Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

12.

Future's Drop.


Quel giorno era stato programmato con estrema attenzione da ormai interi mesi. All'interno dell'Istituto aleggiava un malcelato senso di trepidazione, come un perenne brivido sempre sul punto di divenire scintilla pura ed ammaliante. Sophie non faceva che correre goffamente, intrappolata nell'abito estremamente lungo e scomodo. La cuffietta rischiava sempre di scivolarle dal capo e, per evitarlo, si ritrovava spesso a fare avanti - indietro con una mano sistemata sulla testa, il viso stremato, ma gli occhi lucenti. Dietro la cameriera vi era poi sempre Gideon, ostinatamente intento a rivolgerle la parola, ma insicuro su cosa esattamente fosse adeguato dirle. Charlotte, invece, non faceva che sorridere. Le labbra rosse della donna parevano plasmate in un irreversibile sorriso, vivace e splendido. A differenza degli altri giorni, oltretutto , la donna non entrava costantemente nel proprio ufficio, per poi uscirne poco dopo con una qualche busta tra le mani. No. Era completamente differente dal solito, solare e spensierata come una ragazzina. Jem era sparito, e così anche Tessa. E  quell'atmosfera di completo abbandono  e trepidazione aveva preso a regnare  sin dalla colazione, dopo la quale ogni abitante dell'Istituto aveva preso ad atteggiarsi in quei modi tanto bizzarri. Ogni abitante tranne Clarissa e William.

Questi ultimi, infatti, non facevano che restare immobili in soggiorno, lei impegnata a contemplare i folli e frettolosi atteggiamenti altrui, mentre il ragazzo restava sulla poltrona di fronte al caminetto, con le gambe tese sopra l'appoggiapiedi e le palpebre abbassate, come addormentato. I due, a parte Henry ovviamente, troppo occupato nei propri progetti, sembravano i soli a non essere stati intaccati da tutta quella malsana agitazione. E Clary, in particolare, proprio non ne intendeva la ragione. Così, dopo essere rimasta silente una buona mezz'ora,  vicino ad un incredibilmente quieto William, decise di intervenire.

Si voltò verso il moro. Lo guardò qualche istante, non sapendo davvero se stesse o meno domendo. Si alzò, e lo raggiunse. Si impose tra lui ed il caminetto, e prese a contemplarlo; le labbra rilassate in un'espressione malinconica, la fronte liscia e priva di linee di espressione, il petto che si alzava ed abbassava lentamente. Forse, si disse la rossa, era davvero addormentato e, sempre forse, sarebbe stato il caso che lei si ritirasse nelle proprie stanze e lo lasciasse lì, a riposare. Quella notte, infondo, non avevano dormito molto; erano rimasti in soffitta per ore, e solo quando le lacrime di lei si erano quietate, William aveva proposto di andare  a dormire.

Senza neppure rendersene conto, Clarissa si ritrovò a sorridere  a quel viso perfetto e rilassato, grata di non essere dovuta rimanere sola a piangere in un angolo buio di un Istituto sconosciuto nella Londra vittoriana, e si domandò con chi esattamente William avrebbe ottenuto il proprio lieto fine. La ragazza dovette però presto mettere un freno ai propri pensieri, perché la voce suadente e  leggermente biascicata del cacciatore la costrinse a distrarsi.

-Puoi anche smetterla di guardarmi.- mormorò, sempre tenendo gli occhi chiusi. Clarissa si ritrovò ad arrossire incontrollata, come derubata di tutto il proprio orgoglio -So di essere bellissimo, Clarissa,  ma così rischi di consumarmi.-

La rossa, però, non si mosse, e finalmente William schiuse le palpebre, mettendo in mostra il proprio splendido sguardo. A volte la giovane si domandava se fosse lei la sola a rimanerne incantata. Ad essere sinceri, ne dubitava. Con un'occhiata,  il Nephilim era in grado di trasmettere una miriade di emozioni. Bastava guararlo per potere capire esattamente cosa lo affliggesse, o cosa lo rendesse felice. Nella propria vita, Clary non si era mai posta domande del genere, ma di recente, dopo avere fatto la conoscenza di Will, la ragazza aveva preso a chiedersi se anche i suoi, di occhi, potessero essere tanto espressivi.

-Come sapevi che ti stavo guardando?- domandò infine lei, tenendo gli occhi puntati in quelli di lui, assolutamente coraggiosa, capace di mantenere uno sguardo sin troppo bene -Insomma, è una dote delle persone belle che sanno di esserlo?- e, nell'aggiungere questo, la giovane non potè evitare di sorridere sarcastica. E sentì male da qualche parte in mezzo al petto, perché pensò  a Jace.

Anche William tese le proprie perfette labbra in un sorriso, mettendo in mostra i denti pallidi e sistemandosi meglio sulla poltrona -Fingerò che tu non abbia detto di trovarmi estremamente attraente.- disse poi, mentre Clarissa corrugava la fronte ed esibiva una smorfia di sincera disapprovazione.

-Non ho mai detto né estremamente,attraente.-

-Era sottinteso.- si limitò a  replicare il moro, particolarmente divertito -Comunque sia,- disse poi, scrollando una mano all'aria e socchiudendo gli occhi -ti sei messa davanti al fuoco ed ho capito subito che c'era qualcuno.- ostentò un sorriso sghembo -Capire che eri tu, poi, è stato ancora più semplice. Infondo, con i preparativi in atto, chi mai si fermerebbe per controllare William che dorme?-

Suo malgrado, Clarissa dovette ammettere che il ragionamento del cacciatore non faceva una piega. C'era solo una cosa, nel tutto,  che non le era pienamente chiara -Preparativi?-

William sospirò pesantemente, per poi chiudere nuovamente gli occhi. Il sorriso gli si sciolse lentamente dal viso e, prima di parlare, deglutì a vuoto -Sistemano alcuni dettagli per il matrimonio.-

Oh, si ritrovò  a pensare la ragazza, aveva decisamente sbagliato argomento di conversazione. Corrugò la fronte e si morse il labbro inferiore, pensierosa. Si portò entrambe le mani ai fianchi, e si voltò verso il caminetto acceso. La gonna si mosse fluida e lucente, come vere onde del mare. Quel giorno Sophie le aveva fornito un abito davvero meraviglioso, che Clarissa stentava  a credere fosse semplicemente da giorno; era composto da un corsetto color blu notte, e da una gonna in seta lucida di un blu più acceso, quasi elettrico. Vi erano poi inserti e drappi argentati in ogni dove, soprattutto sul corsetto, come sempre stretto e scomodo.

William, ancora seduto sulla poltrona, la osservava. Da lì, constatò, con la luce che sembrava abbracciarla in modo eroico ed i capelli color del fuoco che le cadevano morbidamente sulla schiena, Clarissa sembrava una vera Dea, come un'imbattibile regina di fuoco. L'abito, controluce, sembrava quasi nero, come brace sul punto di spegnersi, appena stata avilluppata dalle fiamme che erano i suoi indomabili ricci. Sì, sì ritrovò a riflettere, era davvero incantevole.

Improvvisamente gli tornò alla mente la sera prima, le lacrime di lei, la sua espressione sofferente e la sua piccola mano avvolta alla catenella d'argento che andava a cadere sempre tra i due seni. Più volte William si era domandato perchè mai fosse sempre nascosta, ed altrettante volte si era chiesto come mai la sua mano cedesse così di frequente  nell'avvolgerla, come si trattasse di un rosario santo. Improvvisamente ricordò la promessa fatta.

-Che ne dici di andare da Magnus?-

Colta sul vivo, la ragazza si voltò e, senza dire nulla, annuì. William non attese altro. Con uno scatto veloce, si alzò dalla poltrona e svanì presto, camminando lentamente ed in modo elegante, verso il piano superiore. In un primo momento, Clarissa si limitò  ad osservarlo andarsene e svanire in prossimità di un angolo. Poi, spinta da una sensazione di bruciante curiosità, lo seguì,  correndo veloce per raggiungerlo prima che arrivasse troppo lontano, dove lei non sarebbe riuscita a trovarlo. Arrivò al primo piano. Lì lo vide, di fronte ad una porta aperta, intento  a parlare con Charlotte. Cercò di sentire bene cosa stessero dicendo.

-Clarissa non si sente a proprio agio e mi ha chiesto di portarla a fare un giro per Londra.- stava mentendo il cacciatore, sfoderando  un'espressione pacata ed un tono di voce estremamente controllato -Staremo attenti e rincaseremo al più presto.-

La giovane vide Charlotte tentennare. Dal volto della donna trapelava una certa preoccupazione, e le mani, strette attorno alle gonna lunghe e spesse, erano un chiaro segno di tensione. William sospirò, la colpa in viso.

-Ti prometto che non sparirò di nuovo.-

Clarissa vide la donna respirare profondamente, abbassare lo sguardo, ed infine scrollare le spalle. 

-D'accordo. Andate pure.-


~~~~~~~~

La carrozza oscillava non poco ad ogni dosso o cuneo di troppo sulla strada, e Clarissa a stento si tratteneva dal rovinare goffamente addosso a William, molto più padrone di sé ed apparentemente immune a quel continuo e fastidioso dondolarsi. Si trovavano l'uno di fronte all'altra, ognuno sopra una sorta di divanetto in pelle scura non troppo comodo, ma di indubbiamente pregiata fattura. Nello stretto abitacolo aleggiava l'odore di sapone e pelle e, fuori, potevano ben udire i passi spediti del cavallo, più rumorosi sulle strade, e più soavi sulla terra battuta. Allungando lo sguardo oltre il finestrino, la rossa poteva notare le innumerevoli persone impegnate in quella vita caotica che caratterizzava tutta Londra; vi erano donne, sia giovani che molto vecchie, che trasportavano secchi e borse all'apparenza indubbiamente pesanti. Avevano indosso abiti logori e cuffie sformate. Se affilava la vista, però,  Clarissa poteva anche incontrare rare figure avvolte in abiti meravigliosi, con indosso cappelli altrettanto stupendi, con trucchi ed acconciature degne di re e regine. Parecchi uomini erano sistemati fuori da locande, ubriachi, impegnati a conversare con altri uomini ubriachi, intenti a reggere boccali di birra e vino nonostante il precario equilibrio.

William, che aveva seguito attentamente lo sguardo della ragazza, prese parola.

-Affogati nel barismo cordiale.- mormorò con sdegno, quasi fosse un insulto -Quando, di cordiale, non hanno assolutamente nulla.- e, detto questo, lanciò un'occhiata spazientita al tettuccio scuro dell'abitacolo. La giovane si voltò verso di lui incuriosita e, dopo averlo sentito parlare, osservò un'ultima volta quegli uomini sbronzi  e ridenti, fino a che la carrozza non li superò, voltando un angolo. Solo allora, con il viso basso e la mente pacata, Clary rispose.

-Dici così tu, William,  che solo qualche ora fa sei svanito per ubriacarti?-  e, constatò la ragazza, si era appena dimostrata estremamente maleducata ed arrogante, come lo biasimasse totalmente. Cercò il cacciatore con la coda dell'occhio, incontrandolo poco distante, con la fronte corrugata ed il respiro particolarmente fiacco, come se qualcosa di estremamente forte lo avesse appena colpito. Clarissa si maledì.

-Scusa, ho esagerato.- disse infine, in un flebile sussurro. Chiuse gli occhi e sollevò la testa. Voleva cambiare argomento e, fortunatamente, sapeva come fare.

-Come sapevi che volevo andare da Magnus?-

Finalmente, il Nephilim parve riprendersi. Cercò lo sguardo di Clary, lo trovò  e vi incatenò il proprio. Il blu profondo e calmo contro il verde brillante di un campo intoccato. Le sorrise leggermente. Si sentiva stupido, ed era certo che, ciò che stava per dire, lo avrebbe fatto sembrare un vero e proprio idiota. Eppure, era o non era William Herondale, indomito cacciatore di demoni? Non poteva avere davvero paura di una ragazzina incredibilmente loquace.

-Io non lo sapevo. Però, ero certo che fosse lui la chiave. La chiave per farti sorridere.-

Clarissa arrossì prepotentemente. Il volto le si tinse velocemente di un tono tendente al bordeaux e William sorrise nel notarlo. La vide irrigidirsi e raddrizzare la schiena. Il seno che si alzava ed abbassava veloce. Era indubbiamente agitata -Effettivamente,- parlò infine -Lui è davvero tutto in questo momento. Rappresenta la mia speranza di tornare a casa.-

William annuì -Allora bene.- asserì -Non vedo l'ora di saperti a casa, felice. Sarò molto, molto lieto di aiutarti.- ma stava mentendo, perché Will non voleva che Clarissa se ne andasse, che la sua confidente lasciasse Londra per tornare dalla madre, Luke, Simon e Jace. Era un desiderio egoista il suo, lo sapeva, ma proprio non poteva evitare di volerlo. Di volere qualcuno che lo potesse capire e che lo cercasse di salvare.

La carozza si arrestò in quell'istante. Clary si tenne forte al bordo del divanetto, mentre William manteneva l'equilibrio senza alcuno sforzo. Dopo poco sopraggiunse Cyril che, in un gesto estremamente galante, aprì la portiera e porse alla giovane una mano, così da renderle più semplice la discesa. Una volta a terra, poi, la ragazza si sistemò le gonne, se le lisciò con attenzione, e solo quando sentì la presenza del moro al proprio fianco, decise di prestargli la dovuta attenzione. Si voltò verso di lui, il mento alto a causa della sua piccola statura.

-Andiamo?- gli domandò con una certa trepidazione. Di fronte a loro spiccava la porta della casa di Magnus, elegante ed intarsiata con estrema attenzione e maestria.  Oltre i vetri delle piccole finestre si intravedevano alcuni bagliori. Candele, forse. William annuì, fece un veloce cenno a Cyril  e si incamminò verso l'ingresso, seguito a ruota da Clary. Non dovettero neppure bussare; di fronte a loro apparve immediatamente lo stregone, appoggiato scialbamente allo stipite della porta, un mezzo sorriso in volto e gli occhi socchiusi. Reggeva, tra indice e medio destro, il filtro di una sigaretta appena accesa e, dopo averne aspirata un poco, parlò.

-È un inaspettato piacere vedervi.-

Clarissa sorrise di fronte la voce suadente e deliziosa dello stregone, mentre William si limitava ad un cenno della mano. Li fece accomodare volentieri, in salotto, dove Woosley stava leggendo il quotidiano. Nel vedere gli ospiti, il lupo mannaro ostentò un sorriso compiaciuto. Si alzò poi, congedandosi gentilmente, e svanì oltre la soglia della cucina.

Magnus si sedette a capotavola, scrollò dalla sigaretta accesa la cenere in eccesso, e sorrise -Cosa posso fare per voi?-

Clarissa si allungò sul tavolo. Lanciò una veloce occhiata a Will, ma decise di parlare comunque, nonostante la sua presenza -Mi chiedevo  a che punto fossi.- mormorò quindi, con l'impazienza malcelata nel tono di voce. Vide lo stregone aspirare dal filtro una seconda volta, lasciare che il fumo gli scivolasse oltre le labbra, e poi guardare William.

-Sarà una cosa breve, Will. Ti dispiace aspettarla fuori?- fece lo stregone. Il cacciatore sussultò. Clarissa fu certa che si sarebbe opposto alla richiesta, vinto dalla propria curiosità, ma ciò non accadde. Si limitò  a tenere lo sguardo basso qualche secondo, intento a riflettere, per poi alzarsi ed uscire. Magnus ne fu immensamente felice.

-È incredibile quanto quel ragazzo possa essere comprensivo.- disse quindi, osservando come in trance  il punto da cui era appena svanito il ragazzo -Anche lui, sapete, venne da me per chiedermi aiuto.- prese a raccontare -E, per tale ragione, sono certo che capisca la privacy che stiamo preservando.- sospirò -È davvero stupido. Accecato dalla sua stessa generosità.-

Clarissa osservava lo stregone, non capendo.

-Io voglio aiutarlo, voglio che sia felice. Tessa, però, è perduta. Lui l'ha ceduta a James.- Vide Magnus portarsi una mano alla fronte, stremato -Ora, con voi, sta facendo lo stesso, lo so. Vi vuole aiutare ad andarvene, così da vedervi felice.-

-È una bravissima persona.- acconsentì la rossa, mordendosi il labbro inferiore. Magnus sorrise, affilando il proprio sguardo felino.

-Troppo. Ed io sono stanco di permettergli di esserlo.- sospirò, afflitto -Per questo l'ho fatto, Clarissa, capitemi.- e, una volta detto ciò, lo stregone esibì un'espressione ricolma di colpevolezza e pentimento. La ragazza tremò. Sentì qualcosa indurla  a gridare, ma si impose di non farlo, non in quel frangente, non con Magnus. Perché di Magnus si poteva fidare... No?

-C-Cosa?- domandò infine, costretta a tenere le mani strette attorno alle stoffe ampie della gonna pur di non farle tremare per la paura ed il dubbio.

-Per questo ho scelto di non aiutarvi più. Di impedirvi di tornare a casa.-

Tutto perse improvvisamente forma; le parve che Magnus le si stesse sciogliendo d'innanzi, che il fuoco del caminetto divenisse lava fusa e che i  meravigliosi drappi appesi in ogni dove si stessero fondendo con la carta da parati a stampe splendide e dorate. Solo in un secondo istante si rese conto che era tutto frutto delle sue lacrime che, ostinate a non volere cedere, le appannavano la vista.  Sentì il mondo mancarle sotto o piedi e ringraziò un eventuale Dio perché era seduta. Il respiro le mancò d'improvviso ed il pensiero dei propri amici  e familiari si fece tanto opprimente da schiacciarla. Senza Magnus, si disse, non li avrebbe mai raggiunti.

Si alzò, il viso umido di lacrime, ma l'espressione rappresentante solo che ira cieca -Non è vero. Perché?- domandò, mantenendo un tono pacato.

-Per William. Perché altrimenti, lasciandoti andare, rinuncerebbe ancora alla propria felicità ed io...-

Tutta la calma di lei esplose, divenendo grida impervie -Avevi detto che mi avresti aiutata, Magnus!- urlò la ragazza, con disperazione ed odio, sentendosi improvvisamente senza forze -Me lo avevi promesso!-

Lo stregone, però, sembrava non venire scalfito da quel mare di lacrime, da quelle grida folli ed addolorate. Guardava Clarissa in piedi, con il dolore negli occhi e labbra tremanti, ma restava immobile e seduto, con la sigaretta tra le labbra e la gola secca. Gli dispiaceva, ma aveva dovuto scegliere.

-Lo so, ma non posso.-

Disarmata di fronte quella tranquillità, la rossa si lasciò cadere a terra, sulle ginocchia magre e pallide. Quasi non sentì la fitta di dolore dovuta allo schianto con il pavimento. Il cuore le faceva molto più male. Si portò le mani sul viso e singhiozzò  a lungo, le spalle tremanti. Pianse a lungo, con disperazione e senza riserva. Infine, con un filo di voce, e senza aspettarsi alcuna risposta, domandò -Perchè?-

Vide lo stregone sorriderle mestamente -Perchè lo fai sorridere.-


~~~~

Clarissa sapeva bene di non potere parlare con William di ciò che era successo da Magnus. A questo proposito, prima di lasciare la casa, si era lavata più  e più volte la faccia, decisa a cancellare ogni segno del pianto e della disperazione che l'avevano assalita. Aveva poi raggiunto il cacciatore fuori, con il vento che le scompigliava i capelli  e la spossatezza nello sguardo. Si sentiva straordinariamente vuota, senza più speranze, desiderosa come non mai di chiudere gli occhi e non riaprirli mai più.

Così, il viaggio di ritorno trascorse avvolto dal silenzio, e non appena rincasarono, Clarissa corse veloce verso le proprie stanze, senza neppure congedarsi,  con le lacrime stanche di essere trattenute  e l'orgoglio ridotto a brandelli.

Come avrebbe fatto, ora, a tornare a casa? Senza Magnus era sperduta, ed era più che intenzionata a non rivederlo più. L'aveva distrutta, e non le interessava per quali nobili ragioni lo avesse fatto.

Una volta nella sua stanza imprecò  e si lanciò sul proprio letto, tra le lenzuola morbide e le coperte spesse. Serrò con furia le mani in due pugni, mentre, con il viso pressato contro il cuscino pallido, gridava. Era sola. Jace era irraggiungibile. Simon anche. Si voltò  a pancia in su con il respiro mozzato. Il seno le si alzava ed abbassava veloce, ed il corsetto ormai non le faceva più male come i primi giorni. O, comunque, anche se le faceva male, non le interessava. Era apatica, vuota, distante. Era come un cadavere. La sua testa era vuota, silenziosa... Non un pensiero. Nulla. Clary?

Sgranò lo sguardo, senza fiato. Lo aveva sentito davvero?

TBC

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro