13 (A) - Purtroppo, adoro il drama
"La probabilità (P) è un numero compreso tra 0 e 1 che misura il grado d'incertezza sul verificarsi di un evento."
— The closer I get to you
The more I feel like crying
The further I get from you
The more I feel like dying
🍒
A R E S '
P O V
«Dunque, Ares, cosa scegli? Sfidi la probabilità o fai confessare i tuoi pedoni?» ripete Achille.
Il calcolo delle probabilità è la teoria matematica dell'incertezza. Si interessa di tutti quei fenomeni il cui verificarsi dipende esclusivamente dal caso. Per questo vengono chiamati fenomeni incerti; non sono né certi né impossibili, bensì un qualcosa che si colloca nell'esatto centro. Nell'ambito degli eventi aleatori, si possono distinguere eventi che hanno maggiori possibilità di verificarsi rispetto ad altri. A ogni evento è associato un numero reale che è tanto maggiore quanto più è elevata la possibilità che si verifichi l'evento stesso.
È evidente che io mi trovi davanti a un evento aleatorio/casuale. Un evento aleatorio è un evento che si verifica oppure non si verifica: le cause che lo producono non si possono oggettivamente controllare o governare.
Spiegato in termini più semplici per chi non capisce niente di matematica, potremmo dire che un esempio di evento aleatorio è l'elaborazione di una frase intelligente da Liam. Non è impossibile che dica qualcosa di intelligente, ma non è nemmeno certo.
In matematica, in genere, si fa sempre l'esempio della scatola con le palline bianche e nere. L'estrazione di una pallina nera è un evento possibile ma non certo, così come l'estrazione di una pallina bianca. Non si può prevedere il colore della pallina estratta, perché l'estrazione è casuale.
Questo gioco gli si avvicina molto. A mio favore ho il fatto di sapere quante caselle ci sono, sessantaquattro, e quante sono botole, trentadue. Posso fare un calcolo probabilistico, ma il resto è totalmente affidato al caso. Nessun calcolo matematico fatto dalla mia brillante mente può aiutarmi a scegliere le caselle giuste.
Detto in termini ancora più semplici per chi non avrà capito nemmeno queste spiegazioni da prima elementare: sono nella merda.
Però, quando punto lo sguardo su mia sorella Hera, la sua espressione mi fa vacillare.
«Vuoi un binocolo per vedere meglio le facce delle tue pedine, Ares?» domanda Thanatos, dal basso.
Fingo di slacciarmi i bottoni dei pantaloni. «Ne voglio uno per mirare alla tua faccia e pisciarti addosso.»
«Ares, piantala e concentrati sul gioco,» mi rimprovera Zeus. Lo conosco abbastanza bene da sapere che vorrebbe arrampicarsi e raggiungerci.
Teia, invece, agita le mani in aria e si abbandona a un grido. «Bravo, tesoro, pisciagli in testa!»
Iperione la afferra per le spalle e poi le sussurra qualcosa all'orecchio. Credo sia un rimprovero amorevole, uno dei suoi tanti. Non saprei dirlo con certezza, le loro espressioni da qui non mi sono affatto visibili. I cinque metri di altezza non aiutano la mia vista già compromessa.
«Fai la tua scelta!» ordina Achille.
«Vuoi lasciarmi un po' di tempo, stronza?» le sbotto contro, facendo uno scatto nella sua direzione.
Lei sbuffa e si mette a braccia conserte, ma almeno sono riuscito a farla smettere di insistere.
Visto che c'è una distanza notevole tra me e i miei pedoni, mi avvicino a loro. Mi fermo da Hera e Poseidon. E ora che le loro figure sono nitide, mi accorgo che gli hanno messo dei microfoni sui vestiti, per far sentire anche al pubblico le nostre conversazioni. «Cosa dovrei fare? Ditemelo vo...»
All'improvviso, Achille mi è alle spalle. Il primo istinto è di darle un calcio, ma lei è più agile nei riflessi e sventola in fretta un microfono piccolino, come quelli che hanno gli altri.
Lei scrolla le spalle. «Scusami, ma dobbiamo dare la possibilità agli invitati del ballo di sentirci senza problemi.»
Glielo strappo di mano e me lo sistemo in fretta e furia, innervosito dall'ennesima pagliacciata a cui devo sottostare. Una volta terminato, riprendo la conversazione con la mia famiglia. Più Hell, che continua a dondolare sul posto, a disagio. Non oso immaginare cosa prova.
«Dunque, cosa scelgo? Vi faccio confessare o vi faccio fare un volo di cinque metri?»
«Stai scherzando, vero?» Haven non si sposta dalla casella, forse è una regola del gioco. «È chiaro che tu debba farci confessare. Riuscire a sistemarci su una delle trentadue caselle salve non è impossibile, ma nemmeno certo.»
Hermes annuisce con foga. «Sono d'accordo. Per quanto sarà difficile leggere i nostri talloni d'Achille...» Indica i suoi piedi. Attorno alla caviglia ha lo stesso fogliettino che ho visto agli invitati. «Dobbiamo. Per forza.»
Ora, però, mi sorge spontanea una domanda. La più importante di tutte. «Quanto siete deficienti, voi, da uno a dieci? Perché io ho visto gli invitati scrivere di loro pugno la debolezza sul pezzo di carta. Dunque, se avete deciso voi di scrivere qualcosa di vero e intimo, un po' ve la siete cercata. Sapevamo tutti che alla figura di Achille sono collegate le debolezze.»
Dalle loro espressioni, qualcosa non torna. Dovrei essere io a fissarli come se fossero degli idioti; invece, sono loro a rivolgermi delle occhiate piene di esasperazione. Dev'essere così che si sente Liam la maggior parte del tempo.
«Noi non sappiamo cosa c'è scritto nel foglietto che abbiamo attorno alla caviglia,» mormora Cohen.
Tendo l'orecchio. D'improvviso devo aver perso anche il senso dell'udito. «Come, prego?»
«Quando siamo arrivati, i fogliettini erano già pronti e ci è stato detto solo di legarli alla caviglia,» spiega Hera, la voce tremolante.
È chiaro. Lei non ci avrebbe mai scritto di Zeus. Ma qualcun altro lo ha fatto e lei deve averlo letto.
Merda. Se sono segreti che Achille e Thanatos sono venuti a sapere da nonno Urano, cosa diavolo c'è scritto negli altri? Una parte di me, quella che purtroppo è predominante, adesso comincia a nutrire una malsana e irruenta curiosità.
«Mettiamolo ai voti,» propone Poseidon. «E asseconda la maggioranza.»
Cosa?
Hera non esita un istante. «Io voto per affidarci al caso e alla probabilità, allora.»
Tutti la guardano, con espressioni che vanno dallo choc totale all'incredulità. Hermes è l'unico a parlare. «Ma questa è rincoglionita di suo o zia Teia l'ha fatta cadere dalla culla?»
Hera si volta con un movimento repentino e fa per raggiungerlo, a due caselle di distanza. Io e Poseidon la afferriamo per le braccia e la teniamo ferma, nonostante non opponga alcuna resistenza.
«Calmati,» le sussurro all'orecchio. «Lui non può sapere cosa significhi per te. Non prendertela.» Esito. «O almeno, se vuoi picchiarlo, fallo quando avremo finito il gioco.»
Sarebbe una scena divertente. E chi sono io per impedire che accada e non godermi un po' di svago?
«Mi dispiace, ma se la mettiamo ai voti, io scelgo il caso,» mormora Poseidon.
«Sei impazzito?» lo aggredisco istintivamente. «Non sapete cosa state scegliendo. Siete matti!»
Hera afferra la mano di Posy, come se potessi fargli cambiare idea e volesse tenerlo dalla sua parte. «È una scelta nostra, dico bene? E comunque, non eri tu il genio della matematica? Fai un calcolo e trova le caselle giuste.»
«Hera,» scandisco bene il suo nome per mantenere la calma. «Ti sei fatta asportare il cervello e lo hai sostituito con un sasso? Qui parliamo di calcolo della probabilità. Parliamo di caso. Non c'è una formula matematica che mi faccia capire quali sono le trentadue caselle sicure. Posso solo sapere quante probabilità ho di beccarle, scegliendole a caso. Lo capisci o devo chiedere foglio e penna per disegnartelo?»
Lei fa ribattere, poi desiste.
«Io preferisco le confessioni,» aggiunge Cohen, lanciando un'occhiata di scuse a Hera. «Non sappiamo cosa hanno scritto in questi pezzi di carta. È ugualmente un salto nel vuoto, ma è un salto nel vuoto che non ci fa rischiare la morte.»
Hermes fa un cenno d'assenso per confermare la sua scelta.
Manca solo Hell. Ha gli occhi sgranati, sembra un cerbiatto indifeso, eppure la postura del suo corpo è in allerta. Come se fosse pronta a lottare e difendersi. «Perché io sono qui? Perché sono una dei pedoni?» se ne esce con l'ultima cosa al mondo che avrebbe dovuto chiedere. «Qui dovrebbero esserci le persone a cui tiene Ares. Lui mi odia.»
Achille, l'ex Jack Jones, scoppia in una risata fragorosa. Thanatos, a metri di distanza, ride così forte che arriva persino a noi. Dio, quanto vorrei chiuderli dentro due bare e far fare a loro la stessa fine di Crono.
«Scelgo anche io le confessioni,» aggiunge Hell, sconvolta dall'improvvisa ilarità di Jack.
Due voti contro tre. Hanno vinto i talloni d'Achille, a quanto pare. E mia sorella non ne è affatto contenta. Però, la decisione finale resta comunque la mia.
«Vuoi assecondare il voto della maggioranza, Ares?» indaga, Achille.
Hera mi fissa, supplicante. Devo distogliere lo sguardo per non farmi convincere. A nessuno dei miei fratelli farei un favore, ma a Hera sì. Hera e Teia sono sempre state le uniche donne capaci di esercitare potere su di me.
«Mi dispiace.» Non basterà mai alcuna scusa. «Scelgo di leggere i biglietti.»
Achille ne sembra felice. «Ottimo, allora confesseremo tutti. Compreso Ares.» Faccio per ribattere, e lei solleva l'indice per aria. «Cosa credevi, che il gioco valesse solo per le tue pedine? Il Re non è immune.»
D'accordo. Potevo facilmente prevederlo. Non mi aspettavo chissà quale favoritismo. E, comunque, non ho nulla di cui preoccuparmi. La mia debolezza è l'acqua. Lo sanno tutti, ormai. Se cado in una pozzanghera affogo. Complimenti, Jack, sono tremando dalla paura.
Indietreggio, fino a tornare alla mia casella di partenza. Jack è voltata di spalle e sta trafficando con una scatola cubica, dove ogni faccia si alterna tra bianco e nero, come la scacchiera sulla quale ci troviamo. Ne estrae un blocco. Un blocco da disegno.
No. Non è possibile.
Non è...
Merda.
Jack lo sfoglia, sogghignando, e poi si ferma. Lo gira in modo che tutti i presenti possano vedere cos'è. «Questo è il blocco da disegno di Ares Lively. Sapevate che lo stronzo qui presente ama disegnare? E soprattutto...» Continua a sfogliare, piano, mostrando i ritratti che ho fatto alla stessa persona. «Adora disegnare Hazel Fox, nella piscina di Yale.»
Hermes e Poseidon mi stanno fissando con la bocca spalancata in modo esagerato. Le solite pettegole drammatiche.
Hell è troppo lontana perché riesca a cogliere la sua reazione, e per una volta da quando sono diventato mezzo cieco, ne sono felice.
Mi fisso le punte delle scarpe, incapace di incontrare anche solo lo sguardo dei miei fratelli. Non mi ero mai sentito così umiliato, è una sensazione nuova e mi fa paura. Le mani mi tremano e ho voglia di vomitare. Nessuno era conoscenza dei miei disegni, a parte Hell. E nessuno avrebbe mai dovuto scoprire quanti ritratti ho fatto proprio a lei.
«Questo ritratto di Hazel è composto da numeri. Non è incredibile?» continua Jack, imperterrita. «Vieni pure a prenderli, Hazel. Così puoi guardarli da vicino ed esaminare meglio il talento del nostro Ares.»
«Sono davvero belli, però,» commenta Hermes. «Ehi, Liam, non sai cosa ti stai perdendo quassù!» grida.
Osservo solo i piedi di Hell che si muovono per tutta la scacchiera. Raggiunge Jack, si appropria del blocco da disegno e ritorna alla sua casella originaria. Non dice nulla. Mi concedo solo uno sguardo veloce; sta stringendo il blocco contro il petto, ma non lo sfoglia. Le sono grato per questo piccolo atto di gentilezza. L'ennesimo che non meriterei.
«E ora procediamo con i pedoni. Ares, avanza sulla scacchiera e raggiungi il primo: Haven Cohen.»
Faccio un respiro profondo e obbedisco. Finirà in fretta. Concluderò il gioco. E poi strangolerò Jack. Ho deciso.
Una volta trovatomi davanti alle iridi eterocrome della mia cohenquilina, ci scambiano un sorrisetto triste. Achille la sprona a slegare il foglietto dalla caviglia e tenerlo chiuso, in mano, fino a quando non riceverà l'ordine di leggerlo.
Haven se lo rigira tra le dita, e la fronte le si aggrotta. Si volta e punta lo sguardo in basso, studiando le caviglie dei nostri compagni di gioco, e poi ritorna al suo pezzo di carta. «Qualcosa non va. Il mio è diverso dal loro. È più grande ed è bianco candido. Il loro è giallo chiaro,» sussurra.
«C'è un grande mistero che non è mai stato svelato,» riprende Achille, a voce altissima, fatto appositamente perché tutti sentano senza problemi. «Un mistero che Haven, la ragazza curiosissima e parecchio ficcanaso, non ha mai voluto svelare. E noi, non volendo rispettare le sue volontà, abbiamo deciso di metterlo qui, alla merce di tutti.»
Non ho la minima idea di cosa stia parlando. Haven, invece, pare proprio di sì. Il suo colorito si fa più pallido e temo che possa svenire da un momento all'altro. Le afferro il braccio, giusto per sicurezza.
«Chi è il vero padre di Haven Cohen? Crono Lively o Crio Lively? Coraggio, Haven, leggi la risposta e comunicala a tutti.» Jack ha un sorriso smagliante.
«Cohen...» mormoro, piano.
Lei serra le labbra in una linea retta. Le dita le tremano appena, ma le muove comunque per aprire il foglio chiuso a metà. I suoi occhi si spostano da una riga all'altra, più volte. Poi li chiude. Conto fino a dieci prima che li riapra.
La sua bocca si muove. «Crono. Crono è il mio padre biologico.» Lascia cadere il foglio a terra.
Si è sempre rifiutata di fare un test. Questo perché, tra le due opzioni, nessuna avrebbe rappresentato una vittoria. Crono ha reso la vita dei suoi figli un inferno ed era un pazzo. Crio le ha nascosto tutto, ha forzato la madre a stare con lui e poi la ha adottata per fare un dispetto al fratello. Senza contare che, alla fine del gioco del Labirinto, ha provato a ucciderla. Non fare il test, per lei, significava non essere figlia di nessuno dei due. Illudersi di non averlo mai avuto un padre.
Adesso deve convivere con la consapevolezza che è nata da uno spermatozoo di Crono Lively. Sì, sarei distrutto pure io al suo posto.
Haven si copre il viso con la mano e tiene il capo rivolto verso il basso. Non sta piangendo. Se la conosco bene, starà pensando a mille modi per fare fuori Jack, Thanatos e nonno Urano.
«Crio...» bisbiglia, ma il microfono amplifica la sua voce. «Sarebbe stato meglio, comunque. Anche se ha provato a uccidermi, alla fine, ha finto bene di essere mio padre. Crono, invece... Io...»
Hermes le circonda le spalle con il braccio e la stringe contro di sé, poggiando il mento sulla sua nuca.
Gli invitati al ballo, nel giardino sotto la scacchiera, mormorano con toni sempre più accesi ed eccitati. Si stanno divertendo, questi stronzi. Be', capisco pure loro. Anche a me piacerebbe assistere a uno spettacolino del genere.
«Scusate, chi era Crono?» domanda Hell dal fondo.
«Il tipo dentro la bara a cui ho dato fuoco,» le rispondo.
«Ah, okay. Giusto.»
Devo trattenermi dal ridere. Meno male che c'è lei.
«E visto che ci siamo... Perché non procedere con Hermes Lively?»
Il diretto interessato, ancora stretto nell'abbraccio con Cohen, si irrigidisce a vista. Rimane qualche secondo immobile, dopodiché si stacca a malincuore da Haven. Lei è già concentrata su altro. I suoi occhi sembrano occupati nel tentativo di mettere a fuoco qualcosa, o qualcuno, oltre la scacchiera. Forse Hades, fermo a cinque metri di distanza.
Hermes recupera il biglietto con il suo tallone d'Achille, e quando lo apre e lo legge, la sua espressione cambia in modo repentino. Conosco Hermes da pochi mesi, è vero, ma ci ho trascorso un quantitativo di tempo sufficiente a poter affermare che non l'ho mai visto così sconvolto. Fatta eccezione quando è morta Aphrodite.
Richiude il biglietto e scuote la testa con enfasi. «No, io non lo leggo. No. No, no, no...» comincia a cantilenare una serie di no, sempre più rumorosi e isterici.
Cohen cerca di sfiorargli la mano, ma lui si scosta e ci dà le spalle. Si inginocchia a terra e rivolge il viso al cielo. «Non posso. Perché? Come fate a saperlo? Perché?»
«Ormai, sono arrivato alla conclusione che nostro nonno sa pure quante volte caghiamo al giorno,» commento a bassa voce.
«Hermes, leggi,» dice Achille, perentoria. «Se non lo fai tu, lo faccio io. Preferisci che si sappia dalla bocca di qualcun altro? Di una sconosciuta a cui non importa nulla?»
«Accomodati,» ma nella sua voce c'è un barlume di esitazione. «Io non lo leggo. Puoi pure farmi precipitare da cinque metri, ma io non lo leggo.»
Haven gli si inginocchia accanto e gli poggia una mano sulla spalla. Questa volta, Herm non rifiuta il contatto, ma resta comunque pietrificato sul posto. Il torace gli si alza e abbassa con una frequenza sempre più scostante.
«Dunque,» Achille riprende la parola. «Il tallone di Achille di Hermes Lively è l'unico ragazzo di cui si è innamorato in tutta la vita. Il suo primo, grande amore.»
Hermes strizza gli occhi e china il capo, scuotendolo con foga. «No, no, ti prego, no, ti prego, no...»
La scena è così drammatica che sento qualcosa spezzarsi persino dentro di me, lo stronzo menefreghista. Non mi è mai importato molto di Hermes, era un cugino come tanti, un po' bizzarro e decisamente con troppi pochi vestiti addosso. Vederlo in questo stato è quasi sbagliato.
Hermes è quello allegro e felice. Puoi dargli mille ragioni per essere triste, ma lui ne troverà anche solo mezza per essere contento. È quel sole che, imperterrito, rimane in cielo anche durante il diluvio.
«Ragazzo che è morto, perché Hermes stesso lo ha ucciso.»
Persino Haven non riesce a contenersi. E mi stupisce, dato che ero convinto che lei sapesse già tutto di Herm.
«Cosa?» mi scappa. Per fortuna, nessuno mi sente, o comunque nessuno mi dà corda.
Hermes ha ucciso la persona di cui era innamorato?
«Il come e il quando non sta a me svelarlo,» continua Achille con un sorrisetto beffardo. «Non sono poi così cattiva.»
Il pubblico, sotto di noi, parla a voce alta. È Thanatos a intimare a tutti di fare silenzio e lasciar procedere il gioco senza interferenze.
Dio, ma com'è possibile che Hermes abbia ucciso qualcuno? Hermes? Non sa uccidere nemmeno un Pokémon selvatico nel videogioco, figuriamoci una persona nella vita reale. Ci ho provato a spiegargli che deve controllare il tipo dei Pokèmon prima di lottare, ma lui non vuole farsene una ragione del fatto che contro uno d'acqua, il fuoco perde.
«Ares, avanza nella scacchiera e fermati davanti ai tuoi fratelli. Hera e Poseidon.» Jack se la ride alla sola idea di rivelare anche le loro debolezze. «Lascio scegliere a te se toglierci la più scabrosa per prima o lasciarla per ultima.»
Okay. Nel biglietto di Hera ci sono di certo i suoi sentimenti incestuosi per Zeus. Non c'è scampo. E lei deve ammetterli davanti a tutti. Davanti a Zeus stesso e ai nostri genitori. Con un microfono che le amplifica la voce.
Meno male che non sono deviato come lei e non ho cose del genere da confessare. Ripensandoci meglio, i miei disegni erano proprio innocenti e non ho nulla di cui lamentarmi.
Forse era un po' indelicato questo ultimo pensiero.
«Andrà bene,» le prometto.
Inarca un sopracciglio, sprezzante. «Fra tutte le cose incoraggianti che potevi dirmi, hai scelto proprio quella che suona più falsa.»
«Hai ragione. Lo sai che io non so consolare la gente.» Ci penso su mentre lei si inchina per prendere il foglietto. Se lo rigira tra le mani, mentre raduna la forza necessaria. «Mettiamola così: qualsiasi cosa accada, la risolveremo. Tutti insieme.»
Gli occhi di mia sorella si riempiono di lacrime all'istante. «Ho paura di perderlo,» dice, così flebile che nemmeno il microfono avrà permesso agli altri là sotto di sentire. «Ho paura che non mi parlerà mai più.»
Per Hermes mi è quasi dispiaciuto.
Per Haven, mi è dispiaciuto eccome.
Per Hera... è straziante. Mia sorella merita di meglio. Non ha mai fatto nulla di male. Si è limitata ad amare la persona sbagliata, in silenzio, tenendosi i suoi sentimenti al sicuro. Perché deve essere costretta a esporsi così?
Ah. Già. Perché io ho dato fuoco a una bara e ho fatto incazzare Urano. Come sempre, la risposta alla domanda "di chi è la colpa?" è "Ares".
«Coraggio, Lizzie,» Achille la sbeffeggia. «Comincio ad annoiarmi.»
Hera non apre nemmeno il foglietto. Lo appallottola dentro la mano. «Sono innamorata di mio fratello. Zeus.»
Non lo dice a voce altissima, ma a giudicare dalla reazione degli invitati dentro il labirinto, la frase è arrivata forte e chiara.
Poseidon ha la decenza di trattenere qualsiasi mimica facciale che possa farla sentire a disagio.
Nostro cugino Hermes, al contrario, sembra riprendersi in un colpo dal momento della sua confessione e solleva il capo, mostrandoci la bocca spalancata in una "o" enorme.
Hera non ricambia le occhiate di nessuno, nemmeno le mie, che vogliono solo catturare la sua attenzione e rassicurarla. Ho paura a voltarmi per vedere dov'è nostro fratello.
«Ecco perché avrebbe preferito affidarsi alla probabilità,» esordisce Achille. È rivolta a Thanatos, che ora si trova a metà della scalinata che porta alla scacchiera. «L'avresti mai detto che la sua debolezza sarebbe stata questa?»
«Sinceramente, questa famiglia non può più stupirci con le sue follie,» ribatte.
Qualcosa non torna. Ce ne accorgiamo solo io e Cohen, perché nel suo viso c'è la stessa espressione che sono sicuro di avere pure io.
Sento il cuore mancare un battito quando lei mi fa un cenno e conferma quella che per me è solo un'ipotesi. Nemmeno Achille, Thanatos e Urano lo sapevano. C'è una buona probabilità che quel bigliettino sia vuoto, e che Achille ha rischiato tutto, sperando di far cadere Hera nella trappola. Ma è possibile che lei, da quando glielo hanno consegnato, non lo abbia mai aperto e letto?
Non importa, mi dico. Ciò che conta è che lei non lo scopra e...
Ma mia sorella non è stupida. Magari non arriva alle cose in fretta come me, però prima o poi mi raggiunge. Ancora con le guance bagnate dalle lacrime, i suoi occhi si induriscono e la mano si distende a palmo aperto verso l'alto. La porge a Poseidon. Lui prende il biglietto e lo riapre, stando attento a non romperlo.
È vuoto. Non c'è scritto nulla dentro.
Le risate di Achille e Thanatos riecheggiano nella notte, fragorose e acute. Se non smettono di ridere entro cinque secondi sono capace di raggiungere Achille e lanciarla da questa scacchiera. A giudicare dalle urla inconfondibili di mia madre, che provengono dalle mie spalle, anche lei sta pensando la stessa identica cosa.
Ad andare in aiuto di Hera è Haven. La avvolge in un abbraccio e la porta al posto di Hermes, scambiandosi così nelle caselle. Achille è troppo impegnata a ridere dell'inganno per accorgersene.
Poseidon si è già slacciato il suo foglietto, la mascella rigida e l'aria arrabbiata. Non ho mai visto mio fratello incazzato. Lui è come Hermes: il tipo che trova sempre il lato positivo in tutto e preferisce restare tranquillo. Forse aiuta tanto il fatto che Posy fuma parecchia erba, ora che ci rifletto meglio.
Mentre lui si prepara a leggere la sua confessione, mi concedo un'occhiata veloce a Hera. È immobile come una statua, e nonostante Cohen continui a parlare senza sosta, non sembra la stia ascoltando.
«Anche il mio è vuoto,» esclama Poseidon.
Io e Hermes ci sporgiamo in avanti per accertarci di quello che ha appena detto. Quella matta ha provato a fare lo stesso trucchetto due volte.
Achille sbuffa e scrolla le spalle. «Be', sì. Ero convinta che avresti abboccato anche tu perché qualcuno mi ha suggerito che non brilli di una particolare intelligenza e sarebbe stato facile imbrogliarti.»
Mi gratto la nuca, a disagio. Mi dispiace ammetterlo, ma Posy a volte sa essere molto svampito e ingenuo. Basta pensare che si mette a parlare con i pesci e ci intrattiene vere conversazioni. Anche qui, però, potrebbero c'entrare le canne che si fuma ogni giorno.
Il diretto interessato ci riflette su qualche secondo. «Non mi sento né di confermare né di negare.» Infila le mani nelle tasche dei pantaloni azzurri. «Quindi, devo confessare?»
Io, Hermes e Haven gli urliamo in contemporanea: «No!», facendolo arretrare per lo spavento. Mi schiarisco la voce e recupero la calma. «No, Posy. Il gioco dice che bisogna dire la debolezza scritta sul foglietto. Nel tuo non c'è nulla, ed è esattamente quello che devi dire.»
Poseidon annuisce con aria concentrata. «Okay. Nulla, allora.» Solleva il pollice in direzione di Achille, che rimane un attimo perplessa dalla situazione.
C'è un altro scambio di frasi, ma io sono troppo concentrato sull'ultimo pedone della mia scacchiera. Quello che, in un certo senso, è il più importante. Perché ho esposto Hell ai giochi della nostra famiglia, nonostante mi avesse ribadito con fermezza di non voler finire in mezzo a queste follie. Purtroppo, però, mi è difficile sentirmi dispiaciuto per lei. C'è una parte buona in me, ma è quella ipocrita. Quella non ipocrita muore dalla voglia di sapere cosa c'è scritto sul suo foglietto.
Poseidon sta ancora discutendo con Hermes quando comincio a muovermi per raggiungerla. Lei sta in piedi, nella sesta casella da sinistra dell'ultima fila. Di preciso, una bianca.
Sta ancora stringendo il mio blocco da disegno, così forte che le nocche le diventano bianche.
«Coraggio, Hell, manchi solo tu a separare Ares dalla verità che gli è stata nascosta per tutta la vita,» la sprona Thanatos. Adesso anche lui è sulla scacchiera, accanto ad Achille.
Le sorride in modo malizioso. Fin troppo. Ha il sorrisetto tipico di chi vorrebbe scoparsela.
Lo so, perché anche io faccio così.
Non con Hell.
Con tutte le ragazze che trovo carine.
Anche Hell, in effetti.
«Sai cosa aspettarti?» le chiedo in un sussurro, mentre scioglie il nodo del laccetto.
Lei esita. «No, in realtà no.»
Hell lo apre e legge velocemente il contenuto. I suoi occhi scattano da un lato all'altro della pagina, spalancandosi di secondo in secondo. La sua espressione passa da accigliata a sconvolta, per poi tornare neutra e impassibile.
«Diamo un po' di contesto al nostro pubblico, per capire meglio,» irrompe Achille, atteggiandosi come se fosse la presentatrice di un programma in tv. «La nostra Hazel Fox ha un quaderno, in camera sua, in cui scrive tutto ciò che le passa per la testa. È davvero particolare. Ci sono storie brevi di svariati generi, poesie, fiabe per bambini e semplici pensieri scollegati. Peccato che lei sia una romanticona, una ragazza d'altri tempi. E invece che scrivere tutto in file custoditi nel pc che si porta sempre dietro a Yale, preferisce l'inchiostro su carta. Preferisce un quadernino che nasconde sotto il materasso del suo letto, nel dormitorio. Alcune cose implorano di essere rubate.»
Thanatos scuote la testa, fingendo disappunto. «Piccola Volpe, dimostri sempre di più di non essere affatto degna di questo nomignolo.»
Vorrei raggiungerli e riempirli di pugni. Levargli quelle espressioni di superiorità e divertimento a suon di ganci destri e sinistri. Oppure chiedere ad Apollo e Hades di farlo al mio posto, visto che non sono bravo quanto loro e mi viene facilmente il fiatone. Colpa delle sigarette.
Mi aspetto che Hell risponda, o che tenti di aggirare il gioco. Mi aspetto persino che le lacrime che sta trattenendo, cadano copiosamente. Invece, raddrizza la schiena e il suo viso diventa glaciale. Gli occhi nocciola fissi su qualsiasi cosa ci sia scritta lì, davanti a lei. Mi aspetto la voce tremolante e debole, e invece è sicura e alta.
«Pro e contro...» Dà un colpo di tosse. Chiude gli occhi. Li riapre. Incontra i miei.
Le faccio un cenno. «Per diminuire il tuo imbarazzo, dopo faccio salire Liam e leggiamo la poesia per Athena in cui la paragona a una susina.»
Le strappo un sorriso minuscolo. Eppure, vale quanto una risata.
«Pro e contro di dare troppa confidenza ad Ares Lively. Contro, è un coglione. Pro, il suo essere così coglione mi fa morire dal ridere. Contro, la sua famiglia è matta da internare e mi fa paura. Pro, la sua famiglia è unita e potrebbe essere l'unico gruppo così strano da farmi sentire accettata, per una volta. Contro, fa sempre battute inopportune. Pro, mi fanno sempre ridere. Contro, è difficile sopportare la faccia da schiaffi che ha quel ragazzo. Pro, per quanto sia inopportuno e stronzo, non si accorge della dolcezza che ha negli occhi. Contro, è una persona complicata. Pro, non c'è niente di bello nelle cose facili. Pro, Hurricane sarebbe contenta se instaurassi un buon rapporto con il ragazzo che le piace e frequenta. Contro, non so se sopporterei la situazione. Contro, i suoi nomignoli. Pro, Genietto mi piace più di quanto sarò mai disposta ad ammettere. Contro, si è accorto della mia lotta con il cibo. Pro, è il primo ad averlo fatto.» Si blocca, ma c'è altro.
Io sono semplicemente senza parole.
«Avremmo dovuto riprendere la scena e trasmetterla su uno schermo, guarda che faccia ha quell'idiota,» dice Thanatos, di sicuro riferendosi a me.
Non mi importa, potrebbe rivolgermi tutti gli insulti del mondo e io non distoglierei l'attenzione da Hazel Fox. Soprattutto, perché ho capito che la parte finale non è solo la conclusione di questa lista assurda, ma anche la parte migliore.
Hell butta fuori un fiotto d'aria. «Pro, potremmo diventare amici. Contro, non sono sicura che potrebbe bastarmi.»
Chiude il foglio con un gesto secco e volta la testa di lato, per impedirmi di guardarla negli occhi.
Achille fa un versetto intenerito. «Questo è il momento del bacio, però. Su, perché non ve ne scambiate uno?»
«Perché lui sta uscendo con la sua amica, Hurricane,» le ricorda Thanatos. Stanno mettendo su uno spettacolino penoso, non mi stupirei se avessero preparato e studiato un copione. «E Hazel lo ha anche aiutato nell'intraprendere questa impresa.»
Pro, potremmo diventare amici. Contro, non sono sicura che potrebbe bastarmi.
Potremmo diventare amici.
Non sono sicura che potrebbe bastarmi.
Quanto è problematico da uno a dieci se mi sta venendo un'erezione solo ad aver sentito questa frase? Presumo un solido nove.
È impossibile che Hell abbia scritto queste cose. Impossibile. Eppure, a giudicare dal suo linguaggio corporeo, che fa di tutto per tenermi a distanza ed evitare un confronto, direi che mi sto sbagliando.
Le sue dita sottili vanno ai bordi del foglietto con la lista dei pro e dei contro, e quando capisco che vuole strapparla e ridurla in pezzi, quasi le salto addosso. Colmo le distanze tra di noi e le blocco le mani con le mie, inchiodandola sul posto. Dio, questa scena più intensa se non avessi un occhio bendato.
«No,» sussurro. Lei prova a ribattere, e io le tolgo il pezzo di carta dalle mani e me ne approprio senza chiedere il permesso. Non lo rileggo e non lo guardo, ma lo infilo nella tasca interna della giacca.
Voglio tenerlo.
Hell scivola fino all'ultima casella della scacchiera senza aggiungere un'altra sillaba.
Da sotto, gli invitati al ballo cominciano ad applaudire. Mi sporgo oltre la piattaforma, incredulo. Qualcuno solleva persino le braccia per aria, come se avesse appena assistito a una partita intensissima e la sua squadra del cuore avesse vinto.
«Il gioco è terminato, Ares, complimenti!» urla Achille, fomentando ancora di più la folla. «Hai ferito tutta la tua famiglia e hai fatto confessare loro delle cose abbastanza imbarazzanti. Tutte le pedine sono cadute, e il Re ha fatto scacco matto.»
Le scocco un'occhiataccia. «Smettila con queste metafore penose. Dammi la risposta che mi avevi promesso. Subito.»
Achille si avvicina e indica qualcosa ai miei piedi. Seguo la traiettoria, a fatica, e arrivo alla deduzione che stia proprio facendo riferimento alla casella bianca sulla quale era ferma Hell, mentre leggeva la sua confessione. «Sollevala dai lati.»
Hera, Poseidon, Haven e Hermes sono alle mie spalle, ora. L'unica a non volersi avvicinare è Hell, che al contrario ci dà le spalle e non sembra interessata a questa parte del gioco. Sono sicuro che voglia solo scendere da qui, salire sul primo volo disponibile e scappare dalla Grecia, qualsiasi sia la destinazione sul biglietto aereo.
Mi inginocchio e comincio a tastare la superficie della casella, fino a quando non trovo a metà altezza dei due lati una parte più sporgente. Premo con gli indici e il quadrato intero si smuove sotto i miei occhi. Applicando una pressione maggiore, la sollevo verso l'alto fino a staccarla dal resto della scacchiera.
È una scatola. E all'interno c'è una busta rettangolare gialla. La strappo alla sommità senza soffermarmi su dettagli futili e infilo la mano dentro.
La prima cosa che trovo mi fa storcere il naso. C'è una ciliegia. Una ciliegia.
Una ciliegia?
La lascio fuori e continuo a rovistare con la mano.
Quello che sento è un pezzo di carta molto liscio, di un materiale sul quale non puoi scrivere, ben diverso dai bigliettini che hanno tutti legati alle caviglie.
Lo estraggo con una spinta decisa.
E quando metto a fuoco cosa ho davanti, il cuore mi risale in gola.
Alle mie spalle, nessuno riesce a trattenersi. «Cosa cazzo significa?» esclama Hermes.
Ho un'ecografia davanti.
Un'ecografia.
Quelle foto strane che fai ai dannatissimi feti dentro il grembo di una donna, e dalle quali non si capisce nulla.
Achille e Thanatos ci hanno raggiunti. Persino Hell si è voltata per capire cosa sta succedendo.
«Posso raccontarti una storiella, Ares?» domanda Achille.
Scuoto la testa e mi rimetto in piedi. Sono così sconvolto che ho un improvviso capogiro e perdo l'equilibrio, scivolando all'indietro. È Poseidon ad afferrarmi al volo e tenermi ben saldo.
«Non dirmi che ho un figlio,» rispondo, dopo un attimo. «Una volta si è rotto il preservativo mentre scopavo e ce ne siamo accorti troppo tardi. Non vorrei che...»
Achille sembra esasperata. «Ares...»
«Dio, non dirmi che la madre è Jennifer Benson,» la supplico. «Tutte, ma non lei.»
Lei non fa in tempo a rispondermi, perché un improvviso rumore di passi che salgono la scalinata laterale della scacchiera ci distrae dalla conversazione. I primi a comparire sono i miei genitori, Iperione e Teia. Seguiti subito dal resto della famiglia.
Hades supera tutti, e in pochissimi secondi ha raggiunto Cohen. La stringe in un abbraccio soffocante, facendole affondare il viso contro il suo petto. «Persefóni mou,» mormora. «Va tutto bene.»
Alzo gli occhi... l'occhio al cielo. «Qualcuno li controlli, prima che si mettano a scopare qui sopra.»
La testa di Hades scatta verso sinistra. «L'unica cosa che voglio fare, adesso, è ammazzare questi due cretini.» Allude a Thanatos e Achille.
Un tempo avrebbe detto la stessa cosa di me. Glow up?
Teia balza in avanti. «Ci sto.»
Mio padre la afferra per la vita e la solleva per aria, allontanandola prima che possa davvero strangolare Achille.
«Vuoi darci delle risposte? Cosa significa quella ecografia?» sbotta Zeus. Mi indica. «Perché se questo individuo è il padre di qualche povero bambino nel mondo, abbiamo un grosso problema.»
Lo sguardo di Zeus si ferma per un secondo su Hera, prima di indietreggiare per fare in modo di non averla più nella sua visuale.
Farà male. Le prossime ore saranno distruttive, per tutti.
«Lasciate che vi racconti una storia, così capirete,» insiste Achille, chiaramente divertita dalla situazione che ha creato. «C'era una volta una donna molto bella e dal futuro promettente, sicura di cosa voleva dalla vita e della strada che avrebbe dovuto intraprendere. Ma si sa, le strade non sono mai rettilinee, e a volte presentano bivi e uscite secondarie che possono distrarti dalla tua meta. È quello che accadde a lei. Prese una svolta improvvisa, e non riuscì più a ritrovare la strada principale. Si perse nel vizio della droga, al punto che, una volta finiti tutti i soldi, era così disperata da cedere a una relazione con il suo spacciatore. Fino a quando, per sbaglio, non rimase incinta.»
Sta parlando della mia madre biologica, di sicuro. Ma io la conosco già questa favoletta senza lieto fine. Perché la racconta di nuovo?
«Lei non voleva un figlio. Assolutamente. Ma se ne accorse quando era troppo tardi per abortire. Così decise di provarci, di tenerlo, nella speranza che lo stato le desse qualche agevolazione in denaro per crescerlo. Soldi che, comunque, non avrebbe usato per il bambino, ma ne avrebbe tratto il meglio che sarebbe riuscita. Se non fosse che...»
Thanatos toglie qualcosa dalla tasca dei pantaloni. Un'altra ciliegia.
Collego all'istante. L'altra metà di quella che ho trovato nella busta
«Se non fosse che partorì due gemelli. Due adorabili maschietti omozigoti. Identici in tutto. Cayden e... un altro.»
Fatico a respirare. L'aria che mi arriva ai polmoni non è sufficiente. «Ha tenuto solo me,» mormoro. «Non ricordo alcun fratello. È morto?»
Achille scuote il capo. Thanatos, accanto a lei, sorride a trentadue denti. «È ancora vivo. Sei curioso di conoscerlo?»
🍒
In GoG e GoT la mela in copertina aveva il richiamo alla mela della discordia nella mitologia greca, ma rappresentava anche Haven e la "discordia" creata nella famiglia, tra Crono e Crio.
In GoC le ciliegie in copertina alludono ad Ares e al suo gemello 😚🤚🏻 (qualcuno lo aveva capito nel gruppo telegram e ho sudato freddo, smettetela di essere intelligenti grazie)
Fun fact: all'inizio di goc volevo che fosse Hades il suo gemello (eterozigote, però). Ma poi sarebbe stata una coincidenza troppo grande e avrebbe perso di realismo
(Come se di base ci fosse molto realismo in questa storia vabbè ☠️)
Coooomunque, spero che il capitolo e i giochi vi siano piaciuti 🫶🏻 e se vi state chiedendo della scappatoia.... Be', c'era ma la saprete nel prossimo capitolo 😃👍🏻
Aggiornerò prima Game of Desire e poi torno qui🩵
Have a nice life 🦋
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