11 (A) - Festeggio il mio non-compleanno
Il valore assoluto di un numero non
può mai essere negativo; restituisce il numero ottenuto "senza tenere conto del
suo segno".
— God knows what is hiding in
those weak and drunken hearts
Guess the loneliness came knocking
No one needs to be alone or sinking
People help the people
And if you're homesick,
give me your hand and I'll hold it
🍒
A R E S '
P O V
Appena varco la porta della caffetteria di Yale, una figura poco lontana sventola il braccio per aria. «Ares, tesoro!» strilla mia madre, Teia.
Per fortuna non vedo le occhiate degli altri studenti che stanno finendo di pranzare. Mi dirigo in fretta al tavolino appartato che ha scelto mia madre e prendo posto davanti a lei.
Ciò che mi accoglie è una smorfia infelice. «Sul serio? Cos'è questa freddezza?»
Sbuffo. «Hai già urlato davanti a tutti i presenti, mettendomi in imbarazzo.»
«Quindi non è vero che sei il tesoro di mamma? Ti vergogni ad ammetterlo?»
«Sì, sono il tesoro di mamma e ti voglio bene, ma non c'è bisogno di rovinarmi la reputazione,» borbotto. «In questa università noi Lively siamo la temuta famiglia che fa giochi immorali. Devono vedermi come un rottweiler e non come un cucciolo di beagle che si rincorre la coda.»
Teia mi sorride, e come se non le avessi appena detto nulla picchietta il dito sulla guancia. Io mi sporgo oltre il tavolo per raggiungerla e darle un bacio. «Ora sono contenta!»
Non riesco a trattenere un sorriso. Adoro mia madre. Per tutta la sofferenza che ho avuto con quella biologica, la vita ha voluto premiarmi con una persona come Teia.
Mia madre spinge in avanti il piattino con la fetta di torta al cioccolato. Ne ha mangiato già qualche forchettata. «No, grazie, ho appena pranzato,» rifiuto.
«Pensavo che avresti voluto il dolce...» La malizia le accende gli occhi marroni. «A meno che il dolce non te lo abbia già dato Hurricane con un bel bacio. O con una scopata. Avete scopato?»
«Siamo solo al secondo appuntamento, mamma. Ed è pure il primo da soli. Lei è una molto cauta.»
Questa mattina io e Hurricane siamo usciti di nuovo e abbiamo pranzato insieme. Come suggerito da Posy, Hera e Zeus, ho aspettato due giorni dall'uscita a quattro per scriverle e chiederle un secondo appuntamento.
Perciò, siamo andati a mangiare in un fast food qui vicino alla facoltà. Niente di impegnativo o eccessivo. Non sono abituato a stare troppe ore con la stessa ragazza. Soprattutto se dobbiamo solo parlare e non c'è nemmeno un po' di sesso orale in mezzo. O una palpatina innocente.
Ringrazio solo che Hurricane non si sia accorta che due sere prima ho mentito, quando ho trascinato tutti al Paradiso dell'Insalata, con la scusa che non ci fossero fast food vicini. Certo che c'erano, siamo in America. Ma quell'organo traditore e grande quanto un pugno mi ha costretto a farlo per Hell.
«Be', vi siete conosciuti meglio? Quanto siete stati insieme?» riprende Teia, la bocca piena di torta.
«Due orette. E... sì, l'ho conosciuta meglio.»
Mia madre spalanca gli occhi. Ha gli angoli della bocca sporchi di cioccolata. Sembra una bambina. E molto spesso, in effetti, le faccio io da genitore. «Perché così poco?»
Controllo l'orologio al polso. Sono quasi le due. Provo a guardarmi attorno. La caffetteria è quasi vuota, ma le mie ridotte capacità visive non mi permettono di capire se le figure più lontane siano familiari. Non mi permettono di vedere se Hell è già qui.
«Perché io dovevo essere qui per le due, massimo due e un quarto. Ho un incontro con un professore,» invento al volo.
Per fortuna sono bravo a dire bugie. Il problema è che la gente lo sa che sono un bugiardo nato, e ogni cosa che esce dalla mia bocca va presa con la giusta percentuale di dubbio.
Teia annuisce, sovrappensiero. Sta sicuramente soppesando le cazzate che le ho rifilato. «Va bene, tesoro. Ma ricordati una cosa: le bugie puzzano sempre. E io, in questo momento, sento un odore terribile.»
Tamburello le dita sul ripiano del tavolo, a disagio. La porta della caffetteria si apre, e dopo un ragazzo biondo compare il caschetto familiare di Hell. Non so se mi veda, ma va dritta al bancone per ordinare il pranzo. Presumo la solita insalata.
«Comunque, dimmi di più di Hurricane. È una brava ragazza?»
«Sì. Diciamo di sì. Ha davvero un bel culo.» Aggrotto la fronte. «Per quello che sono riuscito a vedere.» Indico il mio occhio ancora bendato.
Nel momento in cui le ricordo dell'incidente, Teia sbatte la forchetta contro il tavolo, in un impeto di rabbia. «Urano deve pregare di morire di vecchiaia, prima di incontrarmi, altrimenti io i bulbi oculari glieli stacco e glieli faccio ingoiare.»
Mia madre non ha preso benissimo la mia improvvisa cecità. Mentre papà Iperione si è dimostrato dispiaciuto e ha optato per un approccio di supporto, Teia ha iniziato a sbraitare insulti e a fare progetti su come assassinare mio nonno.
Zeus ha dovuto tenerla ferma, seduta sul divano, mentre Hera le preparava una camomilla. Sono quasi sicuro che Dionysus la abbia corretta con un tranquillante e del vino, perché mia madre ha iniziato a calmarsi in modo troppo repentino.
Questo ricordo mi fa venire in mente una domanda. «A proposito, dov'è papà? Sei venuta da sola?»
«È con Haven. Sai che tuo padre ha la sindrome da crocerossina. Teme che lei non abbia ancora superato tutto quello che è successo nel labirinto, così come il tradimento del padre e la cicatrice. Voleva approfittarne per passare un po' di tempo con lei.»
Classico comportamento da Iperione Lively. «Non mi stupirei se tra una settimana le si presentasse davanti con le carte dell'adozione da firmare.»
Teia sorride al pensiero, perché anche lei sa che è una cosa di cui sarebbe capace. «Tornando alle cose importanti,» riprende, «sono contenta che abbia un bel culo. Ma io vorrei sapere anche del suo carattere. Mi piacerebbe vederti innamorato. Fidanzato. Felice. Soprattutto perché non ne posso più di dover consolare ragazze in lacrime, che si erano già innamorate mentre per te erano solo una scopata.»
Mi gratto la nuca e lancio un'occhiata veloce al bancone della caffetteria. Hell ha già il suo piatto di insalata e il portafoglio ancora in mano, ma è ferma davanti alla vetrina con le torte. Vedo qualche chiazza colorata, segno che sono rimaste delle fette.
Sta decidendo quale comprare? Non sa scegliere il gusto? Oppure sta decidendo se comprarle?
«Ares?»
Teia mi sta schioccando le dita davanti alla faccia. Per poco non mi colpisce la punta del naso. «Sì?»
«Ti ho fatto una domanda. Su Hurricane. La ragazza che stai frequentando. Ma a quanto pare sei più occupato a seguire i movimenti di un'altra.»
Merda. Si è accorta di Hell? Come fa a ricordarsela? L'ha vista una sola volta, per cinque minuti scarsi. «Io? No. Cioè, sì. Forse. Aspetta, non ricordo cosa mi hai detto. O mi hai fatto una domanda?»
Mia madre resta immobile, poi scoppia in una risata cristallina e si lascia andare contro il divanetto. Teia ha trent'otto anni e sembra una mia coetanea. O è lei a non invecchiare, o devo cominciare io a pormi il problema.
Il fatto è che non è nemmeno questione di età o di quanta ne dimostri. Mia madre è una forza della natura, è quel tocco di follia che rende interessanti le cose più noiose. Ogni volta che sorride è come se un cielo coperto di nuvole si aprisse d'improvviso mostrando il sole. Schietta, sincera, priva di freni inibitori. È la mia perfetta copia, ed è incredibile che non ci sia un legame di sangue tra di noi.
«Ares, te lo dirò una sola volta perché è evidente che tu non sei ancora pronto ad affrontare i tuoi sentimenti.» La sua improvvisa serietà mi mette in guardia. «Fare sesso con una ragazza che prova sentimenti per te, è sbagliato, e lo hai fatto tante volte. Ma lì, la colpa era di chi voleva vedere in te cose che non hai mai mostrato. Uscire con una ragazza ed essere carino con lei, mentre il tuo cuore punta in un'altra direzione, è ben peggio. Anche se non ci vai a letto. Anche se le dai un solo bacio o le tieni la porta aperta. Le farai molto più male. Quindi, stai attento alle tue azioni.»
Resto senza parole, imbambolato come uno scemo. Una vocina nella mia testa urla che ha ragione, ma quella sconsiderata fa molto più rumore e la copre all'istante.
«Io non...» tento.
Alza un dito per zittirmi. «Credi che nessuno si sia accorto di quando hai raggiunto Hell in bagno, in quel posto di merda che faceva solo insalate?»
La sua schiettezza mi fa venir voglia di ridere. Poi mi rendo conto di cosa ha detto. «Io non ero in bagno con lei.» Suono falso anche alle mie orecchie.
Teia incrocia le braccia al petto e mi squadra. «Sai cosa ha esclamato tuo cugino Hermes quando sei arrivato, due minuti dopo Hell?»
«Qualcosa mi dice che non voglio saperlo.»
«Raghy, perché Ares ha un'erezione in corso?» imita la parlata di Hermes in modo impeccabile.
Mi mordo il labbro con forza. La avevo, certo. Quella maledetta ragazza si è aperta il vestito davanti a me e si è strusciata sulla mia gamba. È stata una delle cose più eccitanti che mi siano capitate. E considerato che in camera da letto non mi sono mai posto limiti, è un grande traguardo.
Do un colpo di tosse e tento di riportare la conversazione su toni più seri. «Il mio cuore non punta in nessuna direzione. Sto conoscendo Hurricane. Sto cercando di essere una persona diversa. Hurricane è dolce e non dice mai la cosa sbagliata. È il mio opposto, e gli opposti si completano.»
Teia inarca un sopracciglio. Cosa ho detto di male, adesso? «Ares, non sai nemmeno tu cosa cazzo stai dicendo. Fai un po' di chiarezza, siediti con una bella bottiglia di vodka, e riletti su cosa ti passa per la testolina. Okay?»
Sospiro. «Okay, mamma.»
Si allunga per darmi un pizzicotto sulla guancia. «Bravo il mio tesorino.»
Faccio un sorrisetto. Sarò uno stronzo, un po' sociopatico, amante del caos, con una incredibile propensione a creare casini per il divertimento di vedere la gente entrare nel panico, egoista, narcisista, per nulla socievole, impulsivo e bellissimo, ma sono anche un mammone. Sì, Ares Lively è un mammone e sebbene non chieda mai un gesto affettuoso, si scioglie quando sua madre gli dà un buffetto e lo chiama "tesorino".
Patetico stronzo che non sei altro, Ares. La tua migliore amica è tua madre.
Teia mi riporta alla realtà, voltandosi verso il bancone della caffetteria. «Vorrei un'altra fetta di torta. Ne è rimasta solo una, al cioccolato. A meno che la tua amica non si decida a comprarla. Per quanto tempo ha intenzione di rimanere lì, impalata?»
Mi giro anche io. Hell è ancora lì. Comincio a provare uno strano sentimento che chiamerei... pena? No, la pena ha un'accezione negativa. Provo tenerezza nei confronti di quell'esserino piccolo, dai vestiti sgualciti ed enormi, che regge la sua insalata e fissa le ultime fette di torta.
«Si chiama Hazel, vero?»
«Sì, perché...»
«Ehi, Hazel!» grida Teia, alzandosi in piedi, le braccia per aria che si agitano in modo convulso, facendo tintinnare tutti i braccialetti che ha ai polsi. «Hazel! Ragazza con la felpa blu di Yale ferma al bancone! Qui!»
Posso quasi immaginare la reazione di Hell, anche se non la vedo bene. Si è sicuramente irrigidita sul posto.
«Vieni qui!» la invita mia madre.
La afferro per il polso e cerco di calmarla. «Mamma, sei impazzita? Smettila. Non chiamarla, non farla venire qui.» Parlo così veloce che mi mangio le parole.
Teia si rimette seduta con aria soddisfatta. «Troppo tardi. Ci sta raggiungendo.»
Tengo gli occhi... L'occhio, okay, puntato sul tavolo fino a quando non posso percepire la presenza di Hell, qui accanto a me. «Ciao,» saluta Hell. Perché parla sempre a voce così bassa?
«Ciao, ora puoi andartene,» le dico, ancora ferito dal modo in cui mi ha umiliato dentro quei bagni, due sere fa.
«Non stavo salutando te, ma tua madre,» replica lei. Rivolge un sorriso a Teia, che d'altro canto ricambia con il doppio dell'entusiasmo.
«Sappi che ti adoro per non avermi dato del lei.»
Ci manca solo che queste due comincino a legare e andare d'accordo.
«Perché non ti siedi qui per mangiare? Ti facciamo compagnia noi,» propone mia madre.
«Io credo che possa anche andare a mangiare da sol...» inizio. Vengo interrotto dalla punta affilata delle scarpe col tacco che indossa mia madre. Mi dà un calcio sotto il tavolo, centrando in pieno lo stinco. Sussulto per il dolore.
Hell indietreggia. «Oh, non ce n'è bisogno. Non mi dispiace mangiare da sola.»
Teia si alza e indica a Hell di prendere posto. Quando si mette in testa una cosa, nessuno può dissuaderla. Mi dispiace per Hell. E per me, a cui è stata appena imposta la sua presenza.
Hell fa un cenno, con una smorfietta in viso, e obbedisce. Non ha nemmeno impugnato la forchetta che mia madre picchietta le unghie laccate di rosso sul tavolo. «Io vado a prendere un'altra fetta di torta. Torno subito.»
Faccio per dirle di no, di non lasciarmi solo con Hell e di smetterla con queste scenette. Teia si abbassa al mio livello e porta la bocca vicinissima al mi orecchio. «Tesoro mio, comportati bene con lei o ti affogo anche io come quella stronza della tua madre biologica,» sibila. «Un giorno mi ringrazierai per questo, credimi.»
È facile capire da chi abbia preso l'indelicatezza.
La osservo allontanarsi, esasperato e in imbarazzo. Hell non parla. E io non so cosa dire per riempire il silenzio.
«Sono uscito con Hurricane, oggi.»
«Lo so,» mormora, mettendo la mano davanti alla bocca mentre mastica.
«È andata molto bene,» continuo.
«Sono contenta.»
«Ho seguito alcuni dei consigli che mi hai scritto.»
«Ottimo.»
Sospiro. La conversazione non sta andando bene. «Ho persino ascoltato qualche canzone di Chopin.» Stando alla lista di Hell, Hurricane va matta per questo tipo vissuto nell'epoca dei Dinosauri che suonava il pianoforte.
Lei si ferma un attimo, poi riprende con il suo pranzo. «Sarebbe meglio chiamarle sonate e non canzoni. Parliamo di Chopin, non di Beyoncé.»
Faccio una smorfia. «Beyoncé è più brava.»
Hell trattiene a stento un sorriso. Bingo. Forse posso salvare la situazione. Insomma, ce l'ho ancora con lei, ma se io e Hurricane finissimo per stare insieme, dovrei tentare di avere un rapporto pacifico con la sua amica e coinquilina. Hurricane vuole molto bene a Hell, da quanto ho visto oggi.
Dunque, ora devo trovare altro di cui parlare fino a quando mia madre non ritorna. Dio, ma quanto ci mette a prendere una fetta di torta?
La cerco con lo sguardo. È ferma al bancone con il piatto in mano. Sta mangiando la torta e ci fissa con intensità. Mi fa un cenno per spronarmi a parlare. Maledetta.
Forse, però, posso fare un ultimo tentativo e chiederle una cosa che mi servirebbe sapere. «Senti, Genietto, ho bisogno di un altro aiuto con Hurricane...»
Hell mi punta i suoi occhi da cerbiatta addosso. Detesta quando la chiamo genietto. E io adoro il modo in cui lo detesta. «Dimmi, Polifemo.»
Dovrei offendermi, invece mi ritrovo a trattenere a stento una risata. «Hurricane mi ha chiesto di che segno zodiacale sono, perché vuole capire se siamo compatibili astrologicamente. Non è che me ne suggerisci uno tu?»
«Siete usciti insieme solo due volte e vuoi già mentirle?» mi accusa.
Non dirglielo. Lascia perdere. Falle credere quello che le pare. Non raccontarglielo. Non dire nulla, idiota.
«No,» mormoro. «È che io non so quale sia il mio segno zodiacale.»
Hell resta con la forchetta a mezz'aria. «Come fai a non...»
«Non so quando sono nato e non ho mai festeggiato un compleanno. Mia madre biologica non me l'ha mai detto, non le interessava,» spiego in fretta.
Tra di noi aleggia il silenzio. Mi aspetto uno sguardo carico di pietà, invece Hell si sta solo torturando il labbro inferiore, incerta.
Mia madre era sempre strafatta. È rimasta incinta per sbaglio. Se n'è accorta quando era troppo tardi per abortire. Ci ha provato da sola, e non ha funzionato. Sono nato in casa, perché se fosse andata in ospedale avrebbero visto che era una tossicodipendente che assumeva droghe anche in gravidanza. Se ha mai saputo il giorno della mia nascita, ha scelto di non dirmelo. Ma io credo che se lo sia dimenticato e basta, talmente era bruciato il suo cervello.
«Le piacciono i capricorno,» dice Hell, alla fine.
«Capricorno...» ripeto, dubbioso. Mi vergogno ad ammettere di non conoscere nemmeno i nomi dei segni zodiacali. So che c'è qualche animale in mezzo, ma la mia conoscenza si ferma lì. D'altronde, non avendo un compleanno, non mi è mai importato conoscere l'astrologia.
«Non esiste un segno chiamato lupo?» tento.
A Hell va quasi di traverso l'acqua. «No, Ares. Ma sarebbe ironico se tu fossi del segno della Vergine.»
Vergine? Che razza di segno sarebbe?
«Non potresti chiedere all'anagrafe?» domanda.
Scrollo le spalle. «Sono nato da un parto in casa. Mia madre biologica si drogava così tanto che le sue braccia sembravano due pezzi di gruviera,» tento di sdrammatizzare, ma la realtà è che la voce mi trema. «Mi hanno registrato più avanti, ma a quel punto lei non ricordava più il giorno e il mese. Ne hanno messi due a caso, e non li ho mai riconosciuti come miei.»
Se la giustizia esistesse, i servizi sociali mi avrebbero trovato molto prima e aiutato. Non che i bambini finiscano sempre in posti migliori, in questi casi, ma anche vivere sotto un ponte sarebbe stato più facile che stare con mia madre. Abitavamo in un trilocale malandato in una zona dimenticata da Dio e dalla polizia. A nessuno importava di noi. A nessuno importava di me. Per venire salvato ho dovuto rischiare la morte in mare.
«Che altri segni zodiacali esistono? Non ricordo.»
Hell rimane un attimo spiazzata, come se fosse incredibile che una persona non ricordi dei fatti stupidi inerenti all'astrologia. «Non so... Pesci... Acquario...»
Okay. Questo sarebbe davvero ironico: se fossi del pesci.
Hazel sta ancora elencando quando mia madre fa ritorno al tavolo. Ha un piatto con un'altra fetta di torta. «Vuoi mangiarne una terza? È così buona quella roba?» la prendo in giro.
Teia non mi risponde e si siede a fianco a Hell; non mi perdo l'occhiata rapida che lancia al dolce. Infilza le foglie di insalata con forza e ne infila in bocca una quantità esagerata.
«Allora, Hell, cosa studi qui a Yale?»
«Matematica, come tuo figlio.»
Anche mia madre si accorge che il tono in cui l'ha detto non è affatto felice. «Che schifo la matematica. Io ricordo a malapena le tabelline. Ti piace? Sei un piccolo genio come Ares?»
Hell ridacchia in modo mesto e scuote la testa. Un ciuffetto di capelli le ricade sul viso e lo spinge all'indietro. Ho sempre amato i capelli lunghi, e il modo in cui si muovono e accarezzano il corpo femminile. Però quelli di Hell...
«La detesto. Ma i miei genitori non mi pagano gli studi che vorrei fare io, perché pensano che siano stupidi e inconcludenti. E io non posso finanziarmi da sola la retta di Yale, perciò...»
Teia sbatte le lunghe ciglia piene di mascara. «Che pezzi di merda. I genitori dovrebbero incoraggiare i figli a seguire le loro passioni, senza questi ricatti morali di scarso livello.»
«Vero?» la appoggio. «L'ho pensato anche io. Proprio degli stronzi.»
Hell fa passare lo sguardo da me a mia madre, più volte, e man mano che sposta le sue attenzioni, le labbra si incurvano verso l'alto. «Avete tanto in comune, voi due.»
Sto per replicare, ma mia madre mi precede e posa la mano sul braccio di Hell. «Te li do io i soldi per la retta. Tu fammi avere i bollettini delle tasse, e io li pago. Studia quello che vuoi. Tanto noi abbiamo un sacco di soldi, te lo giuro.»
Io e Hell abbiamo la stessa reazione. Lei spalanca la bocca e arretra, quasi incollando la schiena al muro. «Scherzi? Assolutamente no, figurati se posso accettare i vostri soldi. Soprattutto una cifra così alta!»
«Non ti preoccupare. Sai quanto spendiamo per i cappotti griffati di Zeus? Tu almeno li investi nello studio!»
Hell trattiene a stento una risatina. «No, sul serio, grazie per l'offerta, ma non posso. In qualche modo me la caverò in matematica e prenderò la laurea. Grazie mille, comunque.»
Io sbuffo. «Sei proprio una cretina, Genietto. Al tuo posto non solo li avrei accettati, ma avrei anche mentito sul costo della retta per beccarmi soldi in più.»
Teia annuisce con fervore. «Esatto, anche io lo avrei fatto. Totale.»
Non riesco a ignorare il modo in cui Hell reagisce alle nostre parole. E non riesco a non paragonarlo a Hurricane. Quando Teia si è fermata a parlare con noi, la sera dell'appuntamento a quattro, ho dovuto rimproverarla in un momento di distrazione e dirle di andarci piano con le frasi troppo schiette. Hurricane si è trovata più volte a disagio e credo che si sia chiesta se fossimo ironici o seri. Hell è tutt'altra storia. Hell è divertita. Hell ride sotto i baffi. Hell guarda mia madre con gli occhi che brillano.
Comincio a infastidirmi. Io e Teia siamo uguali. Perché non guarda anche me alla stessa maniera?
«Cosa ti piacerebbe studiare, thisavrós?» Non ci credo che l'abbia appena chiamata "tesoro" in greco.
«Mi piace la letteratura. Mi piace il giornalismo. Mi piace l'editoria. Mi piace scrivere, e mi piacciono le parole,» risponde di getto. Solo alla fine si rende conto di aver rivelato una parte di se stessa a una sconosciuta.
«E cosa scrivi? Poesie come quel Liam Giuseppe?»
Hell sghignazza. Lancia uno sguardo alla fetta di torta ancora intatta e ritorna al viso di Teia. «No, mi piace scrivere romanzi. Brevi racconti. E, soprattutto, favole.»
Tendo l'orecchio e mi avvicino di più a Hell, senza farmi notare. Questi dettagli non li conoscevo nemmeno io, e sono piuttosto curioso di saperne di più.
Teia la fissa come se fosse un capolavoro, un'opera d'arte famosa che hai sempre e solo visto nei libri, e che finalmente è davanti ai tuoi occhi. «Mi piacerebbe tanto leggere qualcosa. Posso?»
Le guance di Hell diventano paonazze e abbassa il capo per nascondercelo. È così carina e indifesa che mi fa venire il voltastomaco. La detesto più in questo momento che quando mi ha umiliato in bagno.
«Non sono brava. Non sono cose che vale la pena di...»
«Chi ti ha detto che non lo sei?»
«Nessuno.» Teia non ci crede, e rimane in attesa della verità. Hell sospira. «Mia madre. Trovò i miei racconti in camera e li lesse senza il mio permesso, per poi dirmi che non era la strada per me e che avrei dovuto puntare su altro.»
«Maledetta stronza,» sibila Teia. «Scusami, senza offesa.»
«Maledette stronza,» le faccio eco. «Io l'offesa ce la metto, però.»
Teia mi allunga la mano chiusa a pugno e io la colpisco con il mio.
«Dunque...» Mia madre estrae il telefono e controlla l'ora. «Non dovresti andare, adesso, Ares? Non hai detto di avere un incontro con un professore, che è il motivo per cui hai interrotto l'appuntamento con l'amica di Hell per essere qui entro le due?»
Merda. O lo fa apposta o ha deciso di divertirsi facendo la stronza. Mia madre è l'unica che riesce a farmela pagare, di tanto in tanto.
Gli occhi di Hell saettano nei miei. Ha capito il vero motivo? O è solo confusa? Non è stupida. Quando la chiamo Genietto è perché in fondo penso che sia intelligente. Più di quanto dia a vedere e più di quanto lei creda.
Ormai mi ha messo in imbarazzo, perciò mi alzo e fingo di sistemarmi i pantaloni sfregandoci sopra le mani. In realtà, sto asciugando tutto il sudore che si è accumulato sui palmi.
Dio, sto diventando un ragazzino sensibile come Malakai. Ci manca solo che mi iscriva su tumblr e posso anche porre fine alla mia vita con un proiettile in gola.
Ho mosso un solo passo quando la frase di mia madre mi fa bloccare. «Per caso vuoi tu questa fetta, Hell?» Indica la torta al cioccolato. Il piattino è a metà strada fra Hell e Teia.
Hell scuote il capo così forte che non mi stupirei se il suo cervello non si fosse procurato un livido. «No, grazie, no, no. I dolci solo il fine settimana. No, grazie, grazie. No.»
Per la prima volta vedo mia madre a disagio. So che vorrebbe insistere, ma ha riconosciuto perfettamente una reazione fin troppo esagerata e sulla difensiva. Sta riflettendo se è meglio insistere con gentilezza o lasciar stare, ma farla soffrire mangiandola davanti a lei.
Mi allungo sul tavolo e afferro il piatto. «La prendo io. Ci vediamo.»
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.
E comunque, posso darla a Liam o Hermes. Quei due maiali si mangiano qualsiasi cosa tu gli offra. L'altro giorno li ho visti contendersi una patatina trovata sotto il divano.
Le spalle di Hell si rilassano, e il suo linguaggio corporeo mi rassicura sull'aver fatto la scelta giusta. L'orgoglio monta dentro di me e mi fa gonfiare il petto. Ogni tanto ci riesco anche io a fare la cosa giusta. Ed è un sollievo quando esistono persone come Hell, che mostrano la loro approvazione e contentezza.
Ancora una volta, odiosa. Rivoltante. Insopportabile.
Teia allunga la gamba e mi fa lo sgambetto. Faccio appena in tempo ad accorgermene e a reggermi proprio al braccio che mi sta porgendo. «Ti sembra il modo di salutare tua madre, Aressino?»
«Aressino?» ripete Hell scoppiando a ridere a metà parola.
Spero che gli altri studenti non stiano guardando. O, almeno, solo in piccola parte. Mi chino su mia madre e le lascio un bacio sulla tempia. «Ci sentiamo.» Rivolgo un cenno a Hell. «Ciao.»
Sono stato anche troppo gentile. Ma conosco Teia Lively. Se non avessi salutato Hell, mi avrebbe afferrato per il braccio e costretto a farle anche una riverenza. "Io non ti ho cresciuto così blablabla".
Avanzo in fretta e non mi accorgo di aver trattenuto il respiro fino a quando non sono fuori dalla caffetteria. Butto fuori tutta l'aria che avevo trattenuto e mi concedo qualche secondo, prima di dirigermi ai dormitori.
🍒🍒🍒
Sono le otto di sera e sono spariti tutti quanti.
Non c'è traccia né dei miei fratelli né dei miei cugini. Li ho cercati ai dormitori e in caffetteria, per la cena. Persino quell'idiota di Liam che è sempre in mezzo ai coglioni è sparito.
L'ultima tappa che mi rimane è la piscina di Yale, ma non credo di riuscire ancora a sopportare anche solo l'odore del cloro. Figuriamoci vedere quell'enorme distesa d'acqua in cui mi hanno immerso la testa, rovinandomi la vista per sempre.
Il mio cellulare vibra dentro la tasca posteriore dei jeans. Ho un messaggio.
Cohenquilina: Vieni alla serra del club di giardinaggio.
Faccio una smorfia, rileggendo il messaggio più volte. Cosa ti fa pensare che io sappia come diamine arrivarci? Non vado mica a osservare i fiorellini nel tempo libero.
Mentre aspetto una risposta, esco dall'edificio e comincio a camminare lentamente per il giardino. Non sei nemmeno un nuotatore, eppure sai arrivare benissimo alla piscina.
Ho un bel "vaffanculo" pronto. A frenarmi è l'arrivo di un altro messaggio, sempre di Haven, dove mi spiega in breve dove passare per arrivare alla serra.
Nonostante non capisca perché dobbiamo incontrarci lì, seguo le sue indicazioni e percorro il giardino del campus, lanciando di tanto in tanto occhiate al cellulare per accertarmi di non star sbagliando strada.
Intravedo l'edificio quando sono a pochi metri di distanza, ormai. Ripongo il telefono e mi fermo un secondo, incerto. E se fosse uno scherzo? O peggio, se fosse di nuovo un inganno di nonno Urano? Ma io ho il numero di Haven. Non mi sta imbrogliando. Non è possibile.
Le luci della serra sono accese, difatti, e attraverso le pareti trasparenti riconosco le sagome di diverse persone. I capelli azzurri di Posy e quelli rossi naturali di Haven mi fanno tirare un sospiro di sollievo.
Ho perso buona parte della vista da una settimana, ormai, non sono ancora pronto a perdere parzialmente l'udito o qualsiasi altra cosa voglia togliermi quell'adorabile vecchietto di mio nonno.
Con una mano sulla porta e i piedi appena oltre la soglia, cerco di inquadrare meglio la situazione che ho davanti. Strizzo l'occhio buono e metto a fuoco l'ambiente. Ci sono lucine disseminate tra le piante e i fiorellini. Nello spazio libero, invece, c'è un tavolino con una torta sopra.
Ci sono persino Teia e Iperione, oltre ai miei fratelli, i miei cugini, Hell, Hurricane e Liam. Se ne stanno attorno al tavolino, in piedi. Qualcuno ha appeso uno striscione sulla parete che recita:
Buon Non-Compleanno, Ares!
D'accordo. Sono parecchio confuso. «Cosa succede? Cosa significa tutto questo?»
È mia sorella Hera a farsi avanti, l'unica, con il braccio teso e la mano che cerca la mia. «Avvicinati, fratellino.»
Incastro le mie dita con le sue e lascio che mi guidi più vicino alla torta e alla famiglia. «Continuo a non capire.»
Haven fa un passo verso di me, e Hades sposta il braccio che le cingeva le spalle. «Hazel è venuta da noi questo pomeriggio e ci ha raccontato che non conosci il giorno in cui sei nato. I tuoi fratelli, chiaramente, lo sapevano già. Ma noi no. Così abbiamo deciso di organizzare una... festa particolare.»
«Questa non è comunque una spiegazione sufficiente.»
Hades alza gli occhi al cielo. «Quanto sei fastidioso.»
«Se ti va...» la vocina di Hell, fioca e incerta, si fa spazio e mi arriva alle orecchie come se stesse urlando. Il mio cervello si sta abituando ad abbassare il volume dei rumori del mondo, pur di sentire la voce di lei, sempre bassa.
«Se mi va...?» la sprono.
«Puoi scegliere il giorno e il mese che più ti piacciono. Quella sarà la tua data di compleanno, d'ora in poi. E noi la festeggeremo con te,» conclude con un sorriso abbozzato.
Lascio scorrere lo sguardo tra tutti i presenti, che mi sorridono e mi incoraggiano in silenzio ad assecondare questa proposta e scegliere da solo il giorno in cui voglio essere nato.
Qualcosa, in me, si rompe. Non in senso negativo, però. Non sempre quello che si rompe rappresenta una perdita. È attraverso le rotture che passa la luce, qualcuno sosteneva. Ed è ciò che sta succedendo in me, adesso. La gabbia attorno al mio cuore si spacca, e quel piccolo organo bastardo comincia a battermi fortissimo, tanto che temo mi risalga in gola e possa vomitarlo.
Scoppio a piangere.
Non ci crederei se non sentissi il rumore dei miei singhiozzi e non vedessi le espressioni sconvolte delle persone qui davanti a me. Singhiozzo come un bambino e mi porto una mano sul petto. Non ho mai pianto in questo modo. Mi sento totalmente sopraffatto dalle emozioni, al punto che respiro a fatica e sento che non riuscirò più a smettere. Mi passo le mani sul viso con frenesia, spazzando le lacrime con gesti nervosi. Ma loro continuano a cadere e i miei singhiozzi non vogliono diminuire.
D'improvviso, sono di nuovo un bambino. Sono il bambino che vedeva la madre tornare a casa, sperando che nella busta del supermercato ci fosse del cibo, e non le solite bottiglie di birra scadente e i superalcolici. Sono il bambino che aspettava il giorno in cui la madre sarebbe tornata a casa con una torta, per poi dirgli: «Oggi è il tuo compleanno, auguri!». Sono il bambino che vedeva i compagni di classe festeggiare il compleanno, e mostrare i piccoli regali che ricevevano dai genitori, e si domandava perché non potesse avere lo stesso.
Mamma, quand'è il mio compleanno?
Non lo so, Cayden.
Perché non lo sai?
Perché non mi importa del tuo compleanno. Hai finito con le domande?
Perché non ti importa?
Perché non saresti mai dovuto nascere.
E perché?
Vai in camera tua, sono stufa di te per oggi.
Due braccia mi avvolgono, e una mano mi spinge il capo contro un petto caldo e profumato. Sono stretto in un abbraccio. «È tutto okay,» sussurra la voce di Hades Malakai Lively. L'ultima persona al mondo che mi sarei aspettato.
E, contro ogni previsione, i singhiozzi si affievoliscono e il respiro comincia a regolarizzarsi.
Continuano tutti a sorridere. Anche se per alcuni è difficile levarsi l'espressione sconvolta. Non è una cosa poi così comune vedere me piangere, ridotto in queste condizioni.
L'unica messa peggio di me è mia madre. Mi tiene gli occhi incollati addosso e piange, in silenzio, stretta nell'abbraccio di papà. Lui sorride con gli occhi lucidi e fa un cenno col capo.
«Allora, vuoi farlo? Vuoi scegliere un giorno e un mese?» domanda Hermes.
Annuisco e tiro su col naso. Sento qualcuno chiedere un fazzoletto, e in pochi secondi Hades me lo porge, staccandosi dall'abbraccio. Mi soffio il naso con forza, prendendomi il mio tempo.
«Mi piace il trentun ottobre,» mormoro.
«Ultimo giorno di ottobre?» si accerta Hera. «Anche a me, sì. Mi pare una bella data.»
Faccio un sorrisetto. Comincio a sentirmi in imbarazzo, sotto gli occhi di tutti, e dopo aver pianto come uno scemo. Indico la torta e lo striscione. «Perché la torta? Perché i festeggiamenti? Oggi non è il trentun ottobre.»
Iperione prende la parola e dà un colpetto alla pila di piattini in carta, con dentro le posate riutilizzabili della caffetteria. «Non siamo mai riusciti a scoprire il giorno in cui sei nato. Abbiamo provato a far cadere il tuo compleanno il giorno in cui ti abbiamo adottato, ma tu non hai mai voluto festeggiare. Ricordi la prima volta? Ti sei arrabbiato così tanto che abbiamo temuto non ci avresti mai più rivolto la parola.» Teia lo interrompe con un singhiozzo, e Iperione le fa una carezza in viso. «Non abbiamo più insistito, e di questo me ne pento. Avremmo dovuto farti regali, invece che lasciarti stare.»
«Stanotte vogliamo festeggiare tutti i ventuno compleanni che non hai mai festeggiato, Ares,» dice la voce spezzata di Teia.
Deglutisco a fatica. Mi sta venendo di nuovo voglia di piangere. Le lacrime premono per uscire. Dio, quanto vorrei farmi asportare i dotti lacrimali.
«Apollo si è pure ripreso in tempo per prepararti una torta,» esclama Liam.
La torta è una classica torta di compleanno, con la particolarità di essere verde. Un verde sgargiante, come piace a me. Sopra di essa ci sono ventun candeline accese, con le fiammelle che si muovono appena e aspettano di essere spente.
Ora che ci faccio caso, Apollo è qui con noi. Per essere uno che è stato impiccato ed è quasi morto, sembra stare parecchio bene. Agita la mano in segno di saluto. «Ciao, Ciclope,» mi prende in giro.
«Ciao, Severus Piton.» Immagino che così siamo pari, per tutte le volte in cui l'ho sfottuto. «Grazie per la torta.»
Apollo sbuffa, ma le labbra si distendono in un sorriso. «Spegni le candeline, dai.»
Si rimettono tutti dall'altra parte del tavolo, mentre io rimango solo davanti alla torta. Apro bocca per soffiare...
«Aspetta,» mi blocca Liam. «Devi esprimere un desiderio! Nella tua testa. E, chiaramente, non devi dircelo sennò non si avvera.»
D'accordo. Un desiderio? Cosa posso desiderare? Qualsiasi cosa di cui abbia bisogno posso comprarla con i soldi.
Forse non dovrei desiderare qualcosa di materiale.
Il mio sguardo si blocca su Hell. Sembra così piccola in mezzo a Hermes e Poseidon, che quasi rido. I suoi occhi ricambiano le mie attenzioni, e il tempo sembra fermarsi. «Sei stata tu ad avere questa idea di scegliere il compleanno?»
Lei sta già provando a tirarsene fuori. «Sì, è stata un'idea sua,» interviene Hurricane, sorridente. «È sempre stata un'amica meravigliosa, la mia Hel.»
Già. Un'amica meravigliosa.
Zeus tossisce. E mi rendo conto di essere ancora fermo con lo sguardo su Hell.
Ritorno alla mia torta e alle candeline che devo spegnere. Il desiderio. Che desiderio voglio esprimere?
Arriva subito, forse perché è sempre stato nella mia testa e non mi sono mai permesso di pensarlo, di farlo affiorare. Un bisogno sepolto da tutto il mio fingere e ostentare.
Desidero... riempire ogni parte di me che sento vuota, fredda e buia. Ogni parte di me che è caos.
Sono sempre stato infelice. E l'ho ignorato, perché non mi è mai importato di capire come ci si sentisse a stare bene.
Forse è un desiderio troppo grande. Ma, d'altronde, ho saltato ventun compleanni e ventun desideri. Messi tutti insieme ne creano uno enorme, vero?
«Di questo passo, però, ci arriviamo davvero al trentun ottobre,» commenta Liam. «Aia! Non ce n'era bisogno, Herm!»
Sorrido e soffio sulle candeline, spegnendo tutte le fiamme in una volta. Parte un applauso generale e qualche fischio di Hermes e Poseidon. Mia madre sta ancora piangendo, ma almeno sorride e sembra più serena.
Qualcuno mi dà una pacca sulla spalla, altri mi abbracciano; tutti parlano con tutti e il clima è così allegro che mi sento anche io più leggero.
Liam ha addirittura messo una cassa portatile accanto a una pianta e sta scegliendo della musica. Hermes è lì a fianco a lui che lo aiuta. «Britney sarebbe perfetta, tira fuori la stripper che è in Ares. Però io partirei da qualcosa di più soft...»
Athena, Hera e Zeus si riuniscono per parlottare tra di loro. E, in poco tempo, si creano piccoli gruppetti.
Al tavolo sono rimaste poche persone. Mia madre mi porge il coltello. «Taglio della torta?»
Il mio primo pensiero va a Hell. E, infatti, lei è ancora qui. L'unica, oltre ai miei genitori. Sembra a disagio, come se non sapesse da chi andare. Hurricane non sembra avere lo stesso problema. Sta scegliendo la musica con Herm e Liam, e si rivolge a loro come se li conoscesse da sempre.
Hell fissa la torta e si mordicchia il labbro. «Potrei averne una fetta? Non troppo grande, però, per favore.»
Non faccio commenti e non mi mostro sorpreso, per timore che possa farle cambiare idea. Trattengo persino un sorriso. Non so perché mi faccia così felice, ma le taglio una fetta della dimensione che mi ha chiesto e gliela metto su un piattino. Hell ne prende una forchettata e mugugna in segno di apprezzamento.
«Buona?»
«Pistacchio e cioccolato fondente,» mi informa.
Quel bastardo di Apollo dalle mani d'oro.
Comincio a tagliare fette per tutti, e invece che andare io stesso a portarle in giro, incarico mia madre di darmi una mano e distribuire il dessert. Hell rimane al tavolo, a mangiare piano e con bocconi piccoli, e studia ogni mio movimento come se fosse interessantissimo.
«Sai che non ti mangiano gli altri se vai a parlargli, vero?»
Hell sembra punta sul vivo. «Certo.»
Mi fermo con il coltello a mezz'aria. Lo passo a mio padre e gli faccio cenno di sostituirmi un attimo. Lui non fa domande e non obbietta, e credo anche che si stia impegnando per non ascoltare una parola della conversazione tra me e Hell.
Mi avvicino a lei. Il suo istinto è di fare un passo indietro. Sbuffo e ne faccio uno avanti, recuperando vantaggio. «Se mi distraggo un attimo te la darai a gambe come due sere fa, all'uscita a quattro?»
Sgrana gli occhi con una teatralità da cartone animato. «Come... Io...» Non ci sono scuse, lo sa anche lei. «Ero stanca. Erano successe troppe cose quel giorno e io... So che puoi capirlo, nonostante tutto.»
No, non lo capisco. Mi fa incazzare, in realtà. E non so spiegarmelo. Ci sono istanti in cui odio questa ragazza con un'intensità tale che vorrei gridarle contro. E altri in cui sento il cuore sciogliersi nel petto.
«Quanto ci avete impiegato ad accorgervi che me n'ero andata?» chiede, dopo un attimo. La fetta di torta è a metà.
La risata sguaiata di Hermes mi distrae per una frazione di secondo e mi perfora il timpano. Ci metto un po' a tornare alla conversazione con Hell.
Quanto ci avete impiegato ad accorgervi che me n'ero andata? Gli altri? Non lo so. Io? L'ho vista persino salutare Zeus e Liam, che non l'hanno sentita, e andare a pagare. Me ne sono accorto all'istante, per quanto detesti ammetterlo. Ma non posso dirglielo.
Abbasso il capo, a disagio. «Qualche minuto. Sei stata molto silenziosa.»
Lei si stringe nelle spalle con un sorrisetto divertito. «Già. Me lo dicono spesso che sono una presenza silenziosa, che non faccio mai rumore.»
Eppure, Hazel Fox, per me non è così. Ed è un'altra delle tante cose che odio di te: ti sento anche quando sussurri e cammini in punta di piedi.
E per quanto la mia vista sia danneggiata, io ti vedo.
La porta della serra sbatte all'improvviso, facendo voltare tutti in direzione dell'entrata. Tranne me. Hell guarda un punto alle mie spalle, con la fronte aggrottata. «E lei chi è?»
«Non ci posso credere,» mormora Haven.
Mi volto piano. Nonostante la mia vista non sia messa benissimo, è impossibile non riconoscere la persona che se ne sta in piedi, a braccia conserte, poggiata di fianco allo stipite della porta.
«Festa di compleanno?» domanda retoricamente la nuova arrivata. «Come mai non mi hai invitato, Ares?» Finge una smorfia triste.
«Cosa vuoi tu?» cambio argomento.
«Ah, giusto.» Scoppia in una risata falsa. «È da un bel po' che mi avete voltato le spalle e mi avete abbandonata come se non fossimo mai stati amici. Non potevo di certo aspettarmi un invito.»
«Jack...» Cohen si fa avanti e prova a raggiungerla. Arrivata a fianco a me, la blocco. C'è qualcosa che non mi quadra.
Hurricane rompe il silenzio. «Chi è Jack?»
«Era la coinquilina di Haven, nonché grande amica del fratello, mia e di Ares, quando ancora fingeva di essere un ragazzo gentile e pacato di nome Percy,» spiega velocemente Liam. «Poi Haven e Jack hanno litigato e i rapporti si sono... raffreddati.»
Non credo che questa spiegazione abbia fatto capire qualcosa in più a Hurricane e Hell.
Jack non è cambiata di una virgola. Ha sempre l'espressione annoiata e incazzata con il mondo, i ricci castani e spettinati le incorniciano il viso privo di trucco, ma dai bei lineamenti. «Già, io e Haven abbiamo litigato e nessuno di voi è mai più venuto a chiedermi come stessi. Avete preso le sue parti e io ho smesso di esistere.»
«Sei stata una stronza,» le ricordo, senza pietà. «L'hai incolpata per il coma di Newt. Le hai detto cose orribili. E se te lo dice uno come me, dovresti farti qualche domanda.»
La mia risposta la fa innervosire ancora di più. «Non è così che ci si comporta con gli amici. Mi avete abbandonata. Io e Percy eravamo tanto amici,» sibila. «Lo sai, Ares.»
«Appunto. Percy. Io non sono Percy.»
Jack prende un respiro profondo e comincia ad avanzare, gli occhi nocciola puntati nei miei. Nel mio, cioè. Dio, quanto odio questa cecità.
Haven prova a mettersi in mezzo. «Jack, possiamo parlarne. Possiamo ancora risolvere.»
Jack le rivolge un'occhiata indifferente, come se non rappresentasse nessuno per lei, e torna su di me. «Da domani, per te, non sarò più Jack. Sarò Achille. E organizzerò la tua seconda fatica, coglione voltafaccia.»
«Ma Achille non era maschio?» esclama Liam con la cassa in mano. «Oh Dio, Jack, sei un maschio? Io ti ho sempre parlato al femminile!»
Zeus lo allontana.
Serro le labbra in una linea sottilissima. «Me lo sentivo che non eri qui solo per chiedere una fetta di torta.»
Jack sorride ironicamente. «Ma che bravo.»
«Bene, hai fatto la tua scenetta,» la aggredisce Hades, che ha l'aria di volerle mettere le mani addosso. «Perché non te ne vai, invece che rovinarci la serata?»
Non che mi interessi molto. Insomma, ciò che contava l'ho già avuto. «Da domani potrai rompermi il cazzo per bene con il tuo gioco, Jack, ma adesso è ora di andare a fare la nanna. Che dici?»
Jack fa un passo indietro, ma non accenna a voler andare via. «Ti consiglio di fare le valigie, Ares. Il prossimo gioco lo faremo sull'Olimpo, in contemporanea al Ballo di Primavera.»
E poi fa una cosa che mi terrorizza. Si rivolge a Hell e Hurricane.
«E le signorine Hazel Fox e Hurricane Smith sono gentilmente invitate a venire con noi.»
Jack (Jacqueline Jones) - Zendaya
(Ve la ricordate? Ora non ditemi di no perché sono mesi che mi chiedete dove fosse finita ☠️☠️)
🧘🏻♀️
In Game of Gods e Game of Titans abbiamo visto il Ballo d'Inverno. In Game of Desire (Aphry) vedremo il Ballo d'Estate. In Game of Chaos il Ballo di Primavera. E nell'ultimo spin-off, quello di Hermes (Game of Lust) vedremo il Ballo d'Autunno ✨
È banale sta cosa dei balli per le stagioni? Sì. Me ne frega? No.
Avevo cercato le feste degli antichi greci, ma sono davvero tante e incasinate. 🥲
Questo capitolo è stato il mio preferito 🥹 Aressino è il malessere più sensibile del mondo
Io ci provo a scrivere di bad boys ma non ci riesco mai completamente
Vabbè, comunque Ares ha tutto il tempo di fare casini, e ne farà
Godiamoci questi momenti soft
Grazie per leggere GoC, come sempre 🫶🏻 mi dite sempre che vi faccio compagnia, e la verità è che pure voi la fate a me 💚
Il prossimo aggiornamento sarà di GoD, poi torno qui! Potrei aver bisogno di un po' di tempo in più perché sto finendo la tesi, ma arrivo. Mi trovate su TikTok per gli spoiler e su instagram 🧘🏻♀️
Tiktok: cucchiaiaa
Ig: cucchiaia
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