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𝟛. Io non voglio


Erano le 13.00, i due stavano tornando in camera dopo la visita in infermeria. L'infermiera aveva fasciato la mano destra di Roger e gli aveva disinfettato le ferite.

Non parlavano. Roger teneva lo sguardo basso, qualche volta si tamponava il naso, nulla di più. Il ricciolo invece guardava dritto avanti a sé, aveva uno sguardo impassibile, ma non sembrava arrabbiato.

Quando arrivarono Brian si mise subito ai fornelli. Il biondino lo raggiunse.

"Cosa cucini?"

"Riso."
Disse il più grande senza degnarlo di uno sguardo.

"Mmm..."

"Ti posso aiutare?"
Chiese il più piccolo accennando un leggero sorriso.

"No, non ce n'è bisogno."

Non gli piaceva il modo distaccato con cui gli si rivolgeva, lo faceva sentire invisibile.

Quando Freddie rientrò, verso tardo pomeriggio, i ragazzi non avevano ancora parlato, erano rimasti lì in silenzio, ognuno per i fatti propri.

"Ciao sono tornato"
Disse Freddie con un tono allegro.

"Perché tutto questo silenz...Oh caro cosa hai fatto alla mano?"

Il moro corse verso il letto singolo dove c'era sdraiato Roger, ma anche questa volta nessuna risposta.

"Possibile che tutte le volte che ci sono io nessuno parli!?"
Freddie era realmente infastidito e non gli si poteva dare torto: quel povero Cristo si trovò fin da subito a dover fronteggiare i loro stupidi litigi.

"Bhe, se proprio vuoi saperlo si da il caso che il signorino qui presente..."

"Smettila! So parlare per me stesso."
Urlò Roger alzandosi dal letto.

"Allora perché non hai parlato invece che aggredire quel tipo!?"
Anche Brian scese dal letto.

"Aggredire chi!?"
Chiese Freddie scioccato.

"Ancora con questa storia?"
Replicò Roger.

"Se non avessi parlato io, ora saremmo ancora dal preside!"

"Mi ha chiamato 'ragazzina' !"

"Vedi, non hai ancora capito, lo sapevo."

"Hai rotto il cazzo Bri!"

"Davvero? ti ho rotto la testa!?"

"No, quel coso che tu non hai!"

"Bambini bastaa!!"
Urlò Freddie.

Nella stanza tornò il silenzio, ma si poteva comunque percepire la tensione. I ragazzi erano uno di fronte all'altro, ansimavano per i troppi urli.

"Ora, cari ragazzi, vorreste dirmi cosa è successo? Senza urlare, vi prego."

I due si guardarono negli occhi per qualche secondo e le loro espressioni si ammorbidirono.

"Io esco."
Disse il biondino distogliendo lo sguardo.

"Dove vai tesoro?"
Chiese Freddie incuriosito.

"Al pub."
Roger prese il cappotto e si diresse verso la porta.

"Domani iniziano le lezioni non dovresti..."

"Lasciami stare Brian."
Il ragazzo uscì.

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Era l'una passata. Freddie già dormiva, ma Brian, Brian non ce la faceva. Roger non era ancora tornato e lui non riusciva a non pensare a cosa fosse potuto accadergli. Si sentiva in colpa per avergli tenuto il broncio tutto il giorno, era colpa sua s'era 'scappato'. Si sentiva in dovere d'andare a cercarlo.

Una volta fuori l'aria fredda gli accarezzò i capelli. Era tentato di tornare in dietro. D'altronde, chi glielo faceva fare?
Non era sua responsabilità e fino a quel momento, non aveva fatto altro che procurargli guai.
Mentre pensava quelle cose, era già in cammino verso il pub. Per strada vide uomini ubriachi e prostitute, più si avvicina più aumentavano.

Quando entrò nel locale, un odore d'alcool lo investì, facendogli bruciare le narici. Gli uomini urlavano, cantavano e ridevano, alcuni piangevano.

"Mi scusi." Il barista si girò e squadrò Brian dall'alto al basso.

"Ha per caso visto un ragazzino di diciotto anni, alto così circa, biondo, occhi azzurri?"

"Ti sembro forse il tipo di persona che guarda i ragazzi?"
Brillo, anche lui.

"È un 'sì' o un 'no'?"
Non voleva perdere tempo.

"Un ragazzo così l'ho visto, ma ora non so dove sia."
Il barista andò da un vero cliente, chiudendo la conversazione ancora prima che Brian potesse ringraziarlo.

Al bancone sicuramente non c'era, così si spostò nella stanza accanto.
Era piena di ubriaconi. A giudicare dalle mani callose, si trattava di operai scappati alle mogli per passare, l'ormai lunedì mattina, con gli amici. Rimase per qualche minuto a cercare Roger con lo sguardo, ma poi si rese non poteva essere lì. Gli uomini lo avrebbero sbranato vivo.
Andò in bagno. Magari il biondino nel frattempo s'era fatto un'amichetta.

"P... più forte"

"Sì così!"

"Oh...Rog...Rog..."

Quegli urli provenivano dalla terza porta. Diventò paonazzo, non avrebbe saputo cosa dirgli una volta uscito dal bagno, ma non poteva scappare, così aspettò.
I bagni erano lerci e puzzavano. I secondi sembravano minuti e i minuti ore.
Poi, ad un certo punto, vide la maniglia della porta abbassarsi. La donna uscì per prima, aveva la carnagione chiara e il viso era scavato, era molto magra e i suoi capelli color rame. Si aspettava di veder uscire Roger con i suoi fini capelli biondi spettinati, la zip ancora abbassata ed un'espressione di piacere sul volto. Doveva inventarsi una scusa?
No, perché quello non era il suo Roger.

L'uomo che uscì subito dopo era calvo e robusto, avrà avuto sulla quarantina circa e non c'entrava nulla con il biondino.

Da una parte Brian si sentì sollevato, non sapeva bene il perché, d'altronde pure i suoi ex compagni portavano delle ragazze in stanza. D'altra parte era sconsolato, Roger non era nemmeno in bagno.

A quel punto, stava per arrendersi. Uscì dal pub e andò a passeggiare in un piccolo parco: aveva bisogno di fare mente locale.
E se fosse stato investito? E se fosse stato rapito? Rapinato? Ucciso!?
Sì sentiva responsabile per tutto ciò, non avrebbe dovuto urlare così e soprattutto rinfacciargli il suo errore.

Passò accanto ad una panchina, seduto lì ci stava un uomo, aveva i gomiti appoggiati sulle ginocchia e si copriva il viso con le mani. Provò pena per lui, chissà quale disgrazia aveva subito per stare così, eppure quella figura gli sembrava famigliare. Guardò più attentamente: non era un uomo, era un ragazzo, non era un ragazzo era Roger.

"Roger."
Disse Brian stando attento a non spaventarlo.

Il ragazzino sollevò la testa. Stava sorridendo.

"Oh, ciao...Brian. Cosa ci fai qui?"
Non sembrava molto ubriaco.

"Ero venuto a cercarti."

"Oh, grazie ma non dovevi, ora puoi andare."
Continuava a sorridere.

"Rog, dobbiamo tornare al campus."

"Sì tu vai."

"È tardi, dobbiamo andare."
Insisteva, consapevole del fatto che avrebbe potuto irritarlo.

"Se sei stanco, tu puoi andare subito."

"Domani abbiamo lezione."

"Al domani ci penserò io."

"So che probabilmente non mi vuoi vedere, ma davvero è tardi."

"Ho capito Brian, ti raggiungo dopo."
Non sorrideva più.

"Roger dobbiamo andare."

"Io non ci voglio andare al college!!"

Il ragazzo sbottò. Abbassò lo sguardo, aveva gli occhi lucidi.

Brian lo guardava sorpreso.
Si sedette accanto al ragazzino e aspettò, lo avrebbe aspettato qualsiasi cosa avesse deciso di fare.
Dopo un po' Roger alzò la testa e lo guardò, dritto in faccia. Gli occhi azzurri del ragazzo erano velati da una tristezza che colpì Brian dritto al petto.

"Io non ci volevo venire al college. Non voglio fare il dentista, non fa per me."

Roger abbassò nuovamente lo sguardo.

"Ma a questo punto penso sia l'unica cosa che io possa fare."

A quest'ultima frase, una lacrima bagnò il viso del ragazzino. Iniziò a piangere.

Brian si sentì perso, non sapeva cosa fare. Non sapeva cosa dire. Aveva paura di dire la cosa sbagliata e farlo soffrire più di quanto già stesse soffrendo.

"Io..." Fu subito interrotto.

Roger si avvicinò e lascio cadere la testa nel petto del più grande.
Brian ne fu sorpreso, non se lo aspettava, ma d'impulso lo strinse a sé e capì che quella era la cosa più giusta da fare. Non c'era bisogno di parlare. Non in quel momento.

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(24-03-19)

Ciao, vorrei ringraziarvi tantissimo, abbiamo raggiunto più letture di quante me ne aspettassi, ed è molto soddisfacente. Comunque spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, se riesco pubblicherò costantemente ogni domenica. Love ya.



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