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Capitolo 18 ~ Buco nero



Argo tremava. Davanti a lui c'era un lungo corridoio, spoglio, buio. E in fondo ad esso uno squarcio, ancora più scuro, nero, vorticante. Un vero e proprio buco nero. Si aggrappò a terra, temendo che quel burrone potesse risucchiarlo. Ora di più, ora che non c'era quella nave a frapporsi tra lui e il nulla. Quella nave che aveva rappresentato la sua salvezza non c'era più, fuggita nell'Universo profondo e vuoto.

Argo ruotò di due giri completi la manopola sulla sua tuta. Fu schiacciato a terra, il suo casco colpì malamente il duro pavimento. La gravità doveva essere almeno quattro volte più forte del normale, ma così era molto più rassicurante. Quella forza opprimente era per Argo un'amica, qualcuno da abbracciare. Non si sarebbe mai mosso da lì, avrebbe per sempre ammirato il vasto spazio, avrebbe rivisto il fantasma di Icaro venire risucchiato e scappare milioni di volte. Non avrebbe avuto nulla da temere, era per terra, fermo e al sicuro.

Eppure era solo, così solo da percepire un ulteriore peso sul cuore, molto più insopportabile della forza di gravità. Quello di sicuro non era rassicurante, doleva e continuava a scavargli nella carne. Avrebbe potuto attendere Dio? O la morte. Erano la stessa cosa, forse? Una luce avrebbe fatto capolino dallo squarcio e lo avrebbe portato in salvo. No... non sarebbe successo mai. Quel buio, così nero, non la lasciava avvicinare, la luce. Anzi, sì. La inghiottiva, la digeriva, la mutava in tenebra. Non c'era scampo nemmeno per lei, come nei buchi neri...

Stanco di quel dolore, Argo decise di rischiare. Avrebbe rinunciato alla sicurezza della forza di gravità, per andare in cerca di compagnia. Ruotò ancora la manopola, ma nel verso opposto, e d'un tratto si sentì leggero ed ebbe la sensazione di volare. Si aggrappò alla parete, anche se in realtà lo squarcio non lo stava risucchiando. Gattonò verso la porta, afferrando con le dita guantate il metallo delle pareti. Quando riuscì a varcare la soglia balzò in avanti e testò il suo equilibrio. Dopodiché serrò la porta alle sue spalle e cercò il comando per ripristinare l'ossigeno nella stanza. Quando la visiera si appannò e non vide più niente, fu sicuro di sfilarsi il casco e lo gettò a terra. Respirò. Poi scappò.

Chi stava cercando? Non c'era più nessuno su quella nave, l'ultimo compagno se ne era andato e Argo non aveva voluto seguirlo. Sarebbe potuto ritornare sulla Terra, anche se sapeva che sarebbe stato un viaggio inutile, era passato fin troppo tempo ormai. Quello era il Futuro Remoto. Eppure avrebbe potuto trascorrere gli ultimi attimi della sua vita in compagnia di qualcuno. Lì rimaneva soltanto lui, e basta. E la storia di Diana. La verità era che Argo preferiva mille volte di più la compagnia di Diana a quella di Icaro, per quanto fosse inconsistente. Gli mancava la sua voce, voleva immedesimarsi in lei un'ultima volta.

Arrivò finalmente nella sala delle scritte. Mancava davvero poco alla fine, lo vedeva. Appena due metri quadrati di lettere, parole quasi intrecciate tra loro. Argo sperò che potessero non finire mai, perché dopo, non avrebbe avuto altro da fare, se non morire.

Ricominciò da dove aveva finito. L'ultimo capitolo della storia di Diana, della sua vita, e forse di quella di Argo.

pubblicato lunedì 15/02/2016

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