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3.


Un antico detto, in Giappone,  racconta che ognuno di noi è legato alla propria anima gemella per mezzo di un filo di seta rosso e che, grazie a questo filo, riusciremo sempre a trovare la nostra metà. Non importa cosa potrebbe accadere.

Future's Drop.

L'acqua ripercorreva il corpo nudo del ragazzo, giungendo in ogni angolo; rendeva lucidi i muscoli guizzanti, gli bagnava i capelli lunghi e, invano, tentava di sciogliere quell'oceano di rabbia ed ansia che si spandeva in lui.

Già, perché a nulla era servito buttarsi sotto il getto di acqua gelida della doccia, imprecando con costanza contro lo stregone dai capelli mori,  nonché fidanzato del suo parabatai. Per quanto ci avesse sperato, la verità era che l'agitazione riempiva l'animo di Jace in modo accecante, rendendogli impossibili persino i più ovvi dei ragionamenti. Tutto  ciò a cui davvero riusciva a pensare era Clary, ed al fatto che la telefonata con Magnus si fosse interrotta in modo decisamente troppo brusco. Ricordava ancora come uno sparo alla tempia il rumore sordo che aveva sentito attraverso il ricevitore del cellulare. Quello che aveva segnato la fine della chiamata tra i due, e che non era assolutamente normale.

Ma lo Shadowhunter,  ormai divenuto veterano visore di cofusi avvenimenti, si era detto che andava tutto bene, che probabilmente Clarissa si era fermata in un bagno, od in una caffetteria e che, forse, molto presto avrebbe varcato le soglie dell'Istituto. Eppure non ci credeva. Non credeva neppure ad una sola delle innumerevoli possibilità che avrebbero potuto intrattenere la fidanzata dal raggiungerlo, e Jace non era certo di dovere ritenere quella sua apprensione semplice arroganza, o giustificato timore.

Quasi ringhiando, battè con forza un pugno contro la parete in mattonelle lucide della doccia. Un tonfo sordo di fece largo tutto intorno a lui, ma presto il ticchettio perenne dell'acqua divenne nuovamente il solo suono a circondarlo. Sentiva le gocce percorrergli il viso, sino alle labbra scure, e poi insinuarglisi in bocca. Erano calde e non facevano che rendergli più arduo respirare. Sì, perché gli sembrava di essere sul punto di soffocare. Si sentiva attratto verso qualcosa di irraggiungibile, ed avvertiva quell'immensa distanza come un ostacolo al suo stesso vivere. Gli sembrava, improvvisamente, di avere un peso sul petto. Qualcosa di opprimente e sul punto di ucciderlo. Così,  gemendo per il dolore, si lasciò scivolare contro la parete della doccia, sino al pavimento freddo.

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Fermi di fronte l'immensa porta dell'Istituto, Clary e  Magnus attendevano pazientemente che qualcuno accorresse per permettere loro di entrare. La ragazza, ancora con indosso lo splendido abito verde bottiglia, aveva acconciato i capelli -su consiglio dello stregone- in uno chignon semplice, che si era poi presa la briga di nascondere per mezzo di un ampio cappello adornato da piccoli fiori. Le mani invece, con il fine di nascondere al meglio le rune, erano state avvolte in un paio di elegantissimi guanti in pelle bianca, molto soffici. Prima di allora, Clary non aveva mai utilizzato seriamente accessori del genere -guanti o cappelli-, ed era stata restia nel farlo anche pochi minuti prima, a casa di Magnus. Eppure, con molto poco, l'uomo l'aveva convinta. Le aveva parlato dello sfacciato modo che alcune donne avevano di mostrare la nuca -un chiaro invito per uomini arditi, a sua detta-, ed aveva a seguito asserito che era proprio per evitare una simile figura che si indossava il cappello. Clarissa aveva allora domandato perchè mai non si potessero semplicemente lasciare i capelli sciolti sulle spalle. L'uomo, in tutta risposta, aveva grugnito. Evidentemente non era qualcosa di elegante o femminile.

In conclusione, dopo un breve tratto in carrozza, erano giunti lì, di fronte l'immenso palazzo che doveva essere l'Istituto per cacciatori londinese. Clary respirò profondamente e, dopo averla mirata qualche istante, si lisciò la gonna. Magnus, con un vistoso cilindro sulla testa, si limitava ad attendere pazientemente, la schiena dritta e le mani intente ad avvolgere la cima di un lucido bastone da passeggio.

-Ricordate, Clarissa, che non potrete utilizzare il vostro cognome.- parlò improvvisamente il moro, continuando a guardare imperterrito di fronte a sé, ma rivolgendosi alla ragazza. Quest'ultima sussultò, per poi voltarsi verso l'uomo, la fronte corrugata.

-Fairchild?-

-E neppure Morgenstern.- asserì il ragazzo, ostentando un tono di voce severo. Passò qualche istante dominato dal silenzio. Infine, quando entrambi udirono un suono oltre la porta, Magnus guardò Clary -Sono famiglie di cacciatori già esistenti, ed una Fairchild vive qui dentro. Nessuno deve sapere chi sei, o farebbero domande.-

Gli occhi della rossa si sgranarono per la curiosità quando sentì che un'antica Fairchild si trovava proprio a pochi metri da lei e, se solo in quell'istante la porta non si fosse spalancata, avrebbe certamente preso a fare nuove domande all'uomo. Purtroppo, però, sulla soglia dell'Istituto vi era ora una giovane ragazza, a prima vista molto carina, con indosso una cuffietta bianca. Dedusse che fosse una cameriera, e per poco non arretrò colpita quando vide la lunga cicatrice rosea deturparle parte del visetto giovane. Cosa poteva esserle accaduto?, si domandò Clary, mentre la ragazza faceva un veloce segno di saluto a Magnus, per poi sparire nuovamente all'interno.

Nuovamente soli, la rossa si voltò verso lo stregone. Stava sorridendo leggermente, e restava in attesa. Lo vide sistemarsi meglio il cappello sulla testa e, nello stesso istante, udì un suono provenire dalle scalinate dell'Istituto. La ragazza si voltò, incontrando la figura minuta di una donna dai capelli bruni. Camminava svelta, con un'espressione determinata, verso di loro. La notò osservarla confusa, e poi prestare subito dopo attenzione a Magnus.

-Magnus, che ci fai qui?- gli domandò con una certa ansia nel tono di voce, come in attesa di pessime notizie. Lo stregone allargò il proprio sorriso e, dopo avere fatto ticchettare la punta del proprio bastone contro il viale in sassi, prese parola.

-Non sono qui a fare l'uccellaccio del malaugurio,  signora Branwell. Mi offendete.- fece sarcastico, facendo una veloce riverenza alla donna in segno di saluto e rispetto. Quest'ultima tirò un evidente sospiro di sollievo, per poi sorridere incerta.

-Perdonami, ma di questi tempi è davvero difficile pensare a qualcosa di positivo; Tra Mortmain che vuole distruggerci e la povera Tessa, io- Ma Magnus, posando con tranquillità una mano sulla spalla della donna, la interruppe -Oh, ma io penso che riguardo Tessa si debba solo che festeggiare, no? Un matrimonio è sempre una notizia meravigliosa.-

Era ovvio, constatò Clarissa, che ciò che Magnus stava dicendo, lo diceva solo ed unicamente per fare sorridere quella donna. E, per qualche ragione, la giovane fu anche certa che le parole che il moro stava dicendo, così come tutta la felicità estatica che vi stava infilando, non fossero altro che menzogne. A lui, l'idea di quel decantato matrimonio, non piaceva.

-Probabilmente hai ragione. Ma chi te lo ha detto?-

-Parli del matrimonio?- domandò lo stregone.

E Clarissa notò un'altra cosa; il fatto che Magnus parlasse in modo assolutamente confidenziale con quella donna. Quella Shadowhunter. Sì, poteva vedere una runa spuntate oltre le maniche dell'abito che indossava.

-Me lo ha riferito William.- si limitò a dire l'uomo, ostentando un falso sorriso. La cacciatrice di fronte a lui annuì comprensiva e, finiti i convenevoli, Bane indicò Clary. Nel farlo sorrise e la rossa fu certa di dovere fare qualcosa di educato e formale, perciò ostentò un profondo inchino. Probabilmente troppo profondo, visto che Magnus non si trattenne dallo sghignazzare.

-Lei, Charlotte, è Clarissa.- la donna la osservò con attenzione e curiosità, in attesa che il ragazzo continuasse -è una cacciatrice, e l'ho trovata priva di sensi poco fuori dalla città.-

Quella donna, notò Clary,  sussultò sorpresa. Lanciò poi una veloce occhiata a Magnus, che si affrettò a riprendere a narrare.

-Mi ha detto che il suo Istituto, in America, è stato attaccato. Si stava dirigendo qui per domandare protezione, ma un demone l'ha attaccata non appena è scesa dalla propria carrozza.- la rossa, silenziosamente, ascoltava il racconto dello stregone e, si ritrovò a domandarsi, quando mai avesse avuto il tempo di inventarlo. Se tra il cambio d'abito o la lettura delle foglie di tè. Si ritrovò a sorridere, poi, nel notare il viso attento della donna, Charlotte, che ascoltava il ragazzo con completa attenzione.

-Ha combattuto e lo ha sconfitto, ma nella battaglia ha perso molte energie ed alla fine ha avuto un mancamento. Ero di ritorno da una gita in campagna con Woosley,  quando l'ho vista e l'ho curata. Nonché vestita.- concluse l'uomo, guardando con orgoglio la giovane dai capelli rossi, fiero di averla trasformata da scialba abitante del ventunesimo secolo,  ad elegante dama dell'Ottocento. Clary,  nel vedere che la donna aveva ora preso ad osservarla, si inchinò una seconda volta,  questa volta solo leggermente,  mantenendo le mani strette in grembo e pregando che avesse creduto alla storia di Magnus. Evidentemente, così fu.

Improvvisamente, Clarissa sentì una presa calda attorno all'avambraccio e solo in un secondo istante si rese conto che si trattava di Charlotte che, amorevolmente, la stava esortando a farsi avanti dentro l'Istituto. Nel mentre salutava e ringraziava anche Magnus.

La rossa si sentì travolgere da un'ansia improvvisa. Mentre veniva trascinata dentro,  lanciò una veloce occhiata alle sue spalle. Lo stregone le sorrideva incoraggiante, le labbra gentili che, con un filo di voce -decisamente non udibile- le dicevano di fidarsi. Lesse il labbiale dell'uomo un'altra volta,  e sentì le lacrime premerle con forza oltre le palpebre; cercherò di salvarti.

Era in un mondo che non conosceva, senza Jace, Simon, La mamma o Luke. Si sentiva sola e faticava  a respirare per colpa del corpetto, ma non importava. Sentiva la collana dei Morgenstern contro il petto -Jace-, così come il filo sottile in metallo che aveva al dito -Simon-.

E non importava che quello fosse un altro Magnus. Era certa che ci avrebbe provato comunque, perché quel sorriso, quel viso e quella luce erano sempre e solo di Magnus.

**

Dire che  Charlotte era gentile sarebbe stato certamente un eufemismo;  quella donna non era semplicemente gentile, ma aveva un cuore laccato in puro oro. Questa era la sola cosa che Clary, avvolta in una coperta calda e sistemata di fronte al caminetto, avrebbe potuto dire. E, probabilmente, era ancora troppo poco per descriverla. L'aveva trattata con immensa cura, domandandole di cosa avesse bisogno almeno cinque volte. Le aveva detto che poteva lasciare il cappello dove più la aggradava, e le aveva infine porso una delle più calde coperte che avesse mai avuto l'onore di sentirsi addosso. Le lacrime dovute all'ansia si erano perciò quietate, ed ora la donna le era di fronte, in attesa di risposte.

Indossava un abito scuro, di un blu spento, e le luci provenienti dal camino le creavano in viso ombre assolutamente armoniose, che la rendevano parecchio attraente.

-Clarissa, posso sapere il vostro cognome?- le domandò pacata, sorridendole incoraggiante. La giovane deglutì a vuoto prima di rispondere. Doveva mentire, e doveva farlo bene.

-Blackhat.- disse infine, con un filo di voce. Vide la donna corrugare la fronte confusa, poi tornare tranquilla.

-Non conosco nessun cacciatore con questo cognome. Probabilmente avete un antenato asceso da poco tempo.- si limitò poi a dire. La giovane si affrettò ad annuire, mentre avvicinava le mani ormai non più guantate alle fiamme invitanti e calde. Sentiva il freddo instillarlesi nelle membra, ed era felice di avere a disposizione quel piccolo fuoco.

-E siete americana? Come ha detto Magnus?-

-Esatto. È la mia prima volta in Inghilterra.- disse stavolta, sollevata all'idea di non dovere più mentire. Sorrise alla donna, per poi abbassare lo sguardo in corrispondenza della propria gonna ampia. Anche Charlotte arricciò le proprie labbra in un sorriso caldo.

-Sapete, anche Tessa è americana.- prese una pausa -Uh, Tessa è una ragazza che risiede qui. Anche lei è qui da poco e, anche se non è una cacciatrice, è comunque una di noi.-

Clary tese le orecchie, curiosa. Si sistemò meglio a sedere -Cos'è?-

-Ancora non lo sappiamo. Magnus dice che è una strega, però.-

La giovane annuì. Quel nome le era familiare, Tessa, ma si sentiva decisamente troppo spossata per potere ragionare o riflettere oltre. Incontrollata, infatti, sbadigliò. Charlotte lo notò.

-Dovete essere molto stanca. Vado a chiamare Sophie, la cameriera, e le dirò di accompagnarvi in una stanza.- la donna si alzò e mosse alcuni passi in direzione di una porta non molto distante -Penseremo domani a presentarvi al resto dei ragazzi.-

**

In seguito, Clary scoprì che Sophie era la cameriera che, solo poco prima, aveva aperto la porta a lei e Magnus. Si trattava di una ragazza molto dolce e posata e, senza battere ciglio, la accompagnò sino ad una camera da letto libera. La rossa ne rimase strabiliata; vi era un letto a baldacchino al suo centro,  tutto intarsiato di meravigliosi disegni,  e dei mobili all'apparenza incredibilmente pregiati tutt'attorno. Poi, con immensa gioia, scorse anche un piccolo caminetto. Sorrise nel vederlo e vi si chinò sopra.

-Volete che lo accenda, signorina Blackhat?- Probabilmente Charlotte le aveva riferito il suo falso cognome. Clarissa scosse la testa, imponendosi nuovamente compostezza. Ora aveva i capelli sciolti e spettinati, ma non le importava.

-Allora lasciate che vi aiuti con il vestito.- incalzò la cameriera, muovendo un passo in avanti. La giovano Shadowhunter si guardò intorno imbarazzata.

-Non ho altri vestiti.- spiegò arrossita -Insomma,  forse dovrei dormire così, no?-

La cameriera, evidentemente offesa per una simile domanda, scosse violentemente la testa -No. Vi sono sicuramente vesti da notte lasciate dalla signorina Jessamine... E poi quello è un così bell'abito... Rischiereste di rovinarlo.- raccontò Sophie prima di congedarsi con la promessa che sarebbe tornata a breve. Clary avrebbe voluto dire qualcosa sul fatto che, se nel rovinarsi, l'abito le avrebbe poi fatto meno male, lo avrebbe certamente indossato con più piacere, ma  fu certa che non sarebbe stata una cosa giusta da dire. Una cosa strana. Un po' come la storia della nuca e del cappello che le aveva detto Magnus.

Sophie, comunque, tornò presto, e con in mano una bellissima veste color panna. Clary la indossò entusiasta -felice di potere tornare a respirare-, e nel vedere che la cameriera se ne stava andando,  parlò.

-Buonanotte, Sophie.-

La ragazza parve sorpresa, ma Clary non seppe mai se lo fu perché le aveva rivolto la parola, o perché l'avesse chiamata per nome. Comunque, le rispose.

-Anche a voi, singnorina Blackhat.-

-Spero di non perdermi domattina, con tutti questi corridoi.- scherzò  la ragazza, e fu immensamente felice nel vedere anche la cameriera sorridere.

**

La mattina giunse presto, e Clary passò l'intera notte a dormire profondamente. Il giorno prima, presa come era stata da ciò che era successo, non si era davvero resa conto di quanto fosse stata stanca.

Con le prime luci dell'alba, però,  aveva aperto gli occhi e, se per i primi attimi era stata certa di avere sognato l'intera spiacevole faccenda, nel venire a conoscenza che era invece tutto vero si era a stento trattenuta dal gridare. Aveva respirato profondamente e, ancora con indosso la veste da notte e con i piedi nudi, aveva preso a camminare alla ricerca del salotto.

Aveva percorso a tentoni un numero considerevole di corridoi, le mani avanti e la mente concentrata, ma era infine andata a sbattere contro qualcosa. Contro qualcuno.

Nel sentire un gemito di dolore, Clary arretrò bruscamente ed immaginò di avere colpito il malcapitato allo stomaco -probabilmente per  colpa della piccola statura-. Singhiozzò colpevole e congiunse le proprie piccole mani d'innanzi a lei. Si sentiva incredibilmente a disagio.

-Scusami, non volevo!- esclamò imbarazzata. Pochi istanti dopo vide una luce farsi largo di fronte a lei; era pallida e forte e, da brava Shadowhunter, la riconobbe all'istante. Una stregaluce.

Guardò oltre,  decisa a vedere il viso della persona che aveva appena colpito, e rimase stupida nel constatarne la bellezza assolutamente magnetica; di fronte a lei vi era un ragazzo alto, vestito di una camicia bianca e di un paio di pantaloni neri. Sugli avambracci -le maniche erano state arrotolate- e sul collo erano visibili alcune rune, ed i muscoli guizzavano sottopelle. Clary alzò poi lo sguardo, sul viso perfetto del giovane; aveva dei capelli scuri, color dell'ebano, e due occhi azzurri incredibilmente profondi, limpidi come l'oceano in piena estate.

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