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19.


Future's Drop.

Il meraviglioso tepore che Clarissa avvertiva chiaramente tutto attorno a sé le pareva un sogno. Ogni cellula del proprio corpo emanava calore, beatitudine e pacata tranquillità. Era come essere avvolti da una spessa e morbida coperta, come ritrovarsi improvvisamente coscienti dopo uno splendido sogno, uno di quelli che ti permette di sorridere tutto il giorno e di camminare senza avvertire neppure il più minimo degli sforzi. Eppure tutta quella placida bellezza e quella assuefacente calma non era dovuta ad un sogno, quanto alle braccia di Jace che la avvolgevano totalmente. L'abbraccio del biondo, riflettè la ragazza, guardandolo sorridente sempre stesa al suo fianco, era diverso da ogni altro avesse mai saggiato nella propria esistenza; non si avvicinava minimamente alla stretta forte e apprensiva di Jocelyn, né tantomeno poteva essere comparata a quella più dolce ed imbranata di Simon. No. Quando era Jace a strigersela al petto, lo faceva con una passione ed una disperazione tale, da farla tremare. Clary si sentiva estremamente importante quando si trovava tra le sue braccia, si sentiva come una principessa. Poteva avvertire con assoluta chiarezza quanto effettivamente il biondo la volesse, e non solo in un modo prettamente fisico. Il Nephilim la desiderava in ogni singolo modo, con mente, anima e corpo, in modo quasi assordante, da farle battere il cuore in modo incontrollato. E lei faceva altrettanto. Sperava solo che il ragazzo se ne fosse reso conto. Sempre sorridendo, gli portò una mano sul viso, contro la fronte liscia. Jace stava ancora dormendo. La rossa, invece, aveva riaperto gli occhi. Non era certa di quanto tempo fosse rimasta assopita, ma non importava. Se passato insieme al biondo, nessun istante risultava sprecato. Mentre rifletteva su questo, lasciò scivolare la propria piccola mano giù, sino alla mascella, ed infine sul collo. Glielo carezzò delicatamente, sfiorando i marchi che, oltre il colletto della camicia, spiccavano chiaramente. Sorrise. Le tornò alla mente la sera in cui sua madre si era sposata con Luke, della splendida nottata trascorsa con Jace, dell'odore di candele profumate nell'aria, di lei, Jace, Alec, Magnus, Simon ed Izzie che camminavano. Per qualche ragione, persino quella piccolezza le scaldò il cuore. La verità era che quello era stato uno dei primi momenti di vera gioia dopo un'infinità di sofferenza; dopo Valentine, Sebastian, Lilith e le fate. E spesso, in tutta onestà, la rossa si era ripetuta che, forse, era persino stato il momento migliore di tutta la propria vita.

Abbassando definitivamente la mano, Clarissa puntò lo sguardo oltre la finestra. Prima di coricarsi con lei, Jace aveva dimenticato le tende leggermente scostate. In questo modo, ora la ragazza poteva intravedere chiaramente il paesaggio esterno, le nuvole in cielo, e le piccole chiazze limpide oltre le quali filtravano i raggi del sole. Non era molto alto, constatò la ragazza. Probabilmente era quasi ora di cena. Valutò l'ipotesi di svegliare il fidanzato, ma cambiò velocemente idea; infondo aveva appena compiuto un viaggio lungo centotrenta anni e più. Doveva essere stanco, no?

Perciò, muovendosi felpata e valutando bene ogni mossa, la ragazza si alzò, lasciando a Jace la possibilità di dormire ancora qualche ora. Clarissa, invece, si sistemò il vestito -ora sgualcito e storto- e, una volta fatto, si diresse fuori dalla stanza, nel lungo corridoio illuminato da sporadiche stregaluci. Si mosse leggiadra, diretta al piano inferiore, ma non riuscì neppure a raggiungere i gradini; la porta di una stanza, infatti, si aprì non appena lei vi passò di fronte, attirando non poco la sua attenzione. Voltatasi verso il rumore provocato dalla serratura, riconobbe immediatamente la figura di William. Sorrise leggermente. Non si era resa conto di essere passata di fronte alla sua camera da letto.

-Come sta James?- domandò quindi Clarissa, più per educazione che per effettiva apprensione. La verità era che lei, semplicemente, sapeva che Zaccaria non sarebbe morto. Non importava quante crisi la droga gli avrebbe provocato. Lui sarebbe sopravvissuto, sarebbe diventato Fratello Silente, ma Jace lo avrebbe infine reso nuovamente umano. E James avrebbe riincontrato Tessa. Ed avrebbe per sempre rimpianto la morte di Will, la persona che più aveva amato al mondo. Forse era per quel motivo che Clarissa proprio non riusciva a provare apprensione per James, per quanto gli volesse bene e per quanto gli fosse grata (per l'aiuto che avrebbe più dato durante la guerra, si intende). Perché, nonostante tutte le sofferenze che avrebbe provato, Zaccaria avrebbe infine ottenuto il proprio lieto fine. A differenza di William. La sola certezza che la rossa aveva sul moro era che sarebbe morto.

William si chiuse la porta della propria stanza alle spalle, restando solo in corridoio, insieme a Clary. Lanciò un'occhiata in direzione della stanza di Jace, ma non disse nulla. Tornò invece a contemplare il volto della ragazza.

-Sta molto meglio. Ora dovrebbe essere di sotto, con Tessa.- rispose il moro, portandosi una mano tra i capelli scuri. Lì ravvivò con un gesto veloce -Mi dispiace per averti fatto correre sino al porto stamane. Solo che tu sei...- si fermò, mordendosi il labbro inferiore e respirando forte -Sei la sola persona che mi resta.- ed era sincero. Cecily aveva già abbastanza a cui pensare senza doversi occupare dei problemi d'amore del proprio fratellone egoista. Quello che l'aveva abbandonata dopo la morte della sorella. Riguardo agli altri poi... Non poteva certo dire a tutti di essere follemente e perdutamente innamorato della fidanzata del proprio parabatai. Era vergognoso.

La rossa gli sorrise. Gli portò una mano sulla spalla in un gesto di sincero dispiacere, e cercò il suo bellissimo sguardo oltre i capelli un po' troppo lunghi. Quando lo incontrò, rimase stupita qualche istante. Le succedeva sempre. Gli occhi di Will esprimevano molto più delle sue sole parole. Ed in quel momento, con lo sguardo lucido e la pupilla tremante, lui la stava pregando. La pregava di restare ancora un po'. Solo un altro po'.

Perché William aveva capito che, se Jace era lì, era per riportarla a casa. William aveva improvvisamente capito quanto poco gli interessasse dell'anello dei Morgenstern, di quel dettaglio che aveva in realtà un'importanza immensa.

-Lo sai che anche io tengo moltissimo a te, William. No?-

Il moro abbassò lo sguardo. Clarissa lo stava cercando di rassicurare, gli parlava come se fosse un bambino, e forse lo era. Era così orribilmente egoista... Eppure era bellissimo udire quelle parole. Improvvisamente gli occhi del ragazzo si posarono contro la porta della stanza del presunto Jace. Sapeva che Clary era uscita da lì. Sapeva che ora aveva il vestito sgualcito. Ma ora lei era con lui, e non con quel ragazzo che, una volta arrivato all'Istituto, era corso ad abbracciarla, facendola piangere di felicità. In quel momento, che era il solo che contava, la rossa era con lui.

-Quando ve ne andrete?-

La curiosità che traspariva da quella domanda era disarmante e disperata. William voleva davvero sapere se la sua più grande salvezza era sul punto di abbandonarlo o meno. Ormai Clary era diventata come un angelo, altrettanto splendente.

La ragazza sorrise mestamente, carezzandosi la superficie liscia della propria ampia gonna. Jace aveva detto che, per andare, avrebbero dovuto aspettare ancora qualche tempo. Probabilmente c'era qualcosa che dovevano fare. Assolutamente.

-Non lo so.- disse quindi, in completa sincerità -Ma, fino a quando resterò qui, potrai sempre contare su di me.-

E quello, decise William, era abbastanza.

~~~

Cenarono velocemente, di un pasto abbondante ed assolutamente prelibato, e Clarissa, nel frattempo, venne sottoposta ad un accuratissimo interrogatorio riguardante l'aitante giovane che, solo qualche ora prima, aveva fatto bella mostra di sé all'ingresso. Quasi tutte le domande venivano da Charlotte, poche da William. Quest'ultimo era soprattutto interessato a sapere come avesse fatto Jace ad arrivare sin lì, come avesse saputo che era proprio a Londra che la rossa si era temporaneamente stabilita. La giovane decise di mantenersi il più possibile sul vago nel rispondere. Il tutto, però, senza risultare indegna di fiducia o superficiale. Disse che il biondo aveva affrontato un lungo viaggio, che era grazie ad uno stregone se aveva conosciuto l'ubicazione della ragazza e che il tempo di partire non era ancora giunto, perché una partenza prematura avrebbe potuto portare ad orribili conseguenze. E, nel raccontare queste cose, Clarissa non mentì neppure un istante. Infondo Jace aveva davvero compiuto un lungo viaggio, sia spaziale che temporale. Era stato Magnus, ovvero uno stregone, a dirgli dove lei si trovava. Ed era infine vero che, se solo fossero partiti senza le dovute precauzioni, sarebbero andati incontro ad un paradosso. Insomma, lei non mentiva. Ometteva semplicemente dettagli di considerevole importanza.

-Vi sposerete?- domandò infine la voce squillante di Cecily, seduta distante. La rossa tirò un sospiro di sollievo nel voltarsi verso la giovane Herondale. Probabilmente le domande più complicate erano finite. Ringraziò mentalmente la ragazzina prima di risponderle.

-Non lo so. Insomma, non è un po' presto per pensare a sviluppi del genere?- fece la giovane, sistemandosi un ciuffo ramato -Insomma, fintanto che sono con Jace, anche solo in compagnia, per me è sufficiente.-

E nonostante Clary avesse creduto di avere appena dato ai presenti una risposta dall'ammirevole maturità, tutti i presenti (eccetto forse Gideon) la guardavano confusi e sgomenti. Abbassò lo sguardo. Cosa aveva detto questa volta?

-Vuoi dire che vi frequentate semplicemente?- domandò nuovamente Cecily, forse un po' delusa. O, almeno, questo era ciò che traspariva dal suo visetto giovane. Teneva i capelli sciolti sulle spalle, belli e lunghi. Somigliava in modo disarmante al fratello -Ma il tuo anello! Io credevo fosse una fede, od una promessa...-

Per qualche istante la rossa credette che Cecily si stesse riferendo all'anello dei Morgenstern. E forse fu per questo che, allarmata, si ritrovò ad osservare scioccata il viso di William, sistemato al suo fianco. Ma Will non l'avrebbe mai tradita, no? Ne era stata certa, sin dal principio.

Vide il cacciatore indicarle, sotto il tavolo, la mano sinistra, e subito Clarissa capì. La ragazzina si stava riferendo all'anello delle fate. L'erede di Charlotte Fairchild si ritrovò a sorridere stupidamente grata. Sollevò dunque l'anulare attorno al quale splendeva il piccolo filo metallico di fattura fatata.

-Questo mi è stato regalato dal mio migliore amico, non da Jace.- si giustificò quindi e, se possibile, il viso dei presenti si fece ancora più sbigottito. Clarissa avvampò e pensò di dire che non era poi così strano, in America, ricevere regali del genere da un amico. Però anche Tessa, americana quanto lei, era sconvolta, e la scusa non avrebbe funzionato.

Fortunatamente, proprio in quell'istante, Jace spuntò oltre la soglia dell'ampio salone. Sorrise ai presenti ed ostentò un "buonasera" educato e che doveva essergli assolutamente atipico. Lui che era così solito all'arroganza. Lanciò un'occhiata all'intera tavolata, contemplò i vari posti e si sedette infine al fianco di William, cioè il più vicino possibile a Clarissa.

-Come si suol dire, si parla del diavolo è spuntan le corna.- sghignazzò sempre Cecily. Doveva esserle accaduto qualcosa di bello, riflettè Clarissa. Quella sera era particolarmente loquace. Forse aveva fatto dieci su dieci tiri perfetti con i coltelli, o qualcosa del genere. Insomma,qualcosa da Nephilim. Da Herondale.

Jace, non nascondendolo affatto, affilò le proprie labbra in un sorriso sghembo. Voltò il viso in direzione di Cecily e, ostentando un'innocenza che non gli apparteneva, parlò -Parlavate di me, signorina...?-

-Mi chiamo Cecily.- si affrettò a dire la ragazzina, sistemandosi una ciocca ebano dietro le spalle -E comunque sì. Sai, Clarissa ci stava raccontando dell'anello regalatole dal suo amico... E noi che credavamo fosse un dono da parte tua.-

Il biondo non comprese davvero il senso della frecciatina da parte della ragazzina. Si limitò perciò ad annuire e prendere un primo boccone di cibo. Ne saggió con soddisfazione il sapore pieno e gustoso, per poi intervenire.

-Delizioso!- esclamò sincero, memore della pessima cucina di Isabelle -Complimenti al cuoco, non c'è che dire!-

Clarissa rise, immaginando ciò a cui doveva essere abituato il fidanzato, tra cui carne troppo gommosa e piatti precotti scaldati male. Quel ben di Dio, per lui, doveva essere assolutamente imperdibile.

-Dovresti andarle a fare i complimenti...- mormorò tra i denti William, indicando con la punta della propria forchetta la soglia che portava alla cucina -Magari smette di cantare.-

Dall'altra parte del tavolo, Tessa sorrise leggermente. James, al suo fianco, invece, rimaneva apatico e distante, silenzioso a contemplare il proprio piatto ancora pieno di cibo. Clarissa ricordò le parole che gli aveva rivolto Will e capì immediatamente la ragione dietro a quell'atteggiamento. Non lo biasimò.

-In tutta onestà, credo che non smetterà mai.- disse Gideon Lightwood, per una volta senza l'intenzione di offendere o prendere in giro il moro. Jace rise, continuando a mangiare soddisfatto. E a quel punto, stregata ed incapace di evitarlo, la rossa si ritrovò a contemplare i due ragazzi seduti vicini. Osservò la forma dei loro volti, il taglio degli occhi, la linea che le labbra disegnavano. Erano estremamente diversi, eppure altrettanto simili. Erano entrambi Herondale. Ed essendo William il solo a potere trasmettere il cognome, era ormai tempo che Clarissa aveva dedotto essere lui il più prossimo antenato di Jace. Non Cecily, ma Will. Ed ora erano spalla a spalla. La ragazza si domandò come Jace potesse ostentare tanta calma in una situazione del genere, ma presto la domanda venne spazzata via. Il biondo la stava guarando, e gesticolava appena. Voleva dirle qualcosa. Lo vide abbassare lo sguardo sulla propria mano sinistra, poi su quella di lei. Clary fece altrettanto, incontrando l'anello delle fate. Voleva che lo usasse. Bene.

Simon? Magnus?, domandò la ragazza mentalmente. Si era estraniata dai presenti il più possibile. Teneva lo sguardo fermo su un angolo della tovaglia ed attendeva risposta.
Clary!, esclamò una voce estremamente sorpresa. Non si trattava né dello stregone, né del riccio, riflettè subito la rossa. Quel tono però, così incredibilmente apprensivo e severo, le era familiare. Si ritrovò a sorridere.
Alec, ciao, lo salutò, scoprendo che le era mancato persino lui. Perché hai indosso l'anello?

Se fosse stato possibile, Clarissa avrebbe udito persino un sospiro scocciato provenire dal parabatai del proprio amato.
Magnus è dovuto uscire, mentre Simon sta parlando con tua madre, spiegò il ragazzo, però Mag mi ha lasciato dette alcune cose.

E Jace lo sapeva, riflettè la ragazza, altrimenti non le avrebbe mai detto di contattare il presente in quell'istante, in pubblico. Si impose di rimanere attenta essere recettiva, come non lo era mai stata.
Dimmi pure, Alec, sono tutta orecchi.

Mi ha detto che tu e Jace dovete convincere il suo alterego ad aiutarvi, che è di estrema importanza farlo. A sua detta, accetterà persino che usiate le cattive, e non dovete dargli più alcuna informazione relativa al presente, cioè al futuro. Alec sembrava confuso.
Ha detto che, più informazioni avrà, più difficile sarà sistemare le cose. E già si sta mettendo male, mormorò il ragazzo.

Clarissa sussultò. Perché male?

Magnus mi ha detto che gli manca un libro. Il libro in cui era scritta la ricetta per la pozione in grado di aiutarvi. La voce del Nephilim era amareggiata, dispiaciuta. È davvero strano, Clary. Io ricordo chiaramente quel libro.

La rossa riflettè. Quello era un problema molto più grave di quanto avrebbe voluto; senza libro, ovvero senza pozione, sarebbe stato impossibile lasciare il passato senza imprimere in esso terribili conseguenze. Ma cosa poteva essere successo? Cosa esattamente se non... Alec, possibile che il Magnus del passato se ne sia liberato?

La risposta, questa volta, tardò ad arrivare. Ma non capisco... Gli effetti dei cambiamenti dovrebbero prendere forma solo una volta che avrete varcato nuovamente le soglie della nostra epoca.

Clary negò in fretta. Quel libro, però, non apparteneva alla nostra epoca, quanto a questa. Una volta che io e Jace saremo tornati, probabilmente, Magnus ricorderà persino il modo in cui se ne è liberato.

Ed ora che facciamo?, domandò con un filo di voce Alexander. Clarissa deglutì a vuoto.

Andremo da Magnus e gli parleremo. Ora vado, e chiuse il collegamento. Si voltò poi verso Will.

Doveva avere il volto pallido e l'espressione sconvolta, perché il moro non potè evitare di domandarle se si sentisse bene. La ragazza, però, non gli rispose. Disse invece altro, in un fil di voce, così che solo lui potesse sentirla; -William, dobbiamo andare da Magnus.-

TBC

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