𝟟. Is this just fantasy?
"È colpa mia"
"No, Roger è strano già da qualche giorno."
Brian si era calmato, calmato per modo di dire. L'attacco di panico era terminato, ma era comunque in pensiero per il più piccolo.
Non sapeva esattamente se Roger si fosse allontanato colpa sua, dei suoi attacchi di panico, forse era successo qualcosa tra i due e lui non ne era a conoscenza.
"Vuoi che vada a cercarlo?" Chiese Freddie alzandosi dal letto.
"No, ci vado io." Brian scattò verso l'attacca panni e si mise il cappotto.
"Se vuoi ti posso accompagnare tesoro."
Insisteva, voleva rendersi utile.
"No, non voglio crearti altri problemi, hai già fatto abbastanza."
Detto questo il ricciolo si diresse verso la porta e uscì in tutta fretta.
Freddie si sentì messo in disparte, per lui non sarebbe stato un problema. Entrambi erano suoi amici, lo avrebbe aiutato volentieri, soprattutto se si trattava di passare un po' di tempo con Roger... Roger.
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Faceva freddo, anzi si gelava. Aveva dimenticato il cappotto, ma sinceramente non gli importava più di tanto, se lo meritava. Non sarebbe dovuto scappare in quel modo, probabilmente aveva fatto sentir Brian uno schifo.
Stava camminando da circa dieci minuti.
Non c'era la luna ad illuminare quella serata.
Fuggendo in quel modo aveva solo peggiorato le cose. Chissà, forse Brian era tra le braccia di Freddie, a farsi consolare:
"È solo un cretino, non ti merita."
Sentì il rancore bruciargli nel petto.
Cosa voleva saperne lui? Freddie non sapeva cosa lui provasse per Brian, Freddie non sapeva niente.
Però aveva ragione, era un cretino. Se la stava prendendo con Freddie per un suo errore. Si sarebbe tirato un pugno dritto in faccia. Era solo invidioso della tranquillità che il più grande era sempre stato capace di mantenere, era invidioso perché voleva che Brian fosse tra le SUE braccia.
Arrivò ad un parchetto, il solito parchetto. Ci andava quando aveva bisogno di riflettere, di staccarsi un attimo dagli altri. Anche la panchina era la solita. Aveva assunto un significato simbolico per lui: lì Brian lo aveva confortato, lo aveva reso felice, la prima volta delle tante.
Era stanco, voleva dormire, ma non poteva tornare in camera, non dopo ciò che aveva fatto.
Si raggomitolò su sé stesso nella speranza di scaldarsi un po'. Non avrebbe di certo dormito lì, aveva solo intenzione d'aspettare un attimo e poi, forse, sarebbe tornato.
Le palpebre iniziarono a cedergli, avrebbe potuto chiudere gli occhi qualche minuto, giusto per distrarsi da quei pensieri, tanto non si sarebbe addormentato.
Appoggiò la testa alle ginocchia e serrò gli occhi, quasi non si ricordò d'essere in un parco.
"Oddio, finalmente ti ho trovato! Mi dispiace, mi dispiace tantissimo."
Sobbalzò. Brian lo stava abbracciando, ma lui non ricambiò il gesto.
"Brian, perché ti stai scusando?"
Lo scansò tenendogli le mani sulle spalle.
"È colpa mia se sei scappato, ancora. Sono tornato a casa tardi e...e probabilmente tu volevi dormire, ma io ho avuto un attacco e ti sei innervosito..."
"Smettila di dire cazzate, non è colpa tua, tu non puoi controllarli."
Brian abbassò il capo. Era ancora chino di fronte al ragazzino.
"Allora perché sei venuto qui?"
Chiese con un filo di voce, scrutando negli occhi limpidi del più piccolo.
Roger tolse le braccia dalle spalle del ragazzo.
"Perché non riuscivo a guardarti soffrire in quel modo, non riuscivo a guardarti sapendo di non riuscir a fare nulla. Io non sono stato in grado di aiutarti come tu hai fatto con me..."
Una lacrima rigò il volto del ragazzino.
Il ricciolo lo guardava ammutolito.
"Freddie invece ti è sempre stato accanto, mentre io stavo fermo come una cazzo di statua a guardare. Io non ti merito, è giusto che tu preferisca lui a me."
Le lacrime gli bagnavano le guance rosse per il pianto e l'imbarazzo. Stava tirando fuori tutto, si sentiva più leggero, ma temeva le conseguenze di ciò che stava dicendo.
Una mano soffice, dalle dita affusolate gli accarezzò il viso asciugandogli le lacrime.
"Roger, sia tu che Fred siete miei amici. Perché ti preoccupi tanto di lui?"
Quando incontrò gli occhi del più grande, sentì un buco scavargli nel petto.
Il battito cardiaco accelerò, sudava freddo.
Sapeva che ciò che stava per fare avrebbe rovinato tutto, ne era cosciente, ma preferiva dirglielo subito piuttosto che illudersi .
"Perché mi piaci." Secco, come un proiettile.
Brian sgranò gli occhi senza perdere il contatto con quelli dell'amico. Stava per rispondere, ma Roger lo anticipò.
"Ti prego non dire nulla, so d'aver mandato tutto a puttane, so cosa mi dirai e fa già male così, io..."
Roger si bloccò. Non riusciva più a parlare, perché qualcosa impediva alla sua bocca di muoversi, erano un paio di labbra, le labbra di Brian.
Erano calde e morbide, le più morbide che avesse mai baciato. Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare da quel gesto.
'Is this the real life, is this just fantasy?'
Rimasero così per qualche secondo, poi il più grande si staccò.
Il ragazzino era confuso. Un'espressione d'incredulità era stampata sul suo volto.
Brian gli sorrise.
"Ho fatto come volevi, non ho detto nulla."
Dalla sua bocca non uscirono alcune parole, ma il sue cuore parlò abbastanza.
"Quindi tu... insomma..."
"Sì, mi piaci, mi piaci quando ti arrabbi, quando fai lo scemo, quando dormi, ma soprattutto quando sei felice. I tuoi occhi azzurri sono così belli, resterei ad ammirarli tutto il giorno e non meritano di versare alcun tipo di lacrime se non di gioia." Disse il ricciolo sorridendo.
Nessuno gli aveva mai detto certe cose, era tutto semplicemente paradisiaco, era tutto perfetto, fin troppo perfetto.
Si tirò uno schiaffo, dritto in faccia.
"Roger che cazzo fai!?"
Urlò Brian.
"Volevo essere sicuro di non star sognando." Disse il biondino in tono apatico, con cinque dita stampate sulla guancia.
"Cristo, tu sei scemo! Potevi farti male!"
"Non mi importa finché son con te."
Afferrò il viso di Brian e lo spinse verso il suo in un bacio più profondo.
Le labbra del ricciolo sapevano di caffè.
Non pensava che sarebbe mai accaduto, non al di fuori della sua testa per lo meno.
Roger aveva baciato tante ragazze, ma nessun bacio poteva anche solo esser comparato a quello.
Forse era l'amore, oppure era perché avevano tenuto gli occhi chiusi, ma quando si staccarono tutto sembrava più luminoso.
Restarono a guardarsi negli occhi per qualche secondo, secondi che non bastavano mai.
"Quindi sei gay?"
Il biondino ruppe il silenzio.
"Sì." Rispose Brian ancora inginocchiato.
"Come hai fatto a capirlo?"
Il ricciolo si alzò e si sedette accanto a Roger. Guardava verso il cielo, come se stesse provando a tornare in dietro con la mente.
"Quando ero bambino, non riuscivo a vedermi sposato, con dei figli e tutte quelle cose. Pensavo che il matrimonio non facesse per me, ma poi, più tardi, capii che l'unica cosa che non faceva per me era una moglie." Il ragazzo sospirò e non aggiunse altro.
Roger non si spinse oltre, non voleva forzarlo a raccontargli cose che magari non voleva ricordare. Sperava di non averlo scosso troppo.
"Bhe, io sono confuso..."
"È normale." Rispose il ricciolo posando una mano sulla spalla ragazzino.
"Non riesco a comprendere: ho sempre avuto attrazione, sin da piccolo, per le auto e ora mi piaci tu." Brian si voltò di scatto verso il più piccolo, era scioccato.
"Davvero!?"
Come poteva crederci sul serio? Ok, può darsi che qualche volta il ragazzino avesse fatto degli apprezzamenti riguardo un'auto, ma non apprezzamenti di quel genere.
"È una metafora Brian!"
"Sei scemo, ma è anche per questo che ti voglio bene."
I due scoppiarono a ridere e in quel preciso momento, Roger si rese conto d'aver finalmente trovato un pretesto per sorridere: Brian.
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21-04-19
Ok, no, questo capitolo è estremamente smielato, ecco perché dovete prepararvi a capitoli più passionali (smut) e soprattutto drammatici (amo i drammi se non si fosse capito u.u).
Inizialmente avevo intenzione di proseguire la trama, seguendo ciò ch'è successo con la mia crush, ma poi mi sono resa conto che sarebbe stato troppo triste. RIP.
Spero abbiate passato una buona Pasqua, alla prossima.
Love ya.
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