13 - Scacco matto
"Oltre a essere il dio supremo di tutti gli Dèi, Zeus era una divinità celeste dispensatrice di luce e di calore. Da lui dipendevano tutti gli eventi atmosferici; era anche il re del tuono, dei lampi e dei fulmini, mediante i quali manifestava la sua approvazione o no."
— Feels like
the devil put a gun to my head
Pulled on the trigger but missed
Pulled the trigger but missed me
☁️
H A V E N ' S
P O V
Ares fa scorrere la zip del suo zainetto nero. Per prima cosa estrae una cassa bluetooth per la musica e ci collega il suo iPhone. Poi tira fuori una bottiglia in vetro e un calice da vino. Fa partire il tappo verso il soffitto, davanti agli sguardi stralunati di tutti i presenti, suoi fratelli compresi. Se ne versa un po' nel bicchiere e, dopo aver fatto partire la melodia di un violino, si mette comodo e inizia a sorseggiare il suo spumante.
«Prego, Hades, fai la tua scelta,» lo esorta con un sorrisetto. Si rivolge a noi altri. «Vi piace la canzone? È Toxic di Britney Spears, ma suonata da un'orchestra. Bellissima. Sarà che amo Brit, sarà che mi rivedo nella canzone perché sono tossico anche io...» comincia a divagare.
«Tu hai seri problemi, Ares,» sibila Aphrodite, gli occhi ridotti a due fessure. «Senza offesa,» si rivolge ai fratelli.
Zeus scuote appena il capo. «Nessuna offesa. Hai ragione.»
Sarebbe una situazione divertente, se solo il cuore non mi martellasse nel petto a un'intensità da farmi temere l'arresto cardiaco. I giochi stavano andando bene. Le richieste di Ares non erano poi così assurde. Il che mi ha fatto sospettare sempre di più. Baciare Athena? Rasarsi i capelli? Baciare Liam o spogliarsi? Sapevo che sarebbe arrivato il peggio, prima o poi. Il problema è che credo anche che sia solo l'inizio.
«Allora, Hades? Mi sto annoiando,» continua Ares. «Non starai mica pensando di ritirarti, vero?»
Hades ha le mani serrate in due pugni e l'aria di uno che sta per saltargli addosso. «Perché no? Le regole non me lo vietano.»
Ares cerca di nascondere un lampo d'irritazione. Finisce tutto lo spumante in un sorso e poggia il calice, solo per afferrare la bottiglia e bere direttamente da lì. «Le regole sono appena cambiate. Se ti ritiri dal gioco, squalificherò anche tutti i tuoi fratelli. Resteremo solo io, Cohen, Posy, Hera e...Liam.»
Liam alza il capo di scatto, con la caramella in bocca e la carta in mano. «Scusate, temo che sia da togliere dal montepremi. Avevo voglia di mangiarla.»
Sono l'unica ad avere una reazione a questo cambio di regole. «Non puoi!»
«Perché no? È la stessa cosa che fanno con i loro giochi, ricordi? Cambiano le regole a piacimento, anche durante la partita.» Fa spallucce e tracanna altro spumante.
Ha ragione. E lo sapevo ancor prima di protestare. Ecco perché né Hades né gli altri hanno ribattuto. Non ha senso continuare a discutere. La domanda è quella e quella sola. O Hades risponde, o si tira indietro. Non ho la minima idea di cosa potrebbe scegliere, so solo che io Ares non voglio baciarlo. Ma non voglio nemmeno rinunciare a ventun mila dollari. E dieci.
Le note di Toxic si dissolvono, lasciando il palco immerso nel silenzio. Dopo qualche istante parte il suono di un pianoforte. Ares alza il volume e chiude gli occhi. «Oh, questa è sempre Toxic di Brit ma versione al pianoforte.»
Lo ignoro. Persephone ha gli occhi fissi su Hades, e il modo in cui lo guarda mi fa venire la nausea. Sembra che non aspetti altro di baciarlo. E se lo facessero, alla fine, e in lui scattasse qualcosa? Non so cosa, ma quella scintilla che, ricollegandosi al loro passato insieme, gli facesse capire che una parte di lui vuole lei?
Non ho il tempo di continuare con le mie paranoie, perché quando mi volto in direzione di Hades, lui sta guardando me. E il modo in cui mi guarda fa mancare un battito al mio cuore. Con orrore, mi rendo conto che ha gli occhi di chi sta per sacrificarsi pur di non farmi del male. So che vuole scegliere il bacio tra me e Ares.
«D'accordo, ora comincia a essere troppo,» sbotta Ares. «Prendi una cazzo di decisione.»
«Gli vuoi lasciare tempo per riflettere, razza di id...» interviene Apollo, infervorato, neanche si trovasse lui nella posizione scomoda di Hades.
Ares alza gli occhi al cielo. «Vai a moltiplicare qualche panino, Gesù, e fatti i cazzi tuoi.»
Per una volta, non è Apollo a dover impedire che qualcuno prenda a colpi un altro. Scatta in avanti, ma Hermes e Hades lo conoscono così bene che gli sono subito addosso e lo stanno bloccando, impedendogli di mettere le mani al collo di Ares. Quest'ultimo sghignazza, felice di aver ottenuto ciò che desiderava: far perdere la pazienza a qualcuno. Persino un santo come Apollo.
«Ragazzi,» interviene Zeus, «dovete prendere una decisione. Più Ares beve, peggio saranno le domande dei prossimi turni. Ve lo chiedo per favore.»
Io e Hades ci guardiamo. Sta ancora tenendo Apollo, che ormai si è calmato e si scrolla di dosso le mani dei fratelli.
«Baciala,» sussurro, non so con quale forza. «Baciala. È un gioco. Lo capisco.»
«Gli stai chiedendo di baciare un'altra, Haven? Sul serio?» mi chiede Hera. «Perché?»
«Perché non posso sopportare il dolore che gli causerebbe vedermi baciare Ares. Non dopo quello che mi ha detto questa mattina. Non dopo averlo conosciuto così bene da sapere che il punto debole di Hades è l'amore,» rispondo, con il cuore crepato. Pochi istanti, ancora, e si spaccherà in mille pezzettini.
«Haven...» obbietta Hades, la fronte corrugata e una mano protesa nella mia direzione. Fa per dire altro, ma desiste.
E una parte di me ci rimane male. Gliel'ho detto io cosa scegliere, però mi aspettavo che aggiungesse qualcosa. Che non si facesse convincere così in fretta.
«Allora seguirai il suo consiglio?» lo incalza Ares. «Scegli di baciare Persephone, senza se e senza ma, con la coscienza pulita? Caspita.»
Hades non risponde alla provocazione. China il capo e resta immobile, immerso nei suoi pensieri. Pensieri per i quali pagherei solo per poterli conoscere. Se avessi i soldi, tra parentesi.
«Lo farà.» Parlo al suo posto con decisione. «A me va bene. Lo capisco.»
Toxic al pianoforte giunge al termine, e al suo posto ricomincia la stessa canzone, ma nella versione in strumentale. «Fammi capire: nella playlist che hai scelto c'è solo Toxic della Spears in mille versioni diverse?» domanda Hermes.
«Esatto. Mi piace molto, si è capito?»
«Basta.» Aphrodite poggia una mano sulla spalla di Hades, nel vano tentativo di stabilire un contatto visivo. «Puoi ritirarti. Non fa niente se verremo squalificati anche noi. Sono sicura che Haven se la caverà e potrà comunque vincere.»
Hades non fiata. Ha ancora la testa abbassata, e l'espressione di uno che non ha sentito una singola parola uscita dalla bocca della sorella.
«Cohen è troppo per lui,» Ares decide di rincarare la dose e ho l'istinto di alzarmi e dargli uno schiaffo. «Si è appena sacrificata e lui non ha battuto ciglio, non ha provato nemmeno a obbiettare. Dovresti trovarne uno migliore, Cohenquilina.»
Lo ignoro, ma capisco anche che Hades lo ha sentito eccome. Solleva il capo con una lentezza inquietante, e gli punta gli occhi addosso. Il grigio contro il nero. Si inumidisce le labbra. «Ripetimi la domanda. Sono pronto a rispondere.»
Ares alza le braccia al cielo. «Sia lodato il Signore.» Torna serio. Per un po' la testa gli ondeggia, segno che l'alcol sta facendo effetto. «Preferiresti baciare Persephone o lasciare che io baci Haven?»
«Preferisco baciare Persephone.»
Nessuno fiata.
Va tutto bene, Haven. Lo volevi anche tu. È solo un gioco.
Hades si mette in piedi con calma, come se volesse esasperare Ares. Impresa in cui sta riuscendo. «A stampo o con la lingua?» si informa.
«Sei diventato scemo?» lo aggredisce Athena. «Se non glielo avessi chiesto avresti anche potuto cavartela con un bacio a fior di labbra.»
Sono d'accordo con lei. E sono anche impressionata dal fatto che abbia appena dimostrato, indirettamente, che nemmeno lei vuole questo bacio. Forse, un minimo, ci tiene a me. Il minimo più minuscolo nella storia dei minimi.
Ares se la ride. Beve altri due sorsi e la bottiglia per poco non gli scivola di mano. Zeus la afferra dal fondo, per aiutarlo, con la faccia di uno che non ne può più.
«Lingua, ovviamente. E se vuoi palpeggiare... be', accomodati. Anzi, ti obbligo.»
«Sei davvero uno stronzo,» sputo fuori, prima di riuscire a frenarmi. «Perché? Perché mi fai questo?»
Nel momento in cui i suoi occhi incontrano i miei, arretro d'istinto, come se mi avessero dato un colpo. Un lampo di tristezza gli oscura il viso, sostituito subito dalla sua strafottenza caratteristica. «Per dimostrarti che meriti di meglio.»
«E chi sarebbe il meglio?»
«Tu?» aggiunge Hades, a metà strada.
«No. Io sono peggio,» risponde Ares. «La differenza è che lo riconosco.» Agita la mano. «Ora muoviti.»
Hades sposta lo sguardo su Persephone. Il suo pomo d'Adamo si abbassa. È incerto, almeno questo mi consola. Si vede che non vorrebbe farlo. Ma non appena volta le spalle ad Ares, cambia completamente. Un sorriso soddisfatto gli si dipinge in viso.
Pronuncia tre sole parole. «Scacco matto, Ares.»
A pochi passi da Persephone, cambia direzione, fino a fronteggiare me. Non ho il tempo di battere ciglio. Hades mi si inginocchia davanti e mi afferra il viso tra le mani. La sua bocca trova la mia. In ancor meno tempo, la sua lingua si fa spazio, e le sue mani scendono fino alla mia schiena. D'istinto, mi sollevo e pianto le ginocchia sul pavimento del palco. La presa di Hades scivola al mio fondoschiena, stringendo con possessività e passione; attira il mio corpo contro il suo. Siamo così attaccati che potremmo diventare un'unica persona.
Sono io a interrompere il bacio per prima, a malincuore. Non ho più fiato e il cuore minaccia di cedere. Ebbro di felicità, non perché non ha baciato un'altra, ma per il modo in cui ha baciato me. I baci di Hades sono sempre stati belli, ma questo l'ho sentito così in profondità da avermi lasciata con le gambe tremanti.
Hades non vuole lasciarmi andare, mi tiene ferma. Dischiude le labbra. «Il mio punto debole non è l'amore. Sei tu. E niente può farmi soffrire quanto vedere te soffrire, soprattutto se per causa mia. Eccola la mia debolezza, Haven.»
Sorrido appena. «Però hai perso. E fatto squalificare tutti gli altri.»
Fa cenno di no, anche se Ares, alle sue spalle, batte le mani e me lo conferma: «In un colpo solo Hades, Barbie, Hermy e la Vipera sono fuori dai giochi. Restiamo io...»
Hades lascia la presa sul mio viso e si gira verso Ares. «No. Ho vinto io.»
Ares continua a sorridere, nel pieno del suo delirio di onnipotenza. Qualcosa, in lui, vacilla. Forse per la convinzione con la quale Hades gli si sta rivolgendo. «No, non hai vinto. Non hai baciato Persephone.»
Il dito di Hades mi indica. «Lei, per me, è Persephone. Tu non hai mai specificato. Ho vinto io, Ares.»
La mia bocca si spalanca senza che io possa controllarla. Accanto a me, Liam lancia un'esclamazione teatrale, forse un po' troppo esagerata. E, quando mi guardo attorno, hanno tutti la stessa identica espressione: stupita.
Ares, invece, è immobile. Con una versione velocizzata di Toxic che risuona in sottofondo. L'unico movimento che compie è quello di poggiare la bottiglia a terra. Zeus ne approfitta per rubarla e confiscargliela.
Prima ancora che qualcuno possa fare qualcosa, Hades riprende a parlare. «Qualsiasi domanda era raggirabile. Ci sono arrivato poco fa. Non hai mai specificato nemmeno dove dovessimo dare i baci, motivo per cui potevano anche essere dati sulla guancia, o sulla mano, o qualsiasi altra parte del corpo. Le scelte davanti alle quali ci hai messi non erano vere scelte. Abbiamo avuto la scappatoia sotto i nostri nasi.»
Ares scoppia in una risata fragorosa. Si porta le mani al petto e si inclina all'indietro, il corpo scosso da forti tremiti, mentre la sua voce riecheggia tra di noi e sovrasta la musica.
«Ci risiamo,» mormora Zeus, con l'aria di uno che ha già visto il fratello in queste condizioni.
Ares indica Hades e poi batte le mani, entusiasta. Ha il volto paonazzo, un mix dovuto all'alcol e alle risate. «Tu sì che sei intelligente, sai? Hai svelato la soluzione della prima parte dei giochi. Complimenti.»
Nella mia testa comincio a gongolare, ma dura brevissimi istanti. «Prima parte?» ripeto, allarmata.
«Questa era la parte semplice,» conferma Ares. «Quella a cui si fermano sempre quegli stupidi deficienti di Stanford. Solo un Lively sarebbe potuto andare oltre.»
Hades scambia un'occhiata con i suoi fratelli. Aphrodite gli fa cenno di andare a sedersi, per scoprire cosa voglia adesso Ares. Gli occhi neri gli brillano, accesi da un lampo di pura follia. Mi fa accapponare la pelle e sudare le mani. Le strofino più volte contro il tessuto dei jeans, nel disperato tentativo di asciugarle.
«Hermes,» chiama Ares, «preferiresti giocare altri cento mila dollari o fare sesso con Cohen?»
«Che cazzo di domanda è?» sbotta Hades, protendendosi in avanti. Apollo lo afferra all'ultimo secondo, per il colletto della maglia. Hermes è troppo distratto per aiutarlo, perciò mi metto in mezzo e agguanto il braccio di Hades.
Ares si morde il labbro con forza, forse per non ridere. «Hermy? Sei pregato di darmi una risposta.»
«Haven non è un oggetto sessuale che puoi usare a tuo piacimento,» esclama Hades, ancora furente.
«Io non la vedo come un oggetto sessuale,» corregge. «Io vedo tutti voi come oggetti. Siete le mie pedine. E posso manovrarvi come più mi pare. Sai cosa cambia rispetto al vostro modo di giocare qui a Yale? Che io vi do l'occasione di tirarvi indietro. Cosa che voi non permettete. Perciò dovresti tapparti la bocca e baciarmi i piedi.»
Vorrei ribattere e aggredirlo anche io, ma... ha ragione. I giochi degli Dèi a Yale non possono essere interrotti, se non da uno dei cinque fratelli. Ares fa domande scomode, ma non costringe a finire la partita. Ciò non lo scusa, ma è pur sempre più corretto.
«Non posso giocare altri cento mila dollari,» sussurra Hermes, rivolto a noi, come se i cugini non potessero sentirlo. «Ma non posso fare sesso con Piccolo Paradiso.» Guarda Hades. «O forse pos...»
«Non ti conviene terminare la frase, ti avverto,» sibila Hades.
«Devi ritirarti, è ovvio,» dice Aphrodite, mangiucchiandosi l'unghia del medio.
«Sì, non credo di avere altre possibilità.»
Ma quando fa per rivolgersi ad Ares, questo solleva l'indice per aria e lo muove da destra a sinistra. «Vale la stessa regola di Hades. Se ti ritiri tu, escono dal gioco anche Barbie, la Vipera e Beyoncé.»
Hermes muove il piede coperto da uno stivaletto in movimenti nervosi, fino a quando Hades non ci poggia la mano sopra e lo costringe a smettere.
I due si scambiano un'occhiata da fratelli. «Abbandona. Haven può farcela da sola.»
Lo sguardo di Hades si posa su di me, regalandomi un'espressione carica di incitamento. Annuisce, piano, e abbozza un sorriso mesto. Le domande si stanno spingendo oltre i limiti della decenza; non che i giochi degli altri Lively fossero tanto migliori, ma Ares esagera. E l'alcol non aiuta il suo carattere già caotico.
«Mi ritiro,» bisbiglia Hermes. Non dev'essere contento di aver perso in questo modo. Qualcosa mi dice che, se io e Hades non stessimo insieme, avrebbe optato per fare sesso con me.
Ares strappa la bottiglia di spumante dalle mani di Zeus, e manda giù tutto ciò che ne restava. Invece che riporla nello zaino, se la lancia alle spalle. I cocci che si frantumano sul pavimento coprono qualsiasi altro rumore, fino a svanire e accogliere di nuovo il silenzio.
Due occhi neri mi hanno puntata. Dovrebbe toccare a Hera o a Liam, ma Ares ha deciso che è di nuovo il mio turno. «Cohen,» biascica, «preferiresti che Poseidon ti toccasse le tette, a occhi chiusi, o che io le guardassi senza poterle toccare?»
Hades comincia a ringhiare ancora prima che la domanda sia terminata.
Resto impassibile, ma deglutisco a vuoto e Ares se ne accorge per il movimento innaturale che faccio. Ho un miliardo di parole, nella mia testa, che vorrei rivolgergli. E nessuna di queste è carina. Sono tutte insulti, uno peggiore dell'altro.
La cosa che davvero mi turba è l'atteggiamento di Ares. Sorride, sghignazza, e ha un'espressione serena. Non sembra accorgersi nemmeno di quanto siano imbarazzati i suoi stessi fratelli, di quanto li stia facendo vergognare per il modo in cui gioca.
Poco tempo dopo aver conosciuto Hades, mi ha convocata su questo stesso palco, perché gli dimostrassi che meritavo di venir ammessa al suo club. Abbiamo fatto un gioco di recitazione, dove ci raccontavamo cose vere e cose false su di noi e, se fossimo riusciti a far passare una bugia per verità, avremmo guadagnato un punto. Lui ha cambiato le regole all'ultimo, come sempre, proponendo di passare dalle parole alle azioni. Mi ha chiesto di improvvisare, di fare l'ultima cosa al mondo che si sarebbe aspettato. Così, io mi sono tolta la maglia e il reggiseno, esponendogli il mio addome nudo. Ho sempre pensato che la nudità non fosse poi chissà quale tabù. Ogni corpo è uguale, abbiamo tutti le stesse parti. Però, solo ora capisco che ciò che mi ha portato a mettere in pratica questo pensiero, non era il fatto che ci credessi senza se e senza ma. L'ho fatto perché mi fidavo di Hades, perché sentivo un collegamento diverso con lui. Mostrarmi senza filtri, agli occhi di Hades, mi è sempre sembrato facile e naturale.
Con Ares non so se ci riuscirei. La sento come una violazione. Soprattutto perché me lo sta chiedendo.
E mi fa incazzare. Perché io voglio vincere. Voglio fargli sparire quel sorrisetto strafottente. E voglio quei ventuno mila dollari.
Ma non voglio nemmeno che Poseidon mi tocchi.
Cerco aiuto in Hades. Aiuto non nel senso di una risposta su quale decisione prendere, ma un supporto silenzioso. E, mentre le mie mani corrono al bordo della maglia, in un riflesso involontario, una porta si spalanca.
«Adesso basta. I giochi finiscono qui, Ares.»
È una voce maschile che non ho mai sentito in vita mia. Al tempo stesso, non sono sicura che sia davvero così. C'è qualcosa di familiare.
Quando mi volto verso la platea, immersa nel buio, non sento alcun rumore. Segno che il nuovo arrivato non si sta muovendo. La sua figura è avvolta dall'oscurità.
«Chi diamine è, ora?» sibila Athena, con gli occhi socchiusi.
«La mela marcia,» risponde, inaspettatamente, Zeus. Lui non si sforza di vedere nel buio, così come non lo fanno neanche gli altri Lively. Sanno tutti chi è appena arrivato. E la cosa non mi piace.
«Ah,» esclama Liam. «Ho capito il riferimento. Mela marcia. Mele. Certo.»
Un interruttore scatta. E una singola, piccola luce, si accende a poca distanza dall'ingresso del teatro, accanto alla porta. Lì, fermo sulla soglia, c'è un ragazzo. Dimostra poco più dei miei anni e ha una chioma castano scuro. I tratti del viso sono spigolosi, e le labbra sottilissime, ma gli occhi sono così grandi e ipnotici che riesco a vederli anche da questa distanza. Indossa un completo nero, elegante, con delle cerniere cucite in punti casuali. È alto e mingherlino, con le gambe di un modello e le mani ossute.
Incrocia le braccia al petto e con la spalla si poggia contro lo stipite della porta. «I giochi sono finiti,» ripete.
«No,» protesta Ares.
La sua risposta perde rilevanza, perché Zeus scatta in piedi, con lo sguardo fisso sul nuovo arrivato, forse con l'intenzione di raggiungerlo. E, lo sconosciuto, tira fuori dalla tasca interna della giacca una pistola. Gliela punta contro e toglie la sicura. «Fai un altro passo e premo il grilletto, Zeus.»
Liam lancia un urlo così acuto che anche l'ospite inatteso si distrae per un secondo. Mi affretto a prendergli la mano e rassicurarlo, nonostante il cuore mi martelli nel petto e cominci ad avere paura anche io. Qualcosa, in questo ragazzo, mi dice che non vuole fare del male a nessuno, ma non avevo nemmeno mai avuto una pistola così vicina.
Zeus tiene le mani sollevate, ben in vista, e arretra, fino a sedersi di nuovo al suo posto.
«Chi sei?» trovo il coraggio di chiedere.
Il ragazzo sposta il capo il tanto giusto da farmi capire che si sta concentrando su di me. «Io? Sono quello che ti ha scritto diversi bigliettini. E che per sbaglio ti ha quasi strangolata al Planetario,» dice, come se nulla fosse. «Scusami, tra parentesi.»
«Non ti scuso per un cazzo, senza parentesi,» interviene Hades. «Cosa vuoi da lei?»
Ora che lo ha ammesso, il mio cervello si risveglia dallo stato di intorpidimento. Ricollego alla perfezione le due voci. Un timbro particolare, melodioso ed elegante, ma pur sempre appartenente a un ragazzo giovane.
Dopo tutto questo tempo, ho davanti la persona che mi mandava biglietti criptici. Che mi avvertiva di Percy, cioè di Ares. Ma perché? E soprattutto: perché vuole interrompere i suoi giochi?
«Non risponde comunque alla domanda,» aggiungo. «Chi sei?»
Lui abbassa la pistola, ma la tiene pronta in caso qualcuno dovesse minacciare di avvicinarsi. «Mi chiamo Dorian.»
Resto impalata. Dorian. Un nome normale. Che non mi ha detto nulla di più su di lui. Dietro di me, però, Zeus ridacchia a bassa voce, schernendolo. «Figlio di puttana,» mormora.
«Perché vuoi interrompere i giochi?» lo incalzo. Non che non gli sia grata, ma non riesco davvero a capire nulla di lui.
«Non potresti nemmeno.» Apollo ha ritrovato la parola, ma ha indietreggiato, forse spaventato dalla presenza di un'arma da fuoco. «Hanno la nostra stessa regola pure loro: solo un membro della famiglia può interrompere i giochi.»
«Oh, non l'ho precisato.» Dorian ride. «Anche io sono un membro della famiglia. Ares è mio fratello. Loro mi chiamano Dyonisus, avete presente?»
La mia mascella potrebbe toccare terra. Lascio andare la mano di Liam, non più spaventato ma sconvolto come me, e guardo in direzione di Ares e degli altri. Hanno delle espressioni indecifrabili. E, fra gli altri Lively, solo Aphrodite e Hermes tradiscono lo stupore.
«Come dicevamo,» riprende Zeus, «lui è la mela marcia della famiglia. Non lo vediamo da anni. Ha rubato milioni di dollari a mamma e papà ed è scappato.»
Dyonisus sbuffa a gran voce. «Potete darmi torto? Avete visto che famiglia di pazzi psicopatici siamo? Non volevo più avere nulla a che fare con voi. E tanto meno portare quel nome di merda che è Dyonisus. Ero maggiorenne, Iperione e Teia ci lasciavano libero accesso ai loro soldi, così ne ho approfittato e mi sono fatto una nuova vita in Francia.»
«E perché sei tornato, allora?» chiedo. «Se stavi così bene...»
«Perché, in fondo, voglio bene ai miei fratelli. Ho provato a convincerli a venire con me, ma mi hanno voltato le spalle. Ai tempi, l'ho preso come un tradimento. Oggi, però, credo solo che siano schiavi di questa famiglia e non capiscano che potremmo liberarci dei nostri genitori e porre fine alle loro follie.» Mi punta la pistola contro, solo per indicarmi. «Quello che ti sta facendo Crono è una di queste, Haven.»
Il corpo di Hades si para immediatamente davanti a me. «Abbassa la pistola, subito!»
Dyonisus sembra rendersi conto solo ora di averla sollevata. La rimette a posto con una risatina nervosa. «Dio, non l'ho fatto apposta. Sei molto protettivo, Kai, vero?»
«Dyonisus, possiamo parlarne in privato, senza dare spettacolo.» Questa volta, a tentare un approccio sereno, è Poseidon. «E senza armi.»
«Kylee, lo sai che non posso mai avvicinarmi troppo a voi. Quando ci ho provato, mi avete quasi consegnato a Iperione e Teia.»
Kylee? È il secondo nome di Poseidon? Come lo è Malakai per Hades? Ha senso, in effetti, che si rifiuti di chiamarli con i nomi degli Dèi greci che gli sono stati dati dai genitori.
«Mamma e papà non sono come Crono e Rea,» li difende Zeus. «Loro ci hanno davvero dato amore e rispetto. E tu li hai traditi. Gli devi tanti soldi e lo farai. Ti prenderò per il collo e ti trascinerò fino al loro cospetto, te lo posso assicurar...»
Dyonisus tira fuori la pistola, di nuovo, e la sventola per aria. «Ho capito. Voi non siete ancora pronti a una riconciliazione familiare, va bene. Infatti, sono qui solo per Haven. Con lei, e solo lei, parlerò.»
«Cosa ti fa pensare che io voglia parlarti?» lo provoco, per capire fino a quanto è disposto a spingersi.
Scuote il capo, mentre la pistola è ancora puntata in direzione dei fratelli. «Perché posso aiutarti. Come credi che abbia fatto tuo fratello a uscire vivo dal labirinto? Se non ci fossi stato io, sarebbe morto. Te ne rendi conto, Haven?»
Questo è il mio punto debole. Perché Newt è tutto per me, e chiunque lo aiuti, diventa in automatico una persona di cui mi fido. «Non ascoltarlo,» mi richiama Hera. «Sta mentendo. Probabilmente ha già finito tutti i soldi ed è qui solo per provare a rubarne altri. È la vergogna della famiglia.»
Nei suoi occhi, rispetto a quelli dei fratelli maschi, noto un velo di dolore che mi fa intuire che, forse, era lei quella ad avere il rapporto più stretto con Dyonisus. Dev'essere quella che ci ha sofferto di più.
«Ah, sì, Lizzie?» calca sul suo vecchio nome, che a questo punto credevo essere falso. «So che qui ti facevi chiamare così, prima di svelare la tua identità. Non serve a nulla fare la dura. Lizzie è il soprannome che ti ho dato io. So che sei disposta a credermi.»
Hera abbassa il capo e non aggiunge altro. Zeus le circonda le spalle con il braccio e la attira a sé, in un gesto dolce e amorevole. Anche loro, come gli altri Lively, si vogliono bene. E sono certa che siano solo feriti dall'abbandono di Dyonisus, così come sono rimasti schiavi dei titani.
«Haven,» attira la mia attenzione Dyonisus. Si muove piano, all'indietro, intenzionato ad andare via. «Ti ho lasciato il modo in cui contattarmi nei bigliettini stessi, se vuoi parlare. Fallo, credimi. Posso aiutarti.»
Inizia a salirmi il panico. Non so se fidarmi di Zeus o di Dyonisus. La testa mi dice Zeus, il cuore Dyonisus. «Aspetta! Dammi un buon motivo per farlo, almeno.»
Lui è sempre più lontano. «Tra Hades, Apollo, Hermes, Aphrodite e Athena c'è una persona che non sta dicendo la verità. E io posso svelarti chi è. È un buon motivo, Haven?» domanda, divertito.
«E, in caso ne volessi pure un secondo: perché ho impedito che uno dei miei fratelli conoscesse il tuo seno.»
🍎
Quando Zeus esce dal bagno della mia camera, ha la mascella serrata. Butta fuori un fiotto d'aria dal naso, forse stava trattenendo il respiro. I nostri sguardi si incontrano. «Ha finito di vomitare?»
Annuisce. «Credo di sì. O almeno, spero. Non vedo cosa potrebbe ancora rigettare. Ha finito tutto quello che aveva nello stomaco. Giuro di aver visto un broccolo intero.»
«Grazie per queste descrizioni molto dettagliate che nessuno ti ha chiesto,» ribatte Hades con una smorfia.
Siamo in camera da un'ora, ed è da un'ora precisa che Ares è chinato sul water e rigetta tutto l'alcol bevuto. A quanto pare, anche tutto il cibo ingerito. Dopo che Dyonisus è scomparso, Ares era così ubriaco da non reggersi in piedi. Hermes e Athena lo hanno preso in giro per la sua incapacità a reggere una bottiglia di spumante.
Zeus e Poseidon lo hanno trascinato fino alla mia camera, che ahimè ora è anche sua, e gli sono stati accanto. Solo Zeus, a dirla tutta. Poseidon è rimasto seduto fuori, insieme a Hera. Hades è venuto a farmi compagnia perché non si fida a lasciarmi sola con loro.
Visto che i giochi sono stati interrotti, Ares ha deciso che i soldi li avrebbe tenuti lui. La cosa avrebbe scatenato una nuova lite di famiglia, se solo Ares fosse stato in grado di pronunciare una sillaba e reggersi sui suoi piedi.
Mi sono ripromessa che avrei dimenticato tutto, che non mi sarebbe importato di aver perso ventun mila dollari. E così sarà. Non importa. Non è una novità che non abbia soldi.
«Ti prego, controllalo da parte nostra e assicurati che si metta a dormire,» mi chiede Zeus, con la fronte corrugata. Non dev'essere una passeggiata avere un fratello del genere.
Dal bagno, oltre la porta, giunge la voce di Ares. «Non ho bisogno di qualcuno che mi controlli!»
«Non gli deve niente,» interviene Hades. «E ancor meno a voi. Se ci tieni tanto a quell'idiota, resta qui e fagli tu da baby-sitter.»
Zeus non batte ciglio. «Sta male. Ha bevuto troppo. Ha vomitato come un disperato. È solo gentilezza.»
Hades si alza dal divano. Gli premo la mano sulla gamba per impedirgli di fare ulteriori movimenti. «Potrebbero anche averlo appena investito, per quanto mi interessa. Prenderei una macchina e gli passerei sopra pure io,» risponde.
Questo non piace a Zeus. Persino Poseidon e Hera si mettono in piedi e lo raggiungono, già sulla difensiva. «Prima di fare del male a mio fratello te la dovresti vedere con me, Hades.»
Hades sposta la mia mano con un tocco delicato, in netto contrasto con i sentimenti che sta provando e raggiunge Zeus. Gli si para davanti a braccia conserte e mento all'insù. «Quando vuoi, Zeus. Per il momento, però, Haven andrà a dormire. Ares si attaccherà al cazzo, che è ciò che merita. Se hai problemi, lo afferri per il piede e lo trascini fino alla tua camera. Chiaro?»
Gli occhi di Zeus saettano nei miei, alla ricerca di aiuto. «Non è cattivo. È solo un idiota. Almeno tu sii ragionevole.»
«Come ha detto Hades, non gli devo alcun aiuto. E se è così stanco da non riuscire ad arrivare al letto, può sempre dormire sul pavimento del bagno.»
«Cohenquilina cattiva,» urla Ares, di nuovo. «Perché non mi porti a letto con te e mi tieni stretto fra le tue tette... Volevo dire braccia. Braccia, giuro.»
Zeus, Poseidon e Hera sospirano all'unisono. Quest'ultima mi dedica un sorriso stanco. «Forse hai ragione. Abbandonalo a se stesso. In fondo, se lo merita.»
Poseidon e Hera sono i primi a uscire dalla stanza, rivolgendoci dei saluti impacciati. Zeus mi fa un piccolo cenno e lancia un'occhiata a Hades, prima di seguirli a ruota e chiudersi la porta alle spalle.
Hades è ancora in piedi e io sono seduta sul divano, a gambe incrociate. Si passa le mani tra i capelli, spettinandoli fino a diventare davvero buffo. Il suo viso bellissimo e dai lineamenti scolpiti, incorniciato da ciocche scompigliate, che vanno in ogni direzione.
«Oh, no, non ditemi che state per scopare! Vi prego, tutto tranne questo,» implora Ares. Ha ancora un tono sofferente, ma dubito che sia solo sintomo dell'ultima ora passata.
Hades mi raggiunge con due falcate e si inginocchia ai miei piedi, poggiando le mani sulle mie gambe. Inclina il capo verso l'alto per stabilire un contatto visivo. «Vieni a dormire da me anche stanotte. Lasciamolo qui. Chi se ne frega.»
Sorrido.
«Ragazzi, il pavimento è davvero scomodo. Non vorrete lasciarmi qui a terra sul serio?» continua Ares. Segue il rumore di qualcosa che sbatte. Poi il silenzio e un mugugno. «Merda, ho sbattuto il culo contro l'anta della doccia.»
Vorrei dire a Hades di sì e andarmene con lui. D'altronde, me lo merito. Sono delusa, amareggiata e preoccupata per la comparsa di Dyonisus. Vorrei solo mettermi a letto e dormire senza alcuna sveglia impostata. Ci sono troppe domande, poche risposte, troppi problemi e poche soluzioni. Anzi, direi zero soluzioni.
Un altro tonfo arriva dal bagno. Ares emette un verso sofferente. «Di nuovo il culo contro la doccia. O questo bagno è piccolissimo, o mi si sono gonfiate le chiappe come quelle di Nicki Minaj.»
Quando guardo Hades, aspettandomi un'espressione irritata, rimango stupita. Gli angoli delle labbra premono per inarcarsi verso l'alto. Si morde il labbro inferiore e riesce a impedire il movimento. «È davvero stupido,» commenta.
«Resto qui, stanotte.»
Hades spalanca la bocca. «Cosa?»
Non devo nulla ad Ares. E non si merita nulla. Ma mi hanno insegnato che la gentilezza torna tutta indietro, prima o poi. Sto ancora aspettando, a essere sincera, ma chissà. Forse Ares, per quanto è fastidioso, sarà finalmente colui che farà girare la ruota anche per me.
E poi, voglio che risponda ancora a una domanda. Perché ha scelto di mettermi in difficoltà in questo modo. So che c'è una risposta precisa e, se io non devo nulla a lui, lui qualcosa a me la deve.
«Non puoi restare qui se io ti prendo in braccio, ti porto fino alla mia camera e ti butto nel mio letto,» conviene, alla fine, Hades, dopo un attento ragionamento.
«Hades...»
Il suo indice si posa sulla mia bocca, zittendomi con una carezza. «Da domani dovremmo preoccuparci seriamente di Dyonisus e iniziare a pensare a come farti uscire da quel labirinto. Stanotte è l'ultima occasione per goderci la calma.»
Allontano la sua mano e gli pettino un po' i capelli con le dita, come meglio mi riesce. I suoi occhi non si staccano dal mio viso. «Non è vero. Almeno, in parte. Da domani dovremmo iniziare a preoccuparci di una cosa in più, sì, ma non toglierà del tempo a noi. Abbiamo già imparato dai nostri errori. Io domani ti vorrò quanto ti volevo ieri, oggi e adesso. E per quanto la situazione si farà complicata, ritaglierò sempre un po' di tempo per stare con te. Capito?»
Lui annuisce, dubbioso. «Ma io non voglio rubarti del tempo che potresti impiegare per cose più serie.»
Sono così infastidita da come si è appena svalutato, che accorcio le distanze e gli do un bacio a fior di labbra. Lo schiocco aleggia nel salottino, e io tengo gli occhi chiusi mentre mi godo il rumore. «Dicono che in Paradiso l'amore venga prima di tutto. Allora faremo del Paradiso un posto sulla Terra,» canticchio in un sussurro.
Hades sorride e mi rende il bacio. «Il mio angolo di Paradiso all'Inferno.» Mi aveva già definita così. La notte in cui siamo stati insieme per la prima volta, dopo il Ballo d'Inverno in Grecia.
«È quello che sei anche tu per me,» gli dico.
Nei suoi occhi c'è la gratitudine di chi non si è mai sentito voluto. Di chi si è sempre sentito additare come uno sbaglio.
«Però, la prossima volta, evita di cantarla,» aggiunge dopo un istante. «Stoni anche quando sussurri.»
Mi allontano con uno scatto e afferro un cuscino dal divano, per poi colpirlo in pieno viso. Hades resta immobile, le spalle scosse da tremiti che riconosco essere dovuti a una risata silenziosa. «Me lo sono meritato, d'accordo,» ammette.
Si rimette in piedi e io gli prendo la mano, guidandolo verso l'uscita. Mi poggio contro la porta e lui rimane davanti a me; una mano è sulla maniglia accanto al mio fianco, e l'altra è premuta sulla parete, all'altezza del mio viso. Si inumidisce le labbra. Sembra esitante. «Haven...»
«Lo so,» lo precedo.
Aggrotta la fronte. «Non sai cosa stessi per dirti.»
«So che non sei tu quello di cui parlava Dyonisus. Il fratello che ci sta nascondendo qualcosa.»
Esita, confermandomi di aver intuito i suoi pensieri e le sue intenzioni. Fa scontrare la sua fronte con la mia e il suo fiato caldo mi investe. «La mia ragazza sarà stonata come una campana, ma è davvero intelligente, eh?»
La mia ragazza.
Tre parole che mi fanno tremare le gambe come una stupida. Per il modo in cui le ha pronunciate, per il suo profumo fresco che mi inebria e per la sua mano che si è spostata dalla maniglia al mio fianco.
«Dimmelo un'altra volta,» mi ritrovo a chiedere, col fiato corto e le mani che gli circondano il collo. Affondo le dita tra i suoi capelli.
Hades avvicina la bocca al mio orecchio e ne percorre il contorno con la punta della lingua, per poi fermarsi per mordicchiarmi il lobo. «La mia ragazza. I kopéla mou,» ripete in greco.
Ho la pelle d'oca. E, al tempo stesso, devo digrignare i denti per mandare via le voci che mi dicono che l'ultima cosa di cui dovrei preoccuparmi, adesso, è di essere felice. Si fanno sempre più rumorose, e il mio cervello le accompagna mostrandomi con forza l'immagine di Newt in coma. La lettera con minaccia di sfratto di mio padre. La chat nel mio telefono con lui, piena di miei messaggi, senza alcuna risposta. Le chiamate mai accettate. Il sorriso di Crono mentre mi rinomina Artemis. La persona con la maschera da toro e il machete in mano.
Le imploro di fare silenzio. Imploro la mia testa di togliere questi ricordi. Di lasciarmi in pace. Ma la mia voce è sempre troppo più bassa.
«Persefóni mou.»
Le voci ammutoliscono. Le immagini spariscono. E vedo solo le iridi grigie di Hades.
Mi accarezza la guancia con gesti lenti e premurosi, come se avesse capito che mi sono estraniata per svariati secondi. Mi ha riportata alla realtà. «Grazie,» la parola mi scivola di bocca prima che possa fermarla.
Lui non capisce. Socchiude gli occhi. «Per cosa?»
«Le hai zittite. Tutte,» sussurro.
È ancora più confuso di prima, ma ci rinuncia. Mi dà un bacio sulla punta del naso e scende fino alle labbra, catturandole tra i denti. Parla contro la mia pelle: «Non ho idea di cosa tu stia dicendo, ma sono qui, se avessi mai bisogno che io le zittisca di nuovo. Qualsiasi cosa siano.»
Ridacchio come una bambina e Hades sembra sollevato. Appoggio il capo sul suo petto e lascio che mi avvolga in un abbraccio finale, quello della buonanotte. «Afíste ton na koimitheí sto bánio,» dice con la bocca tra i miei capelli.
«Anche a te.»
Si irrigidisce. «Cosa pensi che ti abbia appena detto?»
Ci scostiamo per guardarci in faccia. «Buonanotte e sogni d'oro?»
Hades espira con forza per non scoppiare a ridere. Mi spettina i capelli e protesto. «Significa: lascialo dormire in bagno.»
Oh. Ah. Parlava di quella presenza fastidiosa che se ne sta sdraiata tra il water e la doccia e continua a sbattere il culo ovunque, dopo aver vomitato ogni cosa presente nel suo stomaco.
Hades sta ancora ghignando quando apre la porta, con un piede fuori nel corridoio. Con l'indice mi fa cenno di avvicinarmi e obbedisco. Mi porge la guancia, in una richiesta silenziosa. Non appena mi metto in punta di piedi per baciarlo, si volta con uno scatto e mi dà lui un bacio.
«Kalinýchta kai óneira glyká.»
Gli sorrido a trentadue denti. Ora so di aver capito bene. «Buonanotte e sogni d'oro anche a te.»
Lo osservo camminare lungo il corridoio fino a quando non gira l'angolo ed è, purtroppo, sparito, lasciandomi da sola con Ares. Chiudo la porta a chiave e mi guardo attorno. Lascio sbattere la nuca contro la parete, una, due, tre volte e mi maledico per non essermene andata con Hades. Alla fine, mi lego i capelli in una coda alta e prendo il coraggio a due mani.
Ares è ancora sdraiato davanti al water, con un braccio poggiato sulla tavoletta e una gamba dentro il box della doccia. I suoi occhi si fissano subito su di me. «Ehilà, Cohenquilina. Come stai?» le parole sono trascinate, come se fosse ancora ubriaco. Deve stare proprio male.
«Bene, grazie.»
«Questo è il momento di chiederlo a me.»
Apro il rubinetto del lavandino e mi butto dell'acqua gelida in faccia. Sciacquarmi il viso con acqua fresca è la mia cura personale a qualsiasi fastidio. Un gesto abitudinario che faccio anche più volte durante la giornata.
«Visto che insisti: io sto di merda,» continua.
Mi asciugo il viso con il mio asciugamano azzurro, tamponandolo con delicatezza. «Forse te lo meriti.»
Dallo specchio, vedo la gamba di Ares incastrata dentro la doccia e mi scappa da ridere. Il suo piede sbatte contro la parete. Solo ora mi accorgo che uno ha ancora la scarpa e l'altro è nudo, senza calza.
«Forse, un po', sì. Ma i giochi più divertenti sono quelli più estremi, vero? Ti ho stupita, Cohen?»
Lo fronteggio, restando poggiata al bordo del lavabo. «No, Ares. Hai esagerato. Non è stato per nulla divertente.»
La durezza del mio tono gli fa corrucciare le labbra e aggrottare le sopracciglia. D'improvviso, non sorride più, e il sorrisetto strafottente che volevo tanto levargli vincendo, è sparito. «Credevo che ti piacessero i giochi estremi. Speravo che ti divertissi.»
«I giochi mi divertono, ma non nel modo in cui li fai tu.» Mi inginocchio fino ad arrivare alla sua stessa altezza. Mi assicuro che mi stia guardando dritto negli occhi prima di aggiungere: «E tanto per precisare: non azzardarti mai più a dire che io merito meglio di Hades e che tu vuoi mostrarmelo. Ancora meno a dire le cose che hai detto in caffetteria, davanti a tutti, mettendolo a disagio al punto da costringerlo ad andarsene. Perché la prossima volta che parli male di lui, ti faccio pentire di non aver lasciato il tuo culo da Nicki Minaj a Stanford. Chiaro?»
Fa per ribattere, con la sua solita vena polemica.
«Chiaro?» lo blocco.
Il suo pomo d'Adamo si abbassa. «Chiaro.»
«Ottimo. Ora stai fermo e aspetta.» Senza aggiungere altro, esco dal bagno e raccatto il suo cuscino e la coperta dal letto singolo in cui dovrebbe dormire. Poggio il cuscino sul lavandino, mentre gli stendo la coperta sopra. Ares resta impassibile, ma osserva ogni mio movimento con l'aria di uno che non si aspettava una tale gentilezza. Alza il capo il tanto giusto da permettermi di infilare il cuscino sotto e si lascia andare.
Un sorriso gli si stampa in viso, dovuto alla comodità del suo nuovo letto arrangiato. «Grazie, Cohen.» Chiude gli occhi, senza smettere di sorridere. «Dio, mi gira ancora la testa.»
Prendo il bicchiere che Zeus deve aver lasciato accanto agli spazzolini e lo riempio di acqua fredda. Glielo porgo, dandogli un colpetto alla gamba per intimarlo ad aprire gli occhi. «Bevi. Ti aiuterà.»
Lui lo fa senza obbiettare. Eppure, ricordo benissimo che quando era il fratello a intimarlo a bere, lui si rifiutava categoricamente.
«Penso che tu abbia tutto il necessario per dormire,» convengo.
Fa una smorfia. «Manca una cosa. Il bacino della buonanotte.»
Sospiro e lo ignoro, cosa che ormai mi riesce molto bene. È un meccanismo di difesa perfetto.
L'ultima cosa che faccio in bagno è lavarmi i denti. Li spazzolo tenendo d'occhio Ares, semi svenuto per terra. La scena è così comica che, se solo non mi avesse fatta incazzare con i suoi giochi e con il modo che ha di trattare Hades, riderei. Se solo Ares non fosse così... Ares, saremmo buoni amici. Lo so per certo.
Mentre sto facendo i gargarismi con il collutorio, mi arriva la sua voce debole. «L'ho fatto perché pensavo che tu fossi come me,» farfuglia a fatica, con un piede nel mondo dei sogni. «Che ti divertisse il caos. Era l'idea sbagliata che mi ero fatto osservandoti nei panni di Percy. Tu non sei come me. Non totalmente, almeno.»
Sputo il collutorio. «Cosa intendi?»
Con grande fatica, apre entrambi gli occhi. Fa un sorriso sghembo. «Tu sei migliore.»
Abbozzo una risatina. «Ora dimmi qualcosa che non so, Ares.» Sono già pronta a spegnere la luce e andarmene.
«Eri tu.» Si mangia le parole, ma in qualche modo le capisco. «All'orfanotrofio. Eri tu.»
Rimango con la mano vicina all'interruttore della luce. Che diavolo sta dicendo? Deve aver iniziato a delirare. Complici la sbornia, lo stomaco a pezzi e la stanchezza finale. «D'accordo, Ares. A domani.»
Spengo la luce nell'esatto momento in cui lui esclama: «Aspetta!» Con una forza che non aveva fino a pochi istanti fa. Mi spaventa un po', al punto che sto ferma e non muovo un singolo dito. Lo sento trafficare con qualcosa, nell'oscurità, e imprecare in modo sgrammaticato.
Poi mi arriva il rumore di un oggetto che scivola per terra, lungo il pavimento, e sbatte contro i miei piedi, ancora dentro un paio di converse. Mi chino per raccogliere una busta. Ho le mani che tremano mentre la apro, perché ho un presentimento.
Ci sono i soldi del gioco. I ventun mila dollari.
«Perché?» bisbiglio, e spero che mi abbia sentita.
Il silenzio ci avvolge per svariati secondi, tanto che comincio a pensare che si sia addormentato. Ares sospira. «Perché oggi ho capito due cose: tu sei migliore di me, ma io non sono tanto male come credi.»
Dyonisus Lively - Timothée Chalamet (fa strano leggere il suo nome non storpiato dagli utenti di twitter, vero?)
Sono io pazza o Timothée ha la faccia proprio da Dioniso???? Cioè secondo me è perfetto e ricordo benissimo che alcuni di voi mi avessero già detto "se compare Dioniso, è Thimotée" 👀
Tempo fa vi avevo detto di aver spoilerato chi fosse il tipo dei biglietti in una storia instagram. Letteralmente avevo aperto un box domande, e ne avevo pubblicata una in cui mi veniva chiesto chi fosse. La mia risposta era stata "Tremotino Calamaio" 💀
Nella mia testa il collegamento a Dioniso era immediato, ma forse mi sbagliavo
Comunque, nello scorso capitolo, tra i commenti, almeno due di voi avevano capito la mia mossa del "hades bacia haven perché è lei la sua persephone". Ci sono rimasta così male che ho valutato seriamente di far limonare Hades e Persephone Fake 💀 io per nulla uno scorpione permaloso figuriamoci
Vabbè io mi dileguo. Probabilmente aggiorno domenica. Non so se riesco a continuare con i doppi aggiornamenti (sono già 3 settimane che pubblico due volte) ma vedremo 🤝 nel dubbio vi lascerò spoiler sui social
Grazie per leggere GoT 💓 ricordate che vi leggo e leggo le vostre teorie. E che sono tutte sbagliate, per adesso😈
Have a nice life🍎❤️
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