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17 (A) - Faccio bagnare Hazel



"La quarta proprietà dell'addizione è l'esistenza dell'elemento neutro: sommando zero a qualsiasi numero, si ottiene il numero stesso. Si dice quindi che lo zero è un numero neutro, perché non altera il risultato dell'addizione."

— I'm captivated by you, baby
Like a fireworks show

🍒
A R E S '
P O V


«Prima o poi dovremmo parlarne,» rompo il silenzio, mentre mastico con foga le patate al forno.

Nessuno dei presenti, al tavolo, mi degna della minima attenzione. Apollo mangia il suo spezzatino senza pause, con il capo chino sul piatto. Hera è al lato opposto del tavolo rispetto a Zeus, che a sua volta cerca di stare il più lontano possibile da Liam. O forse è Liam che cerca di stare lontano da Zeus, non saprei definirlo con esattezza. Athena infilza la sua insalata come se avesse qualcosa di personale contro le foglie di lattuga.

E poi c'è Cohen, che non riesce a passare più di cinque secondi senza voltare il capo. A qualche tavolo di distanza dal nostro ci sono Thanatos, Jennifer Benson, Newt e Jack che mangiano tutti insieme. O meglio, Thanatos, Circe, Hypnos e Achille.
Quando siamo arrivati in caffetteria, loro erano già lì.

Assurdo. Quattro clown sono scappati dal circo.

Newt ha invitato la sorella a sedersi con loro, e Hades per poco non gli ha spaccato il cranio contro il tavolo.

A quanto pare, Newt Cohen ha fatto il suo ritorno ufficiale a Yale. La gente lo guarda come se fosse Gesù appena uscito dal sepolcro. In effetti, nessuno ha mai capito il perché della sua sparizione improvvisa. Non che quello sfigato di Newt Cohen fosse una presenza importante a Yale, ma i suoi amici se ne sono accorti e la voce ha cominciato a diffondersi. Voce che includeva i Lively, tra l'altro.

D'accordo, dovrei essere più gentile con Newt. Ha pur sempre barato, tre sere fa. Nel biglietto, Hell aveva scritto il mio nome e io ho scelto Thanatos. Newt non lo ha detto, ha finto che fosse giusto e le ha salvato la vita. Ma perché?

Oltre ad avermi fatto un favore, mi sta costringendo a essere più tollerante nei suoi confronti.

«Allora, da cosa cominciamo?» insisto. «Apollo che vuole ancora scoparsi Cohen?»

Apollo trasalisce. Hades va in suo aiuto. «Ares, smettila.»

Afferro il telefono e lo sblocco, per poi entrare nell'applicazione di Tinder. «Dovremmo trovargli una ragazza.» Lancio un'occhiata d'avvertimento a Hades. «Senza mai farla conoscere a Makako, però. Sapete, le ultime volte non è andata alla grande...»

«Ares,» esclamano Zeus e Hades all'unisono.

Agito il cellulare nella loro direzione. «L'ho iscritto su Tinder! Come ha fatto mia madre con Rea. Ha già ricevuto diversi messaggi. La metà da uomini di mezza età, ma non fa nulla.»

Haven mi prende il telefono di mano, per guardare con i suoi stessi occhi il mio operato. Hades e Hermes si sporgono verso di lei per sbirciare.

Herm scoppia a ridere e sputacchia il cibo che stava masticando. «Apollo William Lively, 21. Studio medicina, faccio torte, moltiplico pani e pesci ma posso farlo anche con i tuoi orgasmi, e sono un campione nel gioco dell'Impiccato.»

Apollo, con un'espressione per nulla serena, allunga il braccio e si appropria del mio iPhone. Inarca un sopracciglio. Dal movimento del suo dito capisco che sta scorrendo le foto profilo che ho caricato. «Non c'è nemmeno una foto mia! Jared Leto, Gesù, Legolas, Tarzan...»

Fingo confusione. «Ah, sì? Non me ne sono accorto. Mi sembravi tu.»

«Come si elimina questa cosa? Come mi tolgo da qui?»

«Va bene, va bene, ci penso io,» lo rassicuro, facendogli cenno di ridarmi il telefono. «Non partiamo da te, allora. Potremmo discutere di Athena che si scopa la nostra nemica, Jennifer. Cos'hai da dire, Vipera?»

Athena finisce di masticare il suo boccone, poi mi rivolge un sorriso inquietante. In una frazione di secondo, la forchetta in metallo che stringe tra le dita si conficca a due millimetri dalla mia mano, sul tavolo.

Rimango immobile e deglutisco a fatica. A volte mi terrorizza, e non è facile spaventare uno come me. «Nulla, non devi dirci nulla. Sono affari tuoi, immagino.»

Il mio piano di discutere dei giochi di Hypnos non sta andando alla grande. Mi rimangono solo Liam e Zeus. Di Hell e Thanatos non posso parlarne. Non ho mostrato a nessuno quel bigliettino col mio nome. Meno persone lo sanno, meno è probabile che nonno Urano lo scopra. Qualcosa mi dice che se venisse a sapere dell'imbroglio, ucciderebbe Newt e Hell senza battere ciglio. E probabilmente mi taglierebbe un orecchio, giusto per dimezzarmi un altro dei cinque sensi.

«Liam...»

Zeus lascia sbattere la posata sul piatto. «No, Ares.»

«Cosa?»

«Lascialo in pace. Mangia e stai zitto, per l'amor di Dio.»

Perché tutti mi odiano? Io voglio solo discuterne. Il dialogo risolve i problemi, stare in silenzio li rende solo più pesanti ed evidenti. E poi, voglio sapere se la coppia tra mio fratello e Liam diventerà mai reale.

«Guardate chi si è aggiunto al tavolo degli stronzi,» borbotta Hades.

Volto il capo così rapidamente che sento il collo scrocchiare. Una chioma bionda sta prendendo posto accanto a Jack, per poi presentarsi con una stretta di mano a Newt. Hurricane.

Ottimo. Le cose vanno di male in peggio. Cosa diamine fa con loro?

Riporto l'attenzione sulla mia famiglia, più Liam. E una nuova idea balena nella mia testa. Studio la caffetteria, rendendomi conto che è sempre meno affollata. E il motivo è uno solo: lo spring break. La pausa primaverile che gli studenti americani si prendono per fare viaggi folli e divertirsi, tra la fine delle lezioni e l'inizio degli esami. Siamo ad aprile, ormai, ed è l'ultima occasione per fare qualcosa.

Un viaggio in qualche meta esotica potrebbe aiutarci a risanare i rapporti. Magari Hera conosce qualcuno e la smette con i sentimenti incestuosi. Magari Liam e Zeus si dichiarano su una spiaggia al tramonto e un po' di amore renderà mio fratello meno insopportabile.

Non è una cattiva idea, devo solo trovare il modo giusto per proporl...

«Ehi, Volpe!»

La voce di Thanatos mi fa scattare sulla sedia. Si è alzato e sta sventolando la mano per attirare l'attenzione di Hell. Lei, invece, procede a passo spedito, diretta al banco della caffetteria. Di sicuro si è accorta di lui, ma lo ignora. Non riesco a trattenere un ghigno soddisfatto.

Thanatos non demorde. Fa spostare Jennifer per uscire e raggiungerla. Quando passa davanti a noi, mi fa l'occhiolino.

Una mano si poggia sulla mia spalla nell'esatto momento in cui la mia testa formula il pensiero di voler far alzare il mio corpo per andare a dargli un pugno. «Stai calmo,» mormora Posy.

Non mi sento una persona particolarmente affine alla calma e ai sentimenti pacifici.

Rimango fermo, però, e strizzo l'occhio buono per tentare di capire cosa stia accadendo tra Hell e Thanatos, lì. Stanno parlando, ma non vedo se l'espressione di lei è serena o irritata. Spero la seconda. Spero che gli tiri uno schiaffo.

«Ehi,» sussurro a Poseidon. «Mi dici se Hell sembra felice di star parlando con Thanatos?»

Poseidon direziona la chioma azzurra e rimane in silenzio per secondi estenuanti. «Non direi.»

«Sicuro?»
«Certo.»

Ma poi accade una cosa strana. Thanatos afferra Hell per il viso e si avvicina, in procinto di baciarla. All'ultimo istante si volta, dandoci le spalle e coprendo la figura piccolina di Hell con il suo corpo. Il suo capo si abbassa ancora di più e... Dio, la sta baciando?

«Chiudi la bocca, Ares,» mi rimbecca Athena.

Manco mi ero accorto di avere la bocca spalancata. Con l'aiuto della mano, faccio pressione sotto il mento e la richiudo, ma quando la allontano, la bocca si apre di nuovo.

Qualcuno ridacchia, ma non mi preoccupo di capire chi è. Scatto in piedi prima che possa essere fermato da uno dei rompicoglioni dei miei cugini e fratelli, e avanzo a passo spedito fino al bancone della caffetteria.

Un sentimento sconosciuto mi sta corrodendo gli organi interni, lo sento bruciarmi dentro con un'intensità tale da farmi respirare a fatica. Non capisco cosa mi sta succedendo, e non mi piace.

Arrivato davanti a loro, si voltano entrambi, confusi.

«Qualche problema, Ares?» mi provoca Thanatos.

«Quel sorrisetto te lo levo a suon di pugni, sappilo.»

Lui aggrotta la fronte. «Non sto sorridendo.»
«Lo so, ma volevo dire una frase a effetto,» lo liquido.

Hell si morde il labbro, eppure non riesce a trattenere un sorriso debole.

Thanatos incrocia le braccia al petto, e nel movimento i muscoli gli si gonfiano, ora in tensione. Dio, è il doppio di me questo ragazzo. Molto più muscoloso e forte, di sicuro. Non posso colpirlo.

«Allora, Capitan Uncino? Qualcosa non va?» insiste.

Boccheggio. Qualcosa non va? No. Sì. Hai baciato Hell. Ma io e Hell non stiamo insieme. Ed è Hell, perché dovrebbe infastidirmi? No, va tutto bene. Alla grande.

Punto l'occhio sulla sua spalla e allungo la mano, per poi fingere di togliergli qualcosa. Concludo con un colpetto e gli sorrido. «No, nulla, avevi un pelucco sulla maglietta. Adesso non c'è più, coglione.»

Sia Hell che Thanatos mi guardano come se fossi uno stupido. «Certo che sei un tipo strano.»

«Gliel'ho sempre detto,» conviene Hell, parlando per la prima volta da quando sono arrivato.

È raro, ma a volte succede che io non trovi risposte ironiche e cattive con cui fare un'uscita teatrale. Oggi, la mia testa ha deciso di abbandonarmi. Mi stampo un'espressione noncurante e, senza salutare, mi avvio verso la porta della caffetteria. Me la lascio sbattere alle spalle, e procedo fino all'uscita che dà sul giardino del campus.

All'aria aperta, prendo un respiro profondo. Ho voglia di urlare. Perché mi sento così? Se qualcuno avesse baciato Jennifer quando "stavamo insieme", gli avrei detto «La vuoi tu? Prenditela». Così come con tutte le altre ragazze che pensavano di avere una relazione con me solo perché scopavamo.

Nemmeno quando avevo una cotta per Cohen ero così geloso di Hades.

Perché non posso continuare a sentirmi così?

Vado a sedermi sulla prima panchina che trovo. Ormai, sono quasi tutte libere. Yale si è svuotata gradualmente, gli studenti sono in giro per il Messico e le zone di mare degli Stati Uniti, a causa dello spring break.

Tiro fuori dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di sigarette e me ne accendo una. La fumo in tempo record e la butto a terra; ne afferro una seconda, con la gola che brucia per lo sforzo, e faccio scattare di nuovo l'accendino.

Non ho ancora avvicinato la fiamma che qualcuno incombe alle mie spalle. «Ciao.»

Alzo gli occhi al cielo. Ci mancava solo lui. «Se sei qui per avere una conversazione cuore a cuore con me, sappi che te la puoi risparmiare. Non sono dell'umore.»

Hades si siede a fianco a me, senza dare segni di aver sentito il mio avvertimento.

Lo scruto con la coda dell'occhio, incuriosito. Se ne sta spaparanzato, con lo sguardo rivolto al giardino e i capelli neri acconciati in una piega perfetta. Ora che li guardo meglio, devo ammettere che sono proprio belli. Lucenti, all'apparenza morbidi e in ordine. Vorrei averli anche io così, ma ho di meglio da fare nella vita che stare ogni sera ad applicare l'olio di argan.

«Sai, penso di aver provato qualcosa per Haven dal primo momento in cui l'ho incontrata,» mormora. «Era il primo giorno del nuovo anno scolastico e lei stava andando alla riunione delle matricole. Ha sbagliato strada e me la sono ritrovata davanti, che vagava con aria confusa per l'ala ovest.»

Aggrotto la fronte, se ricordo bene il racconto... «Non le hai lasciato la tua mela mangiucchiata in mano?»
«Sì.»

«Se questo è quello che fai con le persone che ti piacciono fin da subito, non oso immaginare con quelle che non ti piacciono.»

«Tipo te, esatto.»

Sorrido. «Anche io ti sono piaciuto da subito, Makako.»
«Sì, mi è subito piaciuta l'idea di riempirti di botte.»

«È un messaggio in codice per invitarmi in camera tua, più tardi?» lo prendo in giro. «Non mi alletta la tua proposta. Però, se ci mettessimo Cohen in mezzo, potrei pensarci.»

Mi aspetto un insulto, o addirittura uno schiaffetto sulla nuca; invece, sento d'improvviso gli occhi di Hades fissi su di me.

«Cosa?»

Mi indica. «Un tempo non avresti detto "potrei pensarci", all'idea di scoparti la mia ragazza. Sarebbe stato un sì, senza periodi ipotetici. Qualcosa è cambiato in te, Ares.»

Trattengo il respiro e mi pietrifico, per poi rilasciare l'aria e sciogliere ogni parte del mio corpo paralizzata dalla sua frase. «Non è vero. È che ho deciso di portarti rispetto.»

Hades scoppia in una risata fragorosa, come se avessi fatto la battuta del secolo. Be', in effetti fa ridere. Non ho rispetto per un cadavere dentro una bara, figuriamoci per Hades Malakai Lively.

Si passa una mano in viso e ravviva i capelli, la sua risata sta scemando. «Comunque, ritornando al discorso iniziale. Ti dicevo che a me Haven è piaciuta dal primo momento in cui l'ho vista. E solo poco tempo fa ho capito. Ai tempi, pensavo di detestarla e di trovarla semplicemente attraente. Solo accettando di fare una riflessione e aprire i cassetti segreti nella mia testa mi ha permesso di arrivare a questa conclusione.»

Arriccio il naso. «Non capisco. Cosa c'entro, io?»

«Stai vivendo la stessa cosa, con Hell.» Ancora prima che possa ribattere, solleva l'indice in aria. «Stai zitto e lasciami finire.»

«Okay.»
«Questo non è stare zitto.»
«Succhiami il cazzo, Hades e sbrigati.»

Finisco la seconda sigaretta. Quando provo ad accenderne una terza, lui fa una smorfia e me la strappa di mano, chiudendola dentro il suo pugno. «Mi stai buttando tutto il fumo addosso, smettila.»

Sospiro per trattenere tutte le parole che vorrei rigettargli contro. Se sto zitto e lo ascolto, però, questo momento a cuore aperto finirà e potrò andare in camera a sbattermi la testa contro il muro.

«Hazel Fox ti piace parecchio, Ares,» riprende. «E ne hai paura. Lo so, perché mi sentivo anche io così. Hai paura di non essere abbastanza per lei, hai paura di non riuscire ad amarla come meriterebbe, hai paura di non poterle dare la vita bellissima che si merita. D'altronde, il mio amore ha condannato Haven a restare incastrata in questa famiglia di matti. E l'ha condannata a un viso deturpato per l'eternità. Con la differenza che Haven era curiosa e voleva sapere di più su di noi, Hell sembra volerne stare alla larga.»

Mi mordicchio il labbro. È bravo. Lui, e il suo tono dolce e confortante, mentre mi dice cose che mi fanno venire voglia di buttare fuori tutte le mie paranoie. Comincio a capire di quali cassetti nascosti parlasse. Nella mia testa, c'è un armadio a doppia anta che straripa di preoccupazioni smielate. Che schifo.

«Sai perché hai provato a impegnarti con Hurricane?»

«Perché era la strada facile,» bofonchio, ripetendo a memoria le parole che la stessa Hurricane mi ha detto, in Grecia.

Fa schioccare la lingua contro il palato, in apparente disaccordo. «Perché sapevi che non sarebbe durata. La gente che non ha paura di amare cerca qualcuno con cui poter instaurare un rapporto duraturo. Non cerca perdite di tempo. Chi ha paura di amare, si lancia tra le braccia di chi capita perché deve perdere il suo tempo con relazioni di poca importanza.»

«Quindi io...»

«Perdi il tuo tempo dietro ad altre, solo perché sai che nel momento in cui ti impegnerai sul serio con Hell, non ne uscirai più. E la cosa ti terrorizza a morte,» dice con un sorrisetto.

«Certo. Non sono pronto a restare fedele allo stesso paio di tette. Sono l'equivalente di un cosmopolita, che è cittadino del mondo. Ecco, io sono cittadino di tutte le tette.» Alzo le mani e mimo una palpatina. «Le amo tutte.»

Hades resta a fissare le mie mani, impassibile, e dopo qualche istante dà un colpo per farmele abbassare. «Lo vuoi un riassunto esaustivo del discorso che ti sto facendo?»

«No, grazie, ma apprezzo il pensiero.» Mi alzo e fingo di controllare l'orologio. «È ora dello spuntino col casco di banane, Godzilla.»

Hades mi segue a ruota e mi blocca. «Te lo faccio comunque: smettila di avere paura e vai a baciare la ragazza che ti piace.»

Non mi piace questa situazione, è una situazione in cui sto nettamente perdendo e il mio avversario ha ragione. Sporgo le labbra all'infuori e gli faccio l'occhiolino, ricordandomi troppo tardi che ho già un occhio bendato. «E se lo volessi da te, un bacino? Se fossi tu il centro dei miei sentimenti d'amore?»

Hades alza gli occhi al cielo ed emette un sospiro. Accade in fretta. Mi afferra il volto tra le mani e mi stampa un bacio in bocca, labbra contro labbra. Dura pochissimi secondi, ma al tempo stesso un'infinità.

Ci impiego un po' a realizzare ciò a cui sono appena stato sottoposto. Mi pulisco la bocca con il dorso della mano, sfregando come se volessi strapparmi via le labbra. «Sei impazzito?» strillo.

Hades Malakai Lively mi ha appena baciato. In bocca. Hades.

Lui non sembra preoccupato, anzi, fa un broncetto annoiato. «Continuavi a provocarmi e a non prendermi sul serio. Che ti sia da lezione.»

Boccheggio. Non so cosa dire. La mia testa continua a rivivere quei cinque secondi traumatizzanti. Poi mi torna in mente una cosa. «Ehi, cosa metti sulle labbra per averle così morbide e lisce?»

Hades trattiene a stento una risatina. Fruga nella tasca dei pantaloni e ne estrae un tubetto trasparente. Me lo lancia e io lo afferro per miracolo, stringendomelo contro il petto per non farlo scivolare. Me lo rigiro tra le dita: è un olio per labbra idratante, al sapore di mela. Figuriamoci se potesse avere un altro gusto.

Sotto i suoi occhi grigi, lo stappo e lo applico sulle mie labbra, compiendo movimenti randomici. Sfrego le due labbra e le faccio schioccare. La faccia di Hades è una smorfia di puro divertimento. Provo a leccarne un po' e il sapore di mela è così buono che ho la tentazione di mangiarlo dal tubetto.

«Ares?»
«Sì.»

«Un tempo, mentre ci decoloravamo i capelli a vicenda, mi hai detto che volevi Haven perché nessuna, a parte lei, sarebbe mai stata capace di amarti. Ricordi?» Al mio cenno di assenso, prosegue. «Ti sbagliavi. Io credo proprio che Hazel sia la ragazza perfetta per quel compito.»

Abbasso il capo. Ricordo quel discorso e ricordo la disperazione che provavo in quel periodo. Ero davvero sicuro che solo Cohen potesse sopportarmi o apprezzarmi anche in minima parte. Il pensiero che Hell possa amarmi mi fa attorcigliare le budella. Perché dovrebbe?

«Vai a prenderti la tua ragazza,» mi dà un ultimo incoraggiamento finale.

«Hades...»

«Prima che qualcun altro lo faccia al tuo posto.»

Serro la mano in un pugno. Qualcun altro? E chi?

Hades indica la mia mano serrata, ghignando. «Ti dà fastidio?»
«No.»

«Quindi intendi continuare a fare l'idiota e lasciare che lei prosegua con la sua vita?»
«Sì! No, cioè. No. Credo. Non lo so...»

«E allora qual è il problema? Ce l'hai ancora con lei perché quel coglione di Thanatos sostiene che hanno scoperto della tua paura dell'acqua per colpa sua?» mi interrompe. «Non capisco manco io chi potrebbe averglielo riferito, se non Hell, ma credere a lui è una delle cose più stupide che tu abbia mai fatto. E tu sei il re delle minchiate, Ares.»

Vero.

«Io...»
«Dunque, vuoi lasciarla nelle mani di qualcun altro?»
«Dio, la smetti di interrompermi?» gli grido contro.

Hades si fa più vicino, sovrastandomi di pochi centimetri. «Rispondi, Ares!»

«No, la voglio io! La voglio io, okay? La voglio io! Maledizione

Buttare fuori queste parole è come togliersi di dosso un peso da cinquecento chili che gravava sulle spalle. Ansimo, neanche avessi corso una maratona, e pian piano metabolizzo ciò che ho appena urlato a Hades.

«Di cosa hai paura?» sussurra, questa volta in tono dolce.

«Non ho paura di impegnarmi con lei perché so che potrebbe durare,» riprendo le sue parole. «Ho paura di impegnarmi con lei perché so che, mentre io potrei innamorarmene con la stessa naturalezza con la quale respiriamo, lei capisca che io sono uno zero.»

Aggrotta la fronte. «Ares...»

Non so come spiegarglielo in modo comprensibile, perché se dovessi dare voce ai pensieri che mi affollano la testa, non uscirebbe manco una frase di senso compiuto. La matematica mi viene in aiuto.

«Fra le proprietà dell'addizione c'è l'esistenza dello zero, chiamato l'elemento neutro. Se sommi lo zero a qualsiasi numero, il numero rimane lo stesso. È irrilevante. Ecco. Ho paura che se sommassi i miei pregi ai miei difetti, varrebbero zero in ogni caso. Ho paura che i miei pregi siano elementi neutri che non cambieranno mai la somma finale. Capisci?»

Il volto di Hades si intenerisce e a me viene da vomitare per averli confessato tutto questo. Faccio un passo indietro e mi chiudo in me stesso, ergendo un muro che non farò penetrare a nessuno.

«Mi passerà,» concludo, alla fine, rinunciando. «Ogni cosa passa. È il ciclo naturale della vita.»

Due studentesse ci camminano accanto, ed entrambe mi lanciano delle occhiatine incuriosite. Faccio loro un cenno con la mano e sforzo un sorrisetto. Hades mi schiocca le dita vicino al viso.

«E comunque,» sbotto, «abbiamo cose più importanti a cui pensare. Tipo, la situazione imbarazzante che si è creata in famiglia. Troppi incesti, prima di tutto, e drammi che bisognerebbe risolvere.»

Inarca entrambe le sopracciglia. «Ma guarda un po', Ares Lively che si preoccupa degli altri. Non eri l'amante del Caos? Non amavi creare problemi e vederci litigare, un tempo?»

«Lo amo ancora, ma mi piace quando sono io a causare tutto. Non mi va che sia quel preservativo bucato di Newt Cohen ad aver scatenato questi casini. Risolveremo la situazione e mi riprenderò io il primato.»

Infila le mani nelle tasche e fa un cenno alla porta d'ingresso, per invitarmi a rientrare. «Perché ho l'impressione che tu abbia un piano? E, soprattutto, che questo piano sarà un enorme buco nell'acqua?»

Comincio a muovermi. «Il buco nell'acqua era un riferimento poco delicato a mia madre che tenta di annegarmi in mare?»

«Hai fatto tutto tu, Ares. È solo un modo di dire.»
«Lo so, speravo di irritarti.»

Hades mi afferra la testa e mi spettina i capelli ormai ricresciuti, sebbene ancora corti, prima di darmi una spinta e allontanarmi da sé. «Piantala e dimmi cosa avevi in mente.»

«Spring break. Viaggio. Tutti noi. Cinque giorni. Feste. Alcol. Spensieratezza. Riequilibreremo le cose.»

Hades avanza a capo chino, così assorto nei suoi pensieri che sono costretto a tenergli la porta. Cerco di farglielo pesare con uno sbuffo rumoroso, ma lui mi ignora.

«Ares, a me questo sembra solo un piano per peggiorare ulteriormente le cose.»

Faccio spallucce. «Potrebbe andare meglio, potrebbe andare peggio, potrebbe non cambiare nulla. Se non proviamo, non lo scopriamo.»

«Vado a dirlo a Hermes. Solo lui può estenuare tutti così tanto da convincerli.»

🍒🍒🍒

D'accordo. Quando ho avuto l'idea di fare un viaggio per la pausa primaverile, non ho tenuto conto di un particolare: gli studenti scelgono sempre località di mare. Sabbia, distese d'acqua dall'odore vomitevole con miliardi di pesci viscidi che ci nuotano in mezzo, l'odore perenne delle creme solari e... Porca puttana, ragazze in bikini ovunque. Okay, comincio a rivalutare la situazione.

Le note di Should I Stay or Should I Go? riempiono la camera, mentre preparo le valigie per il viaggio. Hermes è riuscito a convincere tutti nel giro di mezz'ora.

Zeus è quello che ci ha messo di più ad accettare, ma alla fine riusciremo a portare Sua Compostezza Fulminante nelle spiagge di Playa de Carmen, in Messico. Per quanto conosco mio fratello, troverà il modo di girare in cappotto anche lì.

Sto preparando la valigia con dodici ore di anticipo per un solo motivo: manca un piccolo dettaglio di questo piano. O, almeno, una persona. Con i soldi dei nostri genitori abbiamo prenotato voli e albergo, sia per noi che per Liam.

Ma io... ecco, ho fatto un acquisto a parte. A nome di Hazel Fox. Ho dovuto chiedere a Liam di farsi spiattellare la data di nascita di Hell da Hurricane, solo perché altrimenti non avrei potuto comprarle il biglietto aereo. Patetico. Mi faccio pena.

Il problema è che dal primo momento in cui ho pensato a questo viaggio, ho incluso indirettamente anche Hell. Non esisteva un'opzione in cui lei non ci fosse. E spero di riuscire a convincerla. Soprattutto perché ho speso tanti soldi. E perché voglio vedere il suo culetto a malapena coperto dal bikini. Dio, speriamo che usi i due pezzi con le mutandine striminzite che si incollano in mezzo alle chiap...

Un colpo contro la porta d'ingresso mi fa immobilizzare con un paio di bermuda in mano. Sono i miei preferiti: bianchi e con disegnati tanti peperoncini rossi.

«Belli!» esclama Liam, sdraiato sul suo letto.  Sta leggendo una raccolta di poesie. Di recente si è reso conto che il suo modo di comporle non è proprio così elegante e accurato; perciò, sta studiando molta letteratura per migliorare la sua penna. Athena, che studia letteratura inglese, gli passa i titoli da consultare.

Aspetto qualche secondo prima di andare ad aprire la porta. So già che non troverò nessuno, se non un bigliettino appiccicato con una gomma da masticare. E poche righe, di norma offensive, scritte dalla mia vicina di stanza.

Ti spacco la cassa sulla testa, magari diventi meno idiota. ABBASSA IL VOLUME!

Sono tentato di risponderle e mandare avanti il botta e risposta, solo per divertimento. Invece, lascio il biglietto lì e mi avvicino alla sua camera. La porta è socchiusa, una fortuna che non mi aspettavo, e mi ci apposto per sbirciare all'interno.

Spingo piano la porta per aprire uno spiraglio maggiore, e finalmente la vedo. Hell. È in piedi, davanti al divano, con un libro di matematica in mano e una barretta proteica nell'altra. Mentre mastica e legge, il suo corpo ancheggia appena al ritmo della canzone.

Okay, ora capisco perché si incazza tanto. Si sente davvero bene, come se non ci fosse affatto un muro a separarci.

Hell muove il corpo con più energia e foga, segno che la musica sta catturando la sua totale attenzione. Finisce la barretta in un morso e lancia la carta sul tavolino, poi rafforza la presa sul libro e azzarda un gesto anche con il braccio libero. Nonostante stia ancora masticando il boccone, canticchia a bocca chiusa le parole.

«So you got to let me know: should I stay or should I go?» esclama all'improvviso. Non canta per nulla male. Al contrario di Cohen, che sembra una balena in agonia.

Hell lascia andare il libro sul divano e fa una giravolta scoordinata. Comincia ad agitare la testa e finge di suonare la chitarra, mentre continua a cantare a voce sempre più alta.

È così assorta, che mi concedo il lusso di aprire completamente la porta e appoggiarmi allo stipite, a braccia conserte. Posso guardarla con un solo occhio, purtroppo. Questo è uno dei tanti casi in cui vorrei riavere la vista completa. È una scena così carina e buffa, che non posso fare a meno di sorridere come un idiota.

Mi ritrovo a canticchiare con lei. « If I go, there will be trouble, and if I stay it will be double.»

Hell scivola sul pavimento, con solo i calzini addosso, in un tentativo azzardato di imitare il moonwalk di Michael Jackson. Nel movimento, la sua testa si volta nella mia direzione. Ci impiega qualche secondo a rendersi conto che sono reale.

Si immobilizza, colta sul fatto. Spalanca la bocca. «E tu cosa fai qui?» Si passa le mani tra i capelli corti e mossi, alla rinfusa, cercando di sistemarli. Li spettina ancora di più, invece.

«La porta era aperta.»
«Non era un invito a entrare!»
«Peccato.» Non smetto di sorridere.

«Smettila di sorridere in quel modo,» mi aggredisce. Ha le gote paonazze, non so se per l'aver ballato in modo così energico o se per l'imbarazzo.

Storco la punta del naso e mi imprimo un'espressione seria. «A quanto pare sei una piccola bugiarda, eh? Mi lasci quei bigliettini pieni di minacce e insulti, ma poi torni qui a ballare.»

Hell si mette a braccia conserte. Siamo nella stessa posizione, con la differenza che lei sembra una bambina indispettita e io il padre che la sta sgridando bonariamente.

«È stato un singolo e unico momento di debolezza.»

Mi scappa una risatina sarcastica. «Oh, andiamo, Genietto. Io metto la musica a volume altissimo perché spero di trovare un tuo biglietto e avere una scusa per parlarti. E tu fingi che la musica ti dia fastidio solo per venire a parlarmi. Sbaglio?»

Hazel non fiata. Non nega, ma nemmeno conferma. Si gratta la nuca, e nello stesso istante la canzone viene stoppata. Forse è stato Liam.

«Allora, perché sei qui?» chiede.

Giusto. È semplice. Posso farcela. Stiamo organizzando un viaggio per la pausa di primavera, vieni con noi? Ti ho già comprato i biglietti aerei e prenotato l'albergo.

«Siamo in primavera,» mi esce fuori.
Lei annuisce. «Sì, ne sono consapevole. E quindi?»

«Tiki Boom Cha.»
Hell sgrana gli occhi. «Come, scusa?»

Maledizione. Tiki Boom Cha è il nome dell'albergo che abbiamo prenotato. Inutile dire che lo hanno scelto Hermes e Liam. Non sono neanche sicuro che abbiano controllato le recensioni, prima di pagare. Avranno visto un nome strano e gli sarà bastato.

D'accordo, forse non sono pronto per chiederglielo. Devo spianare il terreno, distrarla con altro e poi andare all'attacco. La verità è che io reggo male i rifiuti. Ho una costante paura di essere rifiutato. Sarà perché mia madre mi ha rifiutato così tanto che ha provato ad abortire quando avevo undici anni. O forse perché sono un megalomane infantile. In ogni caso, ne ho il terrore.

«Non abbiamo più fatto lezioni in doccia,» butto fuori. Pessima scelta di parole, ma almeno hanno più senso delle frasi precedenti.

«Be', diciamo che da quando il fratello di Haven ci ha dato un veleno e chiusi dentro bare di vetro, è stato difficile.»

Ora che mi ci fa pensare, è la prima volta che ci parliamo da quando è successo tutto. Sono passati quattro giorni. Io l'ho vista entrare in caffetteria, e l'ho vista una mattina in biblioteca, ma nessuno dei due ha fatto il primo passo. D'altronde, quando la guardo non riesco a fare a meno di pensare a quel bigliettino. Al mio nome scritto dalla sua grafia.

Prova attrazione fisica per me. Non che mi stupisca, però mi... risveglia. Cristo, solo a pensare che Hell farebbe sesso con me, mi diventa duro. 

«Forse questo non è il momento adatto,» conviene, alla fine.

Indico il libro di matematica che giace alle sue spalle. «Stai studiando? Ti serve aiuto? Possiamo virare sulle ripetizioni di matematica, allora.»

«No, neanche quello. È che ora non ho tempo, Ares.»

Non dovrei insistere, ma qualcosa non va. E penso che questa cosa abbia bei capelli lunghi e un culetto fatto da Giotto.

Raggiungo Hell in tre falcate e le sollevo il viso, applicando una lieve pressione sotto il suo mento. «Non sai quando tornerà Hurricane e non vuoi che ci trovi insieme, uh?»

I suoi occhietti da cerbiatta si fissano nel... mio. Non mente. Annuisce e basta. Apprezzo la sincerità, almeno.

Vorrei che capisse che si sta comportando da amica con una persona che non le è stata amica fino alla fine. Non metto in dubbio che prima di tutto questo casino Hurricane possa essere stata una buona compagnia, ma i fatti recenti parlano chiaro. Quei messaggi erano osceni, e farle tagliare i capelli al suo posto è stato infimo. Hurricane è venuta da noi pregandoci di selezionarla per partecipare ai giochi di Poseidon. Era così determinata e sicura di sé, che per un attimo mi ha ricordato Haven quando tormentava i Lively per ottenere un invito. La differenza è che Haven si è ritrovata dentro un Labirinto, le hanno squarciato metà faccia e ha continuato. Hurricane si è trovata in piscina e non è riuscita a tagliarsi i capelli. Bisogna fare i conti con le conseguenze delle proprie azioni, sempre.

E quella stronza fa pressione sul passato di Hell. Le ha messo in testa che frequentarmi è un tradimento nei suoi confronti, lo stesso che il suo ex e la sua migliore amica le hanno fatto subire.

Forse lo capirei il suo ragionamento, se provasse dei sentimenti forti per me. Ma chi è che li prova dopo due appuntamenti? No, Hurricane detesta non avere qualcosa che, per una volta, può avere Hell. La piccola e sfigata Hell, che deve portarsi dietro e presentare ai suoi amici con cui sa che non andrà mai d'accordo, solo per sembrare l'amica generosa che non la vuole lasciare sola.

Non le permetterò di mettersi in mezzo.

«Ares?»

Sono qui, Genietto, e non me ne vado perché una che definisci amica vuole toglierti tutto.

Arretro di un passo e mi chino. Le cingo le gambe con le braccia e la sollevo da terra, caricandomela in spalla. «Ares!» strilla. «Che diamine fai?»

Avanzo fino al bagno, nonostante lei scalci e tenti di opporsi piantando le mani sulle pareti attorno a noi. «Stai buona, Genietto,» la rimprovero.

«Appena mi metterai giù, ti darò un pugno così forte da farti tornare la vista.»

«Non vedo l'ora. Ci guadagno un pugno e la vista.»

Sinceramente, mi piacerebbe farmi prendere a pugni da Hell. E chissà come sarebbe avere la sua mano attorno al mio collo, mentre mi scopa.

Non è il momento, Ares.

Il box doccia è già aperto. Hell ormai ha capito cosa voglio fare, e prova ancora a liberarsi. La faccio scendere, ma la tengo ben stretta per non farla scappare. La butto dentro la doccia e blocco l'uscita con il mio stesso corpo. Apro il getto che lei si sta ancora lamentando. Una cascata d'acqua la fa ammutolire, inzuppandola da capo a piedi. Mi preme le mani sul petto e prova a spingermi; mi sposta di pochi centimetri, prima che io afferri il soffione della doccia e glielo punti dritto in faccia. Hell sputacchia a destra e a manca, ma non trattiene una risata acuta.

«Stronzo che non sei altro!»

Avvolge le mani attorno ai miei polsi e mi trascina dentro con sé. In realtà, mi sarei potuto opporre senza alcun problema. Aspettavo solo una scusa per stare qui dentro con lei, e mi ha aiutato senza saperlo.

Per qualche minuto lottiamo come due bambini, tentando di appropriarci del soffione. Sono io quello che vince, nella maggior parte dei casini. Alla fine, infatti, Hell getta la spugna. Si mette a braccia conserte e rimane immobile, mentre continuo a bagnarla senza sosta.

Ormai zuppi entrambi, incastro di nuovo il soffione al suo posto. Ansimo ancora per lo sforzo che ho fatto nel buttarla qui dentro e tenerla ferma. Sarà piccola, ma ha così tanta forza in sé che non posso che rimanerne ammaliato.

«Questa stanza è anche tua. E se io voglio stare con te, e tu vuoi stare con me, Hurricane non deve permettersi di metterci bocca.»

Hell non risponde, ma capisco di aver fatto breccia.

Mi adagio contro la parete in vetro del box doccia, scrutandola da capo a piedi. Lei si sta sfilando i calzini bagnati. Le lunghe gambe dalla pelle olivastra sono coperte solo per metà da un paio di pantaloncini rosa, e la canottiera bianca sta diventando trasparente. Vedo la forma dei suoi capezzoli, piccolini e scuri, così come il modo in cui sporgono contro il tessuto aderente.

Quando si risolleva dopo aver liberato i piedi, Hell sbatte contro la mensolina contenente il bagnoschiuma e lo shampoo. Impreca a gran voce e io mi mordo l'interno guancia per non riderle in faccia.

Hell è un casino. Si veste a occhi chiusi, ha sempre le occhiaie, non ha mai un filo di trucco e quasi sempre qualche brufoletto. Come ora, che ne ha uno in fronte. Sulle gambe le conto tre lividi, sembra proprio la persona che sbatte ovunque per sbadataggine e si fa male ogni settimana. Non pettina mai i capelli e quando prova a sistemarli passandoci in mezzo con le dita, peggiora la situazione. È imperfetta. È un disastro. È il caos. E io potrei guardarla per ore.

Senza stancarmi. E probabilmente con una bella e...mozione nel cuore.

«Hai finito di farmi la radiografia?» mi riporta al mondo reale.

Mugugno in risposta e mi stacco dal vetro, accorciando le distanze. Ci pensa lei ad arretrare. «Non saprei, la radiografia non si fa da vestiti.»

Lei alza gli occhi al cielo ma sorride. Ne approfitta per mettere la mano sotto il getto dell'acqua e spruzzarmela dritta in faccia. L'acqua mi finisce in bocca, e io sputacchio qua e là, facendola ridere.

Ora passiamo alle questioni importanti.

«E così da me non ti fai baciare, ma da Thanatos sì.»

Hell sussulta. «Ha fatto tutto lui. Non mi ha chiesto nulla.»

«Non ti sei spostata, però. Ti sei lasciata baciare, da quanto ho visto.» Tento di mantenere un tono indifferente, ma la verità è che sto ribollendo di rabbia.

«Ares, sei mezzo cieco. Non hai visto proprio nulla. E poi...» Si mordicchia il labbro. «Non era un vero bacio. Stava fingendo.»

«Che cosa?» urlo. Poi mi rendo conto di aver avuto una reazione esagerata. «Sì, insomma, cosa?» Aggiungo una risatina disinvolta. Dovrebbe andare bene.

«Thanatos voleva provocarti. Solite storie infantili fra voi due.»

Lo odio. Ma sono anche così felice che andrei a baciarlo in bocca. Forse il bacio di ieri con Hades mi ha cambiato.

«Ah, okay. Ottimo. Nel senso, ottimo che lui rimanga una persona coerente che vuole rompermi il cazzo. Non ottimo che non ti abbia baciata. Può baciarti quando vuole.»

Hell sbuffa. «No, non può, non li voglio i suoi baci. Ma, almeno, lui non li chiede e va dritto al punto.»

Rimango spiazzato. Questa è una frecciatina, se non una provocazione a cui ho assolutamente intenzione di abboccare. «Stai dicendo che dovrei baciarti e basta? Senza fare il galantuomo che chiede il permesso?»

«No, non devi baciarmi, Ares, stai sereno. Ti davo un consiglio generale da tenere a mente per le tue conquiste.»

Una gocciolina d'acqua le scivola da una ciocca di capelli e le percorre tutto il lato sinistro del viso, tuffandosi sul suo collo. Ne seguo il movimento, ipnotizzato, e mi ritrovo a pensare come sarebbe poterla sfiorare nello stesso identico modo. Solo che io non mi fermerei alla faccia.

«Non ho mai chiesto un bacio in vita mia,» le confesso, piano, così piano che spero non mi senta. «L'ho fatto solo con te, Hazel.»

Più che altro, perché ho paura che, se la baciassi a sorpresa, mi tirerebbe un pugno in faccia.

Hell volta il capo, evitando di guardarmi. Sento incombere un altro rifiuto. «Cosa hai intenzione di fare, allora? Continuare a chiedermi un bacio fino a quando non ti dirò di sì?»

Mi avvicino a lei, consapevole che il tremolio nella sua voce è solo puro desiderio. Appoggio il braccio sulla parete alle sue spalle, chiudendole ogni via d'uscita. Hell solleva il viso per fissarmi, con sfida. «Posso chiedertelo anche cinquecento volte, se mi prometti che alla cinquecentesima mi dirai di sì.»

Esala una risatina fiacca. «Forse duecento possono bastare, sai?»

Le porgo la mano libera. «È un accordo?» Lei la stringe, ridendo apertamente, ma io rimango serio. «Hell, non sto scherzando. Alla duecentesima volta voglio un sì.»

«Immagino che per quando sarai arrivato a duecento, a Hurricane sarà passato tutto e mi lascerà in pace.»

È sempre Hurricane il problema, incredibile. Non che io sia un coglione. Ma la sua amica e il rispetto ingiustificato che sente di doverle.

«Posso avere un bacio, Hell?» le domando.
«Quattro. Hai una lunga strada davanti.»

«Mi dai un bacio, Hell?» Le mostro le cinque dita della mano. Mancano cento novantacinque domande.

Aggrotta la fronte. «Così non vale.»
«Mi baci, Hell?» Sei.
«Ares!»
«Hell, mi...»

Con il palmo della mano mi tappa la bocca, impedendomi di parlare. Ci provo comunque e mugugno un: «Dammi un bacio, Hell».

Nonostante la mia insistenza e il mio aver barato, scoppia a ridere. «Sei un idiota, Ares.»

Le afferro il polso e la stacco dal mio viso, ma non le permetto di rimettere la mano giù. La tengo stretta, stando attento a non farle male. Me la porto sul petto, all'altezza del cuore. Non so se possa sentirlo martellare come un matto. «Dimmi che lo senti anche tu, Hell.»

I suoi occhi si riempiono di emozione, mentre percepisce i miei battiti accelerati. Si morde il labbro con forza e scuote il capo, i ciuffetti corti che spruzzano acqua ovunque. «Non posso, Ares.»

Ma, invece che allontanarmi, ribalta la situazione. Mi afferra la mano e se la porta sul suo petto, facendomi sentire con chiarezza il suo cuoricino che batte frenetico.

Non può dirmelo perché ha paura di ferire la sua amica come hanno ferito lei, ma può solo mostrarmelo.

Ed è in questo momento che mi faccio una promessa: prima o poi andrò a parlare con Hurricane e le dirò di farsi una cazzo di vita. Okay, in toni più pacati, ma la farò ragionare sulla pressione psicologica che sta mettendo su Hell. E magari mi porto dietro Hades e Cohen, sono bravi a parlare di queste cazzatine sentimentali e a far ragionare la gente.

«Thanatos, stamattina, mi ha detto dei giochi,» mormora Hell, all'improvviso. Allunga il braccio per chiudere il getto della doccia. Il cambio di argomento mi lascia destabilizzato, e attendo che prosegua. «So che mi ha "baciata" lui. Ma io nel foglietto ho scritto... il tuo nome.»

Di certo non mi aspettavo che lo avrebbe ammesso. Adoro il modo in cui questa ragazza appaia sempre timida e pacata, ma non si faccia mai problemi a dire le cose senza troppi giri di parole. E per quante volte possa evitare i tuoi occhi, ci saranno quelle in cui ti scruterà così intensamente da farti sentire l'anima sciogliersi dentro il corpo.

Ora, però, mi preoccupa un'altra cosa. «Hell, non lo hai detto a Thanatos, vero? Gli hai lasciato credere di aver scritto il suo nome, giusto? Hell, ti prego...»

«Lo sapeva già,» bisbiglia, incredula. «Thanatos ha letto il contenuto del biglietto ancora prima di Newt. Mi hanno coperta entrambi.»

Questo mi lascia senza parole. Da uno come Newt posso aspettarmi un bel po' di esitazione nel condannare a morte una ragazza innocente, ma Thanatos? Thanatos è il giudice dei miei giochi. Non è possibile che abbia deciso di coprire Newt per salvare la vita a Hell. Qualcosa non va.

La afferro per le spalle. «Devi promettermi che non ne parlerai con nessuno, Hell. Lo sappiamo solo noi quattro, d'accordo? E non deve scoprirlo nessun altro!»

La durezza e l'ansia nella mia voce la fanno ammutolire. Annuisce, rapida, e balbetta. «Okay, sì, certo. Figurati se mi faccio dare il numero di tuo nonno per dirgli che hanno barato. Non sono così stupida.»

Mi rassicura un po', ma non abbastanza. La lascio andare e tento di rilassare i muscoli del corpo, contratti per la nuova preoccupazione che mi darà il tormento per i prossimi tempi. «D'accordo, va bene,» ripeto più a me stesso che a lei.

Urano è venuto a punirmi per l'imbroglio della piscina svuotata, alla prima fatica, e ho perso metà vista. Oltre al fatto che Apollo è quasi morto impiccato. Non oso immaginare cosa farebbe se sapesse del gioco di Newt. Se la prenderebbe con lui e Thanatos e basta? O anche con Hell?

Sarebbe ironico se Urano uccidesse Newt Cohen dopo che è sopravvissuto al labirinto, passato un mese in coma e altri due in riabilitazione. Cioè, sarebbe triste. Assolutamente triste.

Apro l'anta della doccia ed esco per primo. È ora di proporle il viaggio e poi andarmene. Non mi fido a lasciare Liam da solo in camera per troppo tempo. È come un bambino. Se in questo momento sentissi le sirene dei vigili del fuoco, saprei con certezza che è colpa di Liam e che ha raso al suolo la nostra camera.

Mentre Hell si infila un accappatoio e si asciuga come meglio riesce, io torno nel salottino, grondante d'acqua. «In realtà, sono venuto qui per un altro motivo.»

Lei tampona i capelli e mi scruta con curiosità. «Dimmi.»

«Stiamo organizzando un viaggio per lo spring break. Vieni con noi?»

Wow. Non era per nulla difficile da chiedere. Ora devo solo sperare che dica di sì.

Fa una smorfietta. Non promette bene. «I miei genitori non approverebbero. Dicono che devo concentrarmi sullo studio, visto che faccio pena in matematica, tra le varie cose. Non mi pagherebbero mai un viaggio...»

«Ho già fatto tutto io.»

Si blocca con l'asciugamano a mezz'aria, e le scivola di mano, cadendo a terra. «Cosa?»

«Ho prenotato volo e albergo anche per te. Andiamo a Playa de Carmen, in Messico.»

Nonostante l'incredulità, non riesce a trattenere un sorriso. La vedo lottarci, è una scena così divertente che vorrei baciarla. Vorrei sapere che sapore hanno le sue labbra mentre si incurvano in un sorriso.

«Ti sconsiglio di mettere dei costumi in valigia. Ci sono solo spiagge per nudisti,» aggiungo.

Lei alza gli occhi al cielo, e torna seria. Raccoglie l'asciugamano da terra. «Non posso accettare i tuoi soldi.»

«Se non li accetti, io li avrò spesi comunque.»

«Io...»

«Vuoi venire con noi, Hell? Ci farebbe piacere,» le dico con sincerità e spero che la colga.

Ne sembra stupita, invece. «Davvero? Insomma, non c'entro molto con te e la tua famiglia. E Liam.»

È divertente che ormai Haven sia inclusa nella famiglia e Liam no.

«Partiamo fra undici ore. Prepara le valigie, Hell, e incontriamoci fra quattro ore qui fuori. Okay?»

Si limita ad annuire. Io le faccio un cenno di saluto e mi affretto ad andarmene. Se resto un secondo in più, farò casini di cui potrei pentirmi. Mi chiudo la porta alle spalle e resto immobile, nel corridoio. Non c'è anima viva, a parte me. Unico lato positivo di questa stupida pausa primaverile.

Mi colpisce all'improvviso.

Hell è attratta da me. Hell vuole baciarmi. Hell mi bacerà al duecentesimo bacio che le chiederò. Hell verrà con noi in vacanza.

Merda.
Non so come affrontare tutto questo. Vorrei chiudermi in uno stanzino buio.

Le mie gambe si muovono in automatico e comincio a camminare avanti e indietro, per il corridoio. Inspira, espira, inspira, espira. È facile. Ce la posso fare. Andrà tutto bene. O malissimo, come al solito, e affronterò la cosa con una battuta cattiva e per nulla divertente, per poi fingere che non sia mai successo nulla.
Ottimo piano.

«Cosa sta facendo?»
«Mi sembra che stia camminando avanti e indietro.»
«Liam, non era in quel senso la domanda.»

Mi volto con uno scatto, trovando Liam e Hermes in fondo al corridoio. Mi si avvicinano con espressioni dubbiose. Almeno, Liam. Hermes ha il sorrisetto malizioso di chi ha capito tutto. Indica in basso. «Hai un'erezione, Ares.»

Senza nemmeno guardare, mi porto la mano sul cavallo dei pantaloni bagnati, pronto a sistemarla per renderla meno evidente. Quando tocco, però, mi accorgo che è tutto sereno e tranquillo, lì sotto.

Herm scoppia a ridere e mi dà una pacca sulla spalla. «Scherzavo, Ciliegino. Andiamo, abbiamo dei bagagli da fare.»

Mi lascio guidare, con Herm alla mia destra e Liam alla mia sinistra. A due metri dalla nostra camera, il secondo fa un versetto divertito. «Un altro messaggio di Hell?»

Giusto. Il foglietto a cui ho deciso di non rispondere, per andare direttamente a parlarle. Agisco d'impulso e tiro fuori dalla tasca la penna che avevo preso prima di uscire, quando ancora volevo mandare avanti il nostro scambio epistolare di insulti.

Strappo via il pezzo di carta, senza toccare la chewing-gum, e dando le spalle ai due impiccioni ci aggiungo una risposta. Mi dirai di sì prima di arrivare a 200. Aggiungo una faccina sorridente con la benda a coprirle uno dei due occhi. Poi busso alla sua porta e faccio passare il bigliettino sotto.

Quando ritorno dai miei coinquilini, stanno discutendo a voce bassa, fuori dalla camera. «Che succede, ora? Vi confrontate su quanti neuroni morti avete nella testa?»

«Hai aperto tu la porta, vero?» domanda Liam, serio come non mai. E questo mi preoccupa.

«Sono uscito prima di te,» gli ricordo. «Non l'hai lasciata tu, così?»
«In realtà, io l'ho chiusa.»

Hermes deglutisce a vista. «Okay. Qualcuno è entrato in camera. State indietro, ragazzi.» Ci blocca il passaggio con il suo braccio chilometrico.

Sbuffo. «Vorresti farci tu da guardia del corpo e difenderci?»

«Certo che no. Chiamo Hades e Apollo. Ci difenderanno loro.» Non è ironico. Ha il telefono in mano e sta cercando il numero di uno dei due nella rubrica.

Lo sorpasso e gli blocco lo schermo del cellulare. «Piantala. Non ci sarà nessuno. Ve lo dimostro.»

«Ares, no!» urla in tono drammatico Liam. Davanti alle nostre occhiate confuse, fa spallucce. «Sembrava un momento di tensione.»

Mi faranno impazzire questi due.

Do un calcio alla porta e la spalanco completamente. Dentro, ogni cosa sembra al suo posto, in perfetto ordine. E, soprattutto, non sembra esserci nessuno.

Liam e Hermes si affacciano, ciascuno ai miei lati. Li sento alitarmi sul collo.

«Per terra,» mormora Liam.

Abbasso lo sguardo. A poca distanza dai miei piedi c'è uno specchio ovale, adagiato per terra. La cornice e semplice e in oro. Chiunque abbia deciso di regalarcelo ha anche scelto di imbrattarlo, lasciandoci una scritta in rosso.

Ci vediamo su un nuovo campo da gioco, in Messico.
4.

Non avevo tenuto in conto che le fatiche mi avrebbero seguito anche in vacanza.

Il mio primo impulso è di lanciare lo specchio contro il muro.
Le mani mi tremano. Hermes si appropria dell'oggetto, forse per timore che mi cada.

Ho appena invitato Hell, convinto che sarebbe stato un viaggio sereno e divertente. Invece, l'ho appena messa in pericolo, di nuovo.

Forse sono un pochino ino in ritardo con l'aggiornamento 🧑🏻‍🦲
Non so quando pubblicherò il prossimo, tra pochi giorni discuto la tesi e mi laureo🫶🏻 le mie energie e preoccupazioni sono tutte concentrate lì, abbiate pazienza 🙏🏻

Non succede nulla di importante in questo capitolo, è di passaggio e me ne rendo conto, ma serviva. Spero vi sia piaciuto comunque 🫶🏻
Nel prossimo andiamo in Messico
🕺🏼🕺🏼🕺🏼🕺🏼🕺🏼🕺🏼

Il bacio è più vicino di quanto crediate 💆🏻‍♀️

Grazie per leggere GoC, ci vediamo appena riesco 💚
Have a nice life

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