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24.

Future's Drop.


La mattina giunse lentamente. Clarissa non riuscì a chiudere occhio e, costretta a rimanere nelle proprie stanze, lontana dal corpo caldo di Jace, le parve tutto ancora più difficile di quanto effettivamente fosse. Ma Sophie le aveva parlato, educatamente e in imbarazzo, e le aveva rivelato quanto compromettente sarebbe divenuta la figura della rossa una volta che tutti sarebbero venuti a sapere che si intratteneva più volte al giorno -persino la notte, per carità!- nella stanza di un uomo. Insomma, la cameriera le aveva ricordato per l'ennesima volta quanto assurde fossero le consuetudini del tempo e, in particolare, quanto il sesso fosse visto come estremo tabù. Ma forse era tutta colpa della stessa Clary che, smentendo sia un loro matrimonio che un loro ufficiale fidanzamento, aveva descritto il biondo come un semplice amico. Magari un po' più intimo di altri,  ma pur sempre un amico. E se già risultava volgare il sesso con il fidanzato prima della notte di nozze, figurarsi il sesso con un giovane di bell'aspetto che lei definiva semplicemente "il suo ragazzo". In definitiva, niente Jace, neppure per errore. Era rimasta nelle proprie fredde stanze, senza neppure il camino acceso, con indosso la veste leggera, ed aveva contemplato a lungo il soffitto in penombra. Era illuminato esclusivamente dai raggi della luna che, piena al centro del cielo, risultava un vero e proprio incanto. La ragazza si era presa del tempo per riflettere; William aveva detto che partire all'alba sarebbe stata la scelta più saggia, che avrebbe comportato meno problemi. Clarissa non aveva osato ribattere e si era limitata  a riferire ogni informazione a Jace. Chiuse gli occhi al pensiero del ragazzo che amava; solo qualche ora prima lo aveva sorpreso con gli occhi arrossati. Non aveva visto lacrime, ma era certa che vi fossero state, e che qualcuno, una quindicenne bellissima detta Cecily, lo avesse consolato. Le era grata, ma non poteva negare una punta di gelosia. Perché se il suo ragazzo doveva sfogarsi, lo avrebbe dovuto fare con lei. Con Clary sola. Ma, si disse poi con vergogna, non era importante. Il suo egoismo non doveva intralciare i loro tentativi di  tornare a casa, di salvarsi. Doveva semplicemente restare lucida e smettere di farsi coinvolgere sentimentalmente da tutto e tutti. Soprattutto da Will. Deglutì a vuoto. Da giorni era in particolare un pensiero ad assillarla; portare William con sé. Portarlo nel presente, si intende. Si era detta che sarebbe stata un'idea geniale e che non avrebbe comportato alcun disagio. Che, infondo, William non era destinato ad avere una fine felice, lì nel passato, dove Tessa stava per sposarsi con il suo parabatai. E che perciò sarebbe stato magnificamente bene nel presente. Se solo li avesse seguiti -lei e Jace- avrebbe avuto tutto; sarebbero rimasti uniti, e ci sarebbe stato anche Magnus. Lo avrebbe portato con sé e lo avrebbe fatto stare bene. Eppure sapeva anche  che, per fare una cosa del genere, avrebbe avuto bisogno del consenso dello stregone che risiedeva nel presente, e sapeva anche che quest'ultimo non glielo avrebbe dato. Ma non importava. Forse no.

Attese avvolta da quei pensieri sino a che il suo viso non venne illuminato da una luce più brillante ed accesa rispetto a quella solita ai raggi lunari. Clary socchiuse gli occhi per il cambiamento improvviso e, dopo essersi lentamente sollevata a sedere, cercò il cielo oltre l'ampia finestra che spiccava sul fondo della stanza. Lo incontrò di un leggero arancione pastello, tendente al rosato, e subito comprese che l'alba era prossima. Non vi era  più tempo da sprecare in assurdi tergiversamenti  come potevano esserlo l'idea di trascinare Will con loro. A questo avrebbe pensato più tardi, con maggiore calma.

Si alzò quindi dal letto, si diresse svelta sino all'armadio in legno laccato, profumato di resina, ed afferrò il primo abito che le si parò d'innanzi; si trattava di un completo color azzurro pastello, che non le piaceva particolarmente, ma che le risultava abbastanza semplice da indossare. Aveva pochi merletti, così come una quantità davvero scarsa di lacci ed oltremodo pesanti brillanti. La sola cosa in cui avrebbe riscontrato difficoltà, sarebbe stato il corsetto, ma aveva imparato alcune tecniche su come sistemarlo, ed era certa che né Jace, né tantomeno William avrebbero prestato troppa attenzione al suo vestiario. Si infilò perciò velocemente il tutto, perdendo -come sempre- più tempo del dovuto nel bustino  rigido. Strinse sino a che non sentì le stecche in legno contro le costole, ed infine formò un fiocco precariamente stabile sulla cima. Indossò un paio di stivaletti bassi di colore nero (la scarpa più comoda che era riuscita a trovare), e si disse che nessuno avrebbe potuto dirle nulla a riguardo, in quanto le gonne, giungendo sino al pavimento, le nascondevano totalmente i piedi.

Come ultima cosa, sistemò l'anello delle fate e, come per magia, sentì una voce rimbombarle nel cervello. Rimase non poco sorpresa dalla coincidenza. Clary! Rispondimi!

Era Simon e, riflettè la giovane, sembrava particolarmente agitato. Si sistemò a sedere sul letto, chiuse gli occhi, e rispose; Simon, che succede?

Non vi fu una vera e propria pausa tra una battuta e l'altra. Non appena il riccio udì la voce della migliore amica, non perse tempo a rispondere. La rossa riuscì persino ad immaginarlo mentre tirava un sospiro di sincero sollievo. Sorrise leggermente.
Grazie a Dio, Clary, disse il ragazzo, sono successe un mare di cose. ci fu qualche attimo di silenzio. Probabilmente il ragazzo stava pensando a come riordinare gli eventi, a come fare per farle capire l'effettiva gravità della situazione.
Tua madre ci ha scoperti. Ha scoperto dove ti trovi, disse con sollecito Simon, prima di intervenire nuovamente.
È andata da Tessa e lei, trasformandosi in te, le ha rivelato tutto. E, Clary, so che volevi che dicessimo a Tessa e Zaccaria cosa stava succedendo, ma Magnus ce lo ha impedito e..., una pausa, un sospiro, e credo di saperne il motivo.

Clarissa rimase in silenzio. Magnus le aveva mentito. Non solo lo stregone del passato, ma ora anche quello del presente. Quello in cui credeva ciecamente. Quando, una volta entrata in contatto con il moro, lo aveva scongiurato di contattare James e Tessa, questo non aveva mai accennato un rifiuto. Quindi, dedusse la rossa, gli aveva mentito. Ma perché?
Vedi..., intervenne il ragazzo dentro il cervello della giovane, come avesse udito i suoi pochi pensieri, Tessa è venuta qui. Anche ora, si trova nell'appartamento di Magnus. Io mi sono svegliato all'alba per contattarti, ma davvero non capisco cosa stia accadendo. Sembra particolarmente coinvolta.

La rossa assorbì silenziosamente quelle informazioni sconclusionate. Era evidente che vi fosse qualcosa sotto. Cosa, però, non lo sapeva affatto. Deglutì a vuoto, poi intervenne;
Dì a Magnus che ci stiamo dirigendo dalla sua  controparte e, per favore, digli di  contattarmi al più presto. Ora devo andare.

D'accordo, Clary, sussurrò leggera la voce del riccio, facendole avvertire dentro un moto di familiare tenerezza, ti voglio bene.
Anche io, Simon.


Si incontrarono tutti e tre all'ingresso. Jace non si era cambiato rispetto al giorno prima, e la rossa ebbe il presentimento che fosse soprattutto perché, come lei, neppure il biondo aveva dormito. Clarissa si domandò cosa potesse avere pensato durante quelle ore all'apparenza infinite, e dedusse in meno di pochi istanti che doveva essersi concentrato soprattutto su William e Cecily. Sulla propria famiglia. A quel pensiero, la giovane sentì un moto di apprensione divorarla, ma non potè dire assolutamente nulla. Non potè neppure posargli delicatamente una mano sulla spalla, in quando Will stesso era tra loro, intento ad abbottonarsi completamente il cappotto scuro. Quest'ultimo ostentava un atteggiamento freddo, totalmente diverso da quello che la rossa gli aveva sempre visto. L'espressione era distante, le labbra rigide in una linea ferrea. I capelli gli nascondevano parte dello splendido sguardo, ma nessuno osò proporgli di scostare la frangia. Infondo Clary non era stupida, e poteva dedurre molto facilmente che,  se William era lì, era unicamente perché lei lo aveva pregato affinché vi fosse. Non era sicuramente soddisfatto di trovarsi in compagnia di Jace, non dopo tutto ciò che le aveva detto quella notte. Eppure lo avrebbe aiutato a portarla via. Perché era stata Clarissa stessa a chiederglielo.

Una volta abbottonatosi il cappotto, il moro si rivolse agli altri. Li  mirò qualche istante, dalle scarpe sporche alla gola scoperta, e, dopo essersi allungato verso l'attaccapanni ed avere afferrato due tranch spessi, né passò uno ad ognuno. Jace prese immediatamente ad indossare il proprio. La riccia, invece, rimase qualche secondo di troppo con il soprabito tra le mani, sentendo il profumo di William provenire da esso.

-Indossalo, Clarissa.- mormorò dunque il quest'ultimo, notando il tergiversare  della ragazza -So che non è un capo femminile, ma fuori fa parecchio freddo, e...-

Come risvegliatasi da una trans, la rossa smise di contemplare il cappotto. Alzò il viso ed annuì imbarazzata. Allungò poi un primo braccio in una delle maniche calde, poi il secondo, e se lo tirò su sino a che non lo sentì caderle sulle spalle. Le stava parecchio largo, ed era anche estremamente lungo -quasi sino alle caviglie-, ma non si lamentò neppure un istante. Fu invece molto grata al ragazzo. E quando uscirono, quella gratitudine divenne ancora più sincera; oltre le mura dell'Istituto fischiava un fortissimo vento, e Clary fu certa che, in mancanza del tranch, sarebbe indubbiamente svenuta per il freddo. Non lo aveva mai sopportato.

Si mossero a passo svelto sino alla carozza di Cyril. L'uomo era già sistemato, nella mano destra il frustino sottile e nell'altra le redini in cuoio. Clarissa gli sorrise velocemente prima di infilarsi tremante nel piccolo abitacolo laccato di nero. I due cacciatori la seguirono in silenzio. All'interno aleggiava un'odore quasi fruttato, che andava ad amalgamarsi in modo assolutamente piacevole al tipico sentore di pelle emanato dai sedili foderati. La rossa dedusse che il cocchiere avesse pulito, e si abbandonò mollemente a sedere, con un lato del viso contro il finestrino freddo. Al suo fianco giunse poi Jace e, di fronte, William. Infine la carrozza partì, accompagnata da nitriti e sbuffi.

-Clary, ti ho portato una cosa.- intervenne ad un certo punto del viaggio il biondo, interrompendo quel silenzio che, infondo, silenzio non era (per quanto i presenti non parlassero, vi era sempre un continuo scalpitio di sottofondo). La rossa sentì qualcosa contro le coscie e subito abbassò lo sguardo. Vide, a contrasto con il tessuto scuro del cappotto, uno stilo rossastro. Una sorta di inspiegabile felicità la invase. Fu, per lei, come sentirsi improvvisamente libera. Libera e, soprattutto, forte dopo un periodo di orrenda e ribrezzevole debolezza. Lei sapeva quanto potesse fare con un'arma, ma sapeva anche di essere totalmente invincibile con uno stilo. Sorrise, afferrandolo con la mano destra, esattamente come si trattasse di una delle sue matite. Lo sistemò controluce, e se lo rigirò d'innanzi. Osservò con immensa attenzione i riflessi sulla punta del piccolo oggetto, e le sue labbra si tesero in un sorriso ancora più largo. Se possibile, fu certa di sentire le proprie rune farsi più forti ed efficaci. Si voltò poi verso il biondo e, incapace di contenersi, lo abbracciò. Gli mormorò all'orecchio un'infinità di rigraziamenti, poi tornò al proprio posto, nuovamente composta come ogni pulzella rispettabile. Notò William osservarla quasi confuso, con l'iride cobalto contro le sue piccole dita, quelle che stringevano lo stilo come fosse oro puro.

-Vedi, questo per me è meglio di qualsiasi arma.- gli spiegò, facendogli oscillare di fronte il piccolo oggetto. Il moro lo studiò ancora, ma non trovò in esso nulla di speciale. Era solamente uno stilo; uno come tanti. Clarissa, nel notare lo sbigottimento del giovane, si lasciò sfuggire una risatina.

-È uno stilo. Niente trucchi.- gli disse -Solo che io lo uso in modo diverso dagli altri. Io...-

-Lei crea le rune.- Intervenne Jace, principalmente geloso di vedere la propria ragazza parlare con quello che sarebbe dovuto esssere il suo tris-e-anche-di-più nonno. Nonno che lo odiava.

Notò l'occhiataccia di William, ma fu felice di vederla svanire presto, sostituita da sano stupore. Però stava guardando nuovamente Clary. E questo non andava bene. Il biondo prese un profondo respiro, perdendosi a contemplare le strade luride ed umide oltre il finestrino.

-Non è possibile.- fece nel frattempo il moro, osservando con attenzione i marchi che ripercorrevano il corpo della rossa, intento a scovarne uno nuovo, assolutamente mai visto. La ragazza lo notò. Sorrise, per poi parlare;

-Nessuna di quelle che sono riuscita a creare fino ad ora è permanente, quindi la tua ricerca sarà prettamente vana.- nell'udire queste parole, il moro puntò i propri occhi cobalto in quelli verdi e brillanti di Clarissa. Attese qualche istante, poi, in un sussurro, la pregò; -mostramene una, per favore.-

La rossa non potè negare di essere rimasta incantata da quel tono di voce, da quella voce suadente e viscerale, estremamente seducente. Per non parlare poi del suo sguardo lucido ed implorante. Eppure, si disse la ragazza con estrema facilità, se fosse stato Jace a chiederle una cosa del genere, non avrebbe tentennato un istante. A differenza di ciò che stava facendo ora.

-Non può, mi dispiace.- Il biondo stava ancora osservando il paesaggio oltre la carrozza, prestando ai due presenti l'ascolto minimo sufficiente. Eppure, per quanto disattento, aveva chiaramente percepito l'incertezza di Clary. Per questo era intervenuto; -Spiacente, ma le rune create sino ad ora da Clary non sono esattamente ad uso domestico. Sempre che tu non stia pensando ad una demolizione, si intende.-

-C-Cosa?- domandò senza fiato il cacciatore dai capelli scuri. La giovane non capì subito a cosa si stesse riferendo con quella domanda; se alla straordinarietà dei suoi poteri, o se stesse semplicemente chiedendo una spiegazione per le parole di Jace, magari risuonate troppo moderne alle sue orecchie vittoriane. Fortunatamente, fu lui stesso, pochi secondi dopo, a spiegarsi.

-Sono davvero tanto potenti? Ma come è possibile?-

-Non è esattamente una bella storia, e non ha nemmeno un lieto fine, quindi...- E la rossa avvertì chiaro e forte, alle parole di Jace  riferite agli esperimenti che Valentine aveva compiuto su di lei e su Jonathan, una fitta in corrispondenza del petto. Ancora sentiva una forte malinconia al solo ricordo della morte del fratello. Fratello che, se solo non fosse stato avvelenato da Lilith in persona, sarebbe stato diverso. Sarebbe stato umano. Deglutì a vuoto. Quando tornò al presente, accantonando i ricordi, vide il viso preoccupato di Will guardarla, e cercò di sorridergli. Il risultato, però,  dovette essere estremamente patetico, perché lo vide guardarla con mesto imbarazzo.

-Scusami. Sono stato indiscreto, e...- ma il moro non riuscì a concludere il discorso, in quanto la carrozza frenò bruscamente, tra un nitrito ed un altro. Cyril diede un colpo al soffitto dell'abitacolo, facendo così segno ai passeggeri che erano giunti a destinazione, e William imitò il gesto per fare capire al cocchiere di avere udito. Scese quindi e, tenendo aperto lo sportello, aiutò la ragazza. Fu poi il turno di Jace.

Quindi si voltarono tutti verso la casa di Magnus Bane. Il biondo non dovette neppure domandare quale, tra le varie porte che aveva d'innanzi, potesse essere il domicilio dello stregone.  Una in particolare, sfarzosa ma non troppo (a differenza di quanto non lo fosse nel presente), intagliata di mille intarsi e laccata di un lucido colore nero, colse la sua attenzione.

-Quindi, anche con un secolo in meno, Magnus si fa sempre notare.- si lasciò sfuggire il biondo.

La ragazza accennò un mezzo sorriso -Non dirmi che ti aspettavi uno chalet sobrio.- fece con sarcasmo. Vide il fidanzato sospirare.

-Non sobrio, ma...- si interruppe. Sino ad allora era rimasto rivolto all'ingresso, ma ora si girò verso la giovane -Siamo nel periodo di Camille?-

La riccia scosse il viso -Assolutamente post. Post-Camille. Siamo in pieno Scott.-

-Scott...- ripeté Jace, sovrappensiero. Poi, improvvisamente, una lampadina si accese nel suo sguardo -Quello Scott?-

-Esattamente lui.- asserì la rossa -Ne sono convinta.-

Will, a sinistra della ragazza,  ascoltava abbastanza sbigottito. Era la prima volta che sentiva due persone conversare in modo tanto sfacciato delle relazioni di qualcun altro e, in più, erano persone che,di questo "qualcun altro", conoscevano con precisione fatale tutto il passato, nonché parte del futuro. Insomma, ad essere sinceri, il moro stentava davvero a credere in un Magnus tanto aperto da potere raccontare con troppa leggerezza di sé. Stentava davvero a crederci. Eppure loro sapevano di Camille, e Camille era, come avrebbe probabilmente detto Clarissa, storia vecchia (oddio, ora assumeva il pessimo lessico della rossa). Quindi, forse, se Magnus si fidava anche di Jace, forse (come già detto), poteva ritenere questo affidabile? Continuava a dubitarne. Per lui Jace era un nemico; un ragazzino dai capelli lunghi giunto solo per portargli via Clarissa. William non lo voleva. Eppure lo stava aiutando. E questo solo perché Clarissa glielo aveva chiesto con quei suoi bellissimi occhi che lo facevano gridare. Prese un profondo respiro e deglutì. Non aveva più voglia di perdere tempo. Si fece avanti per il vialetto. Gli altri lo seguirono.

~~~

Il primo campanello d'allarme sarebbe probabilmente dovuto essere la porta aperta, che aveva cigolato in modo raccapricciante una volta spinta leggermente. I tre Nephilim si erano fatti largo nell'ingresso, ognuno con un'arma tra le mani: Jace e William con una spada angelica e Clary intenta a stringere febbrilmente un pugnale, per quanto tutta la sua attenzione fosse puntata sulla sua stessa caviglia, nella quale, oltre lo stivale, aveva nascosto il proprio stilo. Nell'aria aleggiava un'odore di arancia, mischiato a quello della legna impegnata a consumarsi lenta tra le fiamme di un caminetto mal alimentato. La rossa si guardò intorno; infondo ad un corridoio, contro una parete rivestita di pacchiana carta da parati, si rifletteva la luce rossastra proveniente dal caminetto. Si fece avanti in quella direzione, pronta ad incontrare Magnus o Woosley, ma rimase non poco sorpresa nel constatare che la stanza era totalmente deserta. Sulla scrivania, però, notò un dettaglio: un astuccio in metallo. Non era la prima volta che lo vedeva, e comprese subito si trattasse del porta-sigarette di Bane. Borbottò frustrata. Alle sue spalle, nel frattanto, apparve Jace.

-Tutto bene?-

La ragazza lanciò a terra il piccolo cofanetto, facendolo tintinnare fastidiosamente -No!- Era furiosa e stanca -Non c'è,  maledizione! Jace, come faremo? Se manca Magnus, come e cosa faremo, diavolo?- Era tutto un enorme labirinto, un dedalo di infiniti fastidi ed infiniti vicoli ciechi. Desiderava solo che la confusione finisse, e che il cervello le smettesse di vorticare.

Improvvisamente sentì le mani ampie del ragazzo adagiarsi lentamente sulle spalle magre di lei. Le diede un bacio sulla fronte e la esortò a tranquillizzarsi. Il fuoco scoppiettava in sottofondo e, lentamente, Clary tornò lucida. Sentiva le lacrime premerle oltre la palpebre, ma era estremamente stanca di piangere, perciò resistette. Si issò sulle punte dei piedi e premette le proprie labbra rosee contro quelle del ragazzo. All'istante, avvertì il sollievo invaderla. Schiuse le labbra, offrendogli la lingua, e lo percepì eccitato all'idea di ricambiarla. Eppure, proprio quando il loro bacio fece per approfondirsi, alcuni colpi li distraerono. Provenivano dall'ingresso, dove si trovava Will.

Reagirono in fretta. Tornando a sfoderare le proprie armi, i due scattarono pronti a difendere il moro da un eventuale nemico. I cattivi, però, erano ben più di uno. A Clary tornò in mente uno dei suoi primi combattimenti, accerchiata da Lupi mannari e vampiri, in un vecchio albergo diroccato. Quella a cui si trovava d'innanzi era una situazione analoga. Questa volta, però, vi erano solo lupi, tanti ed ululanti, con i denti sguaianati come fossero lame e gli sguardi assetati di sangue. I tre erano spalle al muro, ed i mostri non facevano che entrare. Sembravano infiniti.

Una delle prime cose che Jace e Clarissa notarono, fu che William aveva già eliminato cinque lupi da solo, e che stava muovendo la propria spada in modo agile e veloce, quasi non ne sentisse neppure il peso. Un'altra cosa che capirono immediatamente, fu che quella doveva essere un'imboscata. Qualcuno li aveva incastrati. Eppure ora non importava. Dovevano solo sopravvivere.

Clary infilzò un paio di Lupi con il proprio pugnale, mentre Jace prendeva a fare roteare la spada angelica. Nella stanza, oltre a molteplici ululati, presero a farsi largo parecchi gemiti di dolore. La carta da parati non impiegò più di pochi secondi a macchiarsi completamente di viscoso sangue, e la rossa si prese persino del tempo per pensare all'espressione ripugnata che avrebbe avuto Magnus una volta visto tutto quello sporco.

Poi accadde qualcosa; proprio mentre William puntava ad un lupo che, aggressivo, gli stava venendo incontro, un altro lo colse di sorpresa, aggredendolo da destra e facendogli scivolare la spada ad un paio di metri di distanza, tra i corpi di due lupi. Sarebbe certamente morto a causa di una delle tante bestie che gli avevano puntato la carotide pulsante, se solo Jace non fosse intervenuto proprio in quell'istante, proteggendolo esattamente come uno scudo. A William, segretamente, parve un angelo. La spada gli brillava in mano, ed il coraggio lo rendeva capace di qualsiasi cosa. Quella fu la prima volta in cui il moro si sentì davvero fiero di avere un ennesimo tratto In comune con il biondino appena arrivato. Sorrise leggermente, allungandosi per afferrare la spada.

Poi a Clary venne un'idea; avrebbe potuto utilizzare una delle sue rune per fermare i lupi. In quel modo, poi, Jace e William avrebbero potuto eliminarli. Si sistemò quindi  sul fondo della stanza, protetta solo che da una sedia in legno abbastanza rovinata, per poi afferrare lo stilo. Lo sentì potente e pronto ad aiutarla, ed un sorriso le dipinse il volto pallido. Eppure, proprio quando fu sul punto di tracciare una prima linea, una voce proruppe tra i vari latrati.

-Fermi.-

Woosley Scott fece il proprio ingresso. I lupi, come sotto ipnosi, si fermarono, silenti. Clarissa riconobbe subito quel genere di folle devozione, e comprese immediatamente che Woosley non poteva essere altri che il capobranco di Londra. Le difese della giovane si misero in  allerta. Jace puntò la propria spada verso l'uomo alto ed impomatato, con indosso un completo color giallo pastello, appariscente, e la giacca a coda di rondine. Sulla testa di Scott, poi, spiccava un cilindro elegante.

-Scusate l'accoglienza maleducata...- sorrise il padrone di casa, facendosi avanti tra le varie bestie. Le pellicce ritte per la furia stavano prendendo ad abbassarsi e, con esse, anche la guardia dei tre cacciatori.

-Ma credevo che sarebbero giunti nemici... Sapete, Magnus mi ha mandato una missiva di fuoco.- mormorò con pacatezza il ragazzo. Si fermò di fronte a Will e gli sorrise, ostentando un atteggiamento informale. Passò poi alla giovane, d'innanzi alla quale mostrò tutta la propria piccata eleganza; fece una riverenza degna di un principe, e per poco non gli cadde l'ampio cappello. Clary sorrise leggermente, insicura.

Woosley passò poi alla figura di Jace; non lo aveva mai visto, né Magnus gli aveva mai parlato di un ragazzo di così bell'aspetto e dagli occhi tanto limpidi. Gli sorrise semplicemente, prima di voltarsi nuovamente verso William.

-Posso sapere cosa sta succedendo? Avete appena eliminato buona parte dei miei collaboratori, per non parlare poi della carta da parati...- Scott corrugò la fronte, dispiaciuto ma non infastidito. Doveva essere ricco, dedusse la rossa. Per uno come lui, cambiare la carta da parati di un'intera casa, era una estrema piccolezza. Clarissa lo vide passare un indice contro una macchia di sangue, e poi osservare con intenso interesse il dito macchiato. Per qualche istante fu disgustosamente  certa che lo avrebbe saggiato, leccandolo come un vampiro. Però non lo fece. Si limitò a riabbassare la mano, e sospirare.

-Allora?-

William mosse un passo verso Woosley -Abbiamo bisogno di Magnus. È molto importante, Scott.-

Il lupo lo osservò. Parve indeciso se rispondere al moro, o se sguinzagliare una seconda volta i propri fedeli seguaci. Passati pochi secondi, però, abbandonò l'idea di mandare a morire altri compagni. Ruotò lo sguardo al soffitto, per poi rispondere; -Magnus se ne è andato. Ve l'ho detto; mi ha scritto un messaggio di fuoco. In esso mi ha parlato di affari da sbrigare e che, per tale ragione, doveva andarsene per qualche tempo. Ho pensato che sarebbero arrivati nemici, ma dubito che voi possiate davvero risultare temibili a Magnus Bane, e dubito soprattutto che Magnus possa ritenere lui un nemico.- E, nel dire questo, Scott indicò William. Il lupo conosceva sin troppo bene la morbosa ossessione che lo stregone provava per il Nephilim. Quel suo bisogno di fare il meglio per lui, pur non amandolo in quel modo. Il moro sussultò, mentre Clary, poggiata contro una parete, corrugava la fronte e rifletteva. Magnus se ne era andato, e lei non doveva piangere. Doveva restare dannatamente lucida. Doveva pensare... Doveva...

-Sai dove potrebbe essersi diretto?- domandò Jace, sistemando la propria spada nella cintura e ravvivandosi i capelli. Woosley lo guardò qualche istante, prima di rispondergli.

-In campagna, fuori Londra. Possiede uno chalet.-

Nell'udire quella parole, il biondo si voltò verso la fidanzata. Le sorrise, e disse -Allora lo ha davvero uno chalet! Ci avrei scommesso!-

Clary ostentò un'espressione confusa, mentre William non riuscì a  trattenere una risata divertita.

~~~

Era mattina inoltrata quando Tessa si svegliò. Nel momento in cui cercò di tendere le braccia e stirarsi, avvertì un'insopportabile fitta alla schiena; dormire sul divano in ecopelle di casa Bane non era stata una brillante idea. Non si era neppure cambiata e, ancora con le gambe avvolte da un paio di jeans scuri e stretti, cercò di tendere anche queste. Per fortuna, nessun lampo di dolore la travolse.  Facendo quindi leva sulle coscie, si alzò in piedi. La stanza era illuminata dal sole che, attraverso le poche finestre sistemate in alto, filtrava perfettamente. Oltre la penisola, che divideva la sala dalla cucina, poteva vedere una persona di schiena; faceva oscillare il bacino e, nel mentre, lavava le stoviglie che dovevano essere state utilizzate la sera precedente, a cena, prima dell'arrivo della ragazza. Quest'ultima riflettè pochi secondi; quel fondoschiena ondeggiante non lasciava spazio a dubbi di alcun tipo. Magnus Bane l'aveva aspettata. Sospirò, per poi avviarsi verso lo stregone.

Inutile dire che la sera precedente non era riuscita a scoprire assolutamente nulla di nuovo. Alec e Simon, subordinati agli ordini che doveva avere dato loro Bane, non avevano aperto bocca. Anche se, riguardo ad Alexander, Theresa era abbastanza sicura che il suo silenzio fosse stato causato dalla pessima figura che aveva fatto nel farsi sorprendere stravaccato ed in mutande. Tutto il suo stoicismo era andato a rotoli. E per quanto quel ricordo potesse fare sorridere la bella strega, proprio non riusciva a credere che nessuno le avesse ancora detto nulla; nemmeno Simon. Non riusciva proprio a capire come potessero, quei tre disordinati ragazzi, aiutare Clary semplicemente stando fermi in una stanza, a guardare programmi via cavo e mangiandosi cibo spazzatura.

Perché Tessa non sapeva nulla degli anelli della corte Seliee, e Magnus aveva fatto il possibile affinché lei non venisse a saperlo. Proprio in quell'istante, infatti, l'assenza di Simon era giustificabile in quanto il riccio aveva ricevuto, da parte dello stregone, l'ordine di allontanarsi con l'anello. E per quanto un compito di tale importanza sarebbe stato più consono ad una figura responsabile come Alec, Bane aveva anche calcolato che sarebbe stato anche il primo di cui Tessa avrebbe potuto dubitare. Invece, chi mai potreva credere che il compito più importante fosse stato affidato all'imbranato? Al nerd che aveva dovuto rinunciare alla propria condizione di vampiro? Al ragazzo che ancora soffriva di brevi attacchi di amnesia?

Per quanto rischioso, Magnus era certo di avere fatto la scelta giusta.

Tessa gli apparve al fianco, e le mani dello stregone si fermarono. Sorrise alla ragazza, afferrò uno strofinaccio, e si asciugò. I piatti, intanto, continuarono a lavarsi da soli, circondati da fasci brillanti viola e blu.

-Buongiorno, Theresa.- la salutò il moro -Spero tu abbia dormito bene. Mi dispiace averti lasciato il divano, ma non avevo altra sistemazione.- si scusò, ostentando un'eleganza disarmante. Quella mattina Magnus si era vestito in maniera assolutamente casual rispetto al solito; una semplice camicia viola, il cui orlo restava fuori dalla cintura, ed un paio di pantaloni scuri, quasi neri. I piedi erano ancora scoperti.

Tessa si passò una mano tra i capelli -Ho dormito molto bene, non preoccuparti.- mentì, ostentando un tono di voce estremamente controllato. Nonostante gli anni, era ancora terribilmente avvezza a comportamenti prettamente vittoriani -Tu? Sei solo?-

Magnus scosse la testa, sempre con un sorriso sulle labbra, per poi rispondere -Oh, no. Alec è nell'altra stanza a dormire,- vero -e Simon è  tornato a casa questa notte, come sempre.- falso. Falsissimo. Simon era a nascondere l'anello. Simon, di solito, dormiva sul divano.

La ragazza, però, non lo sapeva.

~~~

Woosley, dispiaciuto per avere creato tanti problemi ai cacciatori, ma non più di tanto  affranto per la perdita di alcuni membri del branco, aveva offerto gentilmente la propria carrozza corredata di splendidi intarsi in oro zecchino per scortare i tre Nephilim sino a Magnus. Per quanto Cyril avesse in ogni modo insistito affinché potesse essere lui stesso ad accompagnarli, William aveva poi detto che non sarebbe per nulla convenuto al povero stalliere. Per quell'ora, infondo, l'Istituto si stava svegliando, e se fosse mancato all'appello anche il cocchiere, Charlotte avrebbe sicuramente dato vita a più allarmismi del dovuto, ipotizzando una fuga od un rapimento. Quindi, in definitiva, era meglio per tutti che il giovane Cyril tornasse a casa e fingesse  totale ignoranza riguardo ciò che stava accadendo. Per questo ora, sulla carrozza che era in cammino ormai da qualche minuto, vi erano unicamente Will, Jace e Clary. A guidarla non vi erano che due bellissimi purosangue dal manto bianco, privi di cocchiere che desse loro ordini riguardo le strade da percorrere.  Quelli non erano animali terreni, si era detta la rossa meravigliata, guardando i loro zoccoli oltre il finestrino; sembravano sfiorare semplicemente i ciottoli della strada, senza provocare alcun suono di troppo, risultando estremamente eleganti. E mentre mirava incantata quella surreale scena -quei cavalli che sembravano piume sospese nell'aria-, sospesa in una sorta di onirica beatitudine, la rossa sentì qualcosa insinuarlesi dentro. Un terribile presentimento.

Si voltò prima verso Jace, alla sua sinistra,  poi verso William. Quest'ultimo le stava di fronte e, come lei, aveva d'improvviso sgranato lo sguardo. Il biondo, invece, dopo un primo istante di sbigottimento, completamente all'oscuro che anche gli altri avessero sentito quel qualcosa scivolare loro sottopelle, si sollevò in piedi ed aprì lo sportello alla sua sinistra. Sentì il rumore della pioggia e del vento. I capelli presero a scompigliarglisi, ma non gli interessò. Si tese invece, mentre la carrozza ancora si muoveva veloce -quasi quanto un automobile- verso la panca sulla quale si sarebbe dovuto trovare, comunemente, il cocchiere. Ovviamente, come non vi era stato in partenza, ancora non vi era. In compenso, le redini dei cavalli erano state sistemate ordinatamente  attorno ad una sorta di pomello di fronte alla postazione. Sarebbe bastato sfilarle e tirarle, un po' come vedeva sempre fare nei film western.

Jace si guardò attorno. Ancora teso oltre l'abitacolo, con il vento che gli fischiava in modo assordante nelle orecchie, si prese del tempo per contemplare ciò che lo circondava. In quel momento, le sue mani erano aggrappate, una allo sportello spalancato, ed una al bordo del finestrino, all'interno. Per arrivare sino alla postazione del cocchiere, però avrebbe dovuto trovare almeno un altro appiglio perché, di saltare in movimento, rischiando di cadere, facendosi lasciare la carrozza alle spalle -e con essa Clary-, non era neppure da considerare. Doveva dunque arrampicarsi. Solo questo.

Il punto, però, era dove arrampicarsi. Ed il fatto che stesse cercando in modo disperato un appiglio solo perché aveva avuto una sensazione non era assolutamente normale. Proprio per niente.

Quel pensiero lo fece temporeggiare. L'idea che stesse per fare qualcosa di estremamente inutile. Ma poi, dopo un profondo respiro, si disse di smetterla. Si disse che Clary era lì dentro, così come il suo avo, e che doveva salvarli. Che, come poteva non esserci, quel pericolo poteva anche esistere.  Tese quindi i muscoli delle gambe e delle braccia, per poi allungarsi sino al tettuccio dell'abitacolo. Vi si aggrappò con entrambe le mani e, facendo leva con tutte le proprie forze, vi si issò totalmente, in piedi in un equilibrio estremamente precario. A quel punto non dovette fare altro che farsi scivolare in avanti, per poi sfilare le redini in cuoio scuro dal pomello dorato. La velocità, nel frattanto, sembrava quasi aumentare. Da che Jace aveva compiuto la sua prima mossa, il vento sembrava essersi fatto più forte, e gli zoccoli degli animali più pesanti. Persino ciò che li circondava -gli alberi, la strada ed il cielo- sembrava improvvisamente scuro e presagio di disperata morte. Una cascata di brividi gli percorse la schiena. Sentì le punta delle dita pizzicargli per l'ansia, e serrò con forza la presa attorno alle redini. I cavalli, intanto, avevano improvvisamente iniziato a nitrire; dalle loro narici fuoriuscivano zaffate di condensa, simili a soffi di drago. Il biondo deglutì  a vuoto, per poi tirare.

Per qualche istante, il tempo si fermò; il rumore degli zoccoli parve arrestarsi, così come le grida dei cavalli ed i cigolii della carrozza. Persino il vento che circondava il giovane, per qualche secondo, smise di fischiare. Tutto si stava concentrando sulle mani ampie ed arrossate di Jace. Tutto dipendeva da esse; se il cacciatore non le avesse strette a sufficienza, la carrozza avrebbe continuato la propria corsa e, per qualche ragione dubbia, non doveva assolutamente accadere. Doveva solo tirare con tutto se stesso. Doveva solamente far sì che tutta la propria forza di guerriero si instillasse nelle sue mani, come catalizzata.

Purtroppo, i cavalli non si fermarono. Jace continuò  a tirare, mentre il mondo tornava a gridare, nitrire e fischiare, ma le gambe degli animali continuarono a muoversi. E quella sensazione di fastidio insopportabile, iniettato di una sorta di ribrezzevole paura, divenne più intenso, prendendo a divorarlo.

Il cuore di Jace iniziò a battere in modo furioso. Non poteva smettere di pensare  a Clarissa e, in particolare, non riusciva ad annebbiare quel timore. Sotto la sua pelle scorreva la consapevolezza che, per arrivare a destinazione, sarebbero dovuti scendere all'istante da quella trappola. Per questo motivo, ed anche a causa del suo irrefrenabile istinto, il biondo sfilò dalla propria cintura scura un pugnale. Aveva la lama ricurva, ed il manico in metallo sporco. Non era solito ad utilizzarlo, in quanto non arma prettamente mortale se contro demoni, ma in quel momento ringraziò almeno una decina di volte Isabelle per averlo sempre costretto a tenerlo. Si tese oltre la carrozza e, in un gesto veloce e preciso, tranciò i legacci che collegavano i cavalli. Vide gli animali allontanarsi, molto più veloci rispetto al mezzo, e solo dopo qualche secondo si rese conto dell'abitacolo sul quale si trovava che deviava per la strada rovinata, senza più nulla a trainarlo, a dargli una rotta.  Vide gli alberi farsi sempre più vicini. La carrozza non si fermava. Lui non poteva fare nulla.

Poi il buio.

TBC

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