Epilogo
All'arrivo a Malpensa era pieno di giornalisti che li accerchiarono come nugoli di zanzare, e Raffaele fece il diavolo a quattro per mandarli via. Cercò di proteggere lui e i suoi fratelli come poteva, si beccò anche una denuncia da un cameraman per avergli rovesciato e danneggiato la telecamera.
Quelli che destarono più attenzione furono Nuru, il centro del dibattito, e Lela, che atterrò coperta di ematomi e bruciature di sigaretta.
Quando l'avevano trovata, non guardava ancora Nuru in faccia e non gli rivolgeva la parola. Era stata picchiata e torturata dagli uomini di Muzzamil, risparmiata solo perché Nuru non aveva parlato alla polizia del giro - lui non l'aveva fatto proprio sperando nella sua clemenza.
Non aveva voluto saperne di trasferirsi in Italia all'inizio, ma con la paura che Muzzamil tornasse era stata costretta ad accettare, anche per seguire i suoi fratelli e non restare da sola, a patto che Nuru non la guardasse nemmeno e non si avvicinasse ai bambini.
Lui aveva mantenuto la parola sulla prima parte, non sulla seconda. Non gli andava di forzare a Lela la sua presenza, ma non avrebbe rinunciato ai fratelli, non importava quanto lei fosse contraria.
Sceso dall'aereo aveva tenuto in braccio Kharunnissa, spaventata dal lungo viaggio e dai giornalisti che li avevano assaltati, con Aasim subito dietro, e Allan e Nurain vicino a Lela, che era ultima.
All'aeroporto era venuto a trovarli anche Giorgio, il ragazzo con cui era uscito Raffaele, e Nuru dovette ammettere con amarezza e fastidio che era molto carino, oltre a notare che teneva in mano un casco da moto e zoppicava, il che gli fece intuire cos'era successo e montare la rabbia, che riuscì a tenere sotto controllo a malapena.
Furono scortati in un centro di accoglienza per donne e famiglie straniere, Lela e i bambini sarebbero stati ospitati là, dove avrebbero portato tutti a scuola meno che Lela, che aveva sedici anni ed era appena fuori l'obbligo scolastico per lo stato italiano, e di andarci non ne aveva voluto sapere.
Stava frequentando corsi professionali e di italiano, Nuru non sapeva come stessero andando. Lei gli aveva tolto il saluto, ogni tanto Allan si faceva sfuggire qualcosa su di lei ma il quadro non era preciso.
Allan e Nurain erano gli unici della sua famiglia che gli parlavano. Aasim, che era piccolo, si era fatto influenzare dalla sorella grande e Kharunnissa non si muoveva nemmeno senza che Lela desse l'okay.
Nuru era tornato a vivere con Raffaele, e il Politecnico gli aveva offerto un'altra borsa di studio con tanto di dichiarazione stampa del magnifico rettore.
Stava affrontando un percorso di disintossicazione, andava da uno psicologo e gli avevano diagnosticato il PTSD per quello che era successo quando l'avevano arrestato. A volte tutto si faceva troppo e lui si sentiva travolto e sopraffatto, aveva attacchi di panico e crisi di rabbia improvvisa.
Per un po' non era riuscito neanche a farsi toccare da Raffaele, la loro intimità ne aveva risentito, ma con la terapia piano piano le cose erano andate meglio.
Avevano litigato, anche, delle volte. Erano cambiati, il peso di quello che avevano passato li appesantiva e ogni tanto finivano per sbottare l'uno con l'altro, a volte Nuru se ne andava di casa nel bel mezzo di un litigio per non dire cose di cui si sarebbe pentito e tornava ore dopo, una volta sbollito.
Non andavano mai a letto arrabbiati, però. E ogni volta che finivano di scontrarsi tornavano insieme, a leccarsi le ferite a vicenda e stringersi l'uno all'altro.
Lo avevano invitato a molti talk show, era una celebrità, e questo non faceva che peggiorare le cose. Lui e Raffaele cercavano di vivere la loro vita lontano dai riflettori come potevano, ma a ogni occasione di uscita qualcuno li riconosceva ed esprimeva un'opinione non richiesta. Molti dichiaravano la loro solidarietà, alcuni invece ne approfittavano per insultarli.
"Parassiti," "abbiamo problemi più grossi che pensare a voi," "secondo me la storia del frocio te la sei inventata per venire in Italia," "ora essere anormali è diventata la normalità," "ci manca solo che iniziamo ad accogliere pure gli storti degli altri paesi così è la volta buona che ci estinguiamo," "ma tu lo parli l'italiano almeno?"
Ogni volta Nuru doveva tenere Raffaele perché non saltasse loro al collo, ogni volta diventava più difficile. Il ragazzo sapeva essere molto protettivo nei suoi confronti e talvolta tendeva a esagerare, come la volta che aveva dovuto pagare una multa per l'aggressione a quel cameraman molesto.
Era passato poco più di un mese da quando era arrivato in Italia, e i suoi colleghi e compagni di corso avevano appena iniziato ad abituarsi alla sua presenza, senza più chiedere selfie e fargli le foto ogni volta che andava a lezione.
Si svegliò accanto a Raffaele, come sempre. Si erano avvicinati nel sonno, il suo braccio gli pesava sul fianco in un inconsapevole abbraccio, sentiva il suo fiato sul collo.
Nuru staccò il telefono dalla carica cercando di non svegliarlo e guardò lo schermo col cuore in gola. Il giorno prima, di notte, aveva mandato un messaggio a Hassan, il primo da quando si era trasferito, e tremò al vedere che il suo amico aveva risposto.
So che ti avranno detto tante cose su di me. So che a quest'ora avrai scoperto cos'è successo. Volevo solo dirti che mi dispiace averti trascurato, prima non ti potevo dire il perché, ora lo sai. Voglio che tu sappia che sei sempre stato mio amico perché ho sempre apprezzato quello che sei, per nient'altro al mondo. Grazie di tutto.
Il messaggio in risposta risaliva a quella mattina.
Credi che io sia stupido?
Nuru si accigliò, colpito da quella risposta.
Eh?
Lui era già online, così rispose subito.
Rispondi. Credi che io sia stupido?
No, certo che no.
Credi davvero che non avessi dei sospetti? Che non l'avessi capito già da quando andavamo a scuola?
Nuru osservò lo schermo senza parole. Come poteva averlo capito? Se l'avesse capito avrebbe smesso di aiutarlo, di essergli amico, invece aveva continuato a stargli accanto sino alla fine.
Pensò a come rispondere, ma si accorse che Hassan stava ancora scrivendo.
Io ti voglio bene, sei mio amico. E non lo sono certo per la tua moralità, altrimenti ti avrei mollato già un bel po' di tempo fa, te l'assicuro.
Perché non hai detto niente? Se lo sapevi, perché non hai detto niente?
Perché ero arrabbiato, e preferivo fare finta di nulla. E comunque, non si abbandona un amico perché si trova un ragazzo. Sono ancora offeso con te.
Nuru si ritrovò a non sapere come ribattere, così non lo fece. Bloccò il telefono e lo posò sul comodino, ancora scosso.
«Bravo» biascicò Raffaele, ancora mezzo addormentato. «Metti via quel trabiccolo che è presto, e vieni a darmi un bacio.»
«Era Hassan» gli disse, in un sussurro.
«E che vuole a quest'ora?»
«Per lui non è così presto, il Kenya è tre ore avanti.»
Raffaele sbuffò. «E che vuole, quindi?»
«Lui lo sapeva. Lo aveva sempre saputo.»
«Saputo cosa?»
«Di noi.»
Il ragazzo si stiracchiò nel letto come un gatto e si aggrappò più a lui. «Immaginavo che lo sapesse, non è mica stupido. Ora me lo dai il mio bacio oppure no?»
Nuru alzò un angolo della bocca in un mezzo sorriso, si abbassò e gli stampò un bacio sulla fronte. Raffaele emise un verso di apprezzamento.
«Stavo pensando una cosa» gli disse, iniziando ad accarezzargli i capelli.
«La stavi pensando alle sei del mattino?»
«Pensavo che potrei scrivere un libro.»
Il suo compagno sembrò arrendersi al fatto che non sarebbe tornato a dormire, perché sbuffò ancora e aprì meglio gli occhi. «E di che parlerebbe, questo libro?»
«Di me. Di noi. Di tutto, il nostro anno a Mombasa e quello a Milano, mia madre, la droga, l'arresto. Tutto.»
«Ti salteranno al collo quando sapranno che spacciavi. Diranno che ci siamo portati un altro criminale qua in Italia.»
«Tanto quelli che mi odiano non lo comprano mica.»
«Magari se lo scaricano gratis.»
«L'importante è che se ne parli, no?»
«E come lo chiameresti questo libro?»
«Stavo pensando a Furaha.»
«Come l'associazione della tua borsa di studio? Sai che hanno intervistato anche loro su di te? Hanno detto delle cose molto belle, dovresti leggerle.»
«Non è per l'associazione. Significa "felicità" in swahili.»
Raffaele arricciò il naso in una smorfia adorabile. «Non è una storia molto allegra, però.»
«Per questo la chiamo così. Tutti dovrebbero essere in grado di costruirsi la loro felicità, ma non è sempre così.»
«Mi piace.»
«Non sembri molto convinto, puoi dirmelo se ti fa schifo.»
«No, no, mi piace sul serio! Solo che muoio di sonno, possiamo parlarne tra qualche oretta?»
Nuru alzò gli occhi al cielo. «Va bene, dai, rimettiti a dormire.»
«Però tu resta qua con me. Coccolami un pochino, dai.»
«Sembri un cucciolo di cane quando fai così. Molesto e assetato di attenzione.»
«Bene, mi piacciono i cani. Dovremmo prendercene uno.»
A Nuru venne da ridere. «Potremmo. Un randagio in canile, uno sbandato come me.»
«Sarebbe carino, no?»
«Neanche lontanamente quanto te» gli disse, e gli diede un altro bacio sulla fronte. Poi uno sulla guancia, sulla punta del naso, sulla palpebra chiusa. «Vanno bene queste attenzioni?»
Sentì più che vide il sorriso di Raffaele a quel punto. «Molto, vedi che ce la fai quando ti ci metti?»
Continuò a coprirlo di baci sul volto, sinché Raffaele non trovò le labbra di Nuru con le sue.
Come ogni volta, il resto del mondo perse di importanza. Come ogni volta, sentì il cuore traboccare di gioia nella consapevolezza folle oltre ogni limite di dove si trovava.
A casa.
Articolo del 15/07/23
Un matrimonio da sogno nel cuore di Milano.
Gli outfit degli sposi, la location e il menù stellato di una serata chic in riva al lago: la favola multietnica che ha fatto sognare il paese.
Di Maria Francesca Obinu.
Ieri mattina, al Palazzo Reale di Milano, hanno pronunciato il fatidico "si" Nuru Mutuku, kenyota noto per il suo arresto in patria nonché autore dell'ultimo vero caso letterario in Italia, e il compagno storico Raffaele Fontana.
Dopo il suggellamento della loro unione al Palazzo, la cerimonia si è tenuta al suggestivo Castello di Rossino, location sul Lago di Como promossa all'unanimità da invitati ed esperti wedding planner in tutto il paese. Una scelta definita intima e fiabesca da voci vicine ai presenti in questo esclusivo evento a porte chiuse.
Il menù della festa, deciso dagli sposi con la consulenza della chef tristellata Carla Pucci, era vegetariano ed ecosostenibile, una cucina fusion con elementi italiani e del Kenya a celebrare l'unione delle culture.
Per gli abiti dei protagonisti della serata sono state evitate le grandi marche, fatti entrambi su misura da una sartoria milanese, per l'ing. Mutuku si è prediletta una cromo mania in tinta unita color grigio cenere, camicia compresa, mentre per l'avv. Fontana un più classico blu savoia, con camicia bianca anch'essa su misura.
C'è però un solo ingombrante dettaglio che getta un'ombra scura su questa unione.
Parliamo di "unione" e non di "matrimonio" proprio per questo: nel nostro paese la legge ancora non prevede il matrimonio egualitario, con coincidenza di diritti e doveri a quello di persone di genere opposto.
Questa si tratta, infatti, di un'unione civile, che oltre a essere a livello formale e legale diversa da un matrimonio, non prevede tra le altre cose l'obbligo di fedeltà e non consente l'adozione da parte della coppia.
In uno stato che si professa moderno e aperto al cambiamento, diverso da altri verso cui prova un sentimento di snobismo e superiorità, c'è più che mai bisogno di rimediare.
Il matrimonio egualitario, la regolamentazione della famiglia omogenitoriale, l'approvazione di una legge contro l'omofobia, si fanno più che mai necessarie per dare a questa coppia e a migliaia di coppie in Italia la possibilità di vivere come le altre.
Con i migliori auguri per una vita felice, partita questa mattina per una luna di miele verso il Messico, condivido la speranza che possano presto essere riconosciuti per ciò che sono, due sposi innamorati.
Trachemys.
Note autrice
Fine!
Eccoci qui al termine di questo viaggio tra il Kenya e l'Italia. Questo libro, proprio come quello di Nuru, si interroga su una domanda fondamentale: "È possibile trovare la felicità in un ambiente ostile?"
La risposta, come penso si sia capito, al momento non può che essere "no".
Nuru per trovare la felicità è stato costretto a scappare, e non tutti possono farlo.
Negli ultimi dieci anni ci sono stati quattro arresti in Kenya per la violazione della legge numero 162, a danno di due coppie omosessuali. Non sono tanti, è una legge che raramente viene applicata (è più frequente, ahimè, che una volta scoperti vengano ammazzati di botte, è capitato anche da poco), ma sono sempre quattro di troppo.
Si sta facendo qualche passo avanti, questo è vero - come detto, nel 2018 la corte del Kenya ha dichiarato per la prima volta incostituzionali le ispezioni anali da parte della polizia per verificare un eventuale rapporto omosessuale tra uomini - ma neanche lontanamente abbastanza, e la situazione per le persone LGBT+ in Kenya resta insostenibile.
Stanno nascendo, in particolare dal 2019 quando è stato concesso l'associazionismo queer, tante nuove no profit per la tutela delle persone non eterocis del paese, ma questi enti privati possono poco contro le discriminazioni strutturali e sociali che continuano a perpetrarsi senza che nessuno riesca a mettervi una fine.
Io devo molto al Kenya come paese. Ci ho vissuto, ho vissuto proprio a Mombasa, e nella prima parte di questa storia spero di aver fatto trapelare un po' l'amore che provo per quella terra, la sua cultura, le sue tradizioni. Nella seconda parte, però, non ho potuto tacere sul rovescio della medaglia.
Ho parlato del Kenya perché è il paese che conosco meglio su questo fronte, non avrei potuto ambientare la storia in un luogo che non mi appartiene, ma questa storia è applicabile a troppe situazioni, troppe persone innocenti.
L'Italia, ovviamente, non è esente da mancanze. Nuru ha migliorato la sua condizione trasferendosi in Italia, ma ha ancora molto da combattere. Episodi razzisti, omofobi, sono comunque dietro l'angolo e spero di aver fatto capire anche questo, la storia è ben lungi dall'essere un messaggio "Kenya male, Italia bene", tutt'altro.
Ho voluto chiudere il libro con un articolo di Vanity Fair sul matrimonio - anzi unione civile - tra Nuru e Raffaele per lanciare un messaggio finale di speranza e per regalare a Nuru una gioia, dato che dopo tutto quello che ha passato ne aveva bisogno.
Ha commesso degli sbagli nella sua vita, ha fatto del male a delle persone, ma resta comunque vittima della società e degli eventi, si è pentito e si vergogna del male che ha fatto.
Nei miei sogni, Hassan è andato al matrimonio e ha suggellato la pace con Raffaele con un abbraccio.
Questa storia, in ultimo, è dedicata all'associazione GALCK+ (gay and lesbian coalition of Kenya), che si occupa dei diritti LGBT+ in Kenya dal lontano 2006, quando ancora farlo era inaccettabile e pericoloso.
Trovate interviste, approfondimenti, battaglie riguardo i temi espressi in questa storia nella loro pagina Facebook e/o Instagram. Se vi interessa l'argomento, potete sbirciare lì (è in inglese e in parte in swahili ovviamente). Al momento si stanno occupando di combattere contro le terapie di conversione e "cura" per persone LGBT+.
Dopo che vi siete lettə questo papiro quasi più lungo dell'epilogo stesso, lascio la palla a voi.
Come vi è sembrato questo esperimento? L'avete trovato interessante? Cosa pensate dei concetti qui espressi?
Ogni parere è ben accetto e mi fa crescere come scrittrice e come persona, quindi vi aspetto.
Grazie per aver letto e per essere qui, noi ci aggiorniamo presto con una nuova storia.
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