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20.

Future's Drop.

Sbagliava o nella voce di Clarissa vi era un'ansia disarmante? Gli era sembrato di potere udire in essa sino all'ultima dannatamente affilata scaglia di sofferenza, di potere sentire dentro sé la disperazione che era così oscenamente esposta. Quella che lei gli aveva appena rivolto non era una domanda, una questione tra amici, alla quale il ragazzo avrebbe semplicemente potuto dire di sì o di no. Quella che la rossa gli aveva appena mormorato era una supplica terrorizzata. Le labbra carnose e accese le tremavano, schiuse, mentre gli occhi verdi e brillanti si facevano via via più lucidi, come sul punto di piangere. Oh sì, Will riusciva ad immaginare le guance pallide e lentigginose che, entro pochi istanti, sarebbero state solcate da lacrime. Eppure, nello sguardo della giovane, vi era anche determinazione; una determinazione cieca e folle, capace di spazzare via montagne e di dare vita a tornado. Il Nephilim era estremamente confuso. Ma le lacrime imminenti erano ancora lì, minacciose, e non poteva permettere che gli altri la vedessero piangere. Perché Clarissa non lo avrebbe voluto.

Le afferrò quindi la piccola mano -sinistra-. La sentì straordinariamente fredda a contatto con la propria pelle. Si levò dunque in piedi. Alle sue spalle, la sedia strisciò rumorosamente sul pavimento in pietra, e tutti i presenti si votarono verso di lui. A William, però, non interessò affatto; si voltò verso la porta e, portandosi dietro la rossa, continuando a tenerla fermamente stretta, uscì dalla stanza. Ed i Nephilim che avevano appena assistito alla scena rimasero sbigottiti. In particolare Jace Herondale. Quel silenzio, però, perdurò davvero poco, causa la piccola e dispettosa Cecily.

-La tua amata è appena stata trascinata via da mio fratello, hai notato?- domandò la ragazzina, sghignazzando e giocherellando con le posate brillanti. Il biondo la guardò biecamente, per poi ostentare un fasullo colpo di tosse. Posò dunque forchetta e coltello, sorrise ai presenti, e parlò;

-Sono infinitamente desolato, ma devo congedarmi. La mia ragazza se l'è appena svignata con quel tipo assolutamente trasandato e dannatamente sexy (non quanto me, ovviamente).- Jace si alzò, ostentando una veloce riverenza -Ancora complimenti alla cuoca.- ed uscì dalla stanza.

Non appena il ragazzo se ne fu andato, Cecily scoppiò letteralmente a ridere. Lo fece in parte per i termini che aveva usato, ed in parte per il modo in cui si era atteggiato. Charlotte, invece, si voltò verso James in un gesto meccanico, il viso sgomento e la fronte corrugata. I lunghi capelli erano raccolti in una treccia ordinata fattale da Sophie solo qualche ora prima.

-Tipo? Svignata?- domandò dunque la rappresentante dell'Istituto di Londra, facendo eco alle parole utilizzate dal biondo. Il giovane Carstairs scrollò le spalle. Neppure lui aveva capito davvero. Quel Jace gli risultava particolarmente strano, ma al contempo gli sembrava di conoscerlo da sempre. Forse, si ritrovò a pensare, era solo un'anima di un vecchio amico... Ma di quale?

Nel frattempo William continuava a trascinare Clarissa con sé. Avevano superato una rampa di scale, ed era ormai da parecchi secondi che stavano percorrendo il corridoio lungo e spoglio ai cui lati si trovavano innumerevoli porte; per la maggior parte erano ingressi a camere da letto inutilizzate. La rossa camminava dietro al cacciatore in silenzio, con la piccola mano sempre avvolta da quella più ampia e forte di lui. Eppure non le stava facendo male. Ogni tocco di William era particolarmente studiato ed attento. Non avrebbe potuto ferirla neppure per errore. Continuavano a muoversi in fretta, però, come intenti a fuggire da qualcuno, ed il più grande timore della giovane Morgenstern era certamente quello di inciampare a causa delle gonne eccessivamente ampie. Fortunatamente non accadde. I passi dei due continuarono a rimbombare ritmici e spediti per le pareti che li circondavano, nella penombra della sera, con solo poche stregaluci a rischiarare loro il cammino, sino a che... Clary? Ci sei?

William scattò sul posto e, come scottatosi, scansò la mano della rossa. Non la lasciò semplicemente andare, ma la spinse via, spaventato quasi. Aveva sentito qualcosa. Aveva udito una voce riempirgli la mente e la consapevolezza che la ragione del tutto fosse nella mano della rossa, gli aveva intaccato ogni, singola cellula del proprio corpo. Lo sguardo cobalto gli cadde sull'anello sottile che spiccava nell'anulare sinistro. William sapeva che ciò che aveva appena sentito era giunto da lì. Non ne conosceva la ragione, ma ne era visceralmente certo. Il cuore gli batteva fortissimo e la gola gli si era fatta secca. E perché Clarissa non sembrava altrettanto sconvolta? Non sembrava sorpresa di avere sentito la voce, quanto del fatto che lui avesse potuto udirla. E sapeva che anche lui l'aveva ascoltata perché non era stupida e perché il volto di William, come sempre, faceva trasparire ogni suo pensiero; timore, sbigottimento, confusione ed incertezza.

Il moro si domandò se, in quell'istante, la ragazza stesse ancora sentendo quella voce. La risposta sarebbe stata sì. Il tono ansioso di Alec continuava a rimbombarle nella mente, ma lei non poteva permettersi di estraniarsi e rispondere. Non in quel momento. Non con Will che la osservava sconvolto, chiedendole una spiegazione con quel suo sguardo disarmante. Ma cosa poteva dire? Non esisteva una scusa, non esisteva nulla. Non poteva parlare dell'anello della corte Seliee, o l'avrebbero denunciata all'Enclave. E non poteva neppure fargli credere che si fosse immaginato tutto; la stessa espressione della ragazza doveva essere eloquente.

-Cosa è stato?- intervenne in un soffio il moro, immobile al centro del corridoio, incapace di muovere gli arti od anche solo di battere le palpebre. La rossa lo osservò a lungo senza sapere davvero cosa dire. Era semplicemente senza parole. Le tornò in mente quando, solo poche ore prima, gli aveva rivelato di non avergli mai mentito. Si era sentita fiera di non averlo mai fatto e, in un moto di onorevole onestà, si era ripromessa che non lo avrebbe fatto neppure in futuro. Ora, però, non poteva davvero dire la verità. Chiuse gli occhi e respirò forte; Alec aveva smesso di parlare. Ora il suo cervello era finalmente libero di riflettere, avvolto da quel silenzio assolutamente assordante. Le parve che il tempo si fosse fermato, che persino le minuscole particelle di polvere sospese nell'aria avessero arrestato i loro movimenti. Era tutto estremamente onirico, ma non come in un bel sogno, di quelli che faceva quando si trovava tra le braccia di Jace. Questa volta le sembrava di trovarsi al centro di un enorme labirinto, ed era sola. Non sarebbe riuscita a fuggire.

-Allora?- incalzò nuovamente William, questa volta con voce più ferma -Prima trovo quell'anello, appartenente ad una famiglia che, so per certo, non ha discendenti in America. Ora sento questa... Cosa! E so, perché lo so, Clarissa, che è arrivata da lì!- e, nell'esclamarlo, il Nephilim puntò il proprio sguardo spaventato sul sottilissimo anello delle fate. La ragazza si domandò perché mai nel suo sguardo stesse trasparendo paura. Si disse che William Herondale, così impavido e temibile, non poteva davvero temere una cosa futile come un piccolo filo in metallo, sottile quanto un filo d'erba. Ma poi, come se qualcuno le avesse mormorato la verità all'orecchio, capì. Il moro non aveva paura dell'anello, quanto di lei. Di lei e della quantità di menzogne che gli aveva detto. Perché Will non era stupido, e aveva capito che sotto c'erano parecchie bugie. Clarissa sentì le lacrime premere forte per essere liberate. Sentì di non poterle contenere, che erano moltissime... Poi Jace giunse correndo, e se la tirò incontro, abbracciandola forte. La rossa si sentì letteralmente trascinata da un luogo di estrema sofferenza, ad uno dietro completo amore. Deglutì a vuoto.

-D'accordo...- esordì poi il biondo, sempre tenendo la ragazza stretta a sé -Si può sapere che succede?- sembrava arrabbiato -Non so se lo hai capito, ragazzone, ma lei è la mia ragazza.- ora stava sfoderando un tono sarcasticamente tagliente. Estremamente adatto ad un Herondale. William lo guardava sbigottito, sorpreso dall'improvvisa apparizione del ragazzo.

-Hai capito, Wilson?- incalzò infine.

Will gli lanciò un'occhiata velenosa -William.- Lo corresse dunque. Jace scrollò le spalle con disinteresse.

-L'importante è che tu abbia afferrato il concetto. Proprietà di Jace Her...- ma Clarissa intervenne, portando le proprie piccole mani contro le labbra sottili del fidanzato. Ma che diavolo faceva?! Spifferava una cosa come il proprio cognome? Perché?

Il biondo farfugliò qualcosa contro le labbra della rossa, ma nessuno vi fece caso. Quest'ultima, invece, si fece avanti.

-Scusalo, Will. È solo molto geloso.- disse quindi, segretamente grata a Jace per la sfuriata. Se non l'avesse fatta, probabilmente, Clary sarebbe scoppiata a piangere. William, però, non era stupido. William voleva sapere la verità.

-Clarissa, non mi interessa di cosa questo idiota faccia o pensi, ok?- Jace, alle spalle della rossa, ostentò un'espressione offesa. Ovviamente era prettamente srcastica.

-Io voglio solo sapere la verità. Voglio che la smetti di mentirmi, e voglio sapere perché hai un anello di famiglia non tuo, e perché ho sentito quella voce nella mia testa!- tornò a ripetere il moro, ormai allo sfinimento.Voleva davvero conoscere la verità. Voleva davvero che la sua unica amica smettesse di mentirgli. Si sentiva estremamente umiliato.

Alle spalle di Clary, il viso di Jace si fece improvvisamente serio. Tutto il sarcasmo e l'ironia svanirono veloci come un battito d'ali. Spazzati via. Le labbra si sciolsero in una linea apatica e gli occhi dorati smisero di brillare. Abbassò lo sguardo sulla ragazza.

-Ha toccato l'anello?- le domandò, come dimentico della presenza di William. Clarissa si voltò verso il fidanzato, per poi annuire. Aveva la fronte corrugata e l'espressione contratta in una palese ostentazione di dispiacere. Non l'aveva fatto di proposito. Will le aveva semplicemente afferrato la mano, era entrato in contatto con l'anello e, proprio in quell'istante, Alec l'aveva contattata. Per dirle chissà cosa.

-E ha visto il tuo?- incalzò il biondo. Non era adirato, quanto preoccupato -Magnus aveva detto qualcosa sui nostri cognomi... Mi ha fatto lasciare a New York l'anello, ma non so perché.-

Quella consapevolezza colpì Clary fortissimo. Sino ad allora aveva creduto che Jace sapesse che, come lui, anche William era un Herondale. Ed invece no. Magnus Bane gli aveva taciuto quella verità. Gliene doveva avere taciute il più possibile, e la rossa era certa di sapere il perché. Jace era infondo una persona estremamente fragile, memore di un passato privo di famiglia. Se solo avesse saputo chi era William, o chi Cecily...

-Alec ha detto che dobbiamo convincere Magnus. Dobbiamo farlo a tutti i costi. Stanno succedendo delle cose...- cambiò quindi discorso la ragazza. -Si è liberato del libro contenente la pozione per aiutarci.-

William, in disparte, ascoltava. Quei discorsi gli erano assolutamente incomprensibili, privi di alcuna logica. Parlavano, parlavano, parlavano di cose che sapevano solo loro. Citavano Magnus Bane, ma William non poteva davvero credere che Jace, appena giunto dal nuovo mondo, potesse conoscere lo stregone abitante a Londra. E poi parlavano di cognomi ed anelli, ed il biondo era preoccupato perché lui, Will, aveva visto quelli di Clarissa.

-Il solo che può aiutarci è Will.- disse infine la rossa, ed il moro tornò al presente -Solo lui è in stretti rapporti con il Magnus di questa epoca, e solo lui può portarci dallo stregone senza destare sospetti. Oltretutto...- la giovane esitò, lo sguardo basso e le mani congiunte contro il ventre -È il solo di cui io mi fidi qui dentro.- rivelò infine, sorprendendo entrambi i presenti. Jace, a quel punto, esitò non poco. Il ragazzo di fronte a sé non gli piaceva; negarlo sarebbe stato inutile. Non apprezzava i suoi atteggiamenti arroganti ed il suo modo di fare così incredibilmente convinto. Era estremamente consapevole di chi era, cosa doveva e poteva fare e, in particolare, come farlo. Il biondo si ritrovò a pensare che somigliava a lui in modo insopportabile. Eppure non importava quanto lo detestasse. La sola ed unica cosa che contava era che Clary si fidava, e che la sosta in quell'epoca doveva protendersi il meno possibile. Oltretutto, William sembrava già nutrire dubbi sui due, sembrava già sufficientemente coinvolto. Forse, metterlo in mezzo, non sarebbe stata una pessima decisione.

Jace mosse alcuni passi in avanti. Superò la figura snella di Clarissa e si posizionò di fronte al moro. Era alto più o meno come lui, con gli avambracci muscolosi e ricoperti di marchi. Indossava abiti sgualciti e lo osservava con malcelata diffidenza. Il biondo sorrise.

-Molto bene; ora ti darò qualche piccola informazione.- esordì Jace mentre, alle sue spalle, la ragazza prendeva a tremare. Cosa mai poteva volergli dire? Magnus aveva detto che meno persone venivano a sapere la verità, più semplice sarebbe stato salvaguardare la linea temporale. Deglutì a vuoto.

-L'anello dei Morgenstern che hai visto è un regalo che io feci a Clary tempo fa. Per me ha un enorme significato, molto più dell'anello appartenente alla mia famiglia.- William corrugò la fronte. Jace continuò a sorridere -L'altro anello, invece, è di fattura fatata. Ci permette di restare in contatto con i nostri amici.- Il biondo prese un profondo respiro. Di fronte a lui, Will sembrava estremamente diffidente.

-Non ha senso. Sono così confuso...- sbuffò il moro, portandosi una mano tra i capelli e lanciando un'occhiata veloce a Clarissa. Voleva una conferma e lei,con un veloce cenno del viso, gliela diede.

-È folle! Io so per certo che l'anello della famiglia Morgenstern è ora in Germania, con loro.- esclamò William -E perchè non avete mai parlato agli altri dell'anello magico? Non ha senso...-

-Oh sì, sì che ha senso.- intervenne Jace. Ora era agitato; faceva avanti-indietro nel corridoio, per quei due o tre metri di larghezza, di fronte all'altro ragazzo -Clary non avrebbe mai potuto dire nulla dell'anello, perché, in questa epoca, tra fate e nephilim non vi è alcun accordo di pace.- Ci volle qualche istante affinché il biondo si rendesse pienamente conto di ciò che aveva appena detto. Si bloccò d'improvviso, con il volto contro una parete fiocamente illuminata, e l'espressione ridotta ad una maschera trasudante colpa e vergogna. Clarissa, poco distante, aveva smesso di respirare. Il viso le si era fatto più pallido del solito, e le gambe, nascoste dalle lunghe gonne, tremavano nervosamente. Si disse che non poteva essere successo davvero, che Jace non poteva essersi davvero fatto sfuggire un dettaglio di cotanta importanza, e che forse William non aveva neppure sentito le loro parole. A quest'ultima possibilità, poi, vi si aggrappò disperatamente sino all'ultimo. Will poteva essersi distratto, no? Magari,perso nei propri pensieri, non aveva ascoltato con eccessiva attenzione ciò che era appena fuoriuscito dalle labbra seducenti di Jace....

Solamente che William era il miglior Nephilim dell'Istituto, e non gli sfuggiva nulla.

-Cosa significa?- domandò quindi, spezzando bruscamente il silenzio creatosi. Solo allora la rossa riprese a respirare. Solo allora capì cosa davvero stava accadendo. Erano finiti. Ciò che non doveva assolutamente succedere, stava irrimediabilmente accadendo.

-D-Di che parli?- Jace aveva appena balbettato. Si stava mettendo male. La voce del biondo era fuoriuscita più acuta del solito, come strozzata, e la giovane, poco distante, era semplicemente pietrificata.

-Voi non appartenete a questa epoca?! Ho capito bene?- Quella che aveva appena posto Wiliam, si disse Clary, non era assolutamente una domanda. O, se lo era, era indubbiamente retorica. Non gli serviva una risposta, perché gli era appena stata servita su un piatto d'argento. E, come se quello non fosse bastato, Jace e la rossa, con il loro agitarsi ed irrigidirsi, non facevano che rendergli ancora più palese la situazione. Ed era folle. Impossibile. Eppure...

-Oddio, Magnus mi ucciderà... L'unica cosa che non doveva succedere...- farfugliò in un sospiro sconfortato il biondo. Aveva rivolto il viso al soffitto ed aveva una mano contro le labbra. Le parole erano così risuonate compromesse. Compromesse, ma non incomprensibili.

-È impossibile.- Intervenne però il moro, brusco e sconvolto. I muscoli erano visibilmente irrigiditi; in particolare le braccia, tese lungo i fianchi del ragazzo, sembravano fatte in marmo -È assolutamente privo di senso...- una pausa breve -S-se davvero fosse così, allora il tuo anello dovrebbe stare a significare che sei una Morgenstern? Che...-

Clarissa annuì, per poi muovere un passo in avanti. William non trovò la forza di reagire in alcun modo.

-Io sono una Morgenstern... Morgenstern e Fairchild.- mormorò la ragazza. Le gonne le si muovevano attorno alle gambe magre. Era estremamente elegante, estremamente attenta ad ogni movimento. Era folle. Ciò che gli stava dicendo era privo di alcun senso.

-Charlotte...- biascicò il cacciatore come in trans, lo sguardo rivolto ad un punto imprecisato oltre la giovane -I Morgenstern... Il futuro. È per forza così. I-I Morgenstern ed i Fairchild non sono mai convolati a nozze altrimenti...- La voce di Will si arrestò. Lo sguardo gli cadde sul viso della ragazza; ne mirò il viso bello, la pelle pallida (di origini tedesche?), gli occhi verdi ed i capelli rossi. Forse era vero... Vi erano tratti nordici, ma vi era al contempo qualcosa di particolarmente... Non sapeva come definirlo.

-Oddio...-

-Mi credi?- domandò la rossa. Il tono della voce nascondeva una tensione non indifferente.

-I-Io immagino di sì.- esitò il moro. Era indubbiamente spaesato, e sembrava dovere prendere profondi respiri per mantenere lucidità. William sembrava sul punto di svenire, e Clarissa si domandò se, oltre i pantaloni scuri, gli stessero tremando le ginocchia -Ma è folle... Come... Come può essere successo?-

-Magnus. Magnus l'ha per errore spedita sin qui.- rispose questa volta Jace. Ora che si era fatto sfuggire tutto, ed ora che William sembrava avere capito, il biondo non risultava più molto restio a parlare. Eppure la fronte era ancora corrugata.

-Magnus quindi...- Il moro puntò i propri occhi azzurri contro la figura snella e non troppo alta della ragazza -Lo conoscevi per questo motivo? E lui sa...- La rossa neppure gli permise di concludere la domanda. Annuì semplicemente.

-Ma non capisco, Clarissa. Perché non ci hai chiesto aiuto sin da principio?-

A Clary tornò alla mente Zaccaria. Non lo Zaccaria appartenente al milleottocentosettantotto, malato ed apparentemente senza speranze di farcela, ma quello del suo presente, vivo e combattivo, affiancato dalla pacata Theresa Grey. A seguito della guerra lo aveva sentito dire qualcosa. Qualcosa riguardante una storia antica, un racconto in cui facevano da protagonisti Herondale, Lightwood e Fairchild. Solo in quel momento la rossa si rese conto di essere finita proprio nel mezzo di quella storia. Sentì un tonfo di inspiegabile gioia al cuore.

-Perchè sapere la verità è incredibilmente rischioso, per voi e per noi.- disse infine la giovane, ostentando un tono teso ma pacato.

-...Un paradosso?- ma neppure quella era una domanda. William sapeva cosa era un paradosso e, essendo Clary una Fairchild, gli doveva essere risultato lampante tale problema. Ora il moro teneva lo sguardo basso, contro il pavimento. Sia Jace che la ragazza non potevano fare a meno di chiedersi cosa potesse passare per la testa di quel Nephilim arrogante. Tutta la sua spavalderia era svanita. Da impavido a pavido. Lo videro corrugare la fronte, deglutire a vuoto, e prendere un profondo respiro. Infine parlò;

-Tu...- esordì, sollevando il viso e guardando Jace -Tu allora chi sei? Hai detto che Magnus ti ha costretto a nascondere il tuo anello... Ciò significa che sei qualcuno di compromettente, no?- Clary prese a tremare. William continuava a fare domande, ad esporre deduzioni straordinariamente esatte. Clarissa sapeva che né Jace, né tantomeno Will erano al corrente di essere entrambi Herondale. Ma cosa poteva fare?

-Sei un Lightwood?-

Basta, Will. Ti prego. Clary stava per impazzire.

-Un Carstairs?-

La ragazza si voltò verso Jace. Lo vide improvvisamente conscio di qualcosa; aveva appena capito che, se Magnus gli aveva fatto nascondere l'anello, era perché, da qualche parte, vi era un Herondale. E fu nell'incontrare quello sguardo che Clarissa comprese che non sarebbe riuscita ad evitare che accadesse. Jace stava già parlando.

-Io sono un Herondale.-

Ed il silenzio cadde pesante tra i tre.

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