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XIV

TW: violenza.

" Cara Sophie,

voglio solo che tu mi risponda. Ho bisogno solo di questo.
Come stai? Ti prego, dimmi come stai... È angosciante non sapere nulla, angosciante il pensiero di essere qui solo per te, per noi, e non ricevere nemmeno una notizia. Devi metterti nei miei panni, sai? Solo così potrai capire quanto io stia soffrendo.

È per papà, vero? È colpa sua se non rispondi? Oppure mi odi talmente tanto che non merito risposta?

Ti prego, Soph... Dimmi qualcosa. Scrivi qualcosa...
Ieri sera parlavo di te ad un nuovo amico, ha detto che ci somigliamo. Ma ci somigliamo davvero, ora? Ora che ti sento così lontana che sembra che tu non esista... È brutto, davvero.

Attendo pazientemente di sentirti, in ogni singolo istante della mia giornata. Chiedo alla mia domestica di te, penso sempre a te.

Continuo a volerti bene, nonostante tutto.

Fammi sapere se è tutto okay... D'accordo?

Con amore,
Morgana."

Sono talmente disperata e cocciuta che questa notte ho scritto un'altra lettera. Pezzi di carta stropicciata sono sul pavimento, mentre il calamaio pieno d'inchiostro è semi aperto. Continuo a guardare la foto di mia sorella con la speranza che il mio desiderio si avveri... Ma la conosco. So che non lo farà. Non risponderà, di nuovo.

" Costance, puoi consegnare questa lettera?"

Naturalmente la mia domestica non ne può più di starmi a sentire, e credo non sopporti nemmeno questo disordine. Così scuote la testa, le braccia incrociate, mentre mi incita a spostarmi. La vedo raccogliere la carta da terra.

" Signorina Morgana, mi dispiace dissentirla ma non posso. Ho già rischiato abbastanza quando ho consegnato la prima lettera."

" Per Adrian continui a rischiare, però."

" Come, prego?"

Altri pensieri mi hanno tenuta sveglia, stanotte, e sono giunta ad una conclusione...

Adrian e Constance parlano e sono amici. Mi hanno detto entrambi esattamente la stessa frase, che poi ho pensato possa essere una frase in codice. Sono loro che stanno architettando il piano; immagino che anche una domestica possa avere qualche sassolino nella scarpa.

Mi domando se ci siano altri.

" La servitù è con noi."

Affermo, per vedere una sua reazione, e lei balza in aria. Corre a chiudere con uno scatto la porta della mia stanza, che era aperta. Poi mi guarda agitata.

" Lei è pazza! Vuole farci ammazzare?"

" Lo sapevo! Adrian mi ha detto tutto, che avete un piano e che state pensando ad una vendetta, ad una fuga..."

" Anche se fosse, lei non ha il diritto di sbandierarlo ai quattro venti! Deve stare zitta, altrimenti ci farà ammazzare esattamente come quella povera ragazza!"

Ora cammina su e giù per la stanza e si guarda intorno nervosa. Mi domando se...

" Credi che David c'entri qualcosa con la morte di Rachel?"

Lei si ferma di scatto, un piede in bilico. Poi si accascia sul letto, al mio fianco, ed annuisce lentamente.

" È probabile, ma non abbiamo le prove e nessuno ci crede... Quell'uomo sa bene come nascondere le proprie tracce. Povera, povera ragazza... questa stanza era proprio la sua... L' ho trovata lì, sul tappeto... Che orrore, che disgrazia! Era giovanissima, così bella e piena di vita. Ha commesso un errore, questo è vero, ma non meritava la morte... Io le volevo un gran bene."

"Secondo te David mi ha assunto per sostituirla?"

È un pensiero che mi sorge spontaneo, di getto; perché riservarmi questa stanza, perché essere così ossessionati da me? Probabilmente era Rachel quella che aveva un ruolo importante, e probabilmente è stata la stessa ad aver mandato tutto all'aria... Ecco perché David poi potrebbe averla uccisa.

Ma sono solo supposizioni...

David non mi farebbe mai del male, però, giusto? Dice che sono preziosa, che ha in serbo qualcosa di speciale... Forse, però, sto solo prendendo il posto di qualcun altro. Sono solo un rimpiazzo.

Un rimpiazzo...

" Non lo so, signorina. Sta di fatto che Lei dovrà essere molto cauta se vorrà stare assieme a noi. Non voglio che la storia si ripeta. Siamo intesi?"

Io annuisco, deglutendo a fatica. Non oso pensare a cosa potrebbe accaderci se dovessimo fallire.

" Sa già qual è il piano?"

" No, no, me ne parlerà Adrian questa sera."

" Bene, bene... La raccomando, di nuovo: non una parola. Ed ora si vesta e scenda sotto. Non deve insospettire nessuno, deve fare il doppio gioco! Avanti."

Ubbidisco e mi vesto in fretta, lei che si volta ed inizia a rifare il letto come di consueto. La guardo di sbieco dall'angolo dello specchio; i capelli rossi sono raccolti in una crocchia, le pieghe del vestito evidenti. Mi domando quanti anni abbia, se sia in grado di far parte di una sommossa... Potrebbe avere sulla quarantina, non di più. È furba, più di quanto sembri, ed in questi giorni è stata un'ottima consigliera, quasi un'amica... Una figura materna, anche.

In fondo, penso, sono felice di averla al mio fianco.
Mi fido di lei, mi fido di Adrian.

" Allora io vado... Oh, e... Costance?"

Lei si volta, silenziosa e preoccupata.

" Consegna quella lettera... Se non risponde nemmeno ora non gliene manderò più. Siamo nella stessa squadra, no? Io conservo questo segreto e tu mi aiuti."

" Sì, sì, va bene... Si sbrighi, adesso, o farà tardi. David è già in sala da pranzo, credo proprio che inizierete lì la vostra lezione.
A più tardi."

Afferma, prendendo la lettera dalla scrivania ed aprendo la porta della stanza. Mi affretto ad uscire, non senza rivolgerle un sorriso di gratitudine.

Quando arrivo al piano terra, con mia grande sorpresa il tavolo in sala da pranzo è stato rimosso ed al suo posto c'è una scrivania. Al centro della sala c'è David, voltato di spalle, che sorseggia qualcosa da una tazza e guarda fuori dalla finestra.
Non c'è nessun altro a parte noi.
La situazione mette i brividi.

" Ehm... Ciao, David."

Lui mi guarda, torcendosi lentamente col busto. Mi rivolge uno strano sorriso prima di tornare a guardare il giardino.

" Oh, ciao, cara Morgana. Dormito bene?"

" Insomma... Tu come stai?"

Non so da dove esca fuori questa vena di bontà, questo finto interesse. Poi mi rendo conto che ho troppe cose da perdere, adesso, e che ho bisogno di una maschera. Una maschera che mi faccia avvicinare a David, per quanto mi disgusti, e che mi faccia scoprire il più possibile sulla rapina, sul suo passato e su tutto il resto.

Per adesso, comunque, sembra abboccare. Si lascia sfuggire un plateale sospiro mentre posa la tazza.

" Potrebbe andare meglio, molto meglio... Per colpa di quella sbadata di Costance, invece, mi ritrovo qui in sala da pranzo a dover tenere una lezione senza poter entrare in ufficio; la nostra amata domestica ieri ha perso la chiave della stanza dopo aver pulito, riferendomi addirittura che è desolata e si darà da fare per cercarla. La porta comunque è ancora chiusa, ahimè, e Dio solo sa quando potrò rientrare."

" È per questo che ti sei fatto portare una scrivania?"

" Già, già. Ma lasciamo perdere. Chiudi la porta e siediti. Devo parlarti del piano."

Faccio come dice, tornando poi davanti a lui e sedendomi. David annuisce, facendo altrettanto.

" Ottimo. Lo sai perché ti ho scelta, Morgana? Sei agile, sei veloce, in piena salute. È per questo che voglio che tu abbia un ruolo importante nel furto... Ne hai le capacità."

Fa una pausa, un sospiro, e sembra perdersi nei miei occhi. Cerco di resistere al suo sguardo, cerco di non distoglierlo, per quanto sia intimorita, e lotto con tutte le mie forze per sostenerlo. Ci riesco; lui sorride.

" Voglio che rubi il diadema, Morgana. T'infilerai in quell'ufficio, sparerai a vista se necessario, e prenderai il tesoro."

" CHE COSA?!"

Sbotto, fuori di me, sgranando gli occhi e sbarrando le labbra.

"Ti ho detto che non voglio fare del male a niente e nessuno! Non mi piace questo ruolo, non mi piace e non lo assumerò!"

" È INEVITABILE!"

Urla lui, ancora più forte ed alzandosi in piedi. La sedia cade a terra, un tonfo secco che mi fa rabbrividire. Mi faccio piccola piccola mentre lui avanza verso di me.

" Tu sei l'unica che possa farlo, l'unica qui dentro che abbia del coraggio! Stormy è una fifona, Max un inetto ed Adrian... Adrian è un caso perso. Sei rimasta solo tu... Ti obbligherò, se necessario, perché devi accettare. Devi."

L' idea di essere solo un sostituto ritorna nella mia mente, questa volta con maggior forza e convinzione.

Devi accettare.

Ho paura, ma non posso mostrarlo. Così deglutisco, spostando lo sguardo e rivolgendo un'occhiata all'orologio. Sento il suo sguardo su di me, le mie guance vanno a fuoco. So che dovrei accontentarmi e stare in silenzio, ma una parte di me vuole combattere.

Una parte di me lo detesta.

" Non sono il tuo burattino. Non voglio esserlo e non lo sarò."

Mormoro, ad un tratto, e David alza un sopracciglio. Poi si avventa su di me, mi prende per un braccio e mi alza con violenza dalla sedia. Il mio cuore batte all'impazzata, sono di nuovo in trappola. Il viso di lui è troppo vicino al mio, guancia contro guancia, la barba che mi punge.

Fa pressione con il corpo, avvicina le labbra al mio orecchio e mi scosta i capelli.

Mi viene da vomitare.

" Tu farai quello che ti dico, come lo dico e quando lo dico... Non accetto ribelli in questa casa..."

Sussurra, implacabile, facendo scendere una mano sul mio collo.

" Tu risponderai solo ai miei comandi, Morgana... È solo questione di tempo, ed inizierai a vedermi come il tuo unico padrone."

" Mai!"

Urlo, ma vengo messa a tacere in un istante, quando lui stringe la mano sul collo. Mi sento soffocare, vittima di quella morsa infernale. Sento la vena pulsare all'impazzata, mentre David con un ghigno mi guarda malizioso.

" Sciocca che non sei altro... Sei nelle mie mani."

Mormora, infine, stringendo sempre di più. Tossisco violentemente e boccheggio per un po' di respiro. Gli graffio le mani, mi dimeno per liberarmi, ma lui sghignazza e basta.

"L...lascia...lasciami..."

Borbotto, con la voce rauca, e lui inclina il capo divertito. Poi mi lascia andare, ed io annaspo, cadendo a terra ed in ginocchio. Sono ai suoi piedi. Lui si acquatta davanti a me. Non smette di sorridere; è inquietante.

" Un giorno capirai che il potere è tutto... Ma adesso rialzati e stammi a sentire."

Mi porge una mano ed io l'afferro, disgustata e spaventata. Mi rialzo lentamente, lasciandomi condurre verso la sedia. Mi siedo, ancora frastornata, e lui fa lo stesso, tornando davanti a me.

Riprende a parlare e fingo di ascoltarlo.

Quanto vorrei essere altrove.

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