25.
Future's Drop.
Jace era appena sparito oltre lo sportello sinistro della carrozza. Le sue gambe avevano ciondolato un paio di secondi, ed erano poi sparite su, sopra il tettuccio in legno lucido dell'abitacolo. Clarissa aveva temuto che, presto o tardi, lo avrebbe visto cadere a terra, coi vestiti rovinati e sanguinante, abbandonato per quella strada assolutamente sperduta. Eppure non era accaduto. Bloccata insieme a William all'interno, entrambi ancora fermamente concentrati nell'individuare l'origine di quel qualcosa che li stava facendo tremare -quella sola sensazione-, avevano udito chiaramente i passi insicuri del biondo sopra le loro teste. Avevano d'improvviso sentito il mezzo accellerare e, a causa del movimento inaspettato, erano scivolati all'indietro. Il moro le era quasi rovinato addosso, ma si era trattenuto contro le basse pareti della carrozza. La rossa era rimasta sotto di lui, con il fiato corto e la giacca slacciata; il giovane poteva intravederle il petto alzarsi ed abbassarsi concitato, sconvolto. Le labbra erano schiuse ed arrossate, ed i capelli completamente in disordine, con ciocche che le ricadevano ovunque: sul viso, sul collo magro, tra l'incavo dei seni. Lo sguardo di William era incantato da quella maltenuta bellezza. Sentiva la carrozza ciondolare e muoversi per la strada malmessa, ma non gli interessava. Se solo non avesse avvertito quella terribile sensazione sottopelle, si sarebbe unicamente concentrato su Clary in quel momento. Sulla sua bellezza mozzafiato. Però, come detto, quella sensazione c'era, e gli scorreva dentro, veloce. E non accennava ad andarsene.
Si ricompose, il ragazzo, non nascondendo una punta di imbarazzo. Si rimise in piedi, e tese lo sguardo oltre il finestrino. Stavano percorrendo una strada circondata da boschi, poco piacevole e molto, molto strana. In particolare, il cacciatore non riusciva a capire come avessero potuto lasciare Londra in così breve tempo. Eppure, proprio mentre si poneva questa domanda, sentì come una scossa. La carrozza prese a rallentare, seppur non di molto. Sentì il baricentro cambiare e l'intero abitacolo inclinarsi. Lanciò un'ultima occhiata all'esterno; vide che i cavalli non vi erano più. Vide la strada svanire. La carrozza deviava. Vide gli alberi farsi sempre più vicini, minacciosi. Vide rami che somigliavano a braccia ossute e inquietanti di centinaia di streghe. Li avrebbero presi. Li avrebbero legati e bruciati vivi. La sensazione si fece sempre più sincera e vivida. Ormai era una vera minaccia. E sentiva Clary agitarsi, in sottofondo. La immaginava prepararsi allo schianto, sempre determinata e pronta. Lui non lo era. Lui sentiva le gambe tremare, ed immaginava Jace, lassù, molto più preparato di lui. E lo odiava, di nuovo.
Chiuse gli occhi poco prima che si schiantassero. Decise che il suo ultimo pensiero, prima di morire, sarebbe stato Tessa. Perciò chiuse gli occhi, e sognò di baciarla.
-Non posso proprio crederci.- La voce pacata ed accomodante di Woosley, velata di una falsissima sorpresa, costrinse il moro a sollevare le palpebre. E pensare, si disse, che non era passato neppure un istante da che le aveva chiuse. Si guardò attorno e vide che non si trovava in mezzo ad un bosco cupo, con le macerie della carrozza attorno, con gemiti e sangue a fargli da cornice al tutto. Era invece in una stanza ben arredata, con arazzi alle pareti e tappeti morbidi sul pavimento. Nell'aria aleggiava un profumo di agrumi ed uva, e l'atmosfera era follemente tranquilla. Sentiva il crepitio tipico di un caminetto, ed una sensazione di rilassante familiarità lo fece improvvisamente tranquillizzare. In quel preciso istante, William pensò di essere morto. Ne fu totalmente certo per qualche secondo, ancora avvolto dal silenzio, ancora con Scott di fronte, ed ancora immobile ad osservare un arazzo sulla parete di fronte sé, ritraente Raziel con la coppa mortale tra le mani. Era tutto così assurdamente a contrasto con la folle agitazione e paura di poco prima, che stentava davvero a credere di potersi trovare lì. Soprattutto, poi, perché era impossibile che, da una buia ed impervia foresta fuori Londra, fosse giunto di fronte a Woosley senza neppure aprire un portale. Era impossibile che fosse uscito indenne dall'incidente, ma, realizzò dopo poco il moro, era altrettanto stupida l'eventualità che fosse morto. Infondo Scott gli era di fronte, ed era estremamente vivo.
Solo allora il cacciatore si rese conto di una cosa, ancora intontito da una sorta di sonno, come appena svegliatosi -per quanto non ricordasse di avere mai dormito-; sentì di non essere in grado di potere muovere le braccia. Sentì i polsi stretti tra loro, congiunti da una corda spessa e ruvida, che gli infastidiva la pelle. Si trovava seduto su una sedia rovinata, sistemata al centro di quella stanza così ricca, ed era legato. Cercò le proprie armi nella cintura, ma non vi era nulla. Deglutì a vuoto. Mentre la schiena veniva pervasa da brividi infiniti, William immaginò il lupo mannaro sorridere divertito. Divertito dal suo essere spaesato e confuso. Perché il moro non sapeva né dove era, né come diavolo ci fosse arrivato; non ricordava Scott salvarli dall'incidente in carrozza. Non ricordava neppure l'effettivo incidente. Sapeva solo di avere chiuso gli occhi poco prima dell'impatto, e di averli riaperti solo che pochi secondi più tardi, con la voce dell'amante di Magnus a fare da sottofondo. Era tutto strano, tutto confuso, intricato, incomprensibile, incoerente, distante, soffocante, terrificante, viscido...
Il cacciatore cercò di spezzare la fune che lo imprigionava. Cercò di allontanare tra loro i polsi. Sentì i muscoli sfrigolare per lo sforzo, ma non accadde nulla. La corda parve rimanere intatta, senza neppure una fibra sfilacciata. Probabilmente era stregata, o comunque rafforzata da qualche cosa. Grugnì infastidito.
-Ogni tuo tentativo risulterà vano.- prese improvvisamente parola Scott, divertito dai tentativi del moro. Lo vedeva adoperarsi e sudare, ma la situazione non sarebbe cambiata sino a che il lupo mannaro non lo avrebbe voluto. William alzò lo sguardo; la fronte corrugata, e la bocca schiusa ed ansante.
-Che sta succedendo, Scott? La carrozz...- ma l'altro lo interruppe, agitando una mano all'aria con un che di estremamente frivolo. Aveva ancora indosso il completo giallo ed il cilindro ampio, tutto estremamente pulito e privo di pieghe.
-Sì, avete mandato tutto all'aria e, fatevelo dire, siete dei veri imbecilli.- disse Woosley, lasciandosi andare contro una parete, a braccia conserte -Insomma, avreste potuto rimanere lì. Avevo fatto creare una cornice niente affatto male per voi.- la voce era pacata, come stesse parlando di qualcosa di assolutamente normale. Ma William iniziava a capire, e sapeva che, di normale, non vi era nulla.
-Ma avete rovinato tutto. Non avevo previsto una reazione del genere, e siete riusciti a fuggire.- Il lupo sospirò, per poi lanciare un'occhiata al soffitto. Sembrava pensieroso. Il cacciatore decise di intervenire, per quanto si sentisse spossato. Come non dormisse da giorni.
-Vuoi dire che non avevamo mai lasciato casa tua? Che avevi creato un'illusione?-
Scott sorrise, estremamente divertito -Ti correggo; voi non avete lasciato casa mia. Siete ancora tutti qua e, sì, vi avevo ingannati con una piccola illusione.- scrollò le spalle -Siete arrivati ed avete ucciso parte dei miei alleati. Una volta capito che non sarei riuscito a sconfiggervi, ho pensato di ricorrere a qualcosa di meno... letale.- i canini, più lunghi rispetto a quelli umani, spiccavano nella dentatura perfetta dell'uomo. Non erano affilati come quelli dei vampiri, ma erano comunque presenti e, da un momento all'altro, sarebbero potuti diventare molto più minacciosi. Scott tornò a parlare;
-Vi ho offerto un caffè, o almeno voi avete creduto. In realtà era un infuso, contenente ovviamente l'illusione. Siete caduti addormentati in un paio di secondi, e avete iniziato a sognare.- a quel punto, il sorriso divenne un'espressione di furia e fastidio -Ma poi quel biondino ha rovinato tutto. Ha tagliato le redini e modificato la trama, e tutto si è spezzato.- William vide le mano di Woosley mutare. Le vide farsi più adunche ed ossute. Vide i peli crescere in lunghezza e numero, mentre le unghie si allungavano. E temette di morire. Sì, perché disarmato -e legato- contro un lupo mannaro, non ce l'avrebbe fatta. In pochi istanti, Scott gli avrebbe potuto strappare gli occhi e le budella. Ma non lo fece.
L'uomo tornò in sé quasi all'istante, respirando a fondo, sorridendo di nuovo -Ma non importa.- disse -Non importa, perché ci sono altri modi per impedirvi di raggiungere Magnus.- e, una volta detto questo, Scott si voltò, facendo per andarsene. Will, però, non glielo permise.
-Perchè?- domandò gridando, affinché lo potesse sentire chiaramente -Perchè ti prodighi tanto per Magnus?-
Woosley si voltò quasi offeso. Puntò i propri occhi scuri sul ragazzino e ringhiò -Forse non sembrerà, ma io amo Magnus. Forse lui non ama me, ma io sì. E se il suo desiderio è di non incontrarvi, io lo esaudirò.- una pausa nella quale lo sguardo del lupo si puntò in modo estremamente rabbioso in quello dell'altro -A qualunque costo.-
Woosley se ne andò.
E William non trovò altro da dire, perché anche lui poteva capire un amore non ricambiato.
~~~
Per l'ora di pranzo, Simon aveva deciso dove sistemare l'anello. Per quanto scontato, il luogo che aveva scelto non era tra i più frequentati dal gruppo e, infondo, nessuno -a parte Magnus, ovviamente- sapeva che il compito di nascondere il piccolo oggetto fatato era stato affidato a lui. Quindi per quale ragione Tessa avrebbe mai dovuto piombare a casa sua, nella sua camera da letto, per poi spulciare nel suo manuale del Giocatore (N.A. esistono più manuali di D&D. Simon, essendo giocatore, utilizza principalmente questo) versione deluxe in cui, per il bene del gruppo, aveva appena tagliato parte delle pagine interne, così da nasconderci l'anello? Aveva sofferto nel farlo. Cavolo, per Simon, Dungeons and Dragons era come una droga. Nel gioco aveva un'altra vita, una vita in cui era l'eroe più popolare delle Morninglands (N.A. una delle ambientazioni del gioco) ed in cui aveva tutti i poteri di repertorio. Una vita da stregone mezzelfo di tutto rispetto. Insomma, in quella fetta di esistenza aveva avuto l'abitudine di rifugiarvisi ogni volta che fosse stato necessario. Ogni volta che vivere gli era parso troppo.
Ora, però, parlava al passato. Ora che la sua vita aveva assunto con sempre più nitidezza le pieghe di un gioco di ruolo in cui, se muori, non puoi crearti un nuovo PG (N.A. personaggio giocante), Simon aveva smesso di giocare. Aveva iniziato a vivere. Aveva conosciuto Isabelle. Aveva sacrificato tutto se stesso e gli altri glielo avevano restituito. Ora la gilda di cui faceva parte esisteva davvero e, tra tutti, lui era solo un uomo. Anzi, un ragazzino. Eppure lo stregone più potente di New York si era affidato a lui. Quindi ne era valsa la pena; non importava che avesse tagliato l'interno del manuale di D&D, se lo aveva fatto per coloro che gli avevano regalato una vita. Sorrise leggermente, chiudendo il grosso tomo dalla copertina rigida in finto cuoio, ed afferrò poi il cellulare. Compose velocemente il numero di Magnus mentre, tenendo l'apparecchio tra l'orecchio destro e la spalla, nascondeva il libro nell'armadio, sotto i maglioni che tanto detestava. Sentì, dopo qualche secondo, la voce dello stregone. Stava sussurrando, ed il riccio capì all'istante che Tessa doveva essere nelle vicinanze.
-Scusa il disturbo, Magnus. Volevo farti sapere che ho nascosto l'anello.-
Oltre il telefono, andò con il protrarsi un silenzio particolare, di qualcuno che stava soppesando una determinata informazione. Poi un sospiro -Bene. Hai parlato con Clary?-
Simon scosse la testa, facendo ondeggiare attorno a sé i capelli voluminosi. Erano tanti e morbidi. Solo dopo un paio di secondi si ricordò che lo stregone non poteva affatto vederlo -N-no.- disse incerto -Non ha risposto. Forse sta ancora dormendo...-
-Ne dubito.- sussurrò però il moro, sempre attento al tono di voce. Lewis immaginò Tessa a pochi metri dall'uomo, curiosa di sapere ogni succoso dettaglio. Schioccò la lingua contro il palato producendo un suono pieno e piacevole. Si impose di fare scemare al più presto tutta l'ansia che, lentamente, aveva preso ad instillarglisi dentro; Clary stava certamente dormendo. Infondo, ora che c'era Jace con lei, cosa mai poteva esserle accaduto?
-Ma non importa.- tornò a parlare Magnus, d'improvviso. La sua voce era ora normale, non più ridotta ad un sussurro, e l'ex-vampiro si disse che, con ogni probabilità, Tessa aveva lasciato la stanza -Infondo l'anello è off limits al momento.- un sospiro fece gracchiare fastidiosamente la cornetta di Simon -Allora vado. Ci rivediamo tra qualche ora.- e la chiamata si concluse. Il riccio, a quel punto, si abbandonò sul proprio letto con malcelata spossatezza. Ancora stentava a credere a ciò che stava accadendo; Clary era sperduta in un'altra epoca, in un altro Stato, con persone sconosciute, ed amici che si erano rivelati nemici. Per la prima volta da che quell'avventura era iniziata, il ragazzo si domandò se ce l'avrebbero fatta.
~~~
Clary sollevò le palpebre con estrema lentezza, sentendo i muscoli risvegliarlesi lentamente. Un crampo alla pancia le ricordò che, quella mattina, così presa dal raggiungimento di Magnus Bane, non aveva fatto colazione. Ricordò di essere partita all'alba con William e Jace, e di essersi diretti insieme a Cyril sin al domicilio dello stregone. La casa però era vuota, e ad attenderli vi era un'imboscata. Ricordava le zanne dei lupi ricoperte di bava e vibranti per i ruggiti. Poi il pelo irto per la rabbia, che li rendeva grossi quanto automobili, ed infine gli occhi iniettati di furia e sangue, appartenenti ad assassini privi di pietà. Sentiva ancora il manico lavorato del pugnale contro il palmo della mano, stretto sino quasi a dolerle, ed infine il suono della carne lacerata, dei latrati di dolore e dei corpi morti che cadevano. Il sangue che le imbrattava le mani, ed una tazza di caffè. Le tornò alla mente Woosley che si scusava, ostentando un imbarazzo che la rossa non era riuscita ben a definire. Li portava in cucina e, di spalle rispetto al piano in marmo lavorato su cui erano adagiati cesti di frutta abbondanti e bottiglie di vino rosso estremamente pregiato, preparava loro un caffè. Od almeno così diceva. Poi Clarissa ricordava una carrozza piena di timori ed ansie. Il mezzo che deviava e che, poco prima di finire in mille pezzi contro un albero, diventava buio. Tutto diventava buio.
Respirò a fondo, sconvolta da quella cascata di ricordi sconclusionati. Avvertì un brivido percorrerla completamente, ma non vi prestò troppa attenzione. C'erano cose più importanti a cui pensare, si disse, mettendo finalmente a fuoco la vista. Si trovava dentro una stanza in penombra, e non aveva la minima idea di come vi fosse arrivata. Socchiuse gli occhi nel vano tentativo di affilare la vista, ma il risultato fu precario; la luce -se davvero si poteva definire tale- era sempre la medesima, e gli oggetti continuavano a restarle in parte nascosti. Si guardò attorno, ed una sensazione di semplice vuoto -spaventoso- la invase. Si trovava in un luogo chiuso, sì, ma non vedeva alcuna parete. Sembrava estendersi molto di più rispetto ad ha stanza normale. Per non parlare poi dell'arredamento: sembrava che un presunto qualcuno avesse preso tutte le cianfrusaglie del mondo, suonando di campanello in campanello per ritirarle, e le avesse poi ammucchiate tutte lì, in enormi masse disordinate. Lei, poi, era a terra. Si era risvegliata distesa sul pavimento freddo, a destra una raccolta di tascabili ammuffiti, e a sinistra una sorta di collezione di apparecchi domestici. Neppure il soffitto era visibile. Tutto sembrava estendersi a perdita d'occhio e, una volta in piedi, la giovane valutò quale fosse la mossa migliore da fare. E siccome non le andava affatto di rimanere lì in attesa di qualcosa che, forse, non sarebbe mai arrivato, prese a camminare, senza neppure una vera direzione.
TBC
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