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26 - Il nettare degli Dèi e il veleno degli uomini




"Una delle sue funzioni principali consiste nel tenere a bada gli esseri umani, nell'evitare che pecchino di hybris, di tracotanza, e si credano pari ai numi. Se nel sistema religioso greco Zeus non è difatti creatore del mondo né padrone del destino, è però garante dell'equilibrio naturale."


— Are we too young for this?

⚡️
H A V E N ' S
P O V

«Spero che tu non ce l'abbia con me,» dice Ares, mentre camminiamo per il corridoio deserto del dormitorio.

Con la matita in bocca e le mani intente ad arrotolare i capelli, emetto uno sbuffo. La incastro tra le ciocche e li fisso contro la nuca. «No, figurati, essere svegliata alle cinque del mattino perché vuoi andare in palestra ad allenarti per lavorare su te stesso e trovare la tua indipendenza era ciò che più desideravo dalla giornata di oggi.»

Ricevo una pacca sulla schiena. «Sapevo che avresti capito.»

È da due giorni che Ares è entrato in una nuova fase della sua vita. Lui la chiama "Riscoperta". Sul suo letto c'è un libro intitolato "Pensi che gli altri siano il problema ma in realtà sei tu: ecco perché", che si mette a leggere la notte. Mi addormento sempre guardando la sua figura ricurva nel letto, con un evidenziatore in bocca e una matita in mano, che intercambia a seconda di quello che vuole sottolineare. L'altro giorno, di ritorno dalla caffetteria, l'ho trovato che girava per la camera mentre mangiava un panino e ascoltava un podcast sulla ricerca della felicità interiore.

L'altra cosa che ho notato è che non risponde più ai bigliettini di Hel. Continua ad ascoltare musica a massimo volume, la mattina, e lei ci attacca con la chewing-gum il solito foglietto pieno di insulti. Lui li legge e li lascia lì. Tanto che ora sulla nostra porta campeggiano cinque pezzi di carta gialli, alla vista di tutti.

«Ancora non capisco perché debba venire con te,» gli dico quando arriviamo nell'atrio di Yale.

Ares mi indica di passare per prima, quando apre la porta per il piano di sotto, con le palestre. «Così posso guardare il tuo culo fasciato dai leggings, Cohen.»

Alzo gli occhi al cielo e gli do una spinta perché vada lui avanti. Non si oppone e ridacchia a bassa voce. Mi guida lui, anche se vedo con chiarezza che c'è una sola stanza aperta. Il fascio di luce si proietta sul pavimento, in fondo al corridoio.

«Vuoi sapere la verità? Non è la prima volta che vengo ad allenarmi la mattina, qui,» ammette, girandosi verso di me ma senza smettere di avanzare.

Ora sono incuriosita. «Continua.»

«Non ho più visto Malakai la scimmia...»

«La vuoi smettere con questa storia della scimmia?»

«Non è colpa mia se il nome Malakai sembra la razza di una scimmia in via d'estinzione.»

«Non è vero.»
«Sì, invece.»
«No.»

Ares non demorde e indica lo zainetto che gli pende dalla spalla. «Ho messo una banana qui dentro. Se la accetta e la mangia, la mia teoria verrà confermata.»

L'idea di Ares che dà una banana a Hades mi fa ridere. «Secondo me andrà a finire male, invece. Ti sconsiglio di fare una cosa del genere.»

E non appena arriviamo in prossimità della porta, mi blocco. Realizzo troppo in ritardo le implicazioni di quello che mi ha detto. «Aspetta. Quindi è da due giorni che ti alleni con Hades?»

Ares si ferma sulla soglia e ci si poggia con il braccio. «Come dicevo non vi ho più visti insieme, a limonare in modo inappropriato sul divano della camera che condividiamo. E non vi scambiate più occhiatine dolci in caffetteria. Non so cosa stia succedendo, ma sono qui per risolvere i vostri problemi.»

«Il tuo altruismo è commovente, però vorrei ricordarti che molti problemi li hai causati tu.»

Fa una smorfia buffa e scrolla le spalle. «Proporti di scopare, insultarlo e dirgli che volevo sculacciarti non mi sembrano cose che rientrano nel creare problemi.» Batte le mani. «Comunque, entriamo? Teniamo in allenamento il tuo bel culetto, Cohen.»

Sta facendo passi avanti, anche se non sembra. Non mi chiama più Pupa, per esempio. A volte ricade nelle solite, vecchie battute un po' inappropriate, ma c'è un netto miglioramento.

Lui entra senza aspettarmi, lasciandomi sola e con il cuore che batte sempre più forte. Io e Hades non abbiamo litigato, né discusso. Forse è questo il problema. Siamo carichi di rimorso e rancore. Lui ce l'ha ancora con me perché non voglio indagare a fondo sul nostro passato in orfanotrofio, io ce l'ho con lui perché insiste e non prova a capire. D'altronde, a dicembre, non è stato lui a infilarmi cento dollari nella camicetta perché Crono lo aveva minacciato e doveva fingere di non volermi? Possibile che non arrivi a capire che lo sto facendo, anche io come lui, perché c'è qualcuno dietro che mi minaccia?

L'unica risposta che sono riuscita a darmi è che, in realtà, lo ha capito e mi evita perché sta tramando qualcosa alle mie spalle.

Hades sta colpendo ripetutamente il sacco da boxe, lo stesso con il quale mi sono allenata in passato. I capelli rossi svolazzano da una parte all'altra, già umidi per il sudore, e le porzioni di pelle scoperte sono lucide, sotto le luci artificiali. Non indossa altro se non i pantaloncini neri e le scarpe da ginnastica. L'addome è in bella vista; i muscoli gli guizzano e si flettono a seconda dei movimenti che fa.

Come se potesse percepire la mia presenza, si blocca. O forse percepisce uno sguardo insistente addosso. Si gira con estrema lentezza nella mia direzione, ansimante, il petto si alza e abbassa con frequenza irregolare, ma la sua espressione non tradisce alcun affaticamento.

«Haven?»
Gli faccio un cenno di saluto con la mano.

«Spero non ti dispiaccia, ho portato un'ospite,» esclama Ares, puro rumore che si insinua in mezzo al silenzio mio e di Hades. «Ho così tanto acido lattico dai giorni precedenti che ho bisogno di qualcuno che mi insaponi sotto la doccia.»

Hades grugnisce e io scocco un'occhiata di ammonimento ad Ares. «Hai fatto i cinquanta giri di corsa del campus? Mettiti i guantoni e iniziamo.»

«No, non li ho fatti.» Ares recupera un paio di guantoni rossi e inizia a infilarseli.

«Ti ho detto che prima devi riscaldarti correndo. E che devi fasciarti le mani!»

Ares allaccia il primo e mi porge il secondo, chiedendomi di aiutarlo. Non mi muovo e lui agita la mano, come a spronarmi. «Vuoi dirmi qualcos'altro di cui non mi frega un cazzo o possiamo iniziare a tirare pugni?»

Ares si sta incamminando in direzione di Hades, ma quando quest'ultimo assesta un colpo al sacco da boxe, con la mascella serrata e gli occhi accesi di rabbia, Ares si ferma. «Vai a fare i giri di corsa. Subito.»

«Quanti hai detto, dieci?»
«Cinquanta.»

Ares alza le mani al cielo, indietreggiando. «Se è un modo per lasciarvi scopare, con cinquanta Cohen noterà di più quanto poco duri. Io ti avverto.»

Lo afferro per il bordo della t-shirt grigia che indossa e lo tiro a me, prima che Hades gli lanci il sacco da boxe addosso. «Smettila. Vattene.»

Lui ghigna e prova a spettinarmi i capelli. Schivo il suo movimento e lo faccio sorridere ancora di più. «Dopo ti sfido in un incontro.»

«Non è meglio svegliarsi con i dolori per l'acido lattico piuttosto che per i dolori di un osso rotto?» lo provoco, a braccia conserte.

Inarca entrambe le sopracciglia e dà un colpetto allo stipite della porta. «Cohen, lo sai che quando sento minacce del genere non mi spavento, ma mi eccito. Cambia tattica.»

Lo osserviamo andare via, i suoi passi riecheggiano fino a diventare un suono lontanissimo. Qualcosa mi dice che anche gli altri giorni Hades gli ha intimato di andare a correre, e che Ares non gli ha mai obbedito. Oggi, invece, si è lasciato "convincere". Forse per darci un po' di tempo da soli?

Hades riprende a colpire il sacco. Io lo studio con attenzione, e tiro giù la zip della felpa. Lui mi guarda con la coda dell'occhio non appena se ne accorge. Rimane con il guantone contro il sacco, mentre io mi sfilo l'indumento e resto in leggings e reggiseno sportivo. Hades ricomincia, e io lo raggiungo con calma.

«Perché vieni qui da solo, ad allenarti, alle sei del mattino?»
«Ho del rancore represso da sfogare,» replica.

Qualcosa mi dice che, in parte, c'entro anche io. «Lotta con me, allora. Facciamo un incontro.»

Si pietrifica, il pugno a mezz'aria, pronto a scagliarsi in avanti. «Non ti picchierei mai, Haven.»

Mi avvicino a lui, fino a infilarmi tra il suo corpo e il sacco che pende dal soffitto. Entrambi emanano un calore intenso. «Hai paura di perdere, Hades Malakai Lively?»

Il suo sopracciglio sinistro si muove appena. La sua mano vola dietro la mia nuca, e sfila la matita. I capelli mi cadono sulla schiena, solleticandomi la pelle. «Vorrei ricordarti che l'ultima volta che ci siamo affrontati ho dovuto darti indicazioni su come schivare i colpi e su come colpirmi.»

«Vorrei ricordarti che l'ultima volta che hai fatto un incontro di boxe, io e tua sorella siamo intervenute per pararti il culo.» Gli strappo la matita di mano e la lancio alle mie spalle.

Lui si perde a fissarla mentre rotola sul pavimento, lontana da noi e poi riporta gli occhi su di me. «Eísai tóso ómorfi óso kai afthádis.» sussurra.

«Traduzione?»

«Sei tanto bella quanto impertinente.»

Poggio la mano sul suo petto scivoloso e Hades sussulta appena. Con solo il polpastrello dell'indice comincio a percorrere la forma dei suoi pettorali, dopodiché scendo lungo lo stomaco, e disegno le linee degli addominali marcati, fino a bloccarmi all'elastico dei pantaloncini. «Mi stai evitando da due giorni, Hades. Cosa mi nascondi?»

Non sembra stupito del fatto che lo ho capito. «Per questo ti evitavo, Haven. Perché temevo che mi facessi domande. Eísai tóso éxypnos óso kai ómorfos kai afthádis

Una parte di me è infastidita dal suo parlare in greco, l'altra vorrebbe implorarlo di non smettere mai di farlo. «E questo cosa diamine vuol dire?»

«Sei tanto intelligente quanto bella e impertinente.» Lo accompagna con un sorrisetto malizioso.

Lo ignoro. Non mi distrarrà con la sua meravigliosa voce che pronuncia parole in greco. «Cosa mi stai nascondendo, Hades?»

«Puoi spostarti? Vorrei continuare ad allenarmi.»

Per tutta risposta mi muovo in avanti, fino a far scontrare i nostri corpi e spingerlo due passi indietro, colto alla sprovvista. Pianta i piedi a terra e non c'è più modo per me di allontanarlo dal sacco.

«Facciamo un incontro. Con i guantoni. Se riesco a lasciarti al tappeto per più di cinque secondi, ho vinto e mi dirai cosa trami alle mie spalle.»

Si mordicchia il labbro. Probabilmente vuole dirmi di no, ma la sua ludopatia, molto simile alla mia, glielo impedisce. «E, alternativa molto più probabile, se vinco io?»

«Me ne vado e ti lascio in pace,» prometto.

Socchiude gli occhi, d'improvviso infastidito. «Io non voglio che tu te ne vada, però.»

Sospiro. «E allora cosa vorresti?»

«Puoi restare qui con me, ma in silenzio, senza emettere una sillaba e senza fare mai più domande. Intesi?»

Annuisco. Non sono sicura di poter rimanere in totale silenzio, ma posso mantenere fede alla parola data e non assillarlo più. In ogni caso, non devo preoccuparmene. So per certo che vincerò. Non userei mai un incontro di boxe con Hades per ottenere quello che voglio, se non avessi un piano ben delineato.

Hades si allontana solo per recuperare un paio di guantoni per me e le bende per le mani. Me le fascio da sola, sotto il suo sguardo attento, e l'angolo delle sue labbra si incurva quando si accorge che non ho dimenticato le lezioni che mi ha dato. Mi aiuta solo con i guantoni, poi indietreggia fino a mettere una distanza di almeno tre metri fra di noi.

Entrambi in guardia, ci fissiamo, in attesa che uno di noi due faccia la prima mossa. Il cuore mi batte all'impazzata. Ho un piano che mi assicura la vittoria, ma per attuarlo devo riuscire a evitare i primi colpi.

«Eccomi qui, io...» esplode dall'ingresso la voce di Ares. Lui si blocca sulla soglia, la maglia chiazzata di sudore e i capelli bagnati. Sposta lo sguardo da me a Hades, più volte. «Quando parlavo di darle una botta non intendevo questo tipo di botte. Ma chi sono io per giudicare? A me piace il sadomaso.»

Hades butta fuori un fiotto d'aria dal naso. «Ci hai impiegato troppo poco, hai fatto al massimo dieci giri. Torna fuori e completa il riscaldamento.»

«In realtà ne ho fatto uno solo e poi sono andato a prendermi un caffè. Queste chiazze non sono sudore, ma acqua.»

«Ares,» lo richiamo persino io. Cerco di fargli capire che siamo nel mezzo di una discussione importante, e lui sembra recepire il messaggio. Sparisce senza aggiungere altro, ma lo sentiamo chiaramente borbottare: «Vado a svegliare Hermes e Liam.»

Hades reclama la mia attenzione. Ho pochi secondi prima che faccia due balzi in avanti e scagli un pugno nell'aria, all'altezza della mia spalla. Mi sposto il tanto giusto da venire presa di striscio, e quasi cado all'indietro per il movimento scoordinato.

Non mi dà un attimo di tregua. Si avventa su di me, mirando alla pancia. Il guantone mi colpisce in pieno, adesso, ma non con la forza di cui è capace Hades.

Arretro ancora e serro i denti. Non mi ha fatto malissimo, ma sono infastidita dalla mia incapacità.

«Scusami, era troppo forte?» mi chiede, preoccupato.

«L'ho appena sentito,» ribatto. «È questo il tuo meglio, Signore degli Inferi?»

Lui ghigna. Scatta in avanti e io paro subito il colpo che prova a infliggermi, con l'avambraccio. Ne approfitto per colpirlo con l'altra mano, e riesco a mandare a segno un pugno sulla spalla. Libero anche l'altra e gliene do uno sullo stomaco.

Hades strabuzza gli occhi. Eccola l'occasione che cercavo. Sta pensando alla prossima mossa, ma io lo anticipo e gli assesto due colpi in contemporanea. Il suo corpo si inclina all'indietro e gli do l'ultima spinta necessaria a farlo cadere a terra.

Non sbatte la schiena, utilizza i gomiti per attutire l'impatto. Gli salgo a cavalcioni e mi posiziono all'altezza dell'addome, cercando di mettere tutto il mio peso su di lui. So che potrebbe ribaltarmi come se fossi una piuma, ma è troppo incuriosito dalla mia tecnica per ribellarsi.

Mi protendo su di lui, fino a quando le mie labbra non sono a pochi centimetri dalla sua bocca. Gli occhi di Hades scrutano ogni centimetro del mio viso, le pupille gli brillano di eccitazione e confusione al tempo stesso.

Prima che possa baciarlo o fare altro, si porta la mano davanti al viso e con i denti tira la stringa del guantone fino a slacciarla completamente.

Libera la mano nuda e la posiziona sul mio fianco, per poi infilare due dita sotto l'elastico dei leggings.

È lui stesso a fare pressione contro la mia pelle per invitarmi a colmare le distanze. Invece che assecondarlo, scivolo più in basso con il corpo, fino a sedergli sul grembo, a gambe aperte. La presa sul mio fianco si fa più forte, sento i polpastrelli affondarmi nella carne. Mi allungo in direzione del suo viso e lascio che la punta del mio naso gli sfiori il mento.

Mormoro una parola a bassa voce, apposta perché non la capisca. Lui aggrotta la fronte ma non chiede nulla.

Inclino il capo e strofino le labbra sul suo collo. Pronuncio una seconda parola, sempre incomprensibile. La sua erezione preme attraverso i pantaloncini.

«Cosa stai dicendo?» domanda, alla fine.

Vorrei rispondergli, ma la sua mano si sposta dal fianco alla schiena e si insinua sotto il tessuto aderente. Raggiunge l'elastico dei miei slip e lo tira, facendolo schioccare contro la mia pelle. Affonda la mano fino a raggiungere il mio gluteo, e lo usa per spingermi ancora di più contro di sé.

Deglutisco a fatica. Hades mi guarda come se mi avesse in pugno.

Mi sollevo e gli porgo il mio guantone destro, in una richiesta silenziosa. Alza il capo e lo avvicina, per poi agguantare con i denti la stringa che lo tiene chiuso e tirarla. La presa sul polso si allenta e con un colpo secco me ne libero. Sfilo anche l'altro.

Distendo le dita della mano per qualche istante, sotto lo sguardo carico di interesse di Hades, e in fine le infilo tra le sue ciocche rosse. Gliele tiro appena, e sbatte piano la nuca contro il pavimento in gomma.

«Haven...» geme.

Toglie la mano da dentro i miei pantaloni e si leva anche l'altro guanto. Stavolta, entrambe volano sulla mia schiena e arrivano fino alla scollatura del top sportivo.

«Fai tanto la dura,» sussurra. «Hai un'espressione distaccata e glaciale, con le tue belle ciocche ramate che ti ricadono davanti e ti danno un'aria selvaggia. Ma...» Una mano si infila sotto il top, e mi afferra il seno sinistro in una stretta rude. L'altra rimane ferma sul mio petto, all'altezza del cuore. «Ti batte fortissimo, peste rompicoglioni.»

Inarco la schiena, mentre la sua mano continua a toccarmi con movimenti lenti e studiati. Un lungo brivido mi risale la colonna vertebrale e per un attimo temo di gemere come una stupida. Mi mordo il labbro con forza per non farlo.

Hades solleva il bacino, poco, ma il necessario a sfiorare il mio punto più sensibile. Una scarica elettrica mi arriva fino alle punte dei piedi ed espiro con forza, ancora con il labbro pinzato fra i denti.

«È da cinquantadue ore che non mi baci,» mormoro col fiato corto.

Ancora con gli occhi chiusi, non posso vedere quale sia la sua espressione, ma mi sento d'improvviso debole e fragile. «Le hai contate?»

«Sì,» ammetto. «Quando mi hai detto che non mi avresti più baciata, perché eri arrabbiato con me, non credevo che fossi serio.»

«Quando ti ho detto che non ti avrei più baciata, perché ero arrabbiato con te, non intendevo che tu, al contrario, non potessi farlo.» La sua voce è una carezza roca, che sento addosso più delle sue mani.

Quando apro gli occhi per guardarlo e bearmi dell'espressione offuscata dal desiderio che ha anche lui, pronta ad accogliere il suo invito e baciarlo, ho un momento di lucidità e mi ricordo perché siamo qui.

Tolgo la sua mano dal mio seno e l'altra dal petto. Le spingo all'indietro, e le faccio aderire al pavimento, sopra la sua testa. È ridicolo e patetico, perché potrebbe liberarsi, ma non lo fa. Resta immobile, confuso.

«Sei a terra da più di cinque secondi,» gli faccio presente. «Ho vinto l'incontro e mi devi delle spiegazioni.»

Fa per ribattere ed è in quel momento che lo lascio andare e mi sposto da sopra di lui. Si rialza pochi istanti dopo di me e mi afferra il polso. «Non vale così.»

«Il gioco è mio e le regole le faccio io. Quindi vale, eccome,» chiudo la discussione. Gli punto l'indice contro. «Ti ricorda il modo scorretto in cui tu e i tuoi fratelli cambiate le regole durante le partite stesse?»

Hades allenta la stretta sul mio polso fino a far ricadere la mano lungo il fianco. «Fin dall'inizio era questo il tuo piano? Spingermi a terra e metterti sopra di me?»

«Come si dice in greco sei tanto bello e forte quanto sottone?»

Riesco a strappargli l'accenno di un sorriso. Dura pochissimo. Il malumore gli deturpa il viso e distorce la cicatrice. Si passa le mani tra i capelli, in chiaro stato d'agitazione. «Non ti piacerà quello che ho fatto.»

Mi metto a braccia conserte e attendo.

Lui prende un respiro. «Io e Hermes abbiamo fatto delle ricerche e abbiamo trovato l'orfanotrofio in cui sono stato da piccolo. Si chiama Saint Lucifer ed è a Washington.»

So già dove vuole andare a parare, ma voglio sentirlo da lui stesso. «E quindi?»

«Voglio tornare lì e indagare.»

La prima cosa che mi salta in mente è la reazione che avrà Crono quando lo scoprirà. L'ansia mi investe e sono costretta a stringermi le mani per non far vedere a Hades di come inizino a tremare. Vorrei potergli dire quello che ho scoperto da Ash, la finta Persephone. Vorrei potergli dire di quello che ha fatto Apollo, il fratello di cui non si fida più.

«È una follia.»

Hades raggiunge la panca, sopra la quale è posato il suo borsone da palestra. Lo osservo chinarsi e frugare al suo interno, solo per estrarne una borraccia. Il suo pomo d'Adamo si abbassa a ogni sorso che deglutisce, ma un rivolo d'acqua gli sfugge e cola dal mento fino al collo, per poi bagnare la pelle del petto già sudata. 

«Non ti ho chiesto di venire con me. Ci andrò da solo. O comunque, con Hermes. Credo che sia l'unico ad appoggiarmi in questa storia.» Fa una smorfia. «Athena non voleva che indagassimo. Non so perché. Ci siamo dovuti rintanare in camera di Liam per fare le nostre ricerche.»

Rimango un attimo senza parole. Perché Athena non voleva? Sa anche lei di Apollo e Crono? Impossibile. È un segreto che lui si porta dietro da quando era bambino, e che è stato costretto a nascondere a tutti i suoi fratelli. Poi mi ricordo che Athena è intelligente, e che forse è arrivata prima di tutti alla conclusione che Apollo non è impazzito da un giorno all'altro, come credono gli altri.

«Stai facendo una cazzata, Hades, ti prego...» tento, invano. Non suono convincente nemmeno a me stessa. «Ti prego.»

Lui mi fissa a lungo, poi mi raggiunge con tre falcate decise e con uno slancio mi afferra il viso tra le mani. «Mi dispiace, ma non cambierò idea. Se vorrai venire con me, ne sarò più che felice. Altrimenti puoi restare qui.»

Faccio per ribattere. Non appena comincio a pronunciare una prima parola, la mia voce viene coperta da un'altra. Hermes arriva correndo, e all'ultimo secondo le suole delle scarpe slittano sul pavimento. Si aggrappa allo stipite della porta e ci sbatte contro, provocando un tonfo sordo.

Ansima e sembra preoccupato, eppure gli occhi azzurri brillano. Sventola la mano e solo ora mi accorgo che le dita stringono delle carte. «L'arcano di Zeus. Ci ha inviati ai suoi giochi, stasera, al campo da football.»

Allora non scherzava, qualche notte fa. Ha deciso di fare i suoi giochi sul serio. Una parte di me muore dalla curiosità, l'altra comincia a chiedersi se non sia stato un errore provocarlo per farci giocare.

«Chi ha invitato?» Hades prende la parola per primo e si avvicina al fratello.

«Te,» risponde. Si indica. «Me.» Indica me. «Haven. Hera. Poseidon. Ares. Athena. Liam. Ai giochi, almeno.»

Aggrotto la fronte. «Significa che...»

«Ha invitato anche tutta la scuola a fare da spettatrice. Avremo il pubblico, a quanto pare,» conferma i miei timori.

⚡️🍎

Il campo da football straripa di studenti. Sembra che mezza Yale si sia riversata qui, stanotte, per assistere ai giochi di Zeus. D'altronde, non li si può biasimare. Sono abituati ai giochi degli altri, ai quali non è ammesso nessuno se non i partecipanti. Anche io, al loro posto, sarei così curiosa. In effetti, io sarei curiosa a prescindere da tutto.

All'entrata del campo ci sono due uomini in giacca e cravatta, dall'espressione impassibile. Ci bloccano non appena io e Hermes proviamo a superarli, presi a braccetto.

«Prima di entrare...» dice lo sconosciuto a sinistra. «Questo.» Estrae dalla tasca posteriore due cartoncini rettangolari, di colore bordeaux. L'uomo a destra, invece, ci porge due penne.

Accettiamo entrambi gli oggetti. Il cartoncino è ruvido contro i miei polpastrelli, e quando lo giro, trovo una scritta stampata in alto. È una domanda in stampatello maiuscolo. Qual è la cosa di cui più ti vergogni?

«Cosa significa?» domanda Hermes a entrambi i buttafuori.

«È la quota di partecipazione alla serata,» risponde lo stesso che ci ha dato il foglietto. «Chiunque entri, deve rispondere alla domanda. È tutto anonimo, ma i segreti vengono appesi lì in mezzo alle persone.» Indica qualcosa alle sue spalle.

Mi metto in punta di piedi per sbirciare, e anche Hermes si sposta in modo da capire meglio cosa intenda. Ai lati del campo da football ci sono delle lavagne in sughero, ricoperte da pezzi di carta. La gente ci si ferma davanti per leggere le confessioni anonime, posso quasi immaginarli parlottare tra di loro e giudicare i segreti più oscuri di chi potrebbe anche essergli alle spalle.

Una mano che sventola per aria, molto più vicina a noi, cattura la mia attenzione. È Liam. Accanto a lui ci sono Athena, Hera, Hades e Ares. Quello più visibile, però, è Poseidon. Ha una maglietta giallo fluo con disegnato un polpo e dei bermuda che temo proprio siano un costume da bagno. Ai piedi le immancabili infradito. Non capisco come faccia a non avere freddo e, soprattutto, a restare bellissimo anche vestito come uno che ha frugato nell'armadio a occhi chiusi.

«Loro hanno risposto alla domanda,» borbotto. «Facciamolo anche noi, prima che iniziamo a bloccare la fila per troppo tempo.» Dietro di noi c'è già una ventina di persone, come minimo.

La cosa di cui mi vergogno di più. È così semplice, ma anche così dolorosa, che per un attimo ho l'istinto di rendere la penna e andarmene. Invece, faccio un respiro profondo e scrivo.

Porgo il foglietto all'uomo davanti a me e lui lo infila dentro un sacchetto nero. Con il braccio mi indica di accomodarmi. «Benvenuta, buon divertimento.»

Guardo Hermes. Mi dà le spalle e cerca in ogni modo di nascondermi quello che sta scrivendo. Quando si accorge che lo sto osservando, sussulta appena e scrive l'ultima parola di fretta. Anche lui consegna il biglietto, a faccia in giù, e mi prende per mano.

Non ho il tempo di fargli domande, perché mi trascina verso la sua famiglia di matti e Liam. L'umore non sembra dei migliori. Ci salutano tutti, ma nessuno si lancia in qualche conversazione.

«Siete preoccupati?» chiede Hermes, più tranquillo rispetto a pochi secondi fa.

Hades fa un cenno col capo davanti a sé. Io e Hermes ci voltiamo e, di botto, la gola mi si secca. Nella parte più lontana del campo c'è un piccolo palco rialzato, con due fari puntati sopra, per illuminarlo al meglio. Su di esso ci sono nove microfoni con asta.

«Nove microfoni, come noi invitati,» dico, sovrappensiero. Poi ci ripenso. «Noi siamo in otto. Gioca anche Zeus?»

«No, lui non partecipa mai come giocatore,» mi risponde Hera. Qualcosa, nella sua espressione, mi suggerisce che abbia già un'ipotesi su chi possa essere il nono invitato.

«Ho un brutto presentimento,» continua Hades.

Liam sbatte le palpebre con forza, poi alza l'indice per aria. «Che ne dite di andare a leggere i segreti degli altri e farci i cazzi loro? Io sono parecchio curioso.»

Hera e Athena sospirano all'unisono.

Ares, invece, sembra l'unico insieme a Liam a cui non importa dell'intera situazione. Si sporge verso il petto di Hades e gli sfiora il colletto della camicia nera che indossa. «Ti sei dimenticato di abbottonarla,» lo prende in giro. «O pensi che questa scollatura sia alla moda?»

La camicia è sbottonata quasi fino all'ombelico, lascia scoperta buona parte del suo petto liscio e marmoreo. Hades non cede alla provocazione. Preme il polpastrello dell'indice contro la fronte di Ares e lo spinge via, allontanandolo.

«Buonasera a tutti,» esclama una voce al microfono. Zeus è sul palco, con il suo solito cappotto nero, ma sotto intravedo un completo elegante. Illuminato dai fari e sopra di noi, è ancora più bello. Il cielo cupo si staglia dietro di lui, e se ci fossero dei fulmini avrei davvero dubbi sul fatto che possa essere umano e non il vero Zeus sceso sulla Terra.

«I giochi inizieranno tra dieci minuti.»

«Perché non ci dite in cosa consistono e la facciamo finita?» sbotta Hades, rivolto a Hera, Poseidon e Ares.

Poseidon aggrotta la fronte. «Se ve lo dicessimo, tentennereste. Non sono per nulla divertenti.»

«E perché voi partecipate?» indago io. «Siete masochisti o ludopatici?»

Poseidon mi sorride, e due adorabili fossette fanno capolino ai lati della bocca rosea. Si inclina verso di me, guardandomi come se fossi una bambina e lui un adulto. «Tu sei come noi, hai poco da giudicare, Pesciolina.»

Non riesco a trattenere una smorfia al sentire il nomignolo. Persino gli altri ne rimangono destabilizzati.

Alla fine, decido di lasciar perdere. Prendo Liam sottobraccio. «Abbiamo ancora poco meno di dieci minuti. Andiamo a leggere i segreti dei nostri compagni e poi avviciniamoci al palco.»

Non abbiamo fatto due passi contati, che Hermes mi affianca al lato sinistro e incastra il braccio con il mio. «Dove credete di andare senza di me?»

Avanziamo insieme fino alla prima lavagna in sughero che ci troviamo davanti. Herm e Liam si staccano e si separano in due direzioni opposte. Io rimango al centro, combattuta tra il desiderio di leggere i segreti degli altri e farmi gli affari miei. Quando appenderanno anche il mio, come mi sentirò a sapere che ci sono persone che lo leggeranno? Nonostante sia anonimo.

«Mi sono innamorato della migliore amica della mia ragazza,» sento da Liam, alla mia destra. «Diamine, pesante.»

«Sono andata a letto con l'ex della mia migliore amica e non riesco a confessarglielo, anche se non stanno più insieme da anni,» si aggiunge Herm.

Tengo gli occhi incollati a terra. Il richiamo delle confessioni che ho davanti si fa sempre più forte.

«Ho tradito il mio ragazzo. E continuo a farlo. Non so perché,» prosegue Liam.

Hermes picchietta contro un pezzo di carta. «Questo ragazzo si è scopato il professore di Analisi, del dipartimento di Ingegneria. Complimenti. È davvero un gran figo quell'uomo.»

«Sentite questo!» esclama Liam, e mi afferra l'avambraccio per avvicinarmi a sé. «Vendo foto dei miei piedi con matite colorate infilate in mezzo alle dita.»

Hermes ci raggiunge, il sopracciglio inarcato e l'aria pensierosa. «Piccolo Paradiso, potresti farlo anche tu. Magari aiuti tuo padre con il debito e ti risparmi di entrare nel Labirinto.»

Sia io che Liam ci voltiamo per scoccargli un'occhiata. «Herm,» interviene Liam. «Nemmeno io direi una cosa così inappropriata.»

Annuisco, come a dargli ragione. Hermes mette il broncio e mi salta addosso, stringendomi in un abbraccio che mi toglie il respiro, mentre si scusa ripetutamente e prova a farmi il solletico per strapparmi una risata.

Anche se ci sta quasi per riuscire, viene interrotto dalla voce di Zeus, di nuovo al microfono e sul palco. «Che gli invitati ai giochi mi raggiungano ora.»

Athena e il resto della famiglia Mela ci è subito accanto. Hades si mette al mio fianco, senza sfiorarmi, e attende che inizi a camminare. Mi segue come un'ombra, e spero non gli salti in testa l'idea di lasciarmi i miei spazi, perché è l'ultima cosa al mondo che vorrei in questo momento.

Tutti, attorno a noi, restano in silenzio, e ci fissano mentre passiamo in mezzo a un varco tra la folla. Non c'è uno studente che non si sposti per farci passare, e non ce n'è uno che non ci guardi con curiosità e segreto compiacimento. Lo so che attendono il momento in cui uno dei Lively verrà umiliato, così come hanno fatto fino ad oggi con loro.

Ci disponiamo in fila, sul palco, ciascuno davanti a un microfono. Zeus si toglie il cappotto e rimane in completo. Nel taschino della giacca ha una rosa bordeaux. Il mio cervello fa un collegamento immediato, e lo respinge con altrettanta velocità per non farmi allarmare.

«Benvenuti ai Giochi degli Dèi,» proclama Zeus, rivolto al pubblico. Un coro di grida accoglie la sua frase. «Il gioco si chiama: Il nettare degli Dèi e il veleno degli uomini. E questi...» Ci indica. «Sono i nostri partecipanti.»

Con mio grande orrore, ho la conferma di ciò che ho pensato solo cinque secondi fa. L'uomo che, all'entrata, dava i bigliettini è ai piedi del palco e passa il sacchetto nero a Zeus, che lo ringrazia con un cenno del capo.

«Tutti ci vergogniamo di qualcosa, dico bene?» Zeus si rivolge al pubblico. La sua presenza è ammaliante e carismatica. Riesce a distogliere l'attenzione dai fratelli che per anni hanno rappresentato l'attrazione principale di Yale. «Qualcosa di immorale, giudicato male dalla società o semplicemente dalla nostra stessa coscienza. Segreti che non riusciremmo mai a dire a voce alta a una singola persona, ma che riusciamo a esporre su una bacheca, sotto gli occhi di centinaia di studenti, se in anonimo. I segreti sono il nettare degli Dèi, piccoli peccati umani che le divinità si divertono a vederci commettere, e sono il veleno degli uomini, perché hanno la capacità di incrinare le relazioni per sempre.»

«Se è quello che penso...» borbotta Hades, «lo afferro per i capelli e lo trascino per tutto il campo da football.»

«Qui dentro,» Zeus alza il tono di voce e fa oscillare il sacchetto per aria. «Ci sono i segreti dei fratelli Lively, pronti a venir svelati solo per voi. Ma noi renderemo la cosa più interessante e ci metteremo un gioco in mezzo, con dei soldi in palio.» Si gira e lancia un'occhiata a Liam. «E anche di Liam Baker, sì.»

Qualcuno, tra la folla, ridacchia. Dura poco. Io mi avvicino al microfono e parlo. «Chi è il nono partecipante?»

«Io.» La voce proviene da sotto il palco. Ed è una voce che, in qualche modo, mi è familiare. Una chioma castana si avvicina sempre di più a noi, fino ad afferrare l'asta libera e inclinarla come se fosse una rockstar in concerto. «Per chi, purtroppo, non mi conoscesse... Io sono Dorian Lively. O, come mi chiama la mia famiglia di pazzi, Dionysus.»

Non ci dà altre spiegazioni. Né su dove sia sparito nelle ultime settimane, né cosa abbia fatto, tanto meno perché sia tornato proprio per questo stupido gioco.

Zeus non sembra tanto felice della presenza del fratello, ma lo spettacolo deve andare avanti. E lui rimane il protagonista. «Ogni segreto vale dieci mila dollari. Ma solo uno li può vincere.» Si rivolge a noi. «Chi tra voi leggerà il suo segreto a voce alta, davanti a tutti, diventa il vero giocatore. Le regole sono semplici: a turno vi proporrò uno dei segreti dentro il sacchetto e il giocatore dovrà dire a chi, secondo lui, appartiene. Se è giusto, colui che lo ha scritto deve farsi avanti e ammetterlo, e il giocatore vincerà i dieci mila dollari che vale. Se è sbagliato, la vera persona a cui appartiene è salva e non dovrà dichiarare nulla. Il suo segreto immorale continuerà a restare tale.»

Spalanco la bocca. A parte i cugini Lively, gli altri borbottano proteste e si scambiano opinioni cariche di rancore. Io sono troppo sconvolta per prendere parte alla conversazione. Zeus è stato ingiusto. Ma avremmo dovuto capirlo fin da subito.

I segreti appesi alle bacheche sono scritti su carta bianca. A noi li ha fatti scrivere su carta bordeaux.

«Scusi signor Zeus, e se il giocatore indovinasse a chi appartiene, ma chi lo ha scritto non volesse ammetterlo?» domanda Liam, la mano sollevata per aria come un bambino alle scuole elementari.

Zeus lo indica, compiaciuto. «L'uomo che vi ha dato i biglietti bordeaux vi conosce e sa i vostri nomi. Li ha scritti man mano che gli avete consegnato le confessioni. Quindi, se mentite, non solo smaschererò la bugia, ma il giocatore raddoppia il montepremi e riceve venti mila dollari.»

Hermes protesta a voce sempre più alta. Fra i partecipanti, sembra quello più preoccupato. Poseidon cerca di calmarlo, ma è anche vero che lui e i suoi fratelli sapevano già lo svolgimento del gioco, e in automatico diventano dei traditori anche loro.

«Haven, no.» Le dita della mano di Hades si incastrano con le mie. Non è una stretta d'amore, ma più un tentativo di frenarmi. «No.»

Ha già capito che voglio essere io a giocare. «Perché no? A prescindere da quello che faccio o non faccio, dovrò rivelare il segreto. Il mio, tra l'altro, è facilmente riconducibile a me. Tanto vale che lo ammetta e provi a vincere dei soldi, almeno.»

Sa che il mio ragionamento ha senso, ed è per questo che la sua bocca rimane aperta, incapace di proferire alcun suono.

Quando sollevo il capo alla ricerca di Zeus, lui mi sta già fissando. Non mi conosce benissimo, però è il tanto giusto a intuire che voglio provarci. Gli faccio un cenno e lui ricambia, indicando il mio microfono. Con l'altra mano intima la folla a fare silenzio.

«Qual è la cosa di cui più ti vergogni, Haven Cohen?»

Mi schiarisco la gola. Non c'è un modo per far apparire la mia confessione più delicata e meno immorale, perciò vado dritta al punto. «A volte penso che se mio padre morisse, il suo debito verrebbe estinto, e la mia vita sarebbe più facile.»

Un profondo senso di vergogna mi fa desiderare di abbassare il capo ed evitare le occhiate che sto ricevendo dalla folla. Tra l'impassibilità e chi mi evita, altri mostrano il loro disappunto con così tanta ferocia che mi sento umiliata.

Zeus applaude. Non so se per la mia tenacia nel non abbassare lo sguardo o se per il coraggio nell'averlo detto con determinazione. «Mettiti pure di spalle al pubblico e fronteggia le persone di cui devi svelare i segreti, ora.»

Faccio come mi dice. A separarmi da Hades e gli altri, ci sono a malapena due metri, abbastanza da mettere in soggezione tutti quanti. Zeus fruga nel sacchetto ed estrae il mio bigliettino. Lo mostra alla famiglia e poi lo lascia cadere a terra, per pescarne un altro.

Si prende qualche istante per leggerlo, dopodiché si inumidisce le labbra. «Coniugherò le parole tutte al femminile, per facilità. Qui, sul foglietto, ci sono gli asterischi. Quindi bada bene, Haven, che potrebbe trattarsi sia di un maschio che di una femmina.»

Annuisco.

«Sono innamorata della mia migliore amica.»

La reazione di Ares è quella che mi arriva per prima. Strabuzza gli occhi, più divertito che stupito. Lo escludo subito. Probabilmente sono io la sua migliore amica, visto che non ha altri amici, e abbiamo già chiarito che non mi ama. Scarto anche Hades e Athena, così come Liam. Escludo Hermes, perché è impossibile che provi dei sentimenti per me. Rimangono Poseidon, Dionysus e Hera. Non li conosco abbastanza, perciò tiro a indovinare, già scoraggiata. Credevo che sarebbe stato più facile.

«Poseidon?»

La sua chioma azzurra si muove da destra a sinistra, in segno di negazione. Cerco conferma in Zeus. Lui ripiega il foglietto. «Non è lui. Dieci mila dollari sono persi. Procediamo.»

Incrocio le iridi grigie di Hades. Lo conosco bene, e si sta sforzando di non mostrarmi alcuna emozione. Che abbia capito chi ha scritto quella confessione?

«E ora...» Zeus è passato alla prossima. Si ferma. Le labbra sottili si dischiudono e assottiglia gli occhi. «Due mesi fa, durante una lezione, mi sono fatto la pipì addosso perché il prof non ci permette di andare in bagno.»

Sette teste si voltano in un'unica direzione: Liam. Lui si gratta un punto dietro l'orecchio, con fare assente. «Ho interpretato male il significato della domanda.»

Zeus appallottola il cartoncino con un sospiro seccato e lo lancia all'indietro, in mezzo alle risatine del pubblico. Forse sarebbe stata migliore una confessione moralmente scorretta, piuttosto che questa. Spero che i dieci mila dollari di Liam mi arrivino comunque.

«Sono felice quando vedo gli altri soffrire. Non per la loro sofferenza in sé, ma perché io sto male ogni giorno della mia vita, e vedere che qualcun altro prova dolore come me, mi rincuora.»

Anche se la postura di Ares non fosse drasticamente cambiata, avrei detto il suo nome. Non ha misteri, per me. «Ares.»

Rimane rigido, con le mani davanti al busto e intrecciate. Porta il mento all'insù, in una finta recita con lo scopo di apparire inscalfibile. «Corretto.»

«Un po' cattivo, se permettete un commento...» borbotta Liam.

Zeus lo guarda.

Liam trasalisce e fa un passo indietro. «Non mi permetterò mai più, d'accordo.»

Mentre Zeus pesca, di nuovo, mi permetto di guardare di sottecchi la scena di Hera che fa una carezza sulla schiena di Ares. Gli sussurra qualcosa, e dai lineamenti gentili e dolci del suo viso, capisco che è una rassicurazione. Oppure potrebbe anche essere un: «Sono come te, mi piace vedere quegli stronzi soffrire». Non si sa mai con Hera. Non l'ho ancora inquadrata bene.

Zeus cammina avanti e indietro, lungo la fila di partecipanti, e rilegge il nuovo segreto. Devo riconoscere che, per quanto crudele, mi divertirei da matta ad assistere a questo gioco. Se fossi al posto di Zeus, almeno.

«Una volta ho fatto le valigie, con l'intenzione di andarmene da Yale, insieme ai miei fratelli, e lasciarla qui. Solo per proteggerla. Avremmo ideato un piano per liberarci di nostro padre e non saremmo mai più tornati. Così, lei sarebbe stata al sicuro.»

Dietro di me non si sente volare una mosca. Zeus non ha tenuto in considerazione che le nostre confessioni non avrebbero riguardato vendere foto dei piedi, ma atti un po' più... folli. Soprattutto se ascoltati da persone esterne a questa famiglia e alle sue dinamiche. Qualcuno potrebbe farci arrestare in due secondi.

«Hades,» bisbiglio, e fisso i miei occhi nei suoi.

Lui non se ne vergogna. Ricambia, sfrontato e sicuro di sé. Per un attimo è tornato il ragazzo che ho conosciuto a settembre, all'ala ovest. «No, non sono io.»

Non mi freno dal far trapelare il mio stupore. Eppure, ne ero così convinta...

«Sta mentendo. Era lui,» lo smaschera Zeus. «Raddoppiamo. Venti mila dollari.»

Quando Zeus non gli sta prestando attenzione, Hades sorride appena e mi fa l'occhiolino. Voleva solo farmi raddoppiare la vincita.

Ma poi ripeto la confessione nella mia testa. Se n'è quasi andato, una volta. Voleva davvero abbandonarmi qui senza lasciare traccia? Ha pensato, sul serio, che quello mi avrebbe resa felice? O che avrebbe reso più semplice la mia vita?

D'improvviso, il mio cervello esclude tutto ciò che c'è attorno a me. Non mi interessa dei soldi, di giocare, di ascoltare altre confessioni e accrescere l'evidente ego smisurato di Zeus.

«Provo dei sentimenti per un membro della mia famiglia. Questa confessione a chi pensi che appartenga, Haven?»

Ignoro Zeus e lo sorpasso, per sistemarmi davanti a Hades. Il pubblico mormora. «L'hai fatto davvero? Ti è successo di preparare i bagagli e volertene andare, lasciandomi?»

Il suo pomo d'Adamo si abbassa. Muove il capo su e giù. Vorrei sentirglielo dire a voce. Vorrei che lo ammettesse a voce alta, e non con la mimica corporea.

«Perché?»

La punta della sua lingua scivola sul labbro superiore. «Perché non so come proteggerti da mio padre. Perché darei la vita per te, Haven, letteralmente. Ma l'unica cosa che ti servirebbe è che io entri con te nel labirinto. Ed è anche l'unica cosa che non credo riuscirei mai a fare.»

Questa volta sfugge al mio sguardo, imbarazzato. Ecco la cosa di cui si vergogna davvero, più di tutte.

Accolgo il suo viso nella mia mano, e strofino il pollice contro la sua pelle liscia. «Tu non devi dare la tua vita per me. E non devi entrare nel labirinto con me. Non te l'ho mai chiesto, non te lo chiederò mai e non lo voglio. Così come non voglio che tu mi lasci, convinto di proteggermi.» La voce mi si spezza. «Mi faresti solo del male. Tanto, Hades. Mi uccideresti.»

L'idea di svegliarmi, una mattina, andare al suo dormitorio e non trovarlo più, senza sapere in quale parte del mondo sia, mi fa inumidire gli occhi.

Lui se ne accorge e il dispiacere gli distorce la cicatrice. A sua volta mi afferra il viso tra le mani e mi avvicina a sé, fino a far scontrare le nostre fronti. «Haven...»

«Giurami che non lo farai mai più. Giurami che non ci penserai nemmeno,» lo imploro.

Chiude gli occhi e le sue labbra mi sfiorano la bocca per un istante fugace. «To orkízomai, Persefóni mou

Non mi serve che aggiunga la traduzione. E non mi serve chiederglielo di nuovo. Mi fido.

«Credo che abbia detto: lo giuro, Persephone mia,» dice Liam, a qualche passo di distanza. Qualcuno lo colpisce. «Ai.»

Zeus dà un colpo di tosse finto, lontano dal microfono. «Possiamo riprendere il gioco o avete altre scenette sentimentali da proporci? Mancano ancora quattro confessioni.»

Hades non mi lascia andare, e io lo imploro con gli occhi di non farlo. Vorrei scendere dal palco e andarmene via con lui, solo per chiuderci in camera da letto e restare abbracciati per ore intere, ignorando le responsabilità e ogni cosa nella nostra vita che minaccia di crollarci addosso.

C'è una grande differenza tra una cosa in bilico, pronta a crollare, e una che è già caduta. Banalmente, la prima opzione è peggiore della seconda. Se ti cade qualcosa addosso, provi dolore e ti arrendi al fatto di non poterla salvare, ti arrendi al fatto di non poter risolvere il problema e rimetterla a posto. Ma quando vivi ogni giorno con la sua ombra sopra la testa, incerta su quando ti piomberà addosso, ti distrugge mentalmente di secondo in secondo. Mi sento così da mesi. In attesa che un grattacielo da cento piani mi crolli sulla testa e mi intrappoli tra le macerie. Incombe su di me, lasciandomi camminare all'ombra della sua figura, per ricordarmi che prima o poi sarò sua.

«Haven?»
«Cohen, svegliati.»
«Haven!»

Anche Hades mi sta scrutando con attenzione, le mani sono scivolate sulle mie spalle e mi scuotono appena, per strapparmi dai miei pensieri. Fa un cenno in basso.

Il mio telefono sta squillando, dentro la tasca dei jeans. Lo sfilo, un po' titubante, visti in numerosi studenti in attesa che io continui a giocare e intrattenerli. È un numero che non ho salvato.

«Pronto?»

«Buonasera, parlo con Haven Cohen?» risponde una voce femminile e adulta.

Hades sposta il microfono, in modo che la mia conversazione non diventi di dominio pubblico. «Sì, sono io. Chi è?»

«La chiamo dall'Yale New Haven Hospital a proposito di suo fratello, Newt Cohen.» Il mio cuore manca un battito. «Potrebbe raggiungerci il prima possibile? Newt si è svegliato dal coma.»

⚡️

Holaaaaaa e buon Halloween 🧛🏻‍♂️🕺🏻👻🎃
Fino a due giorni fa volevo far schiattare Newt, poi ho cambiato idea. Non so quanto possa farvi piacere visto che a nessuno frega di lui ma vabbè

I giochi di Zeus penso che siano i miei preferiti, sinceramente. Secondo voi a chi appartengono le confessioni non svelate?
Chi è innamorat* dell* migliore amic*? Chi prova sentimenti incestuosi?

Vi lascio col dubbio. Grazie per leggere GoT, spero che il capitolo vi sia piaciuto🫶🏻💆🏻‍♀️ ci vediamo sugli altri social per spoiler e commenti vari

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Have a nice life.🍎❤️

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