Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 24 ~ Astri

Argo era seduto ad un tavolo. Si picchiettava il ginocchio destro, coperto da larghi pantaloni blu scuro. Le sue dita erano sottili e chiare. Non erano dita Terrestri, forse Jhaem. Alzò lo sguardo di fronte a sé. Una donna con lunghi capelli scuri lo osservava, l'espressione preoccupata. Sospirò, poi guardò fuori dalla finestra. Sì, lei era una Jhaem, il cielo fuori tendeva al giallo e qualcosa che assomigliava ad un prato era di un tenue blu. Non era Hosann-Dahon, no, sicuramente uno dei tre satelliti. Non era nemmeno Khamelis-ß, quello dei corrotti di mente. Qual era allora? Dei corrotti di corpo o di anima?

Il corpo che ospitava Argo allungò una mano verso la donna, accarezzandole il lungo e stretto collo chiaro. La donna si ritrasse, volse la testa verso lo Jhaem. Gli prese la mano e l'abbassò, con uno sguardo sprezzante in viso. Poi si girò di nuovo. Lo Jhaem non si arrese, allungò l'altra mano sotto il tavolo. Argo non poté sentire nulla, per via della limitazione di Kami. Ma immaginò che avesse toccato la gamba della donna, perché questa sobbalzò.

Vibrò uno schiaffo alla guancia dello Jhaem, ovvero Argo. Per fortuna non sentì nulla. Ma lo Jhaem del passato sembrò essersi fatto parecchio male, perché si massaggio la guancia e abbassò lo sguardo.

«Come sei crudele» disse lui.

«Tu sei fuori di testa» bisbigliò lei. «Vuoi restare su questo ammasso di roccia per tanto tempo ancora? Io voglio tornare, per favore, evita di aggravare la mia, di posizione

«Qui siamo lontani dal Dio, non ci vedrà nessuno.»

«Non sei guarito per nulla, idiota.»

«Da quanto tempo, eh? Non mi ami più?»

«Sei matto?» La Jhaem strabuzzò gli occhi. «Certo che ti amo ancora. Ma non...»

«Allora facciamolo. Qui.»

«Shhhh!» Divenne rossa in viso. «Ora zitto.»

«Tu non mi ami più. Ora non posso nemmeno parlarne? Te lo dico io come è andata a finire. Tu,» e indicò con l'indice la donna, «non mi ami, perché ami quel pianeta.»

«Cosa? Come ti permetti? Dovrebbero dividere il tuo corpo e mandarne metà pure a Jasenn-λ. Non solo corrotto di corpo, pure la tua anima è marcia.»

«Fino a pochi cicli fa quello non era altro che un pianeta come gli altri. Ma ora mi hai tradito.»

«Ora zitto, per favore. Ascolta, stanno arrivando.»

Dei passi riecheggiarono nel corridoio di pietra. Dovevano essere almeno tre o quattro persone, pensò Argo. La donna si ricompose, si sistemò la veste, raddrizzò la schiena e si legò i lunghi capelli in una coda. Era bella, ma non come Kami. Dov'era Kami? Doveva aver interrotto la connessione con Icaro, per forza, altrimenti non si sarebbe trovato lì. Ma allora dov'era lei? Non stavano Viaggiando insieme? Perché diamine era solo, ancora?

Dalla soglia della porta sbucarono due Jhaem, entrambi uomini. Ma tra di loro, tra loro due, stava una creatura più bassa. Era scura, la carnagione nera come il petrolio, una massa scompigliata di capelli verdi le cascava dietro alla schiena, fino a toccare a terra. Cos'era? Un Edhenn?

«Mael Faredon...» La donna Jhaem di fronte ad Argo si coprì la bocca. «Cos'è questo abominio?»

«È un' Edhenn, Holin.» Le parole uscirono dalla bocca di Argo.

«Come? Quelle bestie che abitavano il Sacro Pianeta?»

«Sì, cara, esattamente.»

Lei distolse per un attimo lo sguardo, fulminando lo Jhaem con gli occhi. Poi facendo finta di nulla si rigirò di nuovo verso la bambina. «Ma sono passati ormai quasi un milione di cicli. Com'è possibile?»

«Sì, hai ragione.» A parlare fu uno dei due Jhaem in piedi. Si avvicinò al tavolo, tenendo l'Edhenn per la mano, coperta da un guanto. «Ha viaggiato nel tempo, dice che hanno fiutato la morte dei loro compagni. Ma sono arrivati un po' in ritardo, temo.»

La donna, Holin, si ritrasse, squittendo e allontanando le mani dall'aliena.

«Tranquilla» continuò lo Jhaem, che nel frattempo si era accovacciato per arrivare all'altezza della bambina. «È stata opportunamente disinfettata. Non c'è da temere.»

«Signore, io mi congedo.» Lo Jhaem che era rimasto più indietro si profuse in un inchino.

«Si, vai pure. Ah, silenzio, mi raccomando. Ci penso io a lei.» Accarezzò i lunghi capelli verdi della bambina. Con la mano senza guanto.

Il servitore s'irrigidì. Poi annuì tre o quattro volte e scappò via.

«Mi da pure fastidio questo guanto.» Se lo sfilò e lo gettò indietro. «Questa bambina si chiama Yala.»

Lei allungò la piccola mano nera verso Holin.

«No. No, no, no.» Si alzò in piedi e indietreggiò, quasi inciampando tra le gambe della sedia.

«Tutto bene, Holin?» Lo Jhaem seduto si alzò a sua volta.

«No che non va bene, Tarn.»

Lo Jhaem accovacciato a fianco della bambina sospirò. Poi si alzò e andò a prendere una sedia. La piccola Edhenn rimase da sola in piedi, studiando Holin con i suoi occhi bianchissimi. Lei fece il giro del tavolo, trascinando la sedia, e prese posto di fianco allo Jhaem. La bambina fece vagare lo sguardo pure su Argo. Era lei, per forza. Non l'aveva mai vista di persona, ma coincideva alla perfezione con la descrizione che ne aveva fatto Icaro. Alla fine quella bambina era riuscita a fuggire dai suoi compagni. Come diamine aveva fatto?

Holin pizzicò la gamba di Tarn. Argo non sentì nulla, ma girò lo sguardo verso la donna, che con gli occhi implorava aiuto.

E infatti Tarn parlò. «Signore, ma come fa a toccare la mano di questo alieno?»

Nel frattempo lo Jhaem aveva recuperato la sedia e si era avvicinato al tavolo. Tarn si voltò verso Holin sorridendo, ma lei fu impassibile. Indicò con la testa verso lo Jhaem.

«Senza questo alieno, quell'orda di Edhenn superstiti sbarcati stamane ci avrebbe causato non pochi danni.»

«Si spieghi.» Holin si allungò sul tavolo, appoggiando i gomiti.

«Lei,» e sollevò la bambina, adagiandola sulle sue gambe, «ci ha informato sulla loro scorta di droga. Un insieme di serbatoi e una sorta di motore colmi di qualcosa non proprio estranei a noi.»

«Cosa insinua con queste parole? Noi non produciamo nessuna droga.» Tarn si raddrizzò. Accarezzò la coscia di Holin e la guardò. Un altro sorriso. Ma lei aveva gli occhi puntati sulla bambina e non sembrò accorgersene.

«No, intendevo che quel motore, quei contenitori, assomigliano tanto a qualcosa che i nostri antenati producevano. Non ho idea di come quegli Edhenn ne siano entrati in possesso. Ma è chiaro che grazie all'aiuto di questa bambina li abbiamo privati di qualcosa di davvero importante. Quando abbiamo dato fuoco a quel liquido hanno iniziato a strapparsi tutti i capelli. Hanno incominciato a pugnalarsi tra di loro, a bersi il loro stesso sangue. Orribile. Tutti tranne lei.»

La bambina ricevette un'altra carezza sui capelli, poi sorrise.

«Cosa vuoi da noi, eh?» Holin si protese ancora di più in avanti.

«Sì, eh, cosa vuoi? Ehm, cosa vuole signore?» Tarn cercò ancora il contatto con la donna.

«Ah, nulla di che. In realtà, mi piacerebbe che voi adottaste la piccola Yala.»

«Cosa?» Holin scattò in piedi, facendo traballare il tavolo.

«Sì, cosa eh?»

«Sapete, io purtroppo devo andarmene. Mi hanno trasferito su Khamelis-ß. Corrotto di mente, mi hanno detto ora. Come farà il mio piccolo Sawel, da solo? Dannazione a loro, cambiano sempre idea. Cercherò di tornare, ma lei nel frattempo deve restare qua. Potete capire, corrotta nel corpo.» E le agitò i capelli verdi. Poi le pizzicò la guancia nera.

«Mi rifiuto. Tu, Tarn, vero che ti rifiuti?»

«Certo, cara. Hosann-Dahon ci ha fatto puri, puri resteremo.»

«Non potete rifiutarvi, temo.» Fece scendere la bambina dalle sue gambe e poi si alzò, spolverandosi la giacca. «Voi volete tornare, vero? Ma quel bambino... la pancia cresce vero? Holin, sei davvero brava a nasconderla.»

Lei si accomodò di nuovo. Tarn guardò lo Jhaem, poi guardò la donna. «Ma come...»

Holin fulminò con lo sguardo Tarn. La scintilla fu forte nei suoi occhi. Fu come un vortice, istantaneo, distruttivo. Come gli occhi di Kami...

«Va bene, signore.»

«Trattate bene Yala e mi assicurerò di portarvi una donna che ti farà partorire e nasconderà il bambino una volta nato.»

«Yala, vieni qua.» Holin sollevò lo sguardo. Fece un sorriso stiracchiato. Poi si girò verso Argo. «Tu, Tarn, vammi a prendere quel guanto.»

Kami? Holin non c'era più. Kami improvvisamente fu al suo posto. La bocca spalancata, le lacrime agli occhi. Kami! Sbatté le palpebre, incredulo, quando le riaprì vide tutto scuro.

Riaprì veramente gli occhi. Era sdraiato a terra, nudo. Si guardò attorno, era ancora nella nave Jhaem. Kami non c'era. I vestiti erano stati piegati e appoggiati in un angolo. Argo li prese e si rivestì. Uscì dalla nave e si guardò attorno, desolazione totale, come al solito. Kami non si vedeva nemmeno qui. Ma non poteva essere lontana. Di sicuro non era fuggita. Come avrebbe fatto? E per quale motivo, soprattutto? Ma non poteva essersi nemmeno allontanata di tanto. Non conosceva l'Angelo, si sarebbe sentita del tutto estranea. Quindi Argo camminò per il lungo e largo corridoio, superò diverse porte, ma gli bastò camminare sempre dritto, senza svoltare a destra o a sinistra.

La vide. Era in piedi, statuaria, di fronte ad una vetrata panoramica, persa con lo sguardo verso l'infinito. Argo si avvicinò, ma lei sembrò non accorgersene. Quando le fu a fianco, provò a seguire il suo sguardo cercando di capire che cosa stesse guardando. Il nulla, niente in particolare. Non c'era nulla da osservare là fuori, solamente l'oscurità più profonda.

Kami gli prese la mano, senza distogliere lo sguardo dalla finestra. La strinse forte, quasi gliela stritolò.

«Spegni la luce, Argo.»

Il corridoio era illuminato da una serie di neon. La loro luce rimbalzava sul vetro delle finestre, creando fastidiosi riflessi che nascondevano ciò che c'era fuori. Ma tanto non c'era nulla da guardare...

Argo studiò le pareti attorno a sé. Trovò l'interruttore della luce, alle sue spalle. Si allontanò da Kami, ma lei non mollò la presa. Argo strattonò la sua mano e infine riuscì a liberarsi. Kami restava ferma, dandogli le spalle.

Le luci si spensero.

Oscurità.

Pace.

Argo si affiancò di nuovo alla Jhaem. Lei gli riprese la mano. Strinse, ancora. La sua pelle era umida, sudata. «Il nostro Dio è morto» sussurrò lei.

Ora, si scorgeva qualcosa di quello che c'era fuori. Pugni di stelle luccicanti, che punteggiavano il nero dell'Universo.

«Guarda là.» Kami sollevò la mano di Argo e la protese in avanti, indicando qualcosa. «Lo vedi quell'ammasso di stelle? È la galassia da cui sono partita, sì è proprio lei. Un paio di stelle verdi in alto, tre in basso, azzurre come il mare. Di lato una rossa e due bianche, le più luminose. Al centro, quella viola.»

«Le vedo tutte. Tranne quella viola.»

Kami si voltò, infine. «Era la stella che ospitava il nostro Sacro Pianeta. Non c'è più. Temo anche Hosann-Dahon.» Silenzio. «Cosa facciamo ora? Continuiamo il viaggio? Torniamo sul tuo, di pianeta?»

«No, Kami. Dobbiamo andare avanti, credo. Dobbiamo raggiungere la fine dell'Universo.»

«Cosa c'è alla fine dell'Universo?» Strinse la presa.

«C'è Dio. C'è la salvezza, chiamala come vuoi.»

«Tu sei stato la mia salvezza. Argo, tu mi hai salvato.»

«No, ti sbagli. Perdonami, anzi. Non è stato per niente sacro.»

Lei piegò il collo. Studiò Argo, e poi socchiuse gli occhi. Poi una luce sembrò riempirli. Li aprì, lentamente.

Si avvicinò a lui. Lo baciò.

Si trovavano in un prato verde, ora.

«Dove siamo, Kami?» chiese Argo.

«Non so. Ma non importa.»

Lei si accostò a lui. Lo cinse da dietro. Lo strinse forte. Argo sentì il profumo dei suoi capelli. Poi lei lo cercò con la bocca. Gli sfiorò il collo, ma non ci fu nessun brivido. Si baciarono, ancora. Niente Viaggio stavolta, ma nemmeno una sensazione. Argo pensò di avere la lingua intorpidita, pensò di non averla nemmeno.

Un formicolio gli attraversò il labbro. Fu istantaneo, partì dall'estremità, percorrendolo tutto. Un altro, sulla lingua. Ancora, un altro. Sentì la lingua pizzicargli, come punta da tanti aghi, come quando ti rialzi in piedi, dopo esserti addormentato sul tuo stesso piede. I formicolii si susseguirono uno dopo l'altro. Si fusero tra di loro, da quanti ce n'erano. E poi sembrarono scomparire. Ma in realtà c'erano ancora, solo che erano diventati una cosa sola, adesso, e restavano. Argo, sentì la lingua di Kami, sentì le sue labbra.

Quello era un vero bacio, finalmente.

Argo si staccò. Osservò Kami. Ansimava, era paonazza in viso.

«Ce l'hai fatta...» Argo non ci credeva. «Ti sento. Ti tocco

«Shhh. Vieni, non farlo andare via.»

Si riunirono. Argo le affondò la mano nei capelli. Li accarezzò, lisci, morbidi. Pure l'altra mano. Affondò le dita nella sua carne, avvertì le sue unghie rigargli la schiena. Altre dita gli sfiorarono il collo. Brividi freddi. La schiena di Argo s'inarco. Anche lui le sfiorò la nuca, scese sempre di più, seguendo la spina dorsale.

Iniziò a sfumare tutto. Kami sembrò essere risucchiata all'indietro. Argo la prese per la mano, la tenne forte. Ma una forza potentissima li stava dividendo. Le dita si staccarono, una dopo l'altra. La sensazione del tatto non c'era più. Era scomparsa. Pure Kami era scomparsa.

Erano di nuovo in piedi, nell'Angelo. Uno di fronte all'altro.

«Sono stanca.»

«Proviamoci ancora, ti prego.»

«Mi fa male la testa. No, Argo, devo dormire...»

Ebbe un mancamento. Argo la sorresse prima che potesse cadere a terra. Poi se la caricò sulle spalle. Non era per niente pesante, fu facile trasportarla.

Argo arrivò di nuovo alla nave Jhaem. Le celle erano ancora lì, aperte. Il corpo di Icaro, ancora lì. Adagiò Kami in una delle due celle. Chiuse il portellone. Attivò il meccanismo di ibernazione. Osservò un ultimo momento il suo viso. Non era l'ultima volta. Se non si sarebbe svegliato, non si sarebbe nemmeno accorto di averla persa. Chissà. Se si fossero risvegliati, l'avrebbe di certo rivista.

Con questa ultima consolazione, Argo attivò il conto alla rovescia nell'altra cella. Un minuto. Si distese. Si chiuse il portellone sopra di sé. Tutti i suoni furono ovattati. Un gas si diffuse all'interno. Si formò una nebbiolina chiara, tutto si offuscò. L'acqua incominciò a lambire i piedi di Argo.

Si addormentò subito. Con un unico pensiero.

Chissà quando e se si sarebbe mai risvegliato.

#

pubblicato venerdì 26/02/2016

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro