89- Sfiorarsi
P.O.V.
Amy
Vivo costantemente il suo ricordo, raggelando la bolla di sapone che lo aveva racchiuso in se stessa affinché possa divenire una sfera di neve da scuotere ed ammirare nella dimensione effimera alla quale sembra dare vita.
Non è niente di diverso da una ripetizione continua di azioni nella mente, capaci di perdere il loro significato se a un tratto la memoria non vi unisce, catalogandola assieme, anche l'emozione.
Mi aveva baciata in un modo che non mi ricordavo da tempo. Mi aveva respirata, toccata, avvicinata.
L'euforia di quel momento aveva registrato le azioni senza rendersi pienamente conto della loro necessaria spudoratezza e nel ripropormeli mi aveva fatto rendere conto di come, di colpo, ci eravamo fatti più vicini. Non solo in senso fisico.
Che significato può avere per lui una simile vicinanza? Io non sono in grado di dargli una definizione. Era stata semplice ed improvvisa attrazione? Mero conforto? La peggiore, la nostalgia?
Quella confonde sempre tutto, esortando le persone ad una cattiveria tale da renderle cieche dinanzi il presente e ciò che sta accadendo loro.
Non voglio che sia nostalgia e nemmeno mero rimpianto.
Voglio che sia qualcosa.. qualunque cosa.
È stata perdono. Ma non posso torturarmi anche sul significato di questo.
Sento ancora la sua lingua che urta la mia e le labbra che, arrossendosi, sfregano tra loro...
Mi accorgo dopo alcuni minuti di avere lo sguardo perso nel vuoto e le dita ad accarezzare le labbra, come a voler ricreare quella sensazione.
Credo di essere appena tornata adolescente.
Raschio sul fondo della gola per far fuoriuscire un tentativo di voce ma altro non scaturisce che un lieve lamento per la caviglia che ho smosso.
Resto immobile ad osservare prima la stanza di lui, nella quale ormai sto da giorni, per poi tornare concentrata sulla caviglia e lo stinco.
Magari credo che basti fissarle male per costringerle a guarire.
«Sei pronta?»
La voce di lui è un sussurro capace di farmi lo stesso sobbalzare, più che per lo spavento per la sorpresa.
Da quanto tempo era lì? Appoggiato con la schiena allo stipite della porta, braccia rilassate, mento appena all'indietro... mi aveva vista mentre mi sfioravo la bocca, al ricordo della sua?
«Per che cosa?»
«Ti ho sentito parlare oggi con Lèa. Dicevi che farsi un bagno stava diventando un'impresa impossibile...»
Divento di tutti i colori, arrochita nella voce e nei pensieri.
«E tu vorresti aiutarmi, ho capito bene?»
«Solo ad arrivarci sana e salva, senza il rischio di battere con la punta della gamba ferita da qualche parte e chissà che altri dolori» dice, pur avendo riportato per filo e per segno le situazioni che poco prima avevo riferito alla mia amica. Il mio silenzio conduce il suo sguardo a scorrere, permettendogli di divenire più morbido di quanto ritenessi possibile.
Si rende conto di come mi guarda? «Allora, sei pronta?»
«Sì...»
Ma non devo fare niente perché Cedric, avvicinandosi con calma al letto, mi fa capire quanto poco possa essercene bisogno.
Chinandosi verso di me, in una sola mossa mi prende tra le braccia a mo di sposa. Le braccia automaticamente si intrecciano al suo collo ed è così che arrivo ad avvertire il suo profumo poco dopo. Forse accorgendosi della situazione, per brevi istanti non si muove. Mi tiene semplicemente così, sospesa tra le sue braccia. Non ho di che lamentarmi.
Da quando ci siamo baciati, io e Cedric non facciamo altro che sfiorarci. Alle volte inavvertitamente, quasi come se l'inconscio cercasse di generare tra di noi una sorta di piccolo contatto che potesse giungere come rassicurazione.
Pare come se entrambi ci stessimo chiedendo quanto l'altro possa stare veramente bene, valutandolo attraverso piccole accortezze che possano fungere da rassicurazioni. La situazione mi confonde almeno quanto riesce a rassicurarmi. Che cos'altro ha sentito di quella conversazione?
Inizia a procedere in direzione delle scale, sorprendendomi nella scelta di raggiungere il bagno più lontano. Mi lascio trascinare, inerme come sono nel restare tra le sue braccia. Noto appena la porta della stanza presentarsi già aperta prima che un'odore di lavanda sostituisca il profumo di lui. Quando mi posa a terra si trova a farlo con una delicatezza estrema, stando attento che il dolore possa non percorrermi il corpo entrando a contatto con l'ostile durezza del pavimento gelido.
Chiude la porta alle nostre spalle, permettendoci con una sola mossa di rimanere soli.
Ha già preparato ogni cosa: la vasca ricolma d'acqua e di bolle di sapone, il mio accappatoio, i miei nuovi abiti... Nessuna candela perché il romanticismo tenta di essere celato in un momento simile ma io riesco a intravederlo... Riesco a capire quale importanza lui attribuisca a simili piccoli gesti perché ho vissuto nella loro totale assenza e riconoscerli mi riconduce ad un ricordo del nostro passato.
Forse sto sbagliando nel rammentarlo o nel pensare a che cosa tutto questo possa significare perché quello che c'è di vero è che lui adesso si sta avvicinando, sta imprimendo il suo calore nella vicinanza del mio corpo e sta rimanendo in silenzio dopo un insieme di parole che fino adesso non avevano fatto altro che allontanarci.
Avevo chiesto alla mia amica che cosa potesse significare secondo lei tutto questo ma la verità, o la soluzione per meglio dire, può essere che non ci sia alcun significato. Dopo troppo tempo risulta normale tornare ad essere tanto vicini, normale accarezzarci per verificare che cosa gli anni abbiano cambiato... Forse niente, forse qualcosa che nascosto nei nostri corpi ci spinge ad essere più cauti, più maturi, nei confronti di ciò che potrebbe essere.
Dove finisce però la precauzione non appena le mani di Cedric si sollevano nell'aria?
Con lentezza, queste si stanno avvicinando all'elastico dei miei pantaloni e con mirabile invidia per la loro calma si procurano di sfilarlo lento da loro nodo. Rimango ad osservarle dall'alto, notando come quella piccola chiusura elastica stia cedendo alla pressione delle sue dita, fino ad arrivare alla perdita di qualsiasi tipo di resistenza. Non è sufficiente. Cedric solleva ancora le mani ma stavolta lo fa per raggiungere i bottoni della mia camicetta.
Ho gli occhi inchiodati al bordo della vasca, incapace di contenere dentro di me tutte quelle emozioni che mi smuovono nel percepire ancora una volta la punta delle sue dita che sfiorano la mia pelle. Lente, liberano un bottone dopo l'altro e dalla sua voce non esce una sola parola che possa interrompere un momento simile, appartenente solo a noi.
Indosso una flebile canottiera al di sotto di quel primo strato perché le notti senza di lui, nonostante l'afa calda dell'estate, risultano troppo fredde non essendo condivise.
Ne traccia il merletto in pizzo con tocco leggero, rendendosi consapevole mentre mi è di spalle dell'assenza del reggiseno a supporto.
«Credo che tu possa cavartela da sola adesso, non pensi?»
«Proprio ora che si faceva interessante?» Tento di farmi scudo con l'ironia e lo avverto sorridere, rimanendomi alle spalle.
«Non tentarmi» mi chiede. Mi domando se cederebbe.
«Cedric, c'è bisogno di te!» Urla dal corridoio la voce di Lèa, con una preoccupazione che è abitudine visto il suo carattere sempre troppo coinvolto da questioni lavorative.
Volto la testa quanto basta per poterlo spiare prima con cautela, poi senza più alcuna remora. Lo guardo negli occhi mentre rimaniamo circondati dalla promessa profumata di questo bagno, tentando di catturare parte dei suoi pensieri.
«Credo sia urgente...» mi trovo a riferire, sentendolo poi commentare "niente che non possa fare Ercole". «Hai avuto un ripensamento? Vuoi restare?»
Rimane ad osservarmi. Non riceve il tempo per rispondere.
«Cedriiic!»
Non saprò mai che cosa era pronto a rispondere, ma non posso incolpare Lèa per questo. Forse la questione è più urgente di quanto entrambi sottovalutiamo.
«Adesso vado. Evita movimenti bruschi e attenta ad entrare.»
Attenta, così ti fai male! La voce di lui che mi raggiunge ridendo è la stessa di un pomeriggio trascorso insieme a letto, seminudi ed intenti a farci la lotta. Stavo provando a prevalere su di lui quel giorno ma mentre io pregustavo l'idea di vincere lui sembrava solo avere a cuore la mia incolumità perché continuava a fissarmi con occhi addolciti, gioiosi per quello che stavo vivendo, puri.
Ad ora, quegli occhi non sono esattamente gli stessi. Dopo anni la vita li ha cambiati ma preservano in loro stessi ancora quella sorta di segreto che parevano avere quel giorno. Mentre la sua bocca tace, i suoi occhi parlano. Riescono a farmi sorridere e a riempirmi di domande riguardo i loro silenzi.
Pensare a come avevo creduto di conoscere tutto di lui, nel periodo nel quale eravamo due perfetti estranei, mi rende alquanto ironica in merito a me stessa e alla superbia che sfoggiavo senza rendermene conto. Un dono maligno posseduto anche da Francis, per quanto anche lui non potesse accorgersene.
«Vado, adesso.»
«Ciao...» mormoro.
«Ciao...»
Rimango sola dopo che i suoi occhi mi hanno accarezzata per l'ultima volta, consolata solo dalla memoria di un paio di occhi maschili adolescenti.
******
Certe volte mi viene da pensare di conoscere questa casa così come conosco l'esterno di essa, visto il modo in cui il labirintico paesaggio al di fuori era stato protagonista dei miei molti giochi, eppure occorre solo spengere la luce per comprendere quante possano essere le cose che la luce cela e l'ombra rivela.
Passeggiando al buio gli occhi intravedono i profili dei mobili così come riescono a scorgere la luce tenue che filtra dal piccolo spiraglio proveniente dalla camera che da giorni occupo. Vado incontro a quel piccolo spiraglio tenue, domandandomi se posso provenire dall'esterno oppure dall'interno della stanza. Rimanendo in quella vasca ho perso completamente la nozione del tempo, cullata dalle piccole onde prodotte dalla schiuma e dai miei molti pensieri. Non so quale ora sia del giorno o quali siano gli inquilini rimasti all'interno di questa dimora, posso solo sentire come i miei passi scricchiolino in piccoli suoni mettendo alla prova gli assi del pavimento in legno.
Continuo ad avanzare e mi sembra di poter comprendere la paura che aveva smosso Halima nei giorni in cui era rimasta sola, con le proprie paure e con la proiezione esterna di inquietanti ombre, a fare i conti con ciò che la mente sola puoi immaginare.
È nella solitudine che ci si ricorda quali possono essere i veri nemici.
La mia mano si perde nel vuoto, tenta di afferrare la maniglia non percependone la consistenza proprio come dentro un incubo. Sono vicino alla luce eppure non la raggiungo. Ad un tratto una mano afferra la mia ed in un piccolo sobbalzo, capace di urtare la porta che avevo più vicina di quanto pensassi, mi rendo conto di come la luce abbia illuminato un volto noto ed ogni paura, ogni mostro che si cela nel buio, venga presto dimenticato da quello che è un sentimento più forte: l'affetto.
«Ercole!»
«Sono venuto a vedere come stavi. Non dovresti passeggiare qui dentro al buio, lo sai?»
«Non sapevo dove trovare l'interruttore della luce.»
«Ormai sono giorni che abiti qua dentro, impara ad abituarti a questo luogo. Appare più inquietante, al buio.»
Evito di dirgli quanto in verità quel buio mi abbia fatto aprire gli occhi, acconsentendo piuttosto a farlo entrare all'interno della stanza per poterlo accogliere come merita.
«Scusami, Ercole, ma ho bisogno di sedermi» gli riferisco, avvicinandomi maggiormente al letto e mettendomi presto distesa al suo interno.
«Non preoccuparti, come va la gamba?»
«Non avrei mai pensato che ci fossero simili trappole arcaiche in quel posto...»
«Evitiamo di parlare dell'incidente, hai fatto prendere un brutto colpo a tutti.»
"Sono morto di paura vedendoti rientrare", torna alla mente la voce di Cedric, quasi come se anche lui fosse qui, steso assieme a me all'interno di questo letto.
«Scusa se ti ho messo paura, ma non appena ho sentito dolore è stato il tuo nome che per primo mi è venuto spontaneo chiamare.»
«Sono contento che tu abbia avuto la prontezza d'animo per farlo. Non ti avremo trovata con facilità, altrimenti.»
Per la prima volta da quando mi è capitato tutto questo mi trovo a ripensare all'incidente, sorprendendomi di come riesca ad apparire simile ad un evento lontano. Quasi dimenticato, eppure sono trascorsi solo pochi giorni da quando il mondo era divenuto nero dinanzi ai miei occhi.
«Anche per me è stato un brutto momento. Avrei preferito non perdere conoscenza, così da rassicurare tutti voi che stessi bene.»
«Ma non stavi bene, sei svenuta per questo. Eri coperta di sangue, su tutta la gamba.»
«Cedric me lo ha raccontato...»
All'udire il nome del suo amico, Ercole siede più comodamente lungo la poltrona che aveva prescelto per questo nostro confronto, appena qualche minuto prima, e da essa mi analizza con celato interesse, tentando di ricavare le informazioni che possano essergli più utili.
«E vi siete detti altro?»
«Che intendi?»
«Ultimamente sembrate più vicini...»
«Mi ha perdonata.»
Un profondo sospiro si eleva dal fondo del suo petto, quasi non stesse aspettando altro che una confessione simile. Analizzo una simile reazione con occhi critici alla ricerca di cosa possa averla causata. Mi offre spiegazioni tramite una domanda poco dopo.
«Sai niente dei suoi piani per il futuro?»
«Intendi la sua idea di partire?»
Corruga la fronte. «Te ne ha parlato?»
«No... ma l'ho sentito discuterne al telefono con Lèa, mentre eravamo via.»
«Le avevo detto di non chiamarlo ma non ha voluto sentire ragioni. Ad ogni modo questo è un bene, il fatto che non te ne ho parlato intendo, perché vuole dire che magari ci sta ripensando.»
«Credi che sia così solo perché ho fatto pace con me?»
«Non ti ritieni una causa valida per pensarlo?»
«Non era certo concentrato su di me quando aveva pensato di partire, lite o allontanamento che fosse. Se davvero ero così importante allora...»
Non riesco a finire nonostante Ercole me ne dia modo e capisco come da dopo quel bacio donato dalla disperazione di un momento io non abbia le forze per valutare la sua partenza... Non l'avevo nemmeno prima di quel viaggio intrapreso insieme ma ora non riesco proprio a farcela... È davvero ancora dell'idea di voler partire? Eppure se ne sarebbe dovuto andare ormai da due giorni, la mia ferita lo aveva trattenuto e di questo posso esserne certa. Ancora una volta mi era capitato di spiare una sua conversazione con Lea mentre erano al centro del corridoio di questo primo piano di casa; avevo sentito chiaramente come la rabbia di Cedric lottasse con tutte le sue forze per dare una risposta alle domande relative la sua portanza da parte di lei.
Aveva detto chiaramente che non sarebbe andato da nessuna parte senza prima essere sicuro che fossi guarita... Questo da un margine alla sua partenza, stando a quanto dice il dottore i punti dovrebbero guarire completamente entro due settimane ma sarà davvero tutto passato una volta che queste bende e questa ferita potranno tornare a condurre una vita separata donandomene così una normale ma priva di Cedric?
Capisco che non avrei voluto affrontare un simile argomento e che la mente quasi si trovi a preferire il ricordare quell'incidente che mi aveva visto pallida d tremante, stessa in una terra che come dice Cedric richiama il mio sangue in una maledizione eterna perché lei sola era riuscita a donarmi quel poco che alla mia vita mancava... Può essere una maledizione così come è una maledizione quella del ritorno in questo South Side ma forse la verità è che io sono benedetta da queste sorti di malefici.
Perché lo credo? Perché senza il litigio tra Zelda e mia madre non avrei mai messo piede in questo posto magico che è parte stessa del carattere povero e rurale della mia città, non avrei mai conosciuto persone tanto importanti come Ercole, come Lèa o tantomeno come Halima, non mi sarei mai innamorata del silenzioso ragazzo che sedeva ad un angolo dell'aula di scuola perché mai sarei arrivata a conoscerlo e allora che cos'altro pensare?
Certe sventure la mia vita le aveva trasformate in delle opportunità quindi non resta che chiedermi a quale genere di situazioni appartenga l'imminente partenza di Cedric, se sia una benedizione che mette fine a tutto il dolore del nostro passato non ancora risolto o una maledizione che stabilisce una fine ad un qualcosa che stava rifiorendo.
Non so a quale mondo tutto questo mai appartenga perché non ho idea a che punto della nostra strana storia siamo arrivati e pure vedendo tutto questo dagli occhi di Ercole mi rendo conto di cosa possa significare perdere una persona tanto amata ma continuare a lottare per essa, perché il suo amico non ha mai rifiutato di arrendersi.
Cedric lo sa fin troppo bene, spinto come è ad un litigio con lui tutti i giorni ma non erano bastate le parole del divertente spaventapasseri, con tutte le sue provocazioni o il suo modo di attaccar briga, per poter mutare la sua decisione definitiva, dunque... basterò io per farlo?
«Non era una domanda vana la mia, poco fa, quando ti ho chiesto che cos'altro vi foste raccontati. Non mi riferivo solo alla sua partenza ma ad altre cose... Cedric non te ne ha riferito e molte, non parla mai abbastanza da anni nonostante sia diritto di tutti noi sapere di ciò che ci riguarda.»
«A che cosa ti stai riferendo?»
Può credere di non sapere molto della vita di Cedric o di essere totalmente distante da quella che ritiene essere una vera conoscenza eppure sono io la persona maggiormente sprovvista di informazioni.
Attendo che sia lui a rivelarmele, per quanto sembri essergli difficile esordire in una confessione. Si sposta sulla poltrona e compie movimenti lenti, quasi riflessivi, capaci di attrarre i miei occhi e di calamitare la mia mente verso una fitta rete di pensieri che altro non sono che supposizioni.
«Ricordi la tua festa dei diciotto anni? Ti ho regalato un vestito rosso per l'occasione e Issa un cappello...»
«Me ne ricordo. »
«Te ne sto parlando perché la sera in cui stavamo venendo alla tua festa incontrammo Cedric proprio vicino ai campi coltivati, con una spiga in mano ed uno sguardo tanto assorto che ci fermammo per chiedergli che cosa avesse. Gli dicemmo della festa, in un primo momento scherzammo sui regali che avevamo preparato ma ad ogni parola potevo notare come una sorta di incertezza in lui... Aveva lo sguardo come perso, distratto, ma volontariamente... non so se capisci cosa intendo.
Certe volte Cedric ha l'abitudine di non guardare le persone negli occhi se qualcosa di ciò che loro hanno detto arriva a fargli del male.»
«So a che cosa ti riferisci... gliel'ho visto fare molto spesso.»
«Allora sappi che quella sera, mentre eravate distanti tanto, lui aveva quello sguardo dopo che gli avevo detto che il mio regalo aveva lo scopo di farti finalmente sentire una donna. In un attimo sembrava che gli fosse passata davanti agli occhi tutta la tua storia con Word e stesse pensando a quanto tutti noi, compresa te che non eri pesante, stessimo cercando di metterla alle spalle come un brutto ricordo. Tu volevi andare avanti, avevi il bisogno, la necessità, di sentirti una donna e per quanto vi eravate allontanati sembrava che questo l'avesse colpito molto. Solo poco tempo fa ho scoperto che quella sera, poco prima che sua nonna fosse uccisa, aveva deciso di venire da te.»
Il fiato mi si spezza.
Tutto ciò a cui avevo pensato fino a questo momento si azzera totalmente e non resta altro che il doloroso peso di tutto quel tempo trascorso, dei silenzi che avevano insabbiato ogni cosa e avevano mascherato assieme al dolore anche verità che erano in grado di far star bene. Nonostante tutto ciò che avevamo passato, nonostante quello che mi aveva detto in quella classe in cui aveva rifiutato il mio invito, le mie mani, Cedric era pronto per tornare da me.
«Da quello che mi ha riferito di quella notte, è rimasto per tutto il tempo alla finestra del balcone a fissare fuori, indeciso su quando raggiungerti. Non voleva dartela vinta eppure sentiva il bisogno di venire da te e voleva farlo nell'unico momento in cui saresti rimasta sola, lontano dai festeggiamenti dalla gente. Aveva aspettato. Per questo motivo era ancora all'interno di questa casa quando l'assassino era arrivato per colpirli alle spalle. Non è stato in grado di difendere sua nonna ed aveva avuto come l'impressione che in quel silenzio che lo vedeva assorto il cecchino stesse prendendo la mira per colpire lui ma che sua nonna si fosse messa di mezzo per difenderlo. Non è mai riuscito a perdonarsi per aver abbassato la guardia in quel momento e per aver permesso a quell'uomo di entrare nella sua casa e colpire i suoi affetti più cari... Questa è la verità di ciò che so di quella notte. Non ho altro che il ricordo di un ragazzo solo che guardava l'orizzonte mentre da lontano i festeggiamenti della tua festa lo attiravano e lo respingevano al contempo, poco prima che tutto finisse in malora.»
Mi occorre del tempo per ragionare su tutto questo e mettere da parte la tristezza che mi sta salendo dal fondo dello stomaco fino a stringermi la gola, cercando di mettere in relazione questo nuovo pezzo di vita vissuta dalla sua prospettiva in modo tale da confrontarlo con la mia. Capire le emozioni che l'avevano portato a quella frattura improvvisa tra di noi.
Quello che c'è vero è che nel nostro rapporto è mancata la fiducia e che la paura ha fatto da novanta nei confronti di discussioni che non eravamo in grado di sostenere, accecati dal terrore reciproco che era alimentato dalla sofferenza di entrambi, in ugual modo, eppure mi sento come se di sottofondo ci fosse molto altro... Come se la paura, sì, ma soprattutto la paura di quella notte, della morte, fossero le cause principali che avevano dato vita a tutto.
Il trauma, la sofferenza, la perdita, sono quanto di sufficiente per spingere una persona a cedere... Si è allontanato da me per vivere quel dolore come una sorta di punizione, distanziando la sola persona che sapeva lo avrebbe assolto da tutto perché lo amava.
Lo amava come lo ama tuttora e questo lo sa, infondo lo avevo sempre saputo ma lo aveva rifiutato per un motivo più profondo di quanto entrambi non avessimo lasciato ad intendere ed ora eccolo qui, vomitato dalle labbra di Ercole che aveva deciso con forza di condividere ciò che era riuscito a ricavare.
È sempre stato un ottimo amico, è vero, ma mi domando come sia riuscito a ricavare informazioni tanto preziose. La mente viaggia immaginando che sei riuscito a farlo con la grazia di un buon alcolico: Cedric è sempre stato un abile bevitore incapace di rifiutare qualsiasi miscuglio che potesse solleticargli la lingua e scommetto che è stato proprio questo ciò su cui Ercole ha puntato.
In una notte e uno di fronte all'altro sono certa che sia riuscito a metterlo all'angolo con uno stratagemma e non posso che non ammirarlo per la tenacia dimostrata.
Credevo di essere la più testarda, pensavo che Cedric non fosse da meno ma ecco che scopro che tra tutti noi il vincitore, il terzo, è proprio Ercole.
«Se è così che stanno le cose allora il motivo per cui mi hai allontanata era per punirsi.»
«Forse, ma credo che si sia stancato di farlo. Ha indossato per così tanto tempo gli abiti del lutto e della rabbia che quando sei arrivata tu, con tutta quella vita e quell'energia, si è trovato spaesato. Adesso è più felice, perdonarti lo ha reso tale perché credo che in un certo qual modo non abbia solo dimenticato il tradimento che gli hai dato ma che sia riuscito anche a perdonare una parte di se stesso. Capisci adesso quanto è importante il tuo ruolo? Sai che non è ancora guarito del tutto dalla sua tristezza e che è incapace di andare via adesso solo per causa tua... Non permettere che se ne vada.»
«Come posso impedirglielo?»
Farò di tutto per impedirglielo... Sono pronta a fare ogni cosa e a dimenticare tutto il terrore che mi ha tenuto avvinta fino a questo momento perché qualcos'altro di più serio si sta insinuando nel nostro amore e sta provando a metterci alla prova.
Non desidero che vinca.
La morte non può vincere su di una cosa tanto bella.
«Avevo organizzato una festa per la sua partenza. Vedilo come l'ultimo tentativo disperato di non farlo andare via. Penseremo io e Lea a quando organizzarla ma voglio che tu sia presente. Prima dall'ora prova solo a parlargli e testa il terreno. Prova a scoprire che cosa pensa.»
«Mi hai detto che sono molte le cose che Cedric non mi ha riferito» gli faccio presente, pronta a sentire tutto da lui. Ercole mi guarda negli occhi e sembra esitante... Già... Lui ha questo sguardo quando prova a trattenersi da non commettere un errore.
Non è la prima volta che il paragone tra lui e Cedric abbonda di assonanze e similitudini vista l'uguaglianza che hanno nel comportarsi.
Poco importa da quale classe sociale entrambi provengono perché sembrano essere cresciuti sotto la stessa regola del sole e dunque essersi formati con la stessa caparbietà.
«Dovete parlare. Se ti riferirà altro allora significherà che il passato sarà veramente dimenticato.»
Lo capisco, certe cose devono essere udite solo dalla bocca di Cedric per quanto sigillata e in accessibile, a disposizione ultimamente solo per lenti baci.
Ercole si solleva dalla poltrona ponendo entrambe le mani su i braccioli, dandosi così la spinta necessaria per abbandonarmi alla mia solitudine. Lo osservo allontanarsi ma supplico il suo passo di rallentare nell'accostarsi alla porta, intervenendo con una mia di verità.
«Sapevo che cercarti era la scelta migliore. Non ti saresti mai arreso con Cedric e non lo hai fatto. Hai lottato con me per tutto questo tempo.»
«Questo perché ti voglio bene, piccola strega, e perché so quanto quel ragazzo testardo valga... La vostra presenza è necessaria in queste terre. Nessuno di voi avrebbe mai dovuto avere il pensiero di andarsene.»
Abbasso la testa verso il pavimento in un cenno leggero che gli possa far comprendere quanto effettivamente abbia compreso lo stesso. Non sarei mai dovuta andare via perché avrei dovuto rimanere e lottare. Cedric aveva bisogno di me ed io ne avevo di lui, proprio come adesso.
Ercole mi sorride come un ultimo incoraggiamento e poi il mio angelo custode abbandona la mia stanza.
La luce che proveniva dalla spiraglio della porta noto solo ora di quanto fosse interna a questo posto, provenendo da una piccola abat-jour presente sul comodino affianco a questo letto. Rischiara l'intorno e lascia in ombra gli angoli della stanza assieme all'oscuro profilo dei monti al di fuori della finestra.
Gli occhi rimangono inchiodati su di essi, riflettendo su come quei dossi possono essere paesaggio collettivo dipinto da ogni finestra di questa facciata e forse gli stessi che Cedric osservava quella notte.
Unici testimoni di quell'assassinio e di quella confessione, i monti mi analizzando di rimando, in un'affilatura di acute cime e di chiome di alberi. Si domandano se sarò all'altezza o se il dolore mi farà fuggire ancora una volta dalla parte opposta del problema al solo fine di mettersi in salvo.
No, questa volta non scapperò. Abiterò la mia maledizione e le donerò la possibilità di divenire un futuro all'interno del quale sarà possibile per entrambi vivere.
Questa è la mia promessa donata alle montagne.
*******
Piccoli rumori raggiungono il mio dormiveglia e mi conducono verso uno stato di maggiore coscienza. Le palpebre si separano lente e lo scenario che offrono si arricchisce sempre di più di maggiori dettagli: il piccolo comodino ad un lato della stanza, il tappeto, una lontana luce accesa ed il profilo di una sagoma. Mi soffermo su quest'ultima notando l'armonia dei muscoli che la definiscono, correlata da movenze caute. La figura infatti si muove lenta e non produce alcun suono, tanto da farmi domandare che cosa allora possa avermi svegliato.
Riconosco la presenza del proprietario di questa stanza in piccoli frammenti del suo corpo, notando come quelle lente e pallide mani arrivate negli ultimi giorni a sfiorarmi possano essere solo sue. Così come le spalle, gli zigomi, il collo e quel profilo che si staglia nell'oscurità della stanza come il dipinto di qualche ubriaco artista affetto dalla nostalgia.
Inconsapevole di essere osservato, sta radunando i vestiti necessari ad affrontare la seguente giornata, abiti leggeri che indicano il suo sforzo nei campi. È pronto ad andarsene non appena la mia mano si tende verso di lui e riesce ad accarezzarlo. Sulla punta delle mie dita scorre la morbidezza del suo palmo. Il gesto è tanto flebile da fargli ruotare la testa per potermi analizzare, distesa su questo letto con un'espressione che sincera chiede solo di non essere testimone di un suo abbandono.
«Scusami, non avrei voluto svegliarti.»
«Non sei stato tu a svegliarmi.»
La colpa è mia che sono abituata a percepirlo, a sentire il suo sguardo non appena mi si sofferma addosso, concepire quale espressione possa avere mentre riflette o pensa a come parlarmi. Abbiamo vissuto in simbiosi il tempo che era stato sufficiente a riportare simili risultati ed ora eccoci qui: tristi ma in qualche modo anche coscienti di quali siano le soluzioni per annullare simile malinconia.
«Non avevo molto sonno, per questo mi sono svegliata.»
«Sicura? Non sembrava così quando sono venuto a spengere la luce sul comodino. Erano appena passate le venti, so che Ercole se ne era andato poco prima di quell'ora.»
«Sì, è venuto qui.»
Cedric rimane in silenzio, rimanendo con le mani piene dei suoi vestiti per poi allontanare lo sguardo. Ecco come un pensiero debba averlo ferito, tanto da spingerlo a rifuggirne.
«Torna a riposare. Hai resistito tutto il giorno ma che tu lo voglia o meno quelle pasticche che hai preso inducono alla sonnolenza. Non cercare di ostacolarla.»
«Non vuoi sapere di cosa abbiamo parlato?»
E non si aspettava che glielo chiedessi, per questo motivo solleva di nuovo la testa mostrando come una dose di curiosità. La annulla presto, tornando ad indossare una spessa maschera.
«No, devi dormire adesso.»
«Non ho sonno, che ne dici se rimaniamo a parlare?»
Forse è il tocco della mia mano, rimasta immobile nella sua, a convincerlo ad arrendersi. Sofferma lo sguardo sulla nostra stretta, creando un semiarco perfetto non appena compie il gesto di rivolgere il dorso della mia verso terra.
«Vuoi parlare di questo?» Formula piano, tornando nei miei occhi che non gli donano risposta. A quel punto prende posto su una sponda del letto, senza lasciare il nostro contatto. Ora sono certa che abbia ascoltato tutta la conversazione con Lèa.
«Che cosa ti aspetti da questo, Amy? Hai già pensato di desiderare che sia qualcosa?»
La Amy di un tempo, quella che voleva ottenere tutto subito, l'amore, la passione, la fedeltà tanto da essere spinta ad iniziare una relazione con una sorta di sconosciuto, si sarebbe fatta prendere dall'ansia di poter capire quale risultato possa avere tutto questo... Ora è Cedric, in un certo qual modo, ad apparire affetto da un simile turbamento mentre invece io sono come ricolma di dubbi, generati anche dall'ultimo confronto avuto con Ercole, per cui maggiormente predisposta a non voler più vedere la fine preferendo godere di ogni sosta di questo viaggio.
A causa di un simile motivo capisco che sia questa la scelta migliore per entrambi, perché negli occhi di Cedric alberga ancora quella domanda fatta e con essa anche l'ansia nell'ottenerne una risposta troppo specifica.
«No, non ci ho pensato ma non mi importa. Quello che voglio è capire se anche a te sta bene tornare a scherzare insieme. Proprio come facevamo prima... Per il momento è la sola cosa a cui ho pensato.»
«Dici sul serio?» Annuisco in maniera lenta, permettendogli di valutare la mia sicurezza. «Vuoi indietro la serenità...»
«Sì.»
«E se quel bacio dovesse ripetersi?»
Mi stringo nelle spalle. «Penso che lasciare che accada sia la reazione più normale, no?»
Capisco che le mie parole gli stiano dando di che riflettere. Mi ha fatto la guerra per così tanto tempo che ora quasi appare irreale l'intensione di rimanere come una sorta di amici.
«Di che cosa vuoi parlare?» Sussurra dopo qualche istante, lasciandomi come la sua intensione di essersi arreso.
«Un giorno mi raccontasti di quel luogo dove amavi rifugiarti da bambino. Non ho mai scoperto quale fosse.»
«Non è distante da dove ti sei ferita...»
Immaginavo che fosse così, penso in un mezzo sorriso arreso, perché ormai sono certa che il mio destino possa essere in qualche modo già stabilito.
«Poco importa, accompagnami fuori.»
Voglio condividere con lui una parte dei ricordi che non ho abitato.
Le nostre mani sono ancora intrecciate e rappresentano un simbolo di reciproco supporto.
Si sciolgono solo in vista della sua azione successiva: con grazia, Cedric torna a prendermi tra le braccia rimanendo silenzioso durante l'azione.
Non ci siamo mai avvicinati tanto in un solo giorno, posso ritenermi fortunata.
La notte fuori da questa casa si presentano in una costellazione di stelle che illuminano il nostro passaggio mentre rimaniamo stretti in un abbraccio, percorrendo il ghiaioso selciato dell'ingresso.
Permette che sia la marcia lenta di lui a guidarci, concedendogli anche di percorrere vie secondarie tra i campi che fino ad ora non mi erano mai state rese note.
Lui e avanza e nel suo silenzio c'è una sorta di trepidazione data dall'attesa di condurmi in un luogo che per molto tempo è stata una sorta di zona privata, unica e destinata solo all'accumularsi dei suoi pensieri.
Le costellazioni, graziate dall'assenza di illuminazione artificiali, brillano furenti nel loro cielo e percorrono con noi questo tragitto in avanscoperta.
Gli anni sono passati e la distanza hanno condotto me e Cedric ad essere diversi rispetto agli amanti che eravamo un tempo eppure qualcosa nel profondo non è mai cambiato, lo capisco adesso mentre siamo stretti in silenzio, concentrati a passeggiare verso quel luogo nascosto del resto degli amichevoli occhi. Sono ancora io l'eccezione alle sue molte regole autoimposte e lui è ancora lui con tutti i suoi dubbi e sui silenzi che però trovano svago nell'essere condivisi solo se abbinati alla mia eccezione.
Per questo Ercole voleva me e nessun altro a stare vicino a Cedric in un momento simile, per questo motivo è arrogante l'idea di arrogarsi il diritto di essere un mero amore e nient'altro perché ho le chiavi per poter rendere di nuovo Cedric felice come un tempo e no, no, non basta l'amore, almeno non nel senso mero del termine di relazione passionale perché la comprensione prevale sopra ogni cosa. Sopraggiunge come una sorta di terapia senza l'isolamento che lui aveva deciso di farle avvalere.
Pensando di soddisfare un mio desiderio non si rende conto di quanto tutto questo sia rivolto unicamente a lui o al bisogno comune di sentirci tornare gli stessi di un tempo, forse anche migliori.
Magari, arrivo a pensare, è questo il vero significato della maledizione del ritorno del South side: la garanzia di una seconda chances, di una crescita personale, perché il nostro mondo povero ci rifiuta e ci accoltella con la sua cattiveria e le sue poche possibilità ma al contempo ci rende anche tanto forti da potergli far fronte, rendo alla fine i veri vincitori... solo coloro che sono in grado di capirlo e di sconfiggerlo.
L'immagine di Francis si presenta di fronte a me in un lampo nella chiara manifestazione del solo uomo che per il momento era stato in grado di risponderne con la stessa forza alla rabbia di questo mondo.
Ancora una volta, per me e per tutti noi, il mio vecchio amico è divenuto un modello da imitare. E se fosse presente, potrei solo sperare che possa essere fiero delle mie scelte e delle mie azioni.
«Immagino ti aspettassi di meglio, ma è tutto qui» mormora Cedric fissando il paesaggio vuoto e caratterizzato solo dal curvilineo profilo di alcuni alberi. Di fronte a noi il terreno si estende secondo la mietitura data dal nuovo tracciato.
Tento di rivedere questo posto con gli occhi di un tempo, aggiungendo una nota di desolazione dove ora c'è il rigore ed ecco che sono proiettata nel suo vissuto... E non c'è niente che non appaia perfetto.
Volgo la testa verso di lui in un mezzo sorriso che tanto di essere rassicurante. Ad esso, Cedric rimane per qualche istante aggrappato prima che la mia voce non calamiti gli occhi sulle mie labbra.
«Che cosa ne penseresti se rimanessimo qui a parlare?»
«Tutta la notte?»
«Per quanto desideriamo» affermo, tentandogli di trasmettergli tutta la calma possibile per non vederlo ritrarsi. «È una serata molto stellata.»
Quando mi posa per terra e mi suggerisce di sedermi al suo fianco capisco di aver vinto questa piccola battaglia contro la sua reticenza e nella notte parliamo di argomenti diversi. Mantenendo una falsa apparenza di distanza, in un primo momento, dopodiché lasciando sopraggiunge la tranquillità. Le parole risultano più facili e più morbide nello scivolare via poco dopo e nell'alternare discorsi frivoli a quelli più impegnativi.
Dal nostro confronto però otteniamo di più.
Fianco a fianco nella notte, con le nostre spalle che si toccano ed il paesaggio dinanzi che si staglia nell'oscuro dipinto notturno con vette di monti e profili di case, capisco di essere riuscita in ben altro: ho donato a Cedric la possibilità di avermi vicino mentre questi monti restano a fissarci, vicina come non lo sono potuta essere la notte in cui la cattiveria aveva fatto uccidere sua nonna.
Ora sono qui e non me ne vado. Mi intromettono nel suo passato e ne modifico il ricordo. Altero il presente e cancello il dolore, perché quella notte so per certo che non avrei voluto essere in nessun altro posto se non a fianco a lui.
Ed eccoci che adesso, parlando tra di noi, affrontando in mormorii silenziosi di timidi amanti il ricordo di un dolore condiviso, ci troviamo proiettati dinanzi alla alla ringhiera di quel balcone al primo piano della casa, con gli occhi chiusi a respirare la notte.
Non c'è alcun male, non c'è terrore, né odio, non è rimasto niente, solo la pace mentre le nostre mani si sfiorano dando vita all'inizio di qualcosa di buono.
Sorrido dinanzi le stelle e mi sforzo di tenere le palpebre serrate affinché quella visione non si dissolva, sognando quella scena così a fondo nei dettagli da spingerla ad essere reale tanto quando il respiro di Cedric che mi sogna vicino.
Le sue parole si intrecciano alle lievi curvature che compie il vento e mi cullano in un desiderio effimero ma grintoso: il bisogno di non perdersi adesso che ci siamo ritrovati.
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