte da goccioline di sudore, sebbene non sapesse bene se fossero per il caldo o per la fatica, e le gambe gli dolevano dal lungo camminare. Non aveva idea di dove stesse andando: sapeva solo che doveva continuare, che qualcosa lo attendeva alla fine della strada, qualcosa che aspettava solo di palesarsi ai suoi occhi.
Non riusciva a spiegarsi questo impellente bisogno di raggiungere quella meta sconosciuta, né quella strana sensazione. Eppure, qualcosa doveva esserci, poiché continuava a indurlo a farsi strada in mezzo alla folla per arrivare al luogo che lo stava così animosamente chiamando e traendo a sé.
Finalmente la strada si curvò e, oltrepassato un palazzo, ebbe una vista completa su quello che aveva davanti: una piazza. Tuttavia, non una qualunque; non appena la vide, riconobbe che apparteneva all'Île de la Cité, una delle due isole poste sul fiume Senna, che attraversava Parigi.
Eppure, qualcosa stonava: sebbene sentisse quel luogo molto familiare, perché innumerevoli volte vi era passato davanti o era entrato in quegli edifici, percepica anche distintamente che vi era qualcosa di diverso. Era abituato a vedere da un lato dello stretto spazio della piazza le due umili chiese, una cattedrale dedicata a Santo Stefano, la più grande, e l'altra alla Vergine Maria, chiamata Saint-Jean-le-Rond. La prima era una basilica immensa, ma che lui aveva sempre considerato troppo massiccia e spoglia, nonostante la presenza dei mosaici all'interno, che, tuttavia, non riuscivano a stemperare il senso di pesantezza che il volume delle colonne e delle mura imponenti davano. Proprio per questo motivo non era mai riuscito a reputarlo abbastanza armonioso e atto a rappresentare il potere del vescovo di Parigi. La seconda, invece, era in realtà un semplice e piccolo battistero dalla pianta rotonda.
Oltre a queste vi era un'ulteriore chiesa, dietro quella di Santo Stefano, dedicata anch'essa alla Madonna. Essa nel corso degli ultimi anni aveva acquisito sempre più importanza rispetto all'altra, soprattutto nel momento in cui venne fondato il capitolo dei canonici¹ e stabilito nella chiesa di Notre-Dame.
Tuttavia, in quel momento davanti ai suoi occhi vi era un complesso di chiese assai diverso da quello che ricordava. Maurice si avvicinò di più alla piazza, gremita di persone che in parte gli ostruivano la vista, sperando così di rendersi conto di cosa non riuscisse a convincerlo. No, le chiese non c'erano, ma al loro posto c'erano un edificio che non aveva mai visto. Una cattedrale alta e imponente, tanto bella da mozzare il fiato al prete e far offuscare il ricordo di ogni altra chiesa alla quale si fosse mai trovato dinanzi. Aveva alte torri, una facciata con miriadi di statue scolpite su di essa e vetrate, tre portali riccamente decorati e magnifiche guglie. Era rimasto tanto colpito da quella cattedrale da accorgersi solo in un secondo momento che sul lato sinistro, dove soleva trovarsi il battistero di Saint-Jean-le-Rond, vi era invece una piccola chiesa a pianta rettangolare.
Rimase a bocca aperta davanti alla meraviglia di quella chiesa, incapace di distogliere gli occhi da tanta bellezza e magnificenza architettonica. Osservò con attenzione, cercando di memorizzare ogni singolo dettaglio dell'edificio così da non dimenticarsi mai dello splendore di quella chiesa. Era un dono di Dio, non c'era altra spiegazione. Ne ebbe la certezza quando un raggio di sole riuscì a superare le nuvole scure che creavano un manto grigio che ricopriva e oscurava l'intera città, fino ad illuminare la facciata della cattedrale.
La folla che prima impediva la completa visione della chiesa si aprì all'improvviso e Maurice, come guidato da una forza sconosciuta e potente, mosse i primi passi verso la cattedrale. Il grande portone centrale si aprì da solo, mostrando l'interno. Quando egli fece il suo ingresso nella cattedrale, rimase senza parole. Nella sua vita aveva avuto modo di entrare e visitare miriadi di chiese, ma mai nessuna era stata neanche lontanamente simile a quella in cui si trovava ora.
La navata era altissima, tanto che gli archi sembravano vicini al superare il soffitto e le nuvole e toccare il cielo, simili a giganti se paragonati ai normali archi di una qualsiasi altra chiesa. L'unica cosa che stonava era il fatto che fosse vuota. Si guardò intorno, ma non vide altro oltre ai pilastri, alle pareti, alle finestre con i vetri colorati e alle statue. Nessun ulteriore ornamento, ma, pur nella sua povertà, rimaneva tanto stupefaciente da togliere il fiato. Camminò nella navata centrale spoglia di ogni oggetto, anche delle panche e perfino delle croci latine, fino a raggiungere l'altare, anch'esso privo degli elementi della comunione, ovvero il calice e il contenitore delle ostie, ma illuminato dalla luce proveniente dalle tre vetrate dell'abside. Sul raggio si andò definendo un volto luminoso e vagamente femminile, ma ancora troppo pallido per essere distinto con chiarezza. Tuttavia, non appena lo vide, Maurice rimase senza fiato. Infatti, man mano che questo si faceva più nitido, diveniva sempre chiaro nella sua mente a chi appartenesse quel viso che pareva esprimere amore e indicibile devozione, lo stesso che tante volte aveva osservato negli affreschi e davanti al quale aveva pregato. Il volto etereo e puro della Vergine Maria. Con la stessa velocità con cui l'immagine era comparsa ai suoi occhi quella sparì, inghiottita dal fascio di luci.
Avrebbe desiderato rimanere in eterno davanti ad un tale capolavoro e continuare ad ammirare il suo splendore, ma improvvisamente l'altare e la navata, insieme all'intera chiesa, sparirono, lasciando al loro posto solo un triste vuoto, che faceva sembrare la piazza molto più spoglia e povera. Maurice corse nel luogo in cui pochi attimi prima si ergeva la chiesa nel vano tentativo di impedire a quella visione di fuggire via, ma ormai era troppo tardi. Non c'era più nulla che potesse fare per riportarla indietro.
Maurice de Sully si svegliò di soprassalto, con il viso e la schiena imperlati di sudore e la bocca asciutta. Si scostò di dosso le coperte di lino e lasciò che l'aria fresca proveniente dalla finestra aperta gli accarezzasse la pelle attraverso la veste leggera, dandogli ristoro e refrigerio dal torpore che il sogno gli aveva lasciato. Si passò una mano sulla fronte, ripulendola dal sudore. Rammentava il sogno tanto lucidamente quanto il ricordo del giorno precedente. Ogni singolo dettaglio ed elemento della città, della piazza e, soprattutto, della cattedrale erano come iscritti nella sua mente con meticolosa precisione, come mai gli era accaduto con qualsiasi altro sogno avesse fatto in precedenza.
Posò lo sguardo sulla finestra, da cui entravano i primi raggi dell'alba. Quello non poteva essere solo un sogno come un altro: era il chiaro segno che Dio aveva in serbo per lui un compito, che lui, come Suo fedele e umile servo, avrebbe dovuto portare a termine in ogni modo.
Scese dal letto e si inginocchiò su un lato, giungendo le mani in preghiera, il volto sempre rivolto alla luce che entrava dalla finestra. Se ciò che il Signore gli stava chiedendo era di costruire una nuova chiesa, che fosse in grado di rappresentare e mostrare tutta la grandezza della Sua misericordia e potenza, allora l'avrebbe fatto senza il minimo indugio. Una cattedrale tanto meravigliosa non solo avrebbe rappresentato in pieno la grandezza di Dio e della Chiesa, ma avrebbe anche potuto rafforzare la fede dei cristiani parigini che si sarebbero ritrovati uniti sotto un'unica, grande chiesa.
Quella era la volontà di Dio e mai Maurice avrebbe osato opporsi a Lui. Farò ciò che mi hai chiesto, Signore, pensò. Avvenga per me secondo la Tua parola.²
Note:
¹ Il capitolo dei canonici è un'assemblea composta da presbiteri (sacerdoti), dotati di potere giudiziario e amministrativo, in cui si regola il regime interno e l'uso dei beni interni.
² Citazione della frase pronunciata da Maria nell'Annunciazione (Vangelo secondo Matteo e Vangelo secondo Luca).
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