Paris la nuit
A te, amore,
Per tutte le notti
Che non abbiamo passato
A Parigi
*
L'aeroporto di Parigi Charles de Gaulle era di un immenso che Nuru faticava a realizzare.
Ricordava di come nove anni prima aveva preso il suo primo aereo in assoluto, all'aeroporto internazionale di Moi, e di come già quello gli era sembrato caotico e l'aveva sopraffatto; ricordava anche il momento in cui, circa dodici ore dopo, era atterrato a Malpensa e aveva scoperto che Moi non era altro che un pesce piccolo a confronto.
Charles de Gaulle era... ancora un'altra storia.
Con il manico del suo trolley stretto in una mano e quella di Raffaele nell'altra, osservava a occhi spalancati il frenetico via vai di passeggeri e addetti ai lavori che si affannavano su e giù per i corridoi climatizzati, con un l'ingordigia nello sguardo che gli faceva trangugiare ogni scorcio luminoso e minuscolo angolo come se avessero potuto strappare via i miracoli che vedeva da sotto il suo naso da un momento all'altro.
«Ti avverto» Raffaele richiamò la sua attenzione con un cenno. «I francesi da quello che so non sono molto abili con l'inglese, dovremo un po' arrangiarci.»
Nuru si accigliò, mentre il compagno accelerava il passo e lo trascinava con sé. «Ma noi non sappiamo il francese.»
«No, infatti.»
«E come facciamo?»
«Sono abituato, l'ho fatto anche a Mombasa, ricordi? Mi basterà fare gli occhi dolci a qualche bellissimo e disponibile ragazzo del posto che mi trarrà in salvo e diventerà in seguito l'amore della mia vita.»
Nuru voltò lo sguardo tagliente verso Raffaele, le labbra arricciate in una smorfia contrariata. Quando lo vide, gli occhi che ammiccavano e un sorriso tanto allegro che gli aveva fatto spuntare la fossetta sulla sinistra, capì che si trattava solo di uno scherzo.
«Non è divertente» borbottò.
«Questo lo dici tu, che fai tanto il gelosone da non capire nemmeno quando ti copro di sviolinate!»
«Sviolinate?»
Il sorriso di Raffaele si allargò. «Esatto!»
Quando uscirono allo scoperto, fu come immergersi d'un colpo in una vischiosa piscina di liquido bollente. Sentì Raffaele sgonfiarsi in uno sbuffo, già provato dall'afa.
«Che c'è, freschetto?» chiese, sarcastico.
«Mamma mia, e io che mi lamento di Milano...»
«Amore, io te l'avevo detto che metà luglio era un periodo di merda per viaggiare...»
«Ma oggi c'è la festa nazionale!» protestò. «I fuochi d'artificio e tutto il resto! E poi Parigi non è a nord, scusa? Dovrebbe fare più freddo!»
Lui si strinse nelle spalle, Raffaele lo tirò verso la linea di taxi disposta davanti alle porte scorrevoli degli arrivi. «Comunque non si sta così male... io non ho tanto caldo.»
«E grazie al cazzo» borbottò l'altro. Era carino quando era scontroso-ma-non-sul-serio. Nuru aveva sempre amato quando battibeccavano per gioco, lo faceva sentire... in famiglia. «Come si dice "grazie al cazzo" in swahili?»
Fu di Nuru il turno di sorridere. «Wewe ni mzuri sana» rispose.
Sei bellissimo.
«Wewe ni mzuri sana» ripeté allora, con accento incespicante.
«Grazie, amore. Anche tu non sei poi tanto male.»
Raffaele sbatté le palpebre, osservandolo coi suoi occhi azzurri e l'aria confusa. «Cioé?»
«Non importa, lascia stare. Taxi o pullman?»
«Taxi. Ti prego. Che ci porti dritti in albergo e tanti saluti...»
«Sei un pigro viziato» commentò, con un ghigno.
Nuru dovette riconoscere che Raffaele doveva avere davvero intenzione di viziarli un pochino. Aveva insistito per organizzare tutto senza fargli sapere l'ombra di un dettaglio, diceva che gli faceva piacere fargli una sorpresa perché Nuru non era mai stato in Francia e quindi doveva essere speciale.
A lui "la prima volta in Francia" era sembrata una circostanza bizzarra da festeggiare, però gli piaceva venire coccolato da Raffaele e dunque aveva accettato di buon grado che si occupasse della pianificazione come riteneva più opportuno.
Più di mezz'ora dopo l'aver acchiappato un taxi all'aeroporto, trascinò la valigia dentro una camera niente male all'interno di un hotel quattro stelle che, per quanto fossero riusciti a metter su più di qualche soldino negli ultimi anni, gli diede comunque un'istintiva, momentanea fitta al petto.
Benché avessero due conti in banca molto simili, il modo in cui Raffaele gestiva il denaro continuava a essere diverso dal suo.
Nuru se ne rendeva conto, a volte ci si aggrappava con le unghie e con i denti, con il terrore viscerale che se non avesse misurato ogni spesa al centesimo, poi si sarebbe potuto trovare senza niente da mangiare di punto in bianco.
«... wow.»
«Ti piace?»
Nuru fece vagare lo sguardo per la stanza. Il letto matrimoniale spazioso, dotato di sei cuscini, era proprio a portata del getto del condizionatore di ultima generazione col bocchettone vicino al soffitto. Un divano in tono con le lenzuola era addossato al muro a finestra che dava al quinto piano su una via del centro. Sulla parete opposta al letto c'era un minifrigo, un televisore dall'ampio schermo piatto e una scrivania spaziosa, e una porta a vetro oscurato semiaperta rivelava l'ingresso al bagno.
«Sì» rispose, si avvicinò al letto per assicurarsi che i comodini dotati di lampada da lettura avessero nelle vicinanze una presa da corrente.
«Dici che è troppo?»
Raffaele doveva aver notato il suo stordimento, perché la domanda suonò turbata.
Che voleva dire, dopotutto, troppo?
Troppo rispetto a cosa? Rispetto a chi?
Lo guardò. Aveva le braccia incrociate, e anche se gli sorrideva ebbe l'impressione che si fosse irrigidito.
Dici che è troppo?
Certo che era troppo. Stare in un hotel da quattro stelle al centro di Parigi era troppo. Esserci arrivati con un taxi pagato sessanta euro giusto per la comodità di non prendere il bus era troppo. Persino essere partiti con una valigia in stiva senza doversi preoccupare di infilare tutto nel bagaglio a mano perché tanto potevano permetterselo era troppo.
Del resto, anche Raffaele era troppo.
Troppo per lui, troppo bello per essere vero, troppo meglio di qualunque vaga e remotissima speranza potesse aver nutrito da ragazzo.
La sua stessa vita era troppo da anni, era stata troppo dal primo momento in cui aveva incrociato lo sguardo dello mzungu sperduto davanti al matatu e, anche se ancora non riconosceva cosa volesse dire, l'aveva saputo.
Aveva saputo in quell'attimo che tutto quello che avrebbe mai potuto volere dalla vita iniziava e finiva negli occhi di quel ragazzo.
«No, amore. È perfetto.»
Il sorriso di Raffaele si fece disteso mentre scioglieva le spalle, poi la sua espressione luccicò di malizia e il suo tono si abbassò. «Nel bagno c'è una vasca idromassaggio. Doppia.»
Nuru inspirò forte, sentì espandere il petto. Quella voce gli avrebbe fatto sempre un certo effetto. Allungò una mano e gli afferrò il fianco per tirarlo a sé.
«Ti sei dato da fare.»
Raffaele gli si strinse contro, si sporse verso di lui e avvicinò il volto al suo orecchio. «Fidati. Ho appena cominciato.»
Nuru allacciò le braccia intorno ai suoi fianchi, poi piegò la testa e portò le labbra al suo collo. Lo baciò, succhiando la pelle tanto da farglielo sentire ma non abbastanza da far male. Sentì il respiro di Raffaele spezzarsi, le sue dita affondare tra i capelli.
Insinuò le mani sotto la sua maglia e risalì coi baci lungo il collo sino all'orecchio, per poi lasciarlo andare il tanto necessario per gettarsi sulle sue labbra.
Ecco, quello era di sicuro troppo. Dopo tutti quegli anni ancora lo mandava in tilt. La sua lingua, le sue mani, il suo respiro bollente sul volto. Non sarebbe mai stato niente meno che troppo, e andava bene così.
«Nuru» lo chiamò, quando si separò per riprendere fiato. «Nuru, aspetta.»
Non registrò le sue parole, anche perché non sembrava affatto intenzionato a metter spazio tra loro o a respingerlo, a giudicare dalla veemenza con cui gli stava aggrappato e lo stava baciando.
«Amore, fermo.»
A quelle parole si era irrigidito, così Nuru realizzò ciò che aveva sentito e spalancò gli occhi. Lo teneva ancora tra le braccia ma aveva allontanato il volto per poterlo vedere. «Qualcosa non va?»
«Dopo» rispose, soltanto.
«Dopo?»
Raffaele si strinse nelle spalle. «Non voglio che iniziamo qualcosa che non possiamo finire.»
«E chi dice che non la possiamo finire? Abbiamo anche la vasca idromassaggio!»
Lo vide ridacchiare. «La useremo... dopo. Dopo sarà più bello, vedrai.»
Nuru inclinò la testa, confuso. «Dopo che cosa?»
«Ti fidi di me?»
«Certo» rispose, senza doverci nemmeno pensare. «C'è qualcosa che non mi stai dicendo, non è vero?»
Lui fece una smorfia vaga per dissimulare. «C'è una sorpresa, può darsi...»
La mente di Nuru d'un tratto si snebbiò. «Sorpresa? Che sorpresa?»
«Una piuttosto grossa, in realtà.»
Sollevò un sopracciglio senza riuscire a evitarlo. «That's what she said.»
Raffaele gli scoccò un'occhiataccia, ma un angolo delle sue labbra si piegò all'insù. «Sono sul punto di cambiare idea a riguardo, ti avverto.»
«Non so neanche cos'è che vuoi fare!»
Lui si sgonfiò. «Già. Non lo sai. Non ne abbiamo mai parlato, in effetti. Il che è strano, dato che sono quasi dieci anni che stiamo insieme. In realtà, non sono sicuro che l'idea ti piaccia. Però... ti conosco, no? Dopo tutto questo tempo. E penso che... penso che possa fare felice anche te. Forse mi sbaglio, forse se fosse così me l'avresti già detto e non l'hai fatto. Anche tu però conosci me, e lo sai che se l'idea non ti piace puoi dirmelo. Puoi sempre dirmi se voglio qualcosa che tu non vuoi.»
Nuru sbatté le palpebre nel tentativo di decifrare quell'esondazione di informazioni. «Sai che io sono, ehm, dalle vedute aperte» rispose, a mezza voce. «Insomma, se ci sono cose che vuoi fare, anche se a me non convincono, possiamo sempre provare...» arricciò le labbra. «È una cosa sessuale, vero?»
Raffaele sgranò gli occhi. Restò in silenzio per parecchi secondi, poi scoppiò in una risata spontanea che lasciò Nuru perplesso. «Oddio, Nuru, io...» si accasciò su di lui dalle risate, poggiando la testa sulla sua spalla. «Nuru, io ti amo tantissimo, cazzo. Resta sempre così. Oddio, resta sempre così, ti prego.»
*
Né a lui né a Raffaele era mai piaciuto il tipo di vacanza da ritmo serrato in cui ci si scapicolla per tre musei al pomeriggio e otto piazze alla sera senza perdersi un singolo metro quadro del centro.
Si erano sempre trovati sulla stessa lunghezza d'onda su questo: mangiare, bere, passeggiare, qualche luogo d'interesse carino - e, per Raffaele, meritevole abbastanza da finire sul suo feed di Instagram - e per il resto lasciarsi trascinare dall'umore del momento con una certa dose di calcolata indolenza.
Scesero alla reception a ordinare la colazione in camera per la mattina dopo alle nove e mezza, andarono a fare un giro lungo la senna, Raffele fece scegliere a Nuru dove cenare tra un ventaglio selezionato di locali con le recensioni migliori di TripAdvisor e poi si diressero verso gli Champs-Élysées.
Al tramontare del sole, la temperatura era precipitata. Nuru invidiava come riuscisse Raffaele ad andare in giro con la camicia a maniche corte, per quanto gradisse la possibilità di avere le sue braccia scoperte sotto gli occhi e, soprattutto, sottomano.
Si stiracchiò, col giacchetto sulle spalle e Raffaele al suo fianco. Aveva continuato tutta la sera a pensare di cosa diamine quella famosa sorpresa potesse trattarsi, senza molto successo.
Vedeva il suo compagno nervoso e questo lo impensieriva, eppure non riuscì a preoccuparsi troppo. Perché avrebbe dovuto? Era con Raffaele, aveva lo stomaco pieno di buon cibo e ottimo vino, e lo aspettava un bagno caldo nella vasca idromassaggio con una discreta se non buona possibilità di happy ending.
Sentì le labbra allungarsi in un sorriso rilassato. «Sono contento.»
«Davvero?»
Rivolse a Raffaele uno sguardo perplesso. «Sì, certo. È strano?»
«No. Speravo... speravo proprio di farti contento.»
«L'hai fatto.»
La torre era illuminata, erano tanti nel parco a osservare. Era la prima volta che si avvicinava tanto alla struttura, assottigliò lo sguardo per studiarla meglio.
Inspirò un po' di aria frizzantina. «È molto bella. Non me l'immaginavo così.»
«Come te l'immaginavi?»
«Più bassa. Molto più bassa. Meno... d'impatto.»
«Pensavi che fosse sopravvalutata, di' la verità.»
«Già, a quanto pare mi sbagliavo.»
Raffaele estrasse il telefono dalla tasca e diede una veloce occhiata all'orario. Nuru l'osservò mentre si mordicchiava un labbro con la fronte aggrottata.
«Tutto okay, amore?»
«Mh?» sobbalzò, come se l'avesse sorpreso a fare qualcosa di brutto. Scosse la testa. «No, io... tra qualche minuto ci saranno i fuochi.»
«Siamo venuti qui apposta, no?»
«Nuru, posso parlarti di una cosa?»
A quella frase iniziò a sentire un po' di male allo stomaco. Tendeva a pensare sempre al peggio di natura, forse perché la vita gli aveva dato troppe bastonate troppo in fretta.
Riteneva difficile che Raffaele lo avesse invitato nell'angolo più romantico del mondo per portarlo fuori a cena e poi lasciarlo o, peggio, dirgli che aveva qualche tipo di malattia terminale incurabile, per cui cercò di tenere i nervi saldi.
Del resto, aveva parlato di sorpresa. Le sorprese erano una cosa bella, giusto?
Se la conversazione fosse stata davvero: "Sorpresa! Ho il cancro!" avrebbe dovuto come minimo consigliare a Raffaele di lavorare un po' più sull'uso del lessico, prima di buttarsi sotto a un treno in corsa.
Gli si era fatta la gola secca, per cui annuì invece di rispondere.
Raffaele si avvicinò a lui, scivolandogli di fronte e dando le spalle alla torre scintillante. Le luci dei lampioni e delle auto in lontananza gli coloravano il volto di rosso, blu e giallo e le ciglia proiettavano lunghe ombre sullo zigomo.
Notò che aveva ripreso a sorridere, e per quanto fosse un sorriso un po' teso la vista lo confortò. «Nuru, io penso che tu sia un uomo splendido.»
Lottò contro l'istinto di fare una smorfia. Quel genere di frase era proprio il più adatto a precedere un ma.
L'altro proseguì dopo qualche istante di silenzio. «Sono sempre stato molto fiero di te. Della persona che sei, di quello che hai raggiunto... della gentilezza che mantieni ogni giorno anche quando il mondo intero sembra remarti contro.»
«Non lo fa mai» lo interruppe, perché era importante.
«Eh?»
«Il mondo intero, dico. Non mi rema mai contro. Tu non lo fai.»
A quelle parole, il sorrisino imbarazzato si addolcì in uno più genuino che lo scaldò dentro. «È vero, non lo faccio. Cerco di non farlo, per quanto possibile.»
«Non lo fai» insistette lui.
Raffaele scosse la testa. «Okay, aspetta, fammi parlare... il punto è che sei bello, e rendi il mondo un posto più bello. Hai reso me più bello, una persona molto migliore di com'ero. Mi hai fatto... crescere.»
«Non è vero.»
«Lo è. E per un po' ho aspettato il momento in cui l'entusiasmo iniziale sarebbe finito e mi sarei stancato e... okay, forse l'entusiasmo da adolescente un po' se n'è andato sul serio, ma mi fai felice. Davvero felice. Quando torno a casa a fine giornata sono felice perché torno a casa da te, e quando penso alla mia vita non posso fare a meno di includerti nel pacchetto. Mi spiego?»
Nuru annuì ancora. «Certo. Siamo una famiglia.»
L'altro si illuminò. «Una famiglia! Esatto! Tu sei la mia famiglia, e io sono la tua. Sei mio, ma non... non tipo "il mio cellulare", okay? Quello è possesso. Sei mio tipo... tipo "il mio paese", o "il mio quartiere". Sei mio perché io faccio parte di te, non il contrario. E non importa se sei anche nella vita di altre persone, sei sempre mio, perché qualunque cosa accada resti... con me.»
Beh, qualunque sorpresa Raffaele avesse in serbo, di certo non sembrava nulla di sessuale come sotto sotto aveva continuato a sospettare sino a quel momento. Si schiarì la voce. «Amore-»
«Aspetta, o perdo il filo. Scusa, ti giuro, dopo puoi dire quello che ti pare.»
«Okay.»
«Te l'ho già detto ma lo ripeto, se non sei d'accordo mi puoi pure mandare a fanculo.»
«Va bene.»
Raffaele chiuse gli occhi. Nuru aspettò che li riaprisse in apnea, e solo quando lo fece riprese a respirare.
«Il punto è che io, un futuro senza di te, posso pure provare a immaginarlo... ma non voglio. Io voglio passare tutta la mia vita insieme a te.»
Fu quella frase che iniziò a fargli suonare un campanellino nella testa. Quella frase suonava proprio come-
No, non poteva essere.
Non ne avevano mai parlato prima, nemmeno una volta.
Non poteva essere.
Oltre a non averne mai parlato non ci aveva mai nemmeno pensato. Non si era mai sentito in diritto neanche solo di sperarci.
Non poteva essere.
Perché illudersi? Che desiderio sciocco.
Chissà cosa gli avrebbe detto il suo compagno di lì a poco, ma di sicuro non che voleva chiedergli di-
Poi Raffaele aveva tirato fuori qualcosa dalla tasca sul retro dei jeans, e si era inginocchiato.
Nuru sbatté le palpebre perché aveva iniziato a vedere sfocato. Strizzò gli occhi e poi le sbatté ancora.
«Ti amo, e sono venuto sin qui per chiederti... per chiederti di sposarmi.»
Per un attimo, si pietrificò. Restò immobile, in silenzio, con la speranza di riuscire a sentire qualcosa che non fosse quel ronzio che era partito nelle orecchie e a intravedere più di qualche luce nebulosa agli angoli dello sguardo.
Ripensò alla prima volta che Raffaele lo aveva baciato, a quello che aveva risposto.
Tu sei malato, aveva detto. Sei malato, devi farti curare.
Chissà se sua madre sarebbe stata contenta del matrimonio, se fosse stata viva. Chissà se Lela si sarebbe presentata, forse non avrebbe dovuto invitarla. Forse non avrebbe dovuto invitare neanche Hassan? Avrebbe voluto, ma il rapporto tra lui e Raffaele era sempre stato complicato.
Sono venuto sin qui per chiederti di sposarmi.
Da quando Raffaele lo aveva baciato per la prima volta, non si era mai convinto di essere normale. Certo, era riuscito a scrollarsi di dosso la sensazione di essere chissà quale specie di mostro, ma normale? No, quello mai.
Era sempre stato convinto che una parte di lui avrebbe continuato in eterno ad avere paura. Della sua famiglia, dell'opinione pubblica, persino di venire arrestato anche se riusciva a capire che questo non era possibile.
Una parte di lui sarebbe sempre rimasta quel ragazzino nella slum senza acqua e senza corrente che era mancato a scuola per due giorni per un solo bacio.
E le persone come quel ragazzino non andavano a Parigi. Le persone come quel ragazzino non erano felici. Le persone come quel ragazzino non si sposavano, santo cielo, non avrebbero mai potuto farlo.
Le persone come quel ragazzino invecchiavano e morivano nella miseria.
Allora che ci faceva lì?
«Ti prego, se vuoi dire di no di' di no, ma di' qualcosa.»
Non era più un ragazzino. Non doveva a nessuno proprio un bel niente. Non era un mostro, non aveva paura e...
E cosa diavolo stava aspettando?
La risposta era stata sì prima ancora che Raffaele avesse il tempo di finire la domanda.
Tutta una vita. Tutta una vita con lui. Gli aveva chiesto questo, gli aveva chiesto tutta una vita.
La possibilità concreta che questo potesse star succedendo davvero gli crollò addosso.
La notte esplose di luce e un botto improvviso gli diede la spinta a cadere in ginocchio. Gli gettò le braccia al collo e strizzò gli occhi.
«È un sì, amore?»
Strizzò gli occhi più forte e soffocò un singhiozzo. Le mani di Raffaele lo strinsero forte e sentì che gli dava un bacio a un lato del volto.
«... amore?»
Gli scappò un altro singhiozzo più forte. Che disastro, non aveva manco visto l'anello - sempre che di quello si trattasse - e non aveva ancora detto una parola.
Boccheggiò per prendere fiato. Allontanò il volto di qualche centimetro, si accorse di sentire le guance bagnate. «Sei fuori di testa» riuscì ad articolare. «Sei del tutto fuori di testa. Posso invitare Hassan?»
Il mondo riprese forma intorno a lui. Le luci del tricolore francese che lampeggiavano, i suoni dei fuochi d'artificio, qualche occhio addosso - la maggior parte, per fortuna, puntati sullo spettacolo.
Quanto era bello Raffaele quando sorrideva? «Certo. È il tuo matrimonio, puoi invitare chi vuoi.»
«Non ti sta tanto simpatico.»
«Sono più io a non stare tanto simpatico a lui...»
Il jeans là dov'era inginocchiato per terra diventava via via più umido per la brina notturna. Sentì un ennesimo botto ma non sollevò lo sguardo, anche se era sicuro di perdersi uno spettacolo di tutto rispetto.
Le labbra schiuse del suo fidanzato lo stavano aspettando, così le accontentò di buon grado.
Nei primi periodi che erano stati insieme, a occhio e croce nei primi quattro o cinque anni almeno, credeva di aver baciato Raffaele almeno qualche miliardo di volte. Persino i loro amici li prendevano sempre in giro perché alle feste a una certa sparivano e venivano ritrovati l'ora dopo in un angolino a limonare.
In qualche anno la situazione si era un po' raffreddata - abitudine, stress, tanto da fare e il tramonto degli ormoni adolescenziali arrivata l'età adulta - ma quel giorno recuperò il tempo perso con gli interessi.
Lo baciò con migliaia di spettatori inginocchiato per terra sotto la torre Eiffel, continuò a farlo quando gli infilò un anello che non era ancora riuscito a vedere anche se non era necessario che Raffaele venisse a saperlo - "Ti piace?" "Certo, amore, è bellissimo." - e non smise di baciarlo nemmeno dentro al taxi che li aveva riportati in albergo.
Quando arrivarono in stanza e lo spinse contro il muro, gli sembrò di non aver smesso di baciarlo per più di otto secondi in totale da quando aveva cominciato, ubriaco dei sospiri languidi che gli soffiava sul volto.
Dopo sarà più bello, gli aveva detto qualche ora prima. Allora non ci aveva creduto, eppure era così.
«Quando?» ansimò, tra un bacio e l'altro.
Raffaele gli passò la lingua sulle labbra e poi tirò quello inferiore con un morso. «Quando vuoi.»
«Mh, domani.»
Riprese a baciarlo, lo sentì ridere contro le sue labbra. Dio, non riusciva a smettere, era impossibile stargli lontano.
«Domani non si può.»
«Perché?»
La domanda venne fuori più sconfortata del previsto, Raffaele rise più forte. Spostò di poco la testa e gli baciò la guancia. «Perché hai bisogno di un nullaosta internazionale, perché i nostri testimoni sono al momento in un'altra nazione e lo saranno sino alla fine della settimana, e perché per legge bisogna attendere almeno quindici giorni dalla redazione del verbale che non abbiamo ancora richiesto.»
Nuru strofinò il volto al suo, il corpo il più possibile premuto contro quello del compagno. «Ah. Tra due settimane, allora. Sì, tra due settimane è perfetto.»
«Stavo pensando all'anno prossimo. Magari sempre a luglio, però in un posto di montagna così fa più fresco.»
Si lasciò andare a uno sbuffo contrariato. «Perché quest'anno no?»
Raffaele ridacchiò ancora. «Amore, sino a un'ora fa non stavi pensando di sposarti manco per sbaglio e ora non puoi aspettare neanche un anno?»
«No» rispose, senza aggiungere altro.
Raffaele ghignò. «Guarda che non cambio idea, eh. Tranquillo.»
«Non è per quello.»
«Allora perché?»
«Prima non pensavo di poterlo fare. Ora è diverso.»
Sentì le sue labbra che lo cercavano e gli stampavano un altro bacio sulla guancia, leggero, che lo scosse di un brivido. «Abbiamo tempo. Non è meglio fare una cosa carina con calma?»
Sì, in effetti stava facendo l'ingordo. «Hai ragione. Tanto... tanto, comunque vada, invecchiamo insieme lo stesso. Vero?»
Quei bacini stavano iniziando a liquefarlo, sentiva tutto ovattato tranne il cuore che gli schizzava nel petto. «Beh, sì, il punto è quello.»
«Davvero mi vuoi sposare?»
«Dovrei chiederlo io a te, sono io che l'ho proposto.»
«Hai ragione, me l'hai chiesto tu» disse, per convincersi da solo che era successo. Preso da un impulso incontenibile, abbassò il volto e gli diede un morso alla spalla con più veemenza del dovuto.
«Ahio! Sei pazzo?»
Non rispose. «Ma questa vasca? La vuoi provare?»
Capì la risposta prima ancora che la formulasse, dal modo in cui rilassò i muscoli tra le sue braccia e si abbandonò alla tortura delle sue labbra. «Sì, ti prego.»
Quel sospiro carico di entusiasmo lo infiammò. Sì, l'avrebbe spogliato, e baciato, e si sarebbero infilati in un bagno caldo uno sull'altro e avrebbero passato la notte senza niente a separarli, e anche ogni notte dopo di quella, da quel momento sino alla fine dei loro giorni.
«Credo... credo che di non essere mai stato felice così. Non penso sia possibile esserlo.»
Raffaele si aggrappò a lui, inspirò il suo profumo tenendolo stretto. «Ho la sensazione che scopriremo anche questo.»
Note autrice
Il coping mechanism secondo Wattpad, signore, signori e signorə.
Persone normali: vanno in terapia
Io: scrivo oneshot fluffose di Furaha
Che poi ho la sensazione di aver già scritto qualcosa di simile in qualche altra nota autrice da poco ma non ricordo, lol.
Comunque sia... era da un secolo che volevo scrivere una oneshottina (che poi manco tanto "ina", sono quattromila parole di capitolo) con la proposta di Raffaele, ed eccoci qua!
Non sono dei bimbi adorabili?
A Nuru non sembra manco vero, lol. Raffaele fa la proposta e non risponde neanche, inizia dalla riga dopo a domandarsi chi può invitare al matrimonio perché non prende manco in considerazione l'idea di dire di no xD. A parte il fatto che l'avrebbe sposato in quel momento per direttissima.
Diciamo che non ha avuto bisogno di fingere alcun entusiasmo, eheh.
Fatemi sapere un po' che ne pensate e noi ci rivedremo su questi schermi perché vabbè ormai non c'è bisogno che vi dica che ogni tanto devo aggiungere parti a questa storia perché Nuru e Raff mi mancano.
Buona settimana e buon tutto ~
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro