Capitolo 23 ~ Per niente sacro
Kami era distesa sopra Icaro da almeno una decina di minuti. Argo se ne stava lì a guardare, paralizzato, stordito. La Jhaem aveva avuto qualche spasmo, aveva sputato parte del suo banchetto e aveva tossito. Forse era morta, ormai, ma Argo era rimasto comunque immobile. Le sue mani erano aggrappate alla cella criogenica, le dita bianche per la tenacia della presa.
Il corpo di Kami ebbe un sussulto. Fu una scossa violenta, come se le fosse esploso il cuore. Scivolò sul pavimento, imbrattandosi del sangue di Icaro. Argo poté vedere la sua faccia, contratta, la bocca e gli occhi spalancati. Le sue labbra furono percorse da un tremito, vibrarono per un decimo di secondo. I suoi occhi si chiusero, poi si riaprirono. La sua bocca si mosse e sembrò articolare una parola. Di nuovo, si scostò, sussurrò qualcosa. Ancora. Più forte. Ora stava davvero parlando. Via? Stava dicendo via? O era qualche sconosciuta parola della lingua Jhaem? Il tono fu sempre più deciso. Via! Sì, stava dicendo via. Ora, in realtà, lo stava urlando.
«Via. VIA!»
«Kami, Kami...» Argo decise finalmente di muoversi dal suo posto. «Kami, cosa c'è? Via?»
Lei continuava ad urlare. Il suo busto ruotò su se stesso, sembrava nel bel mezzo di un sogno. Molto probabilmente stava sognando. Anzi, stava Viaggiando. Argo ne era quasi sicuro.
«Via, bambina! Via, levati!» Kami mosse anche le braccia, cercò di spingere qualcosa, anzi qualcuno. Le sue dita afferravano l'aria sopra di lei.
Argo le fu sopra. Le bloccò le braccia, mentre lei continuava a biascicare le stesse parole. «Via, levati. Bambina, togliti!»
«Kami, svegliati.» Argo le pizzicò la guancia. Nulla. «Basta Viaggiare, ora svegliati.»
Cercò di sollevarla, ma le scivolò dalla presa, si divincolava con furore. Le sue parole furono sempre più ansimanti, presto ebbe il fiatone. Era stanca. «Via... Bambin... v...»
«Shh, Kami. Silenzio. Non parlare più.» Argo la cinse da sotto la vita e la trascinò lontano dalla pozza di sangue, disegnando per terra una scura striscia. I suoi spasmi furono più deboli, ogni tanto agitava la testa, Argo temeva che le si potesse spezzare il collo.
«Bam... le...» Sembrava ubriaca, ormai.
Poi si zittì. La testa le cascò sul petto. Argo l'aveva appoggiata con la schiena contro alla parete. Il capo pendeva in avanti, i capelli le oscuravano il viso. Scivolò all'indietro. Argo la sistemò di nuovo, le drizzò le spalle e le scostò i capelli dal viso, raccogliendoli in un'unica ciocca dietro la schiena. Poi si mise comodo davanti a lei, le gambe incrociate, le braccia distese all'indietro. Sospirò e la fissò mentre dormiva, immersa nel suo Viaggio.
Avrebbe voluto Viaggiare con lei... In quel momento...
Argo si scosse. Era disteso per terra, sudato, i capelli unti e la fronte imperlata di goccioline. Non era dentro quella stanza, con accanto Kami, la sua testa appoggiata sulla sua spalla e i tonfi che provenivano dalla porta? No. Kami era seduta di fronte a lui, e lui era sdraiato per terra. Regnava un silenzio assoluto. Quello era stato un sogno. Argo si sentì lo stomaco vuoto, come un burrone profondissimo. La gola era secca, dura. Provò a rimettersi in piedi, ma la sua pancia era così vuota che gli fece male, sentì i deboli addominali stirarsi, quasi spezzarsi. Ricadde a terra. Si afferò forte lo stomaco. Quanto aveva dormito? Due ore? Cinque ore? Dieci?
Gli girava pure la testa. Ebbe la sensazione di aver perso un anno di vita, ebbe la sensazione che accanto a lui fossero successe miliardi di cose. Ma in realtà tutto era come prima, esattamente come prima. Pure gli stessi granelli di polvere sembravano al loro posto. E Kami ancora dormiva, ancora Viaggiava. La connessione con Icaro doveva essere stata davvero potente per indurre un Viaggio così duraturo. Pensò a come succedeva di solito. Ogni volta che la sua lingua aveva sfiorato quella di Kami, tutto era sfumato. Non faceva nemmeno in tempo a sentire la consistenza della carne, che il Viaggio iniziava.
Ripensò alle parole di Sawel, nella storia di Diana. Il vecchio aveva spiegato che la lingua era una zona del corpo particolarmente innervata. Così si stabiliva il contatto, era il modo più semplice. Così era accaduto tra il vecchio e Diana e tra Argo e Kami. Ma lei aveva masticato brandelli di materia grigia, aveva masticato il cervello di Icaro. Argo non riuscì a pensare ad una connessione più potente, ma al contempo ebbe qualche conato di vomito.
Da quanto tempo Kami se ne stava lì, appoggiata alla parete? Le sue labbra erano serrate, gli occhi chiusi a forza. Argo provò a scuoterle le spalle.
«Kami, svegliati. Ora basta Viaggiare. Devi svegliarti, devi svegliarti!» Ma non c'era nulla da fare.
Argo tirò un pugno al pavimento di metallo. Il suo stomaco brontolò, un brontolio infinito. Sentì le budella torcersi dentro di sé. Stette immobile, e pensò di aspettare ancora. La connessione doveva essere davvero potente. Neuroni a contatto con nervi. Argo pensò che era normale che il Viaggio fosse così intenso. Cercò di rassegnarsi, di convincersi che doveva aspettare.
Si alzò in piedi, camminò per la nave Jhaem, grattandosi i capelli. Decise anche di uscire fuori, di ritornare nell'Angelo. Tutto era come prima. Tutto era uguale, così fermo, così immobile, così morto.
Argo urlò. E le pareti dell'Angelo risucchiarono immediatamente la sua voce.
Non poteva davvero aspettare. Aveva fame, sete. Gli tornò in mente il braccio congelato e la faccia di Icaro, che rideva, mentre masticava. Ricordò anche la consistenza di quella carne sotto i suoi denti. No. Argo non poteva aspettare. Doveva svegliare Kami, doveva baciarla, voleva scacciare tutti quei pensieri. Doveva evadere, doveva fuggire quella nullità attorno a sé. Rientrò nella nave.
Kami era caduta in avanti, la sua fronte era appoggiata sul pavimento. Le sue unghie grattavano l'acciaio.
«Kami!» Si sta svegliando? Argo si precipitò verso di lei. La sorresse per le spalle, era pesante, completamente abbandonata a sé. La rimise dritta. Aveva gli occhi spalancati.
Argo balzò all'indietro per lo spavento, mollando la presa. Rovinò con un tonfo a terra, accartocciandosi su se stessa. Argo sentì il cuore fare un salto, ora martellava furioso. Quegli occhi. Quegli occhi che prima lo avevano ammaliato, attirato come una calamita, ora furono come due folgori accecanti e penetranti.
«Bambina, ti devi levare.» Kami parlò di nuovo. Non urlò, non biascicò, la sua voce era composta, equilibrata. Gli occhi ancora spalancati. Paurosi.
«Mi hai fatto male prima.» La voce si fece più delicata. «Mi avevi promesso che mi avresti portato con te. Perché mi hai fatto del male?»
«Non lo so, bambina.» La voce tornò dura e fredda. L'espressione di Kami rimase la stessa. «So solo che ti devi spostare. Mi gira la testa, ti devi levare di torno.»
Kami si scosse, le sue dita afferrarono qualcosa d'invisibile. «Terrestre, portami con te. Ti prego. Se ne stanno andando tutti, vedi? Sono fuggiti, sulla nostra nave. L'odore è troppo forte. Ora lo sento bene anche io.»
«Bambina, non mi toccare. Se non ti sposti ti cadrò addosso.» Kami oscillò di lato, strisciando con la schiena sulla parete. Argo la sostenne. Non la rimise a posto, ma la prese per le braccia e l'appoggiò sul suo grembo, il suo sguardo attonito fisso verso il soffitto.
«Ti senti male, Terrestre. Fatti aiutare, indicami la strada per la sala dei comandi. Ti aiuterò a reimpostare la destinazione. Terra, giusto?»
«Piccola Edhenn, non mi aiuterai. Vai con i tuoi amici. Lo sento anche io questo odore. Avrei voglia di andare con loro, ma ho visto qualcosa. Eppure il richiamo dell'odore è potente. Faresti meglio a seguirlo.»
Kami fu percorsa da una scossa, le sue dita si contrassero e vibrarono per un attimo.
«Terrestre, rialzati. Dobbiamo andare. L'odore è potente, sì, ma non mi interessa. Davvero, credimi. Io voglio andare sulla Terra, voglio venire con te.»
«No.»
Kami alzò una mano, agitandola sopra di sé. Per poco non frustò la guancia di Argo.
«Ahi! Terrestre, dimmi cos'hai? Perché mi fai del male?»
«Ho detto che devi andartene. Devi lasciarmi in pace. Le tua voce mi da fastidio. Sei irritante.»
«Starò zitta, non parlerò più, lo giuro. Ma portami con te, ti prego. Sarà come se non esistessi. Arrivati sulla Terra scomparirò, non mi vedrai più.»
«Non importa quello che dici. Sulla Terra non ci andrò.»
«Cosa dici? E dove andrai?»
Ci fu silenzio. Argo attese le prossime parole. Cercò di non guardare gli occhi di Kami.
«Terrestre, parla! Dimmi, perché non andrai sulla Terra? Hai fatto tutto questo per cosa?»
«Ho visto qualcosa, nel frattempo. Non posso più tornare. Non tornerai nemmeno tu.»
«Cos'hai visto? Cosa?»
«Non ho visto nulla, in realtà.»
«Terrestre, tu sei fuori di testa. La droga è potente. Non sai quello che dici. Quanta te ne hanno data?»
«Abbastanza per farmi capire la verità.»
«Non esiste nessuna verità. Quella robaccia ti fa solo male. Non è nulla di reale ciò che ti fa vedere.»
«Ti sbagli, ragazzina. Io ora vedo questa luce, è forte, accecante, mi fanno male gli occhi.»
«È finta, è finta... perché non capisci? Riposati, fermati. Appena ti sarai ripreso andremo dove mi hai promesso che saremmo andati.»
«Quando ti ho fatto la promessa non avevo questa luce davanti. Senza la luce, cosa potevo saperne?»
«Ah, ormai sei perso. Fermati, adesso! Non vedi, non riesci a stare nemmeno in piedi. Terrestre, fermati e riposati...»
«Basta. Ho detto che devi lasciarmi.»
«Mi fai paura, più paura di prima.»
Kami aveva il fiatone. Le sue pupille furono ancora più strette. Alcune lacrime le rigarono le guance. Argo le sfiorò la pelle, le asciugò.
«Non toccarmi, Edhenn schifosa.»
«Siediti, fermati. Perché stai entrando in quella bara?»
«Non è una bara, idiota. È la porta per arrivare a Dio.»
«Ma dove stai andando? Terrestre, la Terra, la Terra...»
«La Terra è distrutta. È distrutta, cazzo. La nostra unica salvezza è Dio. La luce è forte, calda...»
«No, non chiuderti, no...»
«Via!»
«No, ti prego. Non mi lasciare da sola. Se ne stanno andando tutti.»
«Via...»
«Non farlo, ti scongiuro... Terrestre, Icaro, ti prego. No.»
Kami serrò i denti. Argo temette che si fossero frantumati. Li digrignò ancora di più, serrò le palpebre, le lacrime scesero a rigagnoli. Singhiozzò, scosse la testa.
«Terrestre, ho paura. Sono sola... No. No.»
La Jhaem scosse la testa, i capelli le finirono sul volto.
«Terrestre! Ahhhhhh!»
Agitò le mani. Quella destra si liberò della presa di Argo. Poi si coprì il volto e pianse, pianse come una bambina. Sembrava sveglia, ormai.
«Kami!» Argo le afferrò le spalle. «Sei sveglia? Ci sei?»
Lei continuò a piangere. Mosse le gambe, tirò un calcio ad Argo. Si dimenò, i suoi gomiti si sollevarono, poi fu sulle ginocchia. Con le gambe tremanti si rimise in piedi. Fece un passo, da un momento all'altro sarebbe rovinata a terra. Allungò le braccia davanti a sé e toccò le pareti.
«Kami, guardami. Erano solo i pensieri di Icaro. Nulla di che.»
Gli dava ancora le spalle. Rimase così, in piedi, a riprendere fiato.
Crollò a terra.
«NO!»
Argo si lanciò su di lei. La girò verso l'alto. Cazzo! Quanto era potente? Che quella droga le sia finita al cervello?
Le palpebre sussultavano. Argo percepiva gli occhi agitarsi sotto il sottile strato di pelle, come due biglie impazzite. Stava ancora Viaggiando. Argo aveva paura. Aveva paura che quel Viaggio non potesse finire più. Aveva paura che quel Viaggio durasse fino a quando il suo cuore, sfinito, non si fosse fermato. Argo aveva paura di rimanere di nuovo solo, non poteva permetterlo.
Le prese la faccia con le sue mani. Il suo volto era proprio sotto di lui, i suoi occhi chiusi che puntavano verso l'alto. Provò ad interrompere il Viaggio con un altro Viaggio.
Posò le sue labbra sulle sue. Le morse con delicatezza, allungò la lingua, sentì la sua. Ma non succedeva nulla. Finalmente un bacio normale. Ma ora non era quello che gli serviva. Chiuse ancora di più gli occhi, li serrò, come se potesse rendere più intenso l'atto. Ma la lingua di Kami era ferma, molle e... indifferente. Argo si distaccò. Prese fiato.
Si piantò le dita sulle tempie. Contatto nervoso, contatto nervoso...
Sì. Era l'unico modo. La osservò dall'alto.
«Mi dispiace. Davvero. Non è per niente sacro.»
Le tastò la tuta sul petto, le mani tremanti in preda agli spasmi, fino a quando non trovò la cerniera. Poi l'aprì. E scese fino in fondo. Fino in fondo.
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pubblicato venerdì 26/02/2016
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