𝟝. Welcome to hell
L'altra band aveva appena finito di esibirsi e fra poco sarebbe toccato a loro. Brian era un fascio di nervi, stava accordando la sua chitarra, la Red Special, Roger era accanto a lui, aveva appena dato fuoco al libro di matematica e urlava con Freddie per il sapore della libertà. Era felice di vedere il suo amico riprendersi la sua rivincita. La chitarra era pronta, era agitato, ma non vedeva l'ora d'esibirsi.
Il presentatore arrivò a chiamarli poco dopo, indossava un cilindro, una giacca rossa e dei pantaloni neri, era alto quanto Brian e aveva circa trent'anni.
I ragazzi si ritrovarono sul palco: il biondino alla batteria posta verso il fondo, il più grande al centro, proprio davanti al pubblico. La folla li acclamava, era lì solo per loro, i due si scambiarono un'occhiata, era Brian che doveva dare l'attacco, ma non ne fu in grado. Non riusciva a muovere le dita, non riusciva a suonare, qualcosa lo bloccava. Il silenzio calò. Sudava per l'intensità dei riflettori. Ci provò ancora e lo strumento emise un suono stridente. Si girò verso Roger in cerca di un appoggio.
Riuscì a leggere le sue labbra: "Fai schifo." Gli disse.
No, lui non faceva schifo, non faceva schifo, era solo agitato.
Il pubblico iniziò ad inveire contro il ragazzo, gli lanciavano oggetti e lo insultavano.
"Mi hai fatto perdere tempo e clienti."
Il proprietario era accanto a lui, l'odio nei suoi occhi era tale da far cadere Brian sulle ginocchia. Voleva rialzarsi, ma era come incollato al pavimento. L'uomo gli si avvicinò e lo prese per i capelli, incitava la folla.
Il fuoco divampò nel teatro, eppure a nessuno sembrava importare.
"Al rogo, al rogo, al rogo!!" Aveva le mani legate, si dimenava non riusciva a liberarsi.
Roger era accovacciato in un angolo del palco si dondolava su sé stesso e piangeva, le lacrime erano come acido sul suo viso.
"È tutta colpa tua! Guarda cos'hai fatto! Guarda come mi hai ridotto!"
Gli occhi del ragazzo riuscirono, nonostante il calore delle fiamme, a farlo rabbrividire.
"Mi dispiace, mi dispiace!"
Aveva rovinato tutto, aveva deluso Roger, voleva renderlo felice e invece lo aveva fatto piangere ancora.
Guardò verso la folla, c'era anche Freddie tra loro, agitava un forcone e urlava il suo disprezzo; si sentì tradito, sudava gli veniva da vomitare, gli girava la testa, chiedeva pietà, era solo un povero ragazzo,ma poi, poi tutto si fermò.
Ogni cosa, compreso il fuoco, era immobile. Solo il vento gli accarezzava i capelli.
Una farfalla bianca si librava nell'aria. Il ragazzo la seguiva con lo sguardo. Ne rimase incantato, un essere così piccolo era riuscito a placare quel caos sovrumano. Nel suo cuore si diffuse un senso di tranquillità, nei suoi occhi si accese una scintilla di speranza.
Era vicina a lui, gli stava passando davanti lentamente, la distanza tra il suo viso e la creatura era di pochi centimetri. Il fascino della farfalla era tale, da spingere il giovane a compiere un gesto che avrebbe per sempre rimpianto: la toccò.
Le ali della farfalla si polverizzarono trasportate via dal vento.
Le fiamme ripresero vita, così come il resto. Un varco s'aprì sotto Brian, facendolo sprofondare negli inferi.
Le fiamme della vergogna bruciavano dall'interno del suo corpo. Tutti ridevano di lui, della sua incapacità.
No, no, non poteva essere, aveva rovinato tutto.
"Nooooo!"
Roger venne svegliato da un urlo. Accese la bajoure e vide una scena sconcertante.
Brian era sul letto, ansimava, piangeva, era chino con le ginocchia al petto e si tirava i capelli.
"Brian, tutto ok?" Chiese il biondino preoccupato.
"È un attacco di panico." Disse Freddie scendendo dal letto.
Il ricciolo continuava a piangere, certe volte emetteva dei gridi di disperazione. Pareva posseduto.
Roger era sconvolto, non aveva mai visto nulla di simile, non sapeva cosa fare, non sapeva quanto sarebbe durato, era spaventato.
"Brian, stai tranquillo, ci sono qui io, sei in camera tua, nel tuo letto, va tutto bene."
Era Freddie. Stava provando a rincuorarlo, gli accarezzava lentamente la schiena. Sembrava calmo, come se fosse in grado di gestire la situazione.
Si diresse verso la finestra e l'aprì per fare girare un po' d'aria. Brian non urlava più, piangeva e basta.
"Vieni, usciamo un attimo." Prese la mano del ragazzo per aiutarlo a scendere dal letto ed entrambi uscirono dalla stanza sotto gli occhi del più piccolo ancora pietrificato.
Brian aveva appena avuto un attacco di panico. 'Attacco di panico', quella parola gli rimbombava nella testa. Era una cosa nuova per lui, un'esperienza che non avrebbe mai desiderato vivere.
Stava male, si stava distruggendo, gridava pietà. Un suo amico stava soffrendo e lui non era riuscito ad aiutarlo, era bloccato dal terrore di qualcosa di più grande. Si sentiva un codardo, inutile, una merda. Brian c'era stato quando ne aveva bisogno, lo aveva aiutato. Non come lui, ch'era stato fermo, senza nemmeno provarci.
Invidiava la calma di Freddie, la leggerezza con cui era riuscito ad affrontare quella situazione.
Gli veniva da piangere.
Si distese, voleva ricominciare a dormire sperando fosse solo un brutto sogno. Non li avrebbe aspettati, non avrebbe avuto il coraggio di rivolgersi a Brian. Lasciò la bajoure accesa e dopo un po' s'addormentò, pronto ad affrontare sogni colmi di sensi di colpa.
Erano le 3.15 e tutto non andava bene.
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8-04-19
Ciao, mi rendo conto che questo è un capitolo un po' pensante (e corto), ma è fondamentale per il proseguimento della storia. Spero vi sia piaciuto. Love u.
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