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8 - Limitato ed Eterno

Avevo detto 14:30 ma sono in ritardo quindi beccatevelo in anticipo 💃🏻 💥🤍
Anche se ho segnato contenuti maturi nelle info della storia, vi avviso che in questo capitolo c'è una scena di impiccagione. Se siete sensibili come lo sono io, vi avverto in anticipo, nonostante non sia particolarmente dettagliata.

"I sistemi stellari binari, o stelle binarie, sono sistemi formati da due stelle che orbitano intorno al loro comune centro di massa. La stella più luminosa delle due viene chiamata primaria mentre l'altra è definita compagna o secondaria. Lo scambio di materia tra i due oggetti, che la  consente di sviluppare in questo tipo di sistemi, fa si che la loro dimensione, luminosità e calore sviluppati siano molto più elevati rispetto a una stella singola come il nostro Sole."



— I thought I was a fool for no one
Oh baby, I'm a fool for you


«Baciami, Thymós,» gli ordino. «Non usciremo da questa stanza fino a quando non lo farai.»

Il suo pomo d'Adamo si abbassa a vista, e i suoi occhi diventano due pozze nere. Mi fissa con un'intensità tale da farmi tremare le gambe. Non penso di aver mai desiderato qualcuno quanto desidero lui. Non sono mai stata attratta da un uomo quanto lo sono da Thymós.

«Non sai cosa mi stai chiedendo, Aphrodite,» risponde, burbero.

Poggio il palmo della mano sul suo torace caldo. «Ti sto chiedendo di baciarmi. È una cosa che non vuoi fare? Perché se così fosse, allora scusami. Mi faccio da parte, ti rendo la chiave e usciamo da qui.»

Quando provo a indietreggiare, la sua mano mi afferra il polso e mi tiene ancorata al suo addome. Esita, incapace di accompagnare i suoi gesti con le parole. E poi butta fuori un fiotto d'aria, così violento da esprimere tutta la frustrazione che sta provando.

Si china in avanti, fino a sfiorarmi il lobo dell'orecchio con le labbra. «Il problema è che se ti bacio, Aphrodite, non sarò più capace di smettere,» mormora, roco. «Se adesso ti bacio, vorrò sempre di più. Non mi basterà mai. Avrò voglia di toglierti tutti questi inutili pezzi di stoffa che coprono il tuo corpo meraviglioso, e ti sbatterò sul letto. Non riuscirò più a starti accanto senza pensare alle tue labbra sulle mie e alle tue gambe spalancate per me. Mi farai perdere la testa, Aphrodite.»

Una vampata di calore mi incendia il basso ventre. «Puoi farmi tutto quello che vuoi. Puoi avermi quando vuoi, Thymós.»

Lui si irrigidisce contro di me. «Impossibile. Se ti scopo adesso, Aphrodite, urlerai così forte che tuo padre ti sentirà e verrà a uccidermi all'istante.»

Ogni suo tentativo di farmi desistere dal continuare con il mio piano folle è ridicolo, sembra fatto apposta per incitarmi a non mollare.

Il rombo di un tuono mi fa sussultare. «Mio padre non è sull'isola, al momento, per degli impegni di lavoro. Tornerà domani mattina.»

Con la mano libera, mi circonda i fianchi e infila sotto il bordo dei jeans la punta dell'indice, stuzzicandomi la pelle. Prova ad andare più in fondo, ma il tessuto aderisce troppo sul corpo. Prima che me ne accorga, mi sta sbottonando i pantaloni. Fa scorrere la cerniera, il tanto da lasciare più spazio in vita. Rimette le mani lì, riuscendo finalmente a procedere in profondità. Mi afferra l'elastico degli slip e lo tira verso l'alto; lo allunga e lo rilascia, facendolo schioccare contro la mia pelle. Mi scappa un mugolio soffocato.

«Tuo padre potrebbe trovarsi pure in Cina, ma sentirebbe comunque la sua adorata figlia che geme per quanto la sto scopando bene.»

Il fatto che sia lo stesso uomo che sposta i rami degli alberi che mi intralciano la strada o che mi guarda affascinato e mi chiede di parlargli di astrofisica, pur non capendone nulla, mi fa desiderare ancora di più di averlo.

«Aphrodite...» dice il mio nome come se fossi il suo tormento più grande. «Io non sono abbastanza per te.»

«Stronzate,» lo aggredisco subito. «Non iniziare con i soliti discorsi del cazzo.»

Della mia rabbia, lui sorride appena, intenerito. Mi sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Sai cosa ho scoperto quando ho cercato su internet qualche informazione su Sirio?»

Niente che io non sappia già, ma voglio vedere dove va a parare. «Cosa?»

«Mentre Sirio è la stella più luminosa del firmamento, Sirio B è la sua compagna nana bianca, dieci mila volte più debole di intensità. È ciò che resta di una stella che ha esaurito il combustibile, spegnendosi milioni di anni fa,» spiega. «Non lo capisci? Siamo Sirio e Sirio B. Io e te. Tu brilli e accechi, Aphrodite. Sei Sirio, la stella più facile da vedere dalla terra. E io sono Sirio B, invisibile all'occhio umano. Ormai, una stella degenerata.»

Il dolore nella sua voce mi fa venire le lacrime agli occhi. Percepisco quanto sia convinto delle sue parole, quanto si attribuisca così poco valore e quanto elevi me al pari di un astro prezioso.

«Ho bisogno di tenerti lontana dalla mia testa, Aphrodite,» aggiunge. «Non saprei cosa darti che tu non abbia già o che non ti possa dare qualcuno di migliore. Qualcuno che approvi tuo padre. Qualcuno intelligente quanto te. Qualcuno che non debba usare tutti i suoi soldi per le cure del padre e il cibo della sua famiglia. Qualcuno solare come te. Qualcuno che...»

Inizio a scuotere la testa, pronta a ribattere alle assurdità che stanno uscendo dalla sua bocca. Lui non me lo permette. Scivola di lato, lontano da me, e comincia a camminare con le mani piantate sui fianchi.

«Merito qualcun altro, Thymós, ma sei geloso marcio di Hephaestus. O sbaglio? Fai pace con il cervello, allora. Non mi vuoi con un altro, però non mi vuoi nemmeno con te!»

Il suo capo si volta con uno scatto. «Non ti voglio con chi non ti merita, Daisy, è ben diverso! Hephaestus non è alla tua altezza, e quando sei con lui hai l'espressione più infelice di un condannato a morte. Tuo padre è entrato così bene nella tua testa che ormai pensi che i primi stronzi che ti passano davanti possano anche solo minimamente essere degni di te!»

Ammutolisco, incapace di proferire una sillaba. Stupita del fatto che Thymós veda così tanto in me, e così poco negli altri.

«Hai un'autostima così bassa che credi che io,» calca sulla parola e si punta l'indice al petto, «possa essere alla tua altezza. Che possa meritarmi di metterti le mani addosso o addirittura baciarti e scoparti.»

La sua rabbia cresce di secondo in secondo, lasciandomi sempre più esterrefatta. E più mi ripete che non mi merita, più il mio corpo preme per colmare le distanze e baciarlo.

«Dimmi qualcosa, almeno,» mi sprona.
«Vaffanculo,» sbotto.
«Qualcosa di più articolato!»
«Non ce l'ho! Vaffanculo, di nuovo!» sbraito, più forte.

Lui si passa le mani tra i capelli, scompigliandoli, e sospira. La situazione non sembra star migliorando. Ho l'impressione che, per quanto io possa rassicurarlo, non lo convincerò mai del fatto che lui non è inferiore a me.

Ed è assurdo, per me, sentirmi dire cose del genere. Perché è tutta la vita che mio padre mi ripete che io non sono abbastanza, che ho solo la bellezza, e che il mio futuro è sposarmi con un uomo ricco e d'affari, e fare solo da contenitore di bambini.

«Thymós,» lo chiamo in un sussurro. Lui ha il capo chino, verso il pavimento, ma emette un piccolo verso per farmi capire che mi sta ascoltando. «Io non voglio che tu mi tenga fuori dalla tua testa.»

Al pronunciare la frase, i suoi occhi saettano nei miei, increduli.

«Ma soprattutto,» continuo, e azzardo un passo nella sua direzione. «Non voglio che nella tua testa ci sia la convinzione di non essere abbastanza per qualcuno. Che sia io o qualsiasi altra persona. Non voglio che tu abbia una così bassa considerazione di te stesso. Tu non sei una stella degenerata, che si è spenta milioni di anni fa ed è destinata a fare da ombra a quella più luminosa del firmamento. Lo capisci, tu, questo?»

Lui emette una risatina debole. «E cosa sarei, allora, piccola Sirio?»

«Conosci i sistemi di stelle binarie?»

Thymós si acciglia. «No. Cosa sono?»

«Sono sistemi formati da due stelle che orbitano attorno al loro comune centro di massa. La gravità, in questo tipo di sistemi, permette di sviluppare un certo tipo di materia, che i due oggetti si scambiano fra di loro. Questi scambi reciproci permettono alle due stelle di sviluppare una dimensione, luminosità e calore molto più elevati di una stella singola. Addirittura, del Sole stesso. Capisci?»

Rimane in silenzio. «Credo di sì.»

Sorrido. «Non sei Sirio B. Puoi essere parte di un sistema di stelle binarie, Thymós. Non è così che dovrebbero andare i rapporti umani? Devono essere uno scambio reciproco che permetta a entrambi di avere lo stesso tanto. O almeno, di provarci.»

Thymós si muove, forse per raggiungermi. Io lo inganno all'ultimo, e scivolo di lato. Poggio entrambe le mani sulle sue spalle e lo costringo a sedersi sul letto con un tonfo.

Thymós allarga le gambe, creando un piccolo spazio che sembra fatto apposta per me. Non sono io a infilarmici, è lui che mi aggancia il retro delle cosce e mi spinge fino a incastrarmi tra le sue gambe. Inclina il capo e mi fissa dal basso, mentre torreggio su di lui.

Una nuova tristezza gli adombra i tratti del viso. «Ho paura di te, Aphrodite. Tu sei la ragazza per la quale uno come me perderebbe la testa.»

Gli afferro il viso con le mani, avvicinandomi un po' di più a lui. Lo guardo negli occhi, sfidandolo silenziosamente a interrompere il contatto visivo. Lui non lo fa. Thymós mi scava dentro, forse alla disperata ricerca di una sola parola che lo faccia cedere.

«La sai una cosa, Thymós? Anche nei sistemi di stelle binarie ce n'è una che brilla più dell'altra. Infatti, vengono chiamate rispettivamente stella primaria e stella compagna o secondaria. Il punto, però, è che ciò che conta non è quanto le due stelle appaiano brillanti agli occhi degli altri. Non importa quale sia più facile da vedere. Noi non emettiamo luce per le altre persone. Lo facciamo per noi stessi. Le relazioni umane non si basano su quanto ha uno e quanto gli manca. Bensì, su come le due persone si incastrano, completandosi.»

Lui rimane in silenzio. Non so se per riflettere sulle mie parole o se per elaborare altri argomenti che provino a contestarmi.

Gli accarezzo la guancia, poi infilo le dita tra i suoi capelli castani, morbidi e lisci, muovendo le dita contro il suo cuoio capelluto. Thymós socchiude gli occhi ed emette un verso di piacere.

«Sirio, Sirio, Sirio...» Sospira. «Cosa devo fare con te? Sei così testarda.»

«Sì.»
«E stressante.»
«Colpevole.»
«E irresistibile,» sussurra, spalancando gli occhi.

Il contatto visivo mi fa immobilizzare. C'è qualcosa, nelle sue iridi, che mi fa sospettare abbia un'idea improvvisa da sottopormi.

Affonda le dita sul retro delle mie cosce e mi spinge in avanti, facendomi cadere in braccio a sé. Appoggio le ginocchia sul materasso, ai lati delle sue gambe e mi sistemo sopra di lui, senza emettere un fiato. Thymós aggancia le mani sui miei fianchi e tamburella le dita sopra la stoffa dei jeans.

«Ti propongo un patto, Aphrodite.»

«Ti ascolto.» In questo momento, pur di avere le sue mani addosso, accetterei qualsiasi cosa. Imbarazzante, sì.

Thymós mi fa cenno di avvicinarmi e io obbedisco. Mi scosta i capelli da davanti l'orecchio destro e ci poggia contro le sue labbra, bisbigliando: «I tuoi giochi, al privé, cambieranno. E saranno solo miei.»

Aggrotto la fronte. «Cosa intendi?»

«Visto che davanti agli altri non possiamo sfiorarci, lo faremo in privato,» spiega. «Ogni giorno, avremo venticinque minuti, come i cinque minuti di ogni biglietto che saresti costretta a vendere. Venticinque minuti, da soli, a porte chiuse, per fare tutto quello che non ci è concesso in pubblico.» Mi lascia un lieve bacio sotto l'orecchio, facendomi venire la pelle d'oca.

«Non puoi spendere tutti quei soldi, ogni sera, Thymós. Ti renderò anche quelli dei biglietti che hai preso mentre eri via. A maggior ragione ora che so che servono alla tua famiglia.»

Annuisce, stupendomi. «Vero. Ma faremo come al tuo locale. Se vinco, raddoppio la cifra che ho speso.»

«E qual è la condizione, tra di noi? Al locale, perde chi mi tocca. Vuoi fare anche tu così, Thymós?» Il cuore mi martella nel petto all'idea che sia davvero questo il suo piano. La sera in cui abbiamo giocato la prima volta è stato divertente, sì, ma non ho intenzione di continuare a usare solo le mie mani, quando ho lui davanti a me.

Thymós emette una risatina roca. «Nella nostra variante del gioco, io perdo se non ti faccio avere un orgasmo. Raddoppio, se lo hai. Ti sembra una buona idea?»

Deglutisco a fatica. Mi sforzo di fargli un cenno d'assenso.

«Sarà il nostro gioco del desiderio. Ogni desiderio nascosto che abbiamo, lo esaudiremo. Senza limiti, Aphrodite.»

Il mio cervello va in tilt e non riesce a formulare una singola frase di senso compiuto. «Bene. Dammi i soldi e iniziamo, ora,» mi esce di getto.

Thymós piega la testa all'indietro e scoppia in una risata fragorosa. È la prima volta che lo sento ridere, e dura anche troppo poco. D'improvviso, riesco solo a pensare che voglio trovare altri modi per sentirlo di nuovo ridere.

Ma lui è già tornato serio. «Per quanto vorrei spalancarti le gambe in questo momento e seppellirci la faccia in mezzo, non è il momento adatto. Sicuramente ci penserò stasera a te, non preoccuparti.»

E io come faccio a resistere fino a stasera, ora che lo so?

Con gesti gentili e premurosi, in netto contrasto con i toni e gli sguardi lussuriosi che aveva fino a pochi secondi fa, Thymós mi fa scendere dal suo grembo e mi rimette in piedi, per poi imitarmi.

«Devo andare a discutere di una cosa con gli altri uomini della sicurezza. Puoi aspettarmi in casa, senza allontanarti o fare cazzate?» mi informa. Poi indica qualcosa sul mio corpo. «I pantaloni ti conviene richiuderli, comunque.»

Solo ora mi ricordo che me li aveva slacciati per infilare le mani dentro, toccandomi il tanto giusto da farmi impazzire, ma anche così poco da lasciarmi insoddisfatta.

«Discutere degli omicidi? Ci sono novità?»

Thymós è già davanti alla portafinestra. Abbassa la maniglia e la spalanca. «No, però oggi è venerdì. Potrebbe esserci un nuovo omicidio e dobbiamo prepararci e monitorare chiunque entri su quest'isola.»

Lo raggiungo dopo aver richiuso i pantaloni. «D'accordo. Allora ci vediamo dopo.»

Thymós apre la porta e poi si volta, avvicinando il suo viso al mio. Quando penso che stia per baciarmi, lui mi fa capire che ho sbagliato. «Torno presto, sacca di soldi.»

Mi limito ad annuire. «Passi da fuori? Piove.»

«È più veloce, da qui,» spiega in fretta, come se fosse una questione di poco conto.

Poi la sua mano afferra la mia e se la porta alle labbra. Mi lascia un bacio delicato sul dorso della mano. Davanti alla mia espressione confusa, abbozza un sorrisetto sghembo. «Avevi detto che non potevo uscire da questa stanza senza averti dato un bacio. L'ho fatto.»

«Di certo non mi riferivo a un bacio sulla mano.»

Un lampo di malizia gli attraversa il viso, rompendo la facciata di professionalità che si dipinge addosso per il suo ruolo da guardia del corpo. «Non sei la persona che merita un bacio dato di fretta. Meriti un bacio come si deve, Aphrodite. Voglio dedicarti tutto il mio tempo.»

Se ne va senza lasciarmi il tempo di replicare. Rimango qui, sola, con il cuore che mi martella nel petto e il disperato bisogno di rincorrerlo e prendermi un bacio. Poco importa che sia frettoloso. Il mio corpo non riesce più a sopportare di stargli lontano.

In quale casino mi sono cacciata?

Sono sempre stata sensibile all'amore, ma più di tutto all'attrazione fisica. Non ho mai controllato nessuna delle due cose. Quando amo, non mi impongo freni. Quando desidero qualcuno, faccio di tutto per ottenerlo. Non ho paura, non ho timori, non ho ripensamenti. Ma con Thymós è diverso. Con lui ho paura. Ho paura che non mi basterà mai. D'altronde, è la mia guardia del corpo. Prima o poi finirà di lavorare per me, prima o poi finiranno questi omicidi e Thymós verrà congedato. Cosa farò, allora? Tornerò alla mia vita come se niente fosse?

Esco in terrazzo, in tempo per vedere la figura di Thymós che comincia a scendere le scale laterali. Sta per passare nella zona non riparata, senza alcun ombrello.

«'Fanculo,» esclamo a bassa voce.

I miei piedi si muovono in automatico. «Thymós,» lo chiamo, correndogli incontro.

Lui si volta, dapprima confuso, poi sembra capire le mie intenzioni. Le sue braccia si spalancano, pronte ad accogliermi, e io mi tuffo tra le sue braccia. Gli afferro il viso tra le mani e premo le mie labbra sulle sue.

La pioggia investe entrambi, ma Thymós mi spinge delicatamente all'indietro, in modo che il mio corpo sia riparato dalla tettoia. Il suo rimane in balìa del diluvio.

Non appena si è accertato di avermi messa al sicuro, si concentra su quello che ho appena fatto. La sua bocca si apre, e la lingua spinge per trovare spazio nella mia, che glielo concede senza esitazione.

Non ho mai immaginato come sarebbe stato baciare Thymós, la mia guardia del corpo, ma se lo avessi fatto, non sarebbe mai stato all'altezza Non avrei mai potuto immaginare il modo in cui le sue mani mi tengono per la vita, mi premono contro di sé con possessività ma anche dolcezza. Così come non avrei potuto immaginare i movimenti della sua lingua, che gioca con la mia in una danza lenta e profonda, così sensuale che le gambe potrebbero cedermi dal desiderio che sta accendendo in me.

E, più di tutto, mai avrei immaginato il suono roco e graffiante dei piccoli gemiti che escono dalle sue labbra, morbide e carnose, mentre mi bacia con una foga tale da farmi mancare il fiato.

Affondo le dita tra i suoi capelli, alla base della nuca, e lo spingo ancora di più verso di me, per approfondire un bacio che è già tutto. E al tempo stesso mai abbastanza.

Non voglio staccarmi. Non voglio che finisca. Vorrei averlo fatto prima. Vorrei trascinarlo in camera mia e lasciargli fare qualsiasi cosa voglia. Voglio, da quest'uomo, qualsiasi orgasmo sia capace di darmi.

Lui è quel tipo di persona che di rado incontri nella vita. Quella capace di attrarti dal primo momento in cui le posi gli occhi addosso. Un colpo di fulmine. Un'attrazione improvvisa e incontrollabile. Letale. La persona che ti provoca puro dolore fisico se ti sta troppo lontana, capace di farti esplodere il cuore anche solo sfiorandoti per sbaglio la mano. Quella a cui pensi la notte, a cui ritagli qualche secondo, e poi richiudi in un cassetto segreto, perché hai troppa paura di cosa accadrebbe se ti concedessi di fantasticare troppo.

Thymós è la stessa sensazione provata sfrecciando con una macchina di lusso, in un vicolo buio che si preannuncia come cieco. È la sensazione di premere l'acceleratore, mentre lo percorri, con il piede pronto sul freno, non sapendo mai quando ti servirà.
La lussuria del rischio. L'adrenalina. La paura dello schianto. E la rassicurazione quando continui ad accelerare, e non arriva mai.

Thymós interrompe il bacio, ma lascia le nostre bocche tanto vicine da sfiorarsi. Respiriamo a fatica entrambi, fiato contro fiato, il petto che si alza e abbassa a ritmo innaturale. Il suo è il primo a rallentare.

«Non farei mai più una cosa del genere,» mi rimprovera.

«Cosa?»
«Baciarmi così all'improvviso.»

Non capisco se sia serio. «Io... Non... Scusa...»

Mi dà un altro bacio, più veloce, ma profondo quanto il primo. «Non baciarmi mai più senza preavviso, Aphrodite, perché potresti farmi venire un cazzo di infarto.»

Abbozzo un sorrisetto di sollievo e stringo di più i suoi capelli. «Non potevo più aspettare.»

Una delle mani che ha ancora agganciate ai miei fianchi, scivola dietro, lungo la schiena, ma poi si blocca e interrompe il contatto. «Abbiamo i venticinque minuti, per quello. Non si infrangono le regole.»

Giusto. Quel maledetto gioco che ci proibisce di toccarci quando siamo in pubblico. Arretro di qualche passo e annuisco. «Sì. Hai ragione.»

Il suo viso si distende, più sereno, come per rassicurarmi. «Ci vediamo tra poco. Stai attenta.»

Storco il naso. «Non si sa mai che respiri troppo forte, mi vada l'ossigeno di traverso e soffochi.»

Alza gli occhi al cielo. «Torna in casa, disastro ambulante.»

Lo lascio andare via senza contestare. Da sacca di soldi ambulante a disastro ambulante il passo è stato breve. Eppure, entrambi i nomignoli mi piacciono. Cosa che non ammetterò mai con nessuno, sia chiaro.

Decido di passare per la mia camera, e invece che restarci, scendo le scale che portano al piano di sotto. In soggiorno non c'è nessuno, ma la portafinestra che dà sul terrazzo è aperta. Sta ancora piovendo e tuonando, qualche fulmine fa una breve comparsa nel cielo. Essendo riparato, vado a sedermi in terrazzo e pesco uno dei libri che lascio in giro per la casa. Tanto per avere sempre qualcosa da leggere, a portata di mano.

Riesco a superare trenta pagine, con l'odore della pioggia e il frastuono del temporale, ma i miei occhi vagano sempre in direzione della porta, impazienti di vedere Thymós. Chiudo il libro con un gesto secco, incapace di concentrarmi ancora, e rientro in casa.

Senza pensarci, imbocco il corridoio con le sale usate maggiormente dai miei genitori. Passo davanti alla stanza in cui mio padre si ferma, di tanto in tanto, per suonare il suo amato violino. E supero anche l'ufficio di mia madre.

Al contrario di quello di mio padre. La porta è socchiusa e sembra esserci qualcuno dentro, perché sento qualche rumore e intravedo un piccolo fascio di luce. Ma mio padre non è sull'isola. E solo lui è autorizzato a stare lì.

Do un calcio alla porta, spalancandola. Sono pronta a trovarmi davanti qualsiasi cosa.

Tranne quello che effettivamente c'è.
Un ragazzo che non ho mai visto nella mia vita.

Se ne sta seduto alla scrivania, con i piedi poggiati sul tavolo in legno scuro. Faccio scorrere lo sguardo sulle sue gambe lunghe, fasciate da pantaloni viola, e risalgo sul busto, dove ha la giacca del medesimo colore, parte del completo. Due occhi verdissimi sono incastonati su un viso pallido e dalle mascelle squadrate.

Agita la bottiglia di vino che ha in mano, in segno di saluto. «Buongiorno.» Se la porta alla bocca e tracanna un sorso generoso.

Muovo qualche passo, sempre più confusa. «Chi sei? E cosa stai facendo nello studio di mio padre?»

«Frugavo tra le sue cose,» risponde, in tutta sincerità. Il pc di mio padre è aperto, e la luce blu dello schermo lo illumina appena. «Purtroppo, è tutto protetto da password. Non è che la conosci?»

Resto senza parole. Un intruso è nell'ufficio di mio padre, probabilmente già ubriaco di prima mattina, e mi chiede con totale tranquillità di dargli l'accesso ai file privati di famiglia. Sfrontato, incurante o stupido?

Lo sconosciuto mi sorride a trentadue denti, come a calcare sull'ironia del momento. «Allora, ma chère?» Lo pronuncia con un perfetto accento francese.

«Chi diamine sei?» ripeto. «E perché bevi vino alle nove del mattino?»

Lui fissa la bottiglia, pensieroso. «Be', il vino è fatto con l'uva. A colazione è normalissimo mangiare frutta. Alla fine, il vino è solo un frullato di frutta, non trovi?»

Non batto ciglio. «No. È un alcolico.»

Sorride. «Viviamo in un mondo libero e ognuno ha il diritto di avere la propria opinione.»

Qualcosa mi dice che questo ragazzo non è un tipo pericoloso, ma solo uno scemo che ha voglia di provocare e mettersi nei casini. Motivo per cui mi avvicino alla scrivania e poggio entrambe le mani su di essa, protendendomi nella sua direzione.

«Chi sei? Non te lo chiederò un'altra volta, prima di chiamare la sicurezza.»

Sbuffa, come se gli avessi fatto una domanda noiosa. «Dorian, piacere.» Mi porge la mano libera.

«Dorian, chi?»

Una volta capito che non gli stringerò la mano, la rimette a posto. «Non è importante, al momento. Però, posso assicurarti che tra qualche mese faremo le presentazioni ufficiali. Non temere. Abbi solo un po' di pazienza.»

Inutile fare altre domande, sembra il tipo che ti porta all'esasperazione per la sua abilità di evitarle. «Va bene, Dorian. Puoi prendere la tua bottiglia di frullato d'uva e andartene, adesso.»

Mette un broncio fanciullesco. «Di già? Ma io voglio accedere ai file di Crono Lively. Ripeto: hai suggerimenti per la password? Queste sono quelle che ho ipotizzato, leggi.» Prende un foglietto scribacchiato e me lo porge. «Ho solo tre tentativi prima di mandare in blocco il pc, perciò devi essere sincera e dirmi le due più probabili.»

Nonostante l'assurdità della situazione, sono curiosa di leggere l'elenco che ha fatto.

MeleRosse666
CronoTheBestTitano
AmoMangiareIMieiFigli
TitanoSuperDotato
ReaLively (in caso fosse un sottone)
1234 (in caso fosse più scemo di quanto pensassi)
ABCD (stesso commento fatto nelle parentesi sopra)

Trattengo una risata e mi impongo un'espressione seria. Gli rendo il foglietto. «Come hai fatto a entrare? C'è la sicurezza.»

Con tutta la tranquillità del mondo, Dorian infila mano nella tasca interna della giacca e ne estrae una pistola. Faccio un balzo all'indietro. «Ho sparato a tre degli uomini di Crono. Il quarto si è arreso e mi ha fatto entrare. Dovreste licenziarlo. Mi pare si chiamasse Andreas.»

Mi rimangio tutto. Forse questo ragazzo non è un ubriacone scemo con la voglia innocua di provocare. «Rimettila a...»

Sobbalza e allontana la pistola. «Oh, sì, sì, certo, scusa! Tranquilla. Non ti voglio fare nulla di male.» La rimette a posto, ridacchiando. Poi tracanna altro vino. La bottiglia sembra ormai quasi vuota.

«Cosa vuoi dal pc di mio padre? Cosa speri di trovare?»

Scrolla le spalle e picchietta sulla tastiera, a caso. «Le prove per distruggere questa famiglia di matti.»

Dev'essere qualche ex cliente che ha perso tutti i soldi in qualche sala gioco. Capita spesso che qualcuno torni per cercare vendetta. La differenza è che nessuno riesce mai a superare i cancelli dell'isola. Lui, invece, sì. Forse è molto più che un ex cliente truffato. Dubito che il suo unico aiuto sia stata una pistola.

Dorian inclina la bottiglia in verticale, mettendo l'anello in corrispondenza della bocca spalancata. Tira fuori la lingua e agita l'oggetto in vetro, facendo cadere le ultime gocce di vino. Quando si accorge che non c'è più nulla, fa una smorfia e la lancia contro il muro alla sua sinistra. La bottiglia produce un botto, prima di frantumarsi in schegge, sul pavimento in parquet.

«Ottimo vino. L'ho preso dalla collezione di tuo padre. Mi pare fosse del 1903...» Socchiude gli occhi, sovrappensiero. «Ripensandoci, avrei potuto tenerla e venderla per qualche soldo. Mamma e papà hanno chiuso il conto dopo che gli ho rubato alcuni milioni. Non so per quanto mi dureranno. Ho uno stile di vita molto... lussuoso. Mi piace coccolarmi, capisci?»

Indico la porta. «Esci da qui.»

Inarca un sopracciglio. «Che carina che sei. Non incuti alcun timore, Aphrodite.»

Dorian mi squadra con uno sguardo giocherellone, dopodiché tira indietro la sedia in velluto rosso e si mette in piedi. Non mi muovo di un millimetro mentre mi si avvicina, fermandosi davanti a me. È alto almeno quindici centimetri in più di me.

Emana un odore di alcol nauseante. Non credo che quella fosse la prima bottiglia della giornata. «Credimi, ma chère, tra qualche mese capirai tutto e passerai dalla mia parte.»

Apro bocca per ribattere.

Lui mi afferra il viso con la mano. Mi spaventerei, se solo non lo facesse in modo educato ed elegante, senza alcuna pressione. Sembra quasi che non mi stia toccando. «Quando ci rivedremo, perché accadrà, fai finta di non avermi mai conosciuto. Questo incontro sarà il nostro piccolo segreto.»

«Appena varcherai la porta di casa io avviserò...»

La sua mano stringe più forte. «Non fare la stupida. Tu per prima dovresti volere la morte di tuo padre e di tutto questo impero di giochi e truffe.»

Provo a liberarmi dalla sua presa, invano. «Lasciami!»

Ma nei suoi occhi non c'è aggressività. Nemmeno rabbia. D'un tratto, sembra nervoso e preoccupato. Sull'orlo di una crisi isterica. «Sono serio, non devi parlare a tuo padre di me. Lo sai anche tu che la tua vita sarebbe migliore senza di lui.»

«Lasciami!» Gli assesto un pugno al braccio, che non lo scalfisce affatto. Dio, sono così patetica. Persino Hermes sarebbe riuscito a fargli male. Sono l'unica, in questa famiglia, che non sa difendersi.

«Aphrodite...»

Accanto alla tempia di Dorian compare una pistola. Il mirino è conficcato sulla sua nuca, in mezzo ai folti capelli castani. E la mano che la regge appartiene a Thymós. I suoi occhi sono due buchi neri, la mascella è serrata ed espira così forte che temo possa davvero sparargli.

«Hai sentito cosa ti ha detto o deve farti un disegnino, coglione?» sputa fuori. «Devi togliere le tue manacce...»

Dorian solleva le mani in aria, interrompendolo prima che finisca la minaccia. «D'accordo. Ecco fatto. Non ti arrabbiare, bestione e poggia la pistola.»

Thymós la sposta di qualche centimetro, e gliela preme di nuovo contro la nuca. «No, no, no,» mormora. «È ora di insegnarti una lezione che ti servirà per il futuro: il "no" di una donna vale quanto quello di un uomo.»

«Sei impazzito? Che cazzo vuoi, ancora?» Dorian ha già perso tutta l'audacia di prima.

«Non devi levarle le mani di dosso perché ti sto minacciando io con una pistola. Non è a me che devi obbedire, ma a lei. Quindi rifacciamo tutto da capo.» Allontana la pistola, tenendola comunque pronta, e mi indica. «Mettile di nuovo le mani addosso. Forza.»

«Thymós, non è necessario,» lo rassicuro.

Thymós non mi guarda. «Lo è. Perché se non lo vedo fare come gli dici, il prossimo punto in cui gli ficco la pistola su per il culo.»

Dorian prende un respiro profondo, per un attimo barcolla, vittima dell'alcol. Mi riafferra il viso, titubante, la mano gli trema appena. «E ora?»

È il mio turno. «Mollami,» ordino.

Thymós agita la pistola per aria. «Sentito?»

Dorian mi lascia andare e fa tre passi indietro, sbattendo contro un mobiletto di testi antichi in greco. Un'altra collezione rara e costosa.

Il sorriso sul volto di Thymós è uno di quelli che non gli ho mai visto, ma non è felice. È carico di rabbia. «Hai visto? Oggi hai imparato come si rispetta una donna. E ora vattene, prima che chiami sul serio la sicurezza. Sei fortunato che odio Crono Lively quanto lo odi tu.»

Dorian riacquista il tanto di sfacciataggine necessario a regalarmi un sorrisetto di saluto, prima di correre fuori dallo studio. I suoi passi riecheggiano, e vengono interrotti dal rumore della porta d'ingresso che sbatte.

Thymós rimette la pistola nel fodero in vita, poi si rivolge a me. «E tu devi imparare in fretta a dare dei colpi in grazia di Dio, Aphrodite. Cos'era quel pugno?»

Ignoro la sua provocazione, un tentativo di alleggerire la situazione ma anche un modo meno rude di riprendermi. «Non era necessaria questa scenetta.»

«Invece, sì. Per molti uomini il "no" di una donna non conta quanto quello di un uomo. Non posso intervenire in ogni caso presente al mondo, ma con te, almeno, sì. Devi farti valere. Nessuno deve mancarti di rispetto.»

Mi concedo un'occhiata nella sua direzione. Mi guarda con una tale intensità che d'improvviso dimentico Dorian, la sua pistola, la sua mano sul viso e l'ultimo quarto d'ora passato insieme. «Mi insegnerai tu?»

Thymós accorcia le distanze, ma sono io a fare il passo definitivo. I nostri corpi sono quasi incollati, e la mia mano va a percorrere la cinta in vita, dove tiene il fodero della pistola. Mi insinuo appena sotto il bordo della maglia e gli sfioro la pancia piatta. Thymós sibila come un serpente, e per non metterlo in ulteriore difficoltà, mi ritraggo e tasto la pistola.

«Farò di meglio, Aphrodite. Ti aiuterò a usare una pistola, così che tu non debba nemmeno sfiorare con le tue manine quegli esseri viscidi che ci sono nel mondo. Sarebbero onorati anche solo di ricevere un tuo pugno.»

🌸🌸🌸

«Sembri agitata.»
«Sono tranquilla.»
«Sembri agitata, invece.»
«Cominci a farmi agitare tu con questa continua affermazione, Eros.»
«Visto? Allora, ho ragione. Sei agitata.»

Gli rivolgo un'occhiataccia. «Smettila.»

Eros si sistema la giacca del completo, questa sera giallo, e mi scocca un sorrisetto strafottente. «Siamo amici. Sono uno dei tuoi migliori amici, mi preoccupo per te. Se c'è qualcosa che non va, devi sentirti libera di potermene parlare.»

Riprendo a camminare avanti e indietro, per il perimetro del privé. Thymós è seduto su uno dei divani, e non mi stacca gli occhi di dosso. Le sue attenzioni nei miei confronti sono sfrontate, fatte apposta per mettermi in difficoltà davanti a Eros e vedere quanto ci metterò a crollare.

«Aphrodite,» mi richiama proprio la mia guardia del corpo, «per caso lo gnomo ti sta dando fastidio? Vuoi che intervenga?»

Eros sbuffa a gran voce e finisce il liquore, abbandonando il bicchiere nell'angolo bar della stanzetta. «Guarda che ho chiamato mia madre, l'altra sera. Dice che sono quello della famiglia con le ossa più sviluppate. La mia altezza è normale, se non straordinaria.»

Thymós lo squadra e un sorrisetto fa capolino sul suo volto. Persino Eros se ne stupisce. Thymós non sorride mai. E, nelle ultime ventiquattro ore, ha cominciato a farlo così spesso che non passa inosservato.

«Tu sei quello alto della famiglia? Questo sì che è pazzesco.»

Eros grugnisce e borbotta una serie di imprecazioni che non riesco a comprendere. Si appropria direttamente della bottiglia di liquore e se la mette sottobraccio, ignorando il bicchiere che stava usando fino a pochi minuti fa.

Io mi schiarisco la voce. «Va tutto bene, Eros, ignoralo, fa solo lo stronzo. Ora puoi tornare al locale e divertirti, okay?»

Eros alza entrambe le sopracciglia. «Non serve la mia supervisione qui, durante i giochi? So che sono stati acquistati cinque biglietti in tempo record.»

Thymós fa un colpo di tosse, d'improvviso guardingo e ben consapevole di cosa sta per succedere. «Sì, ho controllato tutto. Ci penso io a tagliare qualche zampa da quelle bestie. Tu, vattene.»

Gli occhi di Eros scattano dal mio viso a quello di Thymós, così tante volte che sto per urlargli contro dall'esasperazione. Deve aver capito che c'è qualcosa sotto, ma lui, al contrario di Hermes, non è curioso. Approva questo tipo di cose e lascia che accadano. Solo in seguito ti riempie di domande.

«D'accordo. Ci vediamo dopo, allora...» Cammina all'indietro, continuando a fronteggiarci. Sbatte la schiena contro la porta e la apre scoccandomi un'ultima occhiata maliziosa, per poi sparire.

Rimasti soli, mi rendo conto solo ora del peso di ciò che sta per accadere. Dell'attesa, sembrata infinita, che mi ha tormentata tutta la giornata all'idea di trovarmi qui, adesso, con lui.

Mi schiarisco di nuovo la voce e muovo un passo verso lo stereo, per mettere della musica. Il corpo di Thymós mi blocca subito il passaggio, quasi sbatto contro il suo addome. «No.»

Sollevo il capo, incontrando i suoi occhi scuri. «No? Niente musica?»

Scuote la testa. «Voglio che questi giochi siano guidati dai tuoi desideri, Aphrodite. Qualsiasi desiderio esprimerai, io avrò la premura di esaudirlo. Per compensare tutte le notti in cui hai dovuto assecondare il volere di tuo padre, stando chiusa qui con gente sconosciuta che non vedeva l'ora di metterti le mani addosso. Ma... lascia esprimere un solo, minuscolo, desiderio anche a me. Ti va? Posso?»

La sua voce è così dolce, mentre mi riempie la testa di queste parole bellissime, che mi viene da piangere. «Certo.»

«Niente musica. Non voglio che nessun altro suono interferisca con i gemiti che voglio sentire dalla tua bocca.»

Deglutisco a fatica. Thymós allunga la mano, pronto a sfiorarmi il braccio nudo, poi si blocca a metà strada. «Avvia il timer, Aphrodite, non vedo l'ora di toccarti,» mi implora.

Trattengo a stento un sorriso. Indico l'orologio sportivo che ha lui al polso, una richiesta silenziosa di poterci maneggiare. Lui mi porge il braccio e mi scruta, mentre imposto il timer di venticinque minuti. Faccio un respiro profondo e lo faccio partire.

Thymós lancia un'occhiata al quadrante dell'orologio, dove i secondi stanno già scorrendo e ci tolgono il poco tempo prezioso che abbiamo. «Ricordi cosa mi ha detto tuo padre quando ci siamo conosciuti? Che mi avrebbe tagliato entrambe le mani se ti avessi toccata.»

Annuisco. «Puoi ancora tirarti indietro,» lo rassicuro, convinta che ci stia già ripensando.

Lui mi sfiora la spalla, in un contatto fievole, e con altrettanta delicatezza mi fa cadere la spallina del vestitino. Il tessuto si ripiega in avanti, scoprendomi metà del seno destro. «Penso che correrò il rischio, però.»

Non esita un secondo. Le sue mani si agganciano alla mia vita e mi solleva da terra senza sforzo. Avvolgo le gambe attorno al suo corpo e lascio che mi porti dovunque voglia. Thymós mi adagia su uno dei divani ai lati della stanza, e rimane in piedi, a fissarmi dall'alto.

«Qualsiasi desiderio, Aphrodite,» mi ricorda, in attesa che gli dia istruzioni.

«Scopami.»

L'espressione sul suo volto è così buffa che scoppio a ridere, senza riuscire a trattenermi. Dallo stupore iniziale per la mia richiesta così diretta, anche Thymós ridacchia, a bassa voce. Si inginocchia davanti a me e preme sulle mie ginocchia nude, per farmi aprire le gambe. Arrivato allo spazio giusto, ci si infila in mezzo e mi fissa, ora alla mia stessa altezza.

Una mano resta sulla mia coscia, scivola fino a sotto la gonna e si ferma al bordo dei miei slip. L'altra, va a sfiorarmi le labbra, prima con dolcezza, poi con movimenti più rudi. «Sei proprio tutto l'opposto di come appari esteticamente, eh?»

Non cedo al suo tentativo di intimorirmi. «Posso essere la ragazza seduta in balcone, con un vestitino lungo e a fiori, che legge un libro. E posso essere la ragazza nuda, seduta sulla tua faccia, che si fa scopare dalla tua lingua. Quale preferisci, Thymós?»

La sua mascella ha un guizzo e mi lascia andare la bocca. «La prima è la mia preferita. Ma, in questo momento, vorrei la seconda.»

«Allora, spogliami. Subito.»

Thymós afferra il bordo del mio vestitino dorato e, con il mio aiuto, lo solleva verso l'alto, facendolo passare per la testa. Emette un grugnito quando si rende conto che, di nuovo, ho solo gli slip addosso. «Non ti piace proprio mettere il reggiseno, a quanto pare.»

Fingo una smorfia di fastidio. «Sono scomodi, sai? Voi uomini nemmeno lo immaginate.»

Thymós non si degna di darmi una risposta, troppo occupato a osservare il mio seno. Si sta già avvicinando, le labbra dischiuse, e io sono già bagnata da fare schifo alla sola idea.

«Fermo.»

Mi guarda. Supplichevole. Straziato dal mio ordine. Gli afferro il polso e mi porto le sue dita all'altezza del viso. Senza interrompere il contatto visivo, le metto tutte in bocca, una alla volta, succhiandogli il polpastrello e inumidendoli con la mia saliva.

«Cazzo, Aphrodite.»

«Toccami.»

La sua mano percorre il mio busto. Esita per tanto, forse troppo, tempo sulla mia pancia. Accarezza il grasso, i rotolini in più, e li guarda ammirato, come se fossero la cosa più sexy del mondo. Non mi è mai importato di avere qualche chilo in più, tanto meno di non avere la pancia piatta. Ma sono sempre stata ben cosciente che gli standard di bellezza fossero altri. Eppure, il modo in cui mi guarda lui, mi fa andare su di giri, mi fa sentire più bella di quanto mi abbiano fatta sentire gli altri per tutta la vita.

«Mio padre ha provato a mettermi a dieta,» gli confido. La sua mano si ferma. «A quanto pare una col mio nome e il mio viso, non può permettersi di avere i rotolini o le cosce grosse.»

«E tu cosa gli hai risposto?» Continua ad accarezzarmi la pancia, poi passa ai fianchi, anch'essi morbidi e abbondanti. Risale fino ad afferrarmi il seno destro, grande quanto la sua mano.

«Ho continuato a mangiare tutto quello che mi pareva,» dico con tranquillità. «Ho rifiutato i pasti con porzioni da criceti e privi di carboidrati. E lui si è arreso.»

Be', anche perché i miei fratelli sono intervenuti per difendermi. Nessuno di loro è rimasto zitto. Hades, Hermes, Apollo e Athena. Tutti quanti. E Crono si è arreso. Non dopo aver fatto una delle sue solite scenate melodrammatiche.

«Sei bellissima così come sei,» mormora Thymós, chiaramente in imbarazzo per il complimento che mi ha fatto. Nemmeno mi guarda negli occhi.

«Occhi su di me, Thymós,» lo prendo in giro, anche se in parte sono seria. «Se vuoi dire a una ragazza che è bella, devi guardarla negli occhi.»

Le sue iridi marroni si fissano nelle mie, e ha un sussulto. «Sei bellissima, così come sei, Aphrodite.»

«Grazie,» bisbiglio.

Entrambe le sue mani si posizionano sul mio seno, e mentre la destra lo massaggia, lentamente, le dita dell'altra mi stuzzicano il capezzolo, giocandoci persino meglio di come ho fatto io qualche sera fa, sotto suo ordine. Getto il capo all'indietro, mugolando di piacere, mentre mi provoca scossa elettriche in tutto il corpo.

Quando qualcosa di umido si chiude attorno al mio capezzolo e capisco che è la bocca di Thymós, emetto un gridolino di sorpresa e piacere. Lui non si ferma. Muove la lingua esattamente come ha fatto questa mattina, durante il bacio, leccando e succhiando con foga crescente. Mi mordicchia piano, e riprende a leccare, alternando le due azioni in una danza sfrenata. Nel privé aleggia solo il rumore di me che ansimo, accompagnato dai rumori prodotti dalla sua bocca.

«Toglimi gli slip, Thymós,» lo imploro, tra un gemito e l'altro. «Ti prego.»

La sua bocca si stacca, ma va a dedicare le stesse attenzioni all'altro capezzolo. Nel frattempo, le sue mani mi afferrano i bordi delle mutandine nere e me le sfila verso il basso. Lo aiuto sollevandomi appena dal divano.

La lingua di Thymós mi traccia la clavicola e si ferma sul mio collo. Fa scorrere la punta fino a raggiungere l'orecchio, dove mi mordicchia il lobo.

Quando accosta le labbra, e capisco che vuole sussurrarmi qualcosa, la sua mano si infila in mezzo alle mie gambe e sfiora la mia intimità per tutta la sua lunghezza. «Dimmi cosa devo fare, ora, Aphrodite,» mormora.

Ho il cervello in tilt. Il cuore che sta per cedere. E sono così eccitata che potrei venire da un momento all'altro, mi basterebbe risentire la sua mano in mezzo alle mie pieghe e la sua voce bassa che bisbiglia contro il mio orecchio.

Ma non può andare così. È il mio gioco. Il mio desiderio. E voglio prendermi tutto ciò che di bello mi è concesso.

«Voglio che ti spogli, completamente,» dico, afferrandolo per il collo. «E poi che ti sdrai qui sul divano, così che possa sedermi sulla tua faccia.»

Dalla sua bocca esce un grugnito animalesco, che mi fa drizzare tutti i peli biondi delle braccia.

Thymós si stacca e si mette in piedi. Punta gli occhi nei miei, e si sfila la maglietta nera, la sua solita maglia nera. Lo avevo già visto senza, ma trovarmelo qui davanti, tutto per me, è un altro tipo di spettacolo. Non c'è una parte del suo corpo che non abbia muscoli. Ogni centimetro di pelle ambrata è scolpito da Dio stesso.

Calcia via le scarpe, senza slacciarle, e si sbottona i pantaloni cargo. Rimane in boxer, e già così la sua erezione preme contro il tessuto, preannunciando delle dimensioni che non sono nemmeno sicura di poter far stare dentro di me.

Thymós si libera anche dell'intimo, rimanendo nudo, al mio cospetto. D'altronde, lo siamo entrambi. Io seduta, lui in piedi. E, nonostante ciò, ci guardiamo negli occhi.

Mi alzo, in modo che possa distendersi sul divano. E quando mi concedo uno sguardo all'interezza del suo corpo, supino, mi sembra anche più bello di prima.

Invece che andare subito all'altezza del suo viso, mi siedo in braccio, e mi appoggio con le mani ai lati della sua testa. Arrivata al suo inguine, ci premo il mio contro, facendogli roteare gli occhi all'indietro. Un fiotto d'aria esce dalla sua bocca. La sua erezione dura preme contro la mia intimità, e io azzardo un piccolo movimento, strusciandomici contro. Il piacere è immediato, mi fa arricciare le dita dei piedi.

Ma è troppo presto per questo. Non voglio che la prima volta sia in questa stanza. Non per un gioco.

E poi, la sua bocca mi implora proprio di avvicinarmi.

Risalgo fino a sistemarmi sul suo viso. Puntello le ginocchia ai lati e mi reggo con la mano destra allo schienale del divano. Le mani di Thymós mi afferrano i glutei, e ancora prima che possa farlo io, mi spinge con forza contro le sue labbra.

Il primo colpo di lingua è così rude che lancio un grido soffocato dal piacere. Thymós percorre le mie labbra per tutta la lunghezza, leccandomele piano, con calma, come se avessimo tutto il tempo del mondo e non soli venticinque minuti.

I suoi polpastrelli affondano nella mia pelle e la punta della lingua gioca con il mio clitoride, compiendo movimenti circolari. Prima lecca, con colpetti ritmati, poi risucchia con le labbra, riempiendo la stanza di quell'unico suono.

I miei fianchi cominciano a ondeggiare in avanti e indietro, oscillano contro la sua bocca, cercano più frizione, sollievo, un contatto maggiore. Thymós mi solleva per riprendere fiato, e quando guardo in basso, lo scopro a passarsi la lingua per tutto il perimetro della bocca, con lo scopo di assaporare i miei liquidi.

«Riprendi,» esce come un ordine, ma nella mia testa è una supplica, quasi una preghiera.

I suoi occhi si socchiudono, e la mano sinistra va a colpirmi il gluteo in uno schiaffo violento. Mi abbasso di nuovo, e la sua lingua riprende a leccarmi, con un ritmo e una foga maggiori di prima. Una mano si infila tra le mie gambe.

«Ti prego,» mormoro. «Thymós.»

Mi penetra con un solo dito. E comincia a muoverlo dentro di me, con spinte sincronizzate a quelle della sua lingua. Non ho il tempo di abituarmi, perché ne aggiunge un secondo.

Devo reggermi maggiormente al divano, per non crollare. Mi agito sopra di lui, gemendo come una matta, e desiderando di poter sentire anche lui, se solo la sua bocca non fosse così impegnata e dedita nel succhiarmi il clitoride.

Non mi rendo nemmeno conto di star cantilenando il suo nome, fino a quando la sua voce non si aggiunge, e mi incita a bassa voce. «Manca poco... Continua così. Muoviti, Aphrodite, muoviti contro le mie dita. Prenditi tutti i cazzo di orgasmi che quegli incapaci non sono mai riusciti a darti.»

Le sue dita escono ed entrano con forza, lunghe e grosse, e il mio bacino lo accompagna. Con la mano libera, risale la schiena nuda e mi afferra il seno sinistro, riprendendo a stuzzicarmi il capezzolo.

Sono sull'orlo.
E vorrei implorarlo di fermarsi, solo per rifare tutto da capo.

Ma è da tanto tempo che non ho un rapporto così bello e intenso. Nemmeno quando ho usato le mie dita, davanti a lui, ho provato un piacere del genere.

Thymós non si ferma neanche per un secondo. Tocca ogni parte di me, e mi fissa con insistenza, esitante. Ho la tentazione di chiudere gli occhi e lasciarmi andare all'orgasmo, ma faccio uno sforzo e lo guardo mentre vengo sulle sue dita ed emetto un gemito rumoroso. Così rumoroso che lascia andare il mio seno e mi tappa la bocca.

Le gambe mi tremano, e le sue dita rallentano, accompagnandomi fino alla fine. Si fermano.

Per non cadergli addosso, privata di qualsiasi forza ed energia, pianto i palmi delle mani sul suo petto e mi reggo a lui. Thymós mi stringe per la vita e mi sostiene.

«È tutto okay,» mi rassicura.
«È tutto tranne che okay.»

Mi allontana, continuando a tenermi. Sul suo viso c'è un cipiglio confuso. «Cosa intendi? Ti sei pentita di...»

Mi affretto a dissentire. L'ultima cosa che voglio è che pensi che io abbia dei rimorsi. «No, no, assolutamente no.» Davanti al mio nervosismo, sorride. «Non è okay perché voglio rifarlo subito. E non so come farò a rispettare le regole del gioco.»

Thymós infila la mano tra i miei capelli, stasera lisci, e mi afferra per la nuca, spingendomi in basso per darmi un bacio a fior di labbra. Troppo poco. Ecco che torna il dolore fisico. Non mi basta mai.

«La prossima volta...»

Da fuori, si innalza un coro di urla. Thymós fa uno scatto, poi si pietrifica. Ci fissiamo, di colpo guardinghi entrambi. La nostra bolla ormai scoppiata.

Quando ne seguono altre e un vociare sempre più confuso, ci alziamo dal divano e ci rivestiamo. Thymós ci mette meno di me, anche se aveva più indumenti. Estrae due pistole diverse e toglie la sicura a entrambe. Fissa dritto davanti a sé, tutta la lussuria e leggerezza ormai svanite dal viso, risucchiate via.

«Non ti muovere,» ordina, teso come una corda di violino. «Vado io per primo. Resta ferma.»

Non serve, però. Perché qualcuno bussa con forza contro la porta. «Aphry! Thymós!» È la voce inconfondibile di Eros. «Dovete venire qui fuori, subito.»

Thymós mi si para davanti, facendomi da scudo, e ci avviamo insieme. È lui a sbloccare la serratura della porta. Eros se ne sta in piedi, i capelli spettinati e il viso pallidissimo. Sembra in procinto di svenire. Che diavolo sta succedendo?

Alle sue spalle, il locale è nel pieno caos. La musica non c'è più, dipendenti e clienti si muovono da una parte all'altra. Qualcuno scappa, altri si ammassano davanti alle porte dei bagni delle donne, sul lato sinistro.

«Qual è il problema? Aphrodite è in pericolo?» domanda Thymós.

Eros scuote la testa. «No, no, no, lei no. È stato trovato un altro corpo e... Non è... Dovete venire a vedere. È nei bagni.»

Thymós viene raggiunto da altri sei uomini e due donne della sicurezza, tutti vestiti in modo elegante e muniti di armi, pronte all'uso. Fanno spostare la folla che blocca il passaggio, e mi circondano con i loro corpi, creando una bolla attorno a me, impenetrabile. Thymós mi sta sempre davanti, e di tanto in tanto si volta per accertarsi che io sia ancora qui con lui.

Nel bagno ci sono quattro cubicoli dalle porte bianche. Solo una di queste è aperta.

«Porca puttana,» esclama uno della security.

Thymós è impassibile, ma capisco che la scena abbia destabilizzato anche lui.

C'è un corpo che penzola dal soffitto. Una corda attorno al collo. Il capo piegato di lato. E la figura familiare di Rodie, una delle mie dipendenti. Occhi azzurri, come me. Capelli biondi, come me. Nome che inizia per R. Il killer ha coperto le prime quattro lettere del mio nome.

«Dobbiamo slegarla,» decreta Thymós. «E portarla dal medico, qui sull'isola, per fare degli accertamenti.»

Eros riesce a raggiungerci, spintonando due guardie grosse il doppio di lui, che lo fissano come se fosse una mosca fastidiosa. «Non avete capito. Non è un omicidio!»

Io e Thymós ci scambiamo un'occhiata. «Cosa?»

Eros deglutisce a vista, i suoi occhi tentano in ogni modo di non posarsi sul corpo che penzola dal soffitto. Alla fine, la conoscevamo entrambi. E vedere una persona vittima di impiccagione è brutale.

Eros si mordicchia il labbro con forza, poi espira. «Elynéé l'ha accompagnata in bagno, mezz'ora fa,» spiega Eros. «Rodie sosteneva di sentirsi poco bene e a malapena riusciva a stare in equilibrio. Così Elynéé l'ha aiutata a raggiungere il bagno. Non c'era nessuno dentro, a parte loro. Chiaramente non l'ha seguita fino allo stallo, è rimasta qui fuori dove siamo noi. Non si è accorta di nulla. Rodie si è impiccata lì dentro. Senza alcun motivo apparente.»

Questo nuovo dettaglio cambia tutto.

«Si è suicidata,» mormora Thymós.

Ma non ci porta a nuovi riscontri.
«E se fossero tutti suicidi?» ribatto io.
Bensì, a nuove domande. 

«È quello a cui volevo arrivare io,» concorda Eros. «Ma perché quattro dipendenti del locale di Aphrodite dovrebbero suicidarsi? Tutte quante? Tutte simili a lei esteticamente?»

«La causa scatenante deve essere la stessa per tutte,» dico. Ma quale?

Tre uomini si avvicinano al corpo privo di vita di Rodie e cominciano a slegarlo dal soffitto, per adagiarla a terra. La donna alle mie spalle, di vedetta alla porta del bagno, sta comunicando al telefono con qualcuno. Dai toni sommessi e dal linguaggio utilizzato, presumo mio padre, per informarlo dell'omicidio.

Distolgo lo sguardo da Rodie. Un conato di vomito mi risale e devo reggermi al lavandino dietro di me. Apro il rubinetto e mi butto dell'acqua gelida in faccia, incurante che possa sbavarmi tutto il trucco.

Mi viene in mente un'altra cosa.

«E il cuore? Rodie ha il petto intatto.»

Thymós sgrana appena gli occhi. Non ci aveva fatto caso. Poi un sorriso glaciale gli incurva le labbra, e per un secondo mi fa paura. «C'era l'altra ragazza, e il killer non è potuto intervenire. Questo vuol dire una sola cosa.»

«Cosa?» lo incalza Eros.

«Se l'assassino è uno psicopatico che tiene molto a seguire il modus operandi di cui si è servito fin ora... tornerà per prelevare il cuore di Rodie. E noi non dobbiamo lasciarcelo sfuggire.»

Oggi sono in ritardissimo con un impegno quindi la farò super breve 😩💥💥 motivo per cui aggiorno adesso alle 14 invece che le 14:30 come ho detto su ig

Ci tengo solo a dire che se Aphrodite e Thymós sono così "avanti" nella "relazione" rispetto alle altre coppie di GoG, è perché la loro è diversa e si basa sull'attrazione fisica. Loro due li ho sempre immaginati come un colpo di fulmine. È chiaro che non siano innamorati, è troppo presto, però l'attrazione sessuale che hanno è fortissima. Volevo sperimentare con qualcosa di "nuovo" 👀

Ospiti speciali di questo capitolo: Dorian e la pistola nascosta di Thymós 👹 (ancora inutilizzata, però diamo tempo al tempo ecco)

Gli omicidi sono suicidi, ma c'entra comunque qualcuno. Non vi chiedo di fare ipotesi perché siete intelligenti e poi ci arrivate di sicuro☠️

Il prossimo aggiornamento è di GoC, poi torno qui🫶🏻❤️ grazie per leggere la mia storia 🥹
In bocca al lupo a tutti con gli esami e con la vita in generale 🤍

Se volete qualche spoiler, mi trovate qui 🤸🏼‍♂️
Ig: cucchiaia
Tiktok: cucchiaiaa

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