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59- Dentro gli stessi sbagli

P.O.V.
Samuel

«Che cosa significa tutto questo?»

Poso un altro bacio lento, sull'altra spalla. «Che cosa può significare? Mi sei mancata.»

«Attila!»

Dalia si sottrae di scatto, andando ad accendere l'unica lampada presente su questo tavolo dove ha posato anche la sua borsa, riuscendo a intromettere anche una piccola distanza tra di noi, generatasi nel compiere quei pochi passi.
Così facendo la luce che mi rischiara mette in risalto le mie ritrovate vesti, i vestiti che ho ripreso dalla vita trascorsa con lei, giusto per l'occasione, e le mie rinnovate trecce ai lati della testa.

Come può ben notare... tutto come prima.

«Cosa. Ci fai. Tu. Qui.» Espira con voce rotta, facendomi rendere conto di quanto sia stata un'ottima idea trovarla impreparata.
In fondo, certi momenti di confusione sono anche i soli in cui si rivela davvero sincera, anche se ho come l'impressione che la mia presenza a sorpresa l'avrebbe esortata ad una medesima reazione, in qualsiasi caso l'avessi generata.

«Ti ho trovata, Dalia.»

«Mi hai lasciata. All'altare. Davanti a trecento invitati.»

«Te lo avevo suggerito di invitarne di meno» commento divertito, ma solo per falsità, e vedo dai suoi occhi come vorrebbe uccidermi.

«Smettila, e dimmi per cosa sei venuto qui. Fai parte della polizia.»

«No.»

«Così ci è stato detto.»

«Sono solo bugie, Dalia, e sono venuto da te per dimostrartelo.»

«In che modo?»

Nel solo che riesce, dentro questo inconcluso matrimonio... ingannandola, ora più che mai, fin tanto che mi è possibile farlo.

Mi avvicino a passo lento, continuando a guardarla negli occhi e cercando di comunicarle, con tutto me stesso, che non ho fatto altro nella vita che desiderare quest'attimo. Che l'ho desiderata, ed una parte del mio cuore si storce nel dolore carpendone briciole di verità.

Ma oltre a quella, quella ad essermi davvero mancata è l'adrenalina, proprio come adesso, di averla vicina. Il rischio di essere scoperto da lei o che altri, magari, ci scoprano, facendo saltare tutto, creando un totale caos.

Un grave rischio in cui inciampano diverse figure che svolgono il mio mestiere: scoprire di provare un profondo interesse per l'adrenalina, quasi come una droga.
Non ho mai potuto giudicare Rais per questo. Perché in fondo, anche io, ho una mia dipendenza ed è la tachicardia che sto provando in quest'attimo, la stessa che lei scambia per amore.

Poso le mani sul ripiano, intrappolandola tra le mie braccia, ed il suo cuore impaurito è così tremante da essere come incastrato dentro il petto di una ragazzina.
Questo mi ha sempre affascinato di lei: la sua spietatezza che in simili momenti viene completamente sostituita dall'ansia.

Il fatto che sia in grado d'amare è senza dubbio un punto a suo favore che la differenzia da tutti gli altri, pur avendo scoperto una passione insolita di William per sua cugina appena dodicenne.

«Credo che sia piuttosto chiaro...» mormoro adesso, respirando vicino alla sua bocca e trasmettendole, nel mio tono calmo, il freddo della mia voce contro quelle labbra tremanti.

«Ovvero? Venendo a letto con me?»

«La cosa non mi dispiacerebbe.»

«Puoi scordartelo.»

«Ti ho pensata per tutto questo tempo, Dalia. Ogni istante, dico sul serio.»

Frasi che appaiono scontate alla mia mente ma che assumono un'importanza quasi vitale per la ragazzina. Ancora, nonostante le delusioni, mi crede sul serio e per un attimo mi vanto di essere arrivato così a fondo nel suo cuore.

«Se è così perché mi hai abbandonata?»

«Prima che potessi entrare in chiesa mi è stato detto che qualcuno aveva informato William di un mio tradimento. Di conseguenza, che lui voleva uccidermi e che mi aspettava al tuo posto all'altare» mento spudoratamente, ma fissandole le labbra.

«Chi?»

«Uno dei suoi uomini. Quello con il tirapugni alla mano destra.» In un attimo rivedo la scena della morte di quell'uomo, sul pavimento di una cella frigorifera, per mano mia. «Solo dopo ho sospettato che potesse trattarsi di un informatore della polizia, con il solo scopo di incastrarmi. Inimicarmi a William, porre il suo giudizio come ostacolo al mio matrimonio, mi avrebbe dato un motivo sufficiente per tradirlo e quindi schierarmi a loro un vantaggio. Ma non ho detto niente, sono fuggito.»

«Quell'uomo è stato trovato morto» espira, ed io fingo un'ipotesi di sorpresa.

«Dici sul serio?»

«Poco dopo il tuo abbandono.»

«Questo vuol dire che qualcuno l'ha punito. Pensaci, Dalia. Non può essere che così.»

In effetti è plausibile avendo scoperto, durante il mio periodo di copertura, che stessero già sospettando di lui e di una sua collaborazione.
Un partener mi avrebbe fatto comodo ma niente da fare, non era dei nostri ed è così che la fossa si è rivelata l'unica opzione possibile per seppellire le prove.

«Non ho alcun motivo di crederti.»

«Ti darò modo di averne, te lo prometto.»

«Quando?» Domanda esitante, mentre mi faccio più vicino a lei, ed ammetto che questo particolare della questione è alquanto spinosa.

«Tra un anno.» Ecco che i suoi occhi sgranano, circondati da scuro trucco. «Non saltare subito alle conseguenze, Dalia, e non farti prendere dalla paura.»

«Perché così tanto?» Mi spinge via, ed io con un mezzo sorriso arretro, certo però che toccarla mentre tento di raggirarla sia un'ottimo espediente al fine di convincerla.
Peccato essermi stato tolto.

«La polizia mi cerca, crede che sia un vero collaboratore. Devo sparire dai radar per un po' ed, inoltre, William ancora non si fida. Se riuscirò a fargli dimenticare della questione, dimostrandogli che non sono il traditore che credeva e portandogli le prove che era l'altro, l'uomo con il tirapugni, ad esserlo allora forse... forse potremo tornare insieme, ma ho bisogno di questo tempo, Dalia. Meno, solo in caso di fortuna.»

La verità, però, è un'altra e sono in pochi a saperla bene. Io, Carlail e Francis, semplicemente, avendo quest'ultimo creato l'intero scompiglio che era stato fiancheggiato dalla mia promessa.
Gli avrei fatto da superiore, all'accademia di polizia.

Questo ciò che avevo promesso a Carlail, e lo manterrò. A costo di tardare gli eventi, mi occuperò del ragazzo e tramanderò il modo astuto, e congeniale, che ha avuto Carlail ai tempi della giovinezza di essere uno scaltro poliziotto.

Al pensarci sorrido, preso dal desiderio di prendermi cura di quel mezzo pazzo dallo sguardo assente e dagli occhi verdi, ma mentre lo penso mi dimentico di essere di fronte a Dalia per cui devo convincerla di averla tra i pensieri.

«Non credi che sia per una buona causa? Saremo lontani quanto serve a dimostrare la mia innocenza.»

«Perché dovrei crederti?»

Con il tempo, quell'amore puro e genuino il lei, la sola cosa buona che possedesse, si è macchiato di rancore e so di esserne io la colpa.
Credevo che le cose sarebbero state esattamente come un tempo ma non avevo messo in conto tutto il mutamento che poteva essersi generato nel suo cuore, pronto a ripararla come uno scudo dinanzi a tutti i miei tentativi di raggiro.

Devo far cadere quello scudo e riaverla dalla mia parte. Ed il solo modo per farlo, ne ho la certezza, è usare la sincerità.

«Perché quel giorno l'abito di matrimonio aveva una fascia in vita ed uno strascico a terra. Nessuna forma avvitata» replico, semplicemente.

Osservo Dalia con cuore sincero, per la prima volta in tutta la sera, e dentro i suoi occhi vedo una piccola scintilla del nostro ricordo.
La alimento ancora, sperando che il nostro calore possa proteggerci.

«Avevi cambiato il modello all'ultimo, prima di entrare. Ed io ti ho vista, mentre ero fuori dalla chiesa.»

L'ho vista e per un secondo, in quel momento, il cuore aveva spesso di battere dinanzi l'immagine di lei con i capelli sciolti. Un abito pieno di pizzi e ampio, come quello di una principessa romantica.
Lei... che ha sempre amato vestirsi di tutto punto e che aveva scelto un abito a sirena, nei camerini, con uno scollo vertiginoso che sarebbe stato accompagnato dai suoi capelli legati nella solita coda alta... aveva mollato ogni sua freddezza per poter essere con me, dinanzi quell'altare, con il prete alle spalle, nel modo più onesto possibile.

Per quella ragione, vedendo il suo amore, ero andato via. La mia copertura era saltata e sposandola l'avrei costretta ad una vita che non le apparteneva, piena di sofferenze. Una vita che non era la sua.

Perché una parte di me la ama ancora.
Ed è inutile negarlo, vale per entrambi.

Lo noto dentro i suoi occhi che sembrano pronti a ricadere negli stessi sbagli.

Ormai è tempo che impariamo a ricucire le fila della nostra vita, in modo tale da tornare insieme.
Contrapposti, come siamo sempre stati, nella nostra immagine di buio contro la notte, di bene contro male, di equilibrio perfetto tra razionalità e follia.

Dalia è l'altra faccia della mia medaglia che finge di non avermi schiena a schiena, premuto contro di lei nel costante compito di ricordarle che è in due che possiamo essere uno.
Niente di più tragico, per i nostri destini uniti.

Sì, è sempre stato così.
Se lei va a fondo, nell'abisso più nero allora... allora, cado anche io.

P.O.V.
William

Ripulisco le armi dalla polvere, e dal sangue. Dopodiché mi occupo delle mani così da cancellare, per sempre, ogni traccia rimasta di Zelda Garcia.

Compiere questi gesti si è tramutato in un lento rituale che compio, ormai, nel più completo silenzio, consapevole che i volti delle mie vittime verranno a ricercarmi la notte, non appena la mia testa si poserà sul cucino del letto.

Strofino con più forza il sapone contro le nocche e al getto d'acqua del rubinetto si affianca la cascata purpurea di un dono cromatico.

Interrompo la visione di quel colore solo nell'attimo in cui sento dei tacchi avanzare alle mie spalle, fino all'interno di questo dorato bagno e nero, e concependo che tra tutta la schiera dei miei uomini possa sapere bene quale unica donna sia in grado di entrare qui. Per giusta senza un mio reclamo.

«Allora, Dalia, che notizie mi porti? Halima si è presentata all'appuntamento?»

Dal riflesso del vetro, noto la confusione che sfoggia il viso della mia complice. Per un momento, persino, temo che non abbia sentito la mia domanda ma quando risponde, esitante, smentisce la mia supposizione.

«No. Non lei.»

«Chi altri, allora?»

Dal fissare le nere mattonelle presenti sul pavimento in quadrate piastrelle, lo sguardo di Dalia si solleva fino al riflesso del mio, per potermi fornire la giusta risposta.

«Attila.»

Mi occorre solo un momento per capire la natura di ciò che stiamo vivendo.
Scorro lo sguardo sui suoi abiti e poi abbasso la testa. Mi procuro di chiudere l'acqua del rubinetto e di asciugarmi le mani, quasi del tutto immacolate, prima di potermi voltare verso di lei e posare i palmi contro il marmoreo supporto che ospita il lavello, così da non cadere, sperando di sbattere furiosamente la testa a terra, dinanzi ogni sua possibile confessione patetica.

«Puoi essere brava quanto credi, Dalia, ma persino i migliori si sporcano i vestiti con un colpo di pistola. Perché non vedo sangue, sui tuoi?»

«Perché non gli ho sparato.»

«Cosa hai fatto, allora?»

«L'ho ascoltato.»

Mh, proprio quello che non doveva fare.

«E gli hai creduto?» Commento in un sospiro, esausto da tutta questa faccenda che ormai si protrae da troppo tempo.

Non aveva razionalità nell'agire quando la situazione riguardava lui e non l'ha nemmeno ora! Quale reazione patetica. Che scusa potrebbe mai giustificarla, l'amore?

Se l'amore ti spinge alla morte, allora, è solo follia. Questo ciò a cui credo.

«Nemmeno mi stai lasciando spiegare quanto mi ha detto...» commenta, senza rispondere alla mia domanda.

«Ed il motivo è semplice, Dalia: è perché io non gli credo, e non dovresti farlo nemmeno tu.»

«Ha detto che porterà delle prove.»

«Sul serio? E quando?»

«Tra un anno.»

«Ohh!» Commento, sorridendo della sua stupidità inconcepibile. Certe volte è tanto astuta. «Tutto il tempo per modificarne di reali, non è vero?»

«Perché non gli credi?»

«Perché tu sì invece?!» Urlo, sbilanciandomi verso di lei come un cane rabbioso. Sussulta, facendomi rendere conto di essermi spinto troppo oltre.
Compio un passo all'indietro, tornando quindi contro il supporto di marmo, per poter mettere tra di noi la dovuta distanza.

«Mi ha dato motivo per farlo» sussurra poi, trovando maggiore voce nel tornare a parlare e nel fissarmi negli occhi. «Se porterà delle prove valide, in grado di essere verificate, allora avrà il mio appoggio.»

«No... No, Dalia, non lo avrà, perché noi faremo di meglio.»

La questione dei Garcia, ormai, si è del tutto risolta. Possiamo mettere una pietra sopra il passato, il South Side, e la vendetta. Ora la minaccia è quell'uomo, perché mina a dividere il nostro fronte unito ed io non posso perdere una collaboratrice come Dalia, non posso.

Nonostante la sua debolezza nell'amore, la sua spietatezza negli altri ambiti la rendono una donna dalla capacità inestimabile. Quasi del tutto imbattibile, per cui è mio il compito di aprirle finalmente gli occhi e farla accorgere, sul serio, di quanta malignità possa esserci persino in quel sentimento che considera tanto buono.

«Gli lasceremo un anno per occuparsi delle prove ma nel frattempo non staremo con le mani in mano. O meglio, io non lo farò di certo. Lo troverò, Dalia, e lo seguirò, molto da vicino. Questa è una promessa. Gli starò alle calcagna e ti dimostrerò che è della polizia, ma voglio qualcosa in cambio.
Una volta che te l'avrò dimostrato, e lui ti avrà portato le prove false che lo scagionerebbero, devi promettermi che non cederai a lui in alcun modo. Dovrai credere a me, completamente. Solo così potremmo fargliela pagare, e la vendetta sarà crudele quanto vorrai. Allora... che te ne pare?»

Nel sentimento più genuino del mondo si annida il male, uno stato di marciume che gli occhi si vietano in tutti i modi di riuscire a vedere, ed è così che, allo stesso modo, nel cuore di una ragazza innamorata è pronta ad annidarsi l'anima di un'assassina.

«Questa è una promessa, William Lee. Farò come vorrai, se riuscirai a dimostrarlo.»

Nuovi contratti. Nuovi rancori.

Il nostro lavoro non termina mai perché l'odio si autorigenera, e si fomenta da un'insieme di emozioni più pesanti delle buona gesta.
Errori, segreti e giudizi, tutto in un unico cuore.

Il sangue sigilla l'accordo di un riscatto ed è così che la clessidra del nostro gioco viene di nuovo rovesciata.

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