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15.

Future's Drop.


Le prime luci dell'alba presero a filtrare dalla finestra del salotto. Magnus, immobile sul divano, intento a contemplare la fioca e piccola fiamma di una candela, rifletteva in silenzio. Quella notte, preso completamente dai propri pensieri, non era minimamente riuscito a dormire. Era affogato nei sensi di colpa a lungo,  rimproverandosi più  e più volte per la propria imperdonabile negligenza, per il fatto che Clary si trovasse in un'epoca così orribilmente compromessa. Aveva detto ad Alec che lo avrebbe raggiunto, ma non lo aveva mai fatto. Non era riuscito a muoversi. Si era invece  limitato a sospirare sonoramente, alle prese con un'infinità di dubbi, intento a contemplare l'anello sottile che gli avrebbe permesso di contattare la rossa al più presto. Doveva solo aspettare il mattino, si era detto a lungo. Doveva solo aspettare il suo risveglio. Ma perché ostentava tutta quella fretta? Così tanta, da ridursi a smettere di respirare? La risposta era in parte estremamente stupida, eppure anche incredibilmente importante; non sarebbero riusciti a mantenere Jocelyn ignara di tutto ancora per molto -e questo era il punto futile-. Simon non sapeva più cosa inventarsi, e Luke aveva preso a chiamare Jace con sempre maggiore frequenza. L'altro problema era invece che più tempo Clarissa sarebbe rimasta in quell'epoca, più difficile sarebbe stato trovare un modo per evitare il paradosso temporale. E, a questo proposito, vi erano ben poche soluzioni. In quel momento, in particolare, Magnus rifletteva riguardo una determinata pozione; un composto in grado di modellare a piacimento dell'incantatore la memoria di colui che ingeriva il tutto. Quello, si era detto il moro, sarebbe stato il modo più semplice per aiutare Clary e preservare la struttura temporale così come tutti la conoscevano. Però avrebbe anche dovuto trovare un modo per rifilare il composto agli interessati: Tessa, James ed il Magnus del passato.  Ma, al momento, era il caso di porsi un problema per volta.

Perciò, sfoderando un mezzo sorriso e lanciando un'ultima occhiata ai primi raggi solari,  lo stregone afferrò l'anello.

~~~

Una delle cose che Clarissa più odiava era  certamente il vuoto, il nulla, l'inesistenza. Persino quando vedeva un foglio completamente bianco provava una sorta di insopportabile fastidio, un impulso che la costringeva ad afferrare svelta una matita od un pastello, per poi prendere  a disegnare senza sosta. Tutto, a parere della rossa, era meglio di un vuoto nulla. Persino una goccia di caffè erroneamente caduta sulla carta pallida. Perciò, vivere una notte senza sogni proprio come quella appena trascorsa era forse peggio di un incubo  a parere della ragazza. Perché nel nulla la mente aveva la straordinaria capacità di riflettere, di arrovellarsi e di spaventarla. Perché, avvolta da quel silenzio, le tornavano in mente tutti i problemi che la stavano lentamente attaccando: l'epoca sbagliata, la dolorosa mancanza dei propri amici, il terrore di non potere più fuggire. Non osava neppure immaginare come potesse essere la propria New York nel milleottocentosettantotto; senza auto, schiamazzi, l'amata caffetteria... Senza Simon e Jace.

Sentì una spiacevole sensazione soffocarla, e subito aprì gli occhi, scontrandoli con un flebile fascio di luce che, tra una tenda e l'altra, non poteva evitare di filtrare all'interno. Sospirò, per poi sollevarsi a sedere. Lentamente -troppo lentamente- la spiacevole sensazione svanì, e la giovane tornò in sé. Ricordò gli eventi della sera prima e, tra sentimenti di sconforto e di estrema gioia, le tornò alla mente anche che, proprio in quell'istante, avvolto attorno al suo sottilissimo anulare, vi era un anello in grado di salvarle la vita ed instillarle speranza. Abbassò lo sguardo sul filo in brillante metallo e sorrise. E, proprio in quell'istante, come leggendole dentro, l'anello parlò.
Clary? Sei sveglia?

La giovane sussultò. Era strano non sentire la voce di Simon in testa, quella a cui si era abituata mesi prima. Eppure doveva ricordare bene che l'anello era a portata di quattro persone: Simon, Jace,  Magnus ed Alec. Ed in quel momento, a parlarle, era stato indubbiamente lo stregone, con quella sua voce maliziosa e suadente. Però, constatò silenziosamente la ragazza, le era sembrato anche leggermente agitato. Si impose un tono di voce tranquillo, e si diede immediatamente della stupida. Infondo doveva pensare, non parlare.
Sì, Magnus. Cosa succede?, domandò quindi, mentre si alzava in piedi e raggiungeva l'ampia finestra della stanza. Aprì le tende, rivelando il paesaggio di una Londra stranamente soleggiata nel bel mezzo della rivoluzione industriale. La risposta dello stregone non si fece attendere.
Zaccaria e Tessa non sono raggiungibili, mentì l'uomo, ostentando una voce pacata. Nessuno, neppure una macchina della verità, sarebbe stato in grado di intravedere la menzogna oltre quelle parole. Però, Clarissa, so come aiutarti, proseguì quindi il moro. Vedi, esiste una pozione in grado di cancellare parte della memoria dei soggetti che la assumono. Potresti chiedere alla mia controparte di crearla, sono certo che- ma Clarissa lo interruppe prontamente, avvertendo un'improvvisa sensazione di sconforto.
Non posso, Magnus, mormorò allo stregone con voce lenta e pacata, il te  stesso del passato non vuole aiutare me, ma William.

C-Cosa significa?

Tu, cioè lui, disse la ragazza confusa, crede che io possa rappresentare un futuro felice per William, concluse infine, sempre affacciata alla finestra, con le labbra serrate e gli occhi tristi. Se qualcuno l'avesse sorpresa in quello stato, probabilmente, avrebbe creduto che si trovasse in stato di shock. Ed invece era semplicemente concentrata su una conversazione a distanza di secoli.

Questa volta, la risposta di Magnus si fece attendere. Clarissa lo immaginò sospirare pesantemente, infastidito, per poi massaggarsi la fronte spolverata di qualche manciata di glitter violacei. Lo immaginò seduto su una delle tante sedie dall'aspetto ricercato che si trovavano nell'appartamento del ragazzo stesso, solo, all'alba, con le labbra strette in un'espressione quasi severa. Lo immaginò riflettere attentamente e ponderare con altrettanta cautela ogni, possibile opzione. E pregò silenziosamente affinché lui potesse davvero aiutarla. Infine, quando il silenzio parve essersi propagato per ore, la voce dello stregone tornò  a rimbombare nella mente di lei.
Clarissa, devo andare a cercare gli altri..., mormorò quasi distratto, facendo corrugare la fronte alla giovane. Quest'ultima si voltò, lasciandosi alle spalle l'ampia finestra della stanza e dirigendosi invece verso lo specchio della toeletta. Mirò il proprio riflesso qualche istante, trovandolo straordinariamente pallido. Era decisamente sconvolta dal susseguirsi di eventi che l'avevano travolta, per non parlare poi dell'ansia che la attanagliava al solo pensiero di trovarsi effettivamente a centotrenta anni di distanza da Jace. Dal ragazzo grazie al quale trovava la forza di respirare.
D'accordo Magnus, acconsentì infine, quasi tremando, ma contattami al più presto, ti prego.

E la connessione svanì.

~~~

Colpito da un flebile raggio solare, William si costrinse a sollevare lentamente le palpebre. Nel mentre, si disse  che, con ogni probabilità, doveva essere appena l'alba e che, forse, avrebbe avuto qualche minuto per allenarsi in armeria prima della colazione. Avrebbe potuto fare un paio di lanci di coltelli, o magari affinare la propria destrezza con l'arco lungo e composto. Tutto pur di non pensare. Qualsiasi cosa pur di dimenticarsi dei problemi e della realtà. A seguito di un lungo sospiro, gli occhi del Nephilim di schiusero; oltre l'ampia finestra dalle tende già scostate poteva intravedere una fetta di firmamento. Stranamente, osservò silenziosamente, non vi era neppure una nuvola in cielo. Un tempo tutt'altro che consono a Londra. Sorrise leggermente. Che si trattasse di buon auspicio?  Che l'Angelo volesse concedergli poche ore di pace? Probabilmente no. Probabilmente stava solo che fantasticando,  con parte dei capelli scuri che gli ricadevano in viso, e le palpebre pesanti per la stanchezza. Allungò le gambe sotto le lenzuola fresche, per poi rotolare su un altro fianco -sempre sdraiato sopra il letto comodo-. Ciò che vide per poco non lo fece gridare; Tessa si trovava proprio al suo fianco, stesa morbidamente sotto le lenzuola, con i lunghi capelli aperti a ventaglio sul cuscino, la veste spiegazzata ed il viso dolcemente addormentato. La bocca era schiusa, e Will poteva udire i suoi leggeri respiri entrare ed uscire da quelle meravigliose labbra. Le stesse che, ricordò d'improvviso, aveva saggiato proprio quella notte. Qualcosa al centro del petto del ragazzo prese a bruciare. In parte per odio, ed in parte per amore. Odio perché, nell'abbandonarsi  a Tessa, Will aveva dimenticato Jem, lo aveva lasciato indietro. Jem che era il suo fratello d'arma, ed al quale restava davvero troppo poco da vivere. Eppure provava anche un folle amore, perché Tessa era la persona che più era in grado di riscaldargli il cuore. E, per quanto potesse avere mancato di rispetto a Jem, lo aveva fatto per godere di un piacere estremamente sublime. E non era certo di potersene pienamente pentire.

E questo lo faceva sentire estremamente in colpa.

D'improvviso, gli occhi di Tessa si aprirono, rivelando il loro meraviglioso colore argentato, infinito e magico. William amava il suo sguardo così caratteristico e ricercato. Ad essere onesti, era abbastanza sicuro di non avere mai visto, in tutta la propria piena ed intrepida esistenza, degli occhi tanto splendidi; neppure quelli di Jem, innaturalmente argentei, potevano essere comparati a quelli della bella signorina Gray. La vide allungare le braccia verso l'alto ed inarcare la schiena per stirarsi meglio. La sentì sospirare di piacevole conforto e poi prendere a mirarlo, prima con ingenuo incanto, poi con sempre maggiore consapevolezza. Infine, William la vide scattare in piedi sconvolta, con la veste cadente che le scopriva una spalla ed i capelli sciolti a ricaderle sin sotto il seno. Lo sguardo era ora perso nel vuoto, disgustato. Gli occhi lucidi riflettevano un senso di colpa incomparabile, e tutto ciò che il ragazzo si sentiva di potere fare era gridare. Perché con quell'espressione, Tessa rischiava seriamente di ucciderlo. Se avesse continuato a guardarlo in quel modo -come non fosse altro che spazzatura- era certo che l'avrebbe pregata  di eliminarlo.

-Oddio...- trovò infine la forza di mormorare la ragazza, quasi come sentisse l'impulso di vomitare. Sentiva la gola dolerle e lo stomaco non faceva che contorcerlesi fastidiosamente. William deglutì  a vuoto. Non aveva la forza di risponderle, né tantomeno di difendersi. Ciò che era successo quella notte, per quanto fossero stati solo che un'infinità di baci, era stato un errore madornale. E lei non faceva che guardarlo con disgusto. Disgusto di lui, e disgusto di sé.

-No, no, no, no...- prese improvvisamente a farfugliare, lo sguardo basso e le mani posate sul viso -Non può essere successo. È orribile...-

E, di fronte quell'ultima parola, William ritrovò tutta la propria voce. Si sistemò seduto sul letto, con le lenzuola a coprirgli sino al bacino. Era a torso nudo, e temeva quasi che Tessa potesse vedergli il cuore battergli fuori controllo. Oltre la pelle, oltre le ossa ed  oltre il sangue.

-Orribile?- domandò infine, frustrato -Puoi dire ciò che vuoi, ma non osare definirlo orribile. Eravamo entrambi qui questa notte, consci di ciò che accadeva, senza liquori o fumo...- prese una pausa, guardandola dritto negli occhi, estremamente offeso -Puoi dire ciò che vuoi, ma non che è stato orribile.-

La ragazza rimase in silenzio qualche istante, colta sul vivo. Era vero; non era stato orribile. Era stato bellissimo, ma lei doveva sposarsi, e doveva farlo presto. E non poteva certo ammettere, nel frattanto, di essere innamorata di due ragazzi. Ma forse, si disse muovendo qualche passo verso William, con le lacrime agli occhi, forse avrebbe potuto dire la verità almeno a lui. Perché quella sarebbe stata l'ultima volta.

Gli si accostò, si chinò sul materasso morbido del letto, ed avvicinò il proprio piccolo e magro viso a quello elegante e seducente di Will. Osservò i suoi occhi a lungo, e li trovò estremamente fragili, imploranti. Sentì un'estenuante tristezza instillarlesi dentro e prendere  a dilaniarla lentamente. Lo trovò estremamente doloroso.

Infine, chiudendo gli occhi e prendendo un profondo respiro, compì l'ultimo passo. Fece coincidere le proprie morbide labbra a quelle più ruvide di lui,come modellate da anni di guerra. Lo baciò con passione, dimenticando la dolcezza che, in quel momento, stava provando dentro. Fece aderire il proprio petto a quello del ragazzo, e sollevò le mani sino ad aggrapparsi ai suoi capelli. Lui, però, non mosse di un millimetro le proprie, continuando a tenersi aggrappato alle lenzuola del letto, come timoroso di trovarsi immerso in un sogno. Tessa provò pena per lui, per il folle amore che provava e per il fatto che anche lei lo ricambiasse. Infine, quando il bacio si concluse, la donna cercò lo sguardo del ragazzo. Vi artigliò il proprio e sorrise mesta.

-Io ti amo, William.- gli rivelò in un leggerissimo sussurro -Amo anche te. Moltissimo.-

E proprio in quel momento, un grido proruppe all'interno dell'Istituto.

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