44- Ritorno alla vita
P.O.V.
Rais
Essere fuori luogo è una sensazione proveniente dalla capacità di apprendere che le persone al tuo fianco non sono in grado di comprenderti a fondo, perché cresciute in un modo differente, perché serve delle proprie sole idee, ed io è così che mi sento; estraneo a questo posto e lasciato alla deriva da una mano che mi aveva abbandonato.
Il distacco, mi aveva promesso, sarebbe stato solo momentaneo ma lo avverto come eterno non avendo potuto nemmeno beneficiare della sua compagnia nel giungere fin qui.
Era stato Attila ad accompagnarmi ma ora anche lui mi è distante. Seguendo un rigido protocollo era stato costretto a svolgere una sequenza di azioni che ancora lo vede imprigionato: fogli da firmare, consensi, conclusioni di una breve storia arrivata ormai al capolinea.
L'uomo in divisa che sorregge la porta della mia attesa con le sue ampie spalle mi informa di poter procedere, adesso, ed è così che mi sollevo da una delle molte fredde sedie in plastica della centrale per poter entrare dentro quello studio che ha richiesto la mia presenza, percependo come un improvviso silenzio lungo tutto il distretto nell'istante in cui mi trovo ad oltrepassare l'ingresso.
Soffermandomi su tutte le onorificenze appese alla parete e sui premi, che stazionano sul suo tavolo come tanti soldatini in legno di un esercito da infante, posso dedurre che si tratta del capo. Del famoso "Carlail" di cui tanto ho sentito nominare, anche se mai da Francis.
«Prego, signor Barlow, si accomodi.»
Mentre la sua mano mi indica la seduta a cui sono nuovamente destinato rifletto se sia normale per un capo di polizia possedere tanto oro in una sola stanza.
Dal comportamento che sta assumendo, nell'avermi finalmente qui, non sembra un tipo che osa macchiarsi di compiacenza ma le prime impressioni possono essere alterate. Magari io non sono un pesce tanto grosso o magari la gratifica di un premio è la sola cosa che lo esalta.
«L'ho fatta venire qui per ringraziarla, personalmente, di aver collaborato nel lasciare la deposizione.»
Addosso ho il cappotto di Francis. Mi nascondo in esso per cercare conforto.
«Non è stato facile» ammetto, pizzicando la manica sinistra con la carezza circolare dell'indice e del pollice della mano destra. La frizione mi conduce all'uomo che mi ha momentaneamente abbandonato ma che riesce ad essere con me lo stesso, in un abbraccio caldo.
«Di questo sono consapevole, ma ha fatto un'azione alquanto giusta. Ciò ci permetterà di avere un capo di accusa non appena li incastreremo.»
La sua sicurezza sembra essere sincera, quasi come se li avesse già in pugno, tutti loro. Mi domando quanto sia riuscito a mettere a segno Attila durante il periodo in cui ci ha tenuto compagnia.
«Come sarà, da adesso in poi?» Chiedo a questo volto leggermente solcato dalle rughe, con un espressione piuttosto stanca, per poter domandare poi ciò che mi preme davvero sapere. «Perché Francis non è qui?»
Carlail guadagna un profondo respiro prima di potermi rispondere. Mi guarda nello stesso modo assorto che aveva il dirigente del mio orfanotrofio ed è la medesima la sensazione provata al suo cospetto, quasi stessi tornando indietro. Sottoposto alla gogna di una scrivania per peccati precedentemente commessi sono contro degli scuri occhi, senza la capacità di parlare.
«Posso notare che voi due avete legato. Non è un male ma devi capire che adesso è il momento per Francis di tornare alla propria vita. Andrà nell'esercito, in modo da entrare a seguito nella polizia.»
Rimango in silenzio sentendo realizzate le mie paure. Nemmeno posso sperare che fallisca alla valutazione fisica, nel suo essere cagionevole, perché se entrare in polizia è il suo desiderio allora voglio che lo realizzi... per quanto questo lo porti lontano da me.
Di ritorno alla sua vita, che non mi riguarda.
«E di me, invece? Che ne sarà?»
«Sei divenuto un collaboratore di giustizia. Questo vuol dire che la polizia ti proteggerà.»
«E come, nello specifico?»
«Verrai allontanato dal South Side e portato in un luogo sicuro, una nuova casa. Ventiquattro ore al giorno una pattuglia di polizia veglierà sull'abitazione e garantirà la tua sicurezza, fin tanto che non riusciamo ad imprigionare i Lee dietro le sbarre.»
«Francis ne è consapevole?»
«Nessuno gliene ha parlato direttamente ma questo è il protocollo per i collaboratori, dunque credo che lo immagini.»
Sorrido e nella mente focalizzo questo pensiero. Non posso dire di non averci già pensato, specie quando Attila si era presentato alla nostra porta con quel registratore, per cui so bene cosa fare.
«Non accetto la vostra protezione. Non me ne vado dal South Side.»
«In questo modo non sarai al sicuro, Rais. Ragiona. I Lee potrebbero trovarti.»
«Non mi importa, li ho gestiti per una vita intera. Quello che non voglio adesso è finire in una nuova gabbia.»
Perché un figlio del vento che ha appena assaporato l'amore nell'avere una propria patria non accetterà in alcun modo di venire strappato da essa.
Mi alzo in piedi, rendendo il concetto più chiaro, e mi sfilo di dosso il cappotto che poi poso sullo schienale della sedia che mi aveva ospitato.
Carlail mi osserva di rimando con controllata pazienza, lasciandomi capire in un attimo quanto non abbia apprezzato questo mio gesto di rivolta.
Sento freddo, senza Francis addosso, eppure è tempo che anche io torni alla realtà.
La nostra è stata solo una parentesi rosa ma siamo due uomini, sapremo convivere con il dolore.
«Può ridarlo a Francis quando lo vede?»
Glielo domando semplicemente, senza alcuna scusa inutile. Avevo il suo cappotto, sì, pensi quello che vuole. In fondo è stato proprio lui a mettere fine a tutto, per cui adesso non ha il diritto di chiedere di niente.
Non aspetto la sua risposta ma sono già pronto ad uscire. Tornare, anche io, alla mia di realtà eppure la differenza è sostanziale: Francis l'ha alterata, mi ha fatto togliere quelle scarpe dal filo. Non potrò tornare indietro tanto facilmente come ha fatto lui e la cosa mi conduce a un mix di tristezza e rabbia.
Vorrei averlo scalfito anche io, in modo tale da rendergli più difficile qualsiasi addio ma la sua strada dei sogni è spianata.
Entrambi ci dimenticheremo e forse è un bene: ci priva dal dover attendere la fine di quel qualcosa risultato troppo bello per poter essere vero, e questa è la vittoria più grande contro tutti i nostri sogni.
P.O.V.
Francis
Prima d'ora non avrei mai ammesso quanto questa terra potesse veramente mancare, eppure eccomi qui. Sorridente, per una notizia che mi ha sorpreso, mentre cammino imperterrito in avanti, ostacolando l'ondeggiante ballo degli steli di erba alta.
Il dorato raccolto presente il giorno in cui me ne sono andato ormai è stato tolto fin dalle radici ma al suo posto ci sono nuovi semi, la vita che scorre, assieme a persone pronte a prendersene cura.
Non dico una sola parola, avanzo semplicemente, ma forse la mia figura scura è come il pugno in un occhio in questo accostamento di colori, tanto da portare un attento lavoratore a distrarsi dai suoi impegni per poter sollevare la testa nella mia direzione.
A seguito, mi dedica un sorriso bellissimo a rendere evidente quanto gli sia mancato, sotto tutti quei capelli che gli fanno da criniera, ma non è abbastanza. Ercole mi corre incontro, lasciando perdere tutto, ed ho il tempo di vedere il suo stupore prima che mi si stringa addosso, togliendomi il fiato.
Sono entrato nel territorio dei Garcia per vedere lui, Amy e a quanto pare anche Issa, essendo stato assunto qui.
Un saluto del genere era quantomeno necessario per questa prova di coraggio.
«Sei tornato. Ne sono felice» mi dice, lasciandomi a sorridere.
«Sono felice anche io.»
«Non hai idea di quante cose siano successe.»
«Mi racconterai tutto, adesso vorrei vedere Amy.»
«Amy?»
Aggrotto la fronte. «È un problema? So che ha iniziato a lavorare qui.»
«Come l'hai saputo?»
«Tranquillo, voci di centrale, nel South Side niente di niente. Sua madre ancora è lontana dallo scoprirlo» assicuro, per poi sorridere con pazienza. «Allora? La mia amica?»
Nel sentirmelo domandare di nuovo, Ercole abbassa il capo e si gratta la nuca con le unghie della mano destra, preso dal nervosismo.
«È che è molto presto...»
Questo è vero... eppure un patetico presentimento mi spinge a sorride con ancora più acuta ironia e tramite esso giungo ad una mia personale giustificazione, che non sono ancora pronto a rivelargli.
«Ercole...»
«Cosa c'è?»
A divertirmi è il sapere che stia provando a resistermi nel tentativo di non infastidirmi, eppure non è necessario.
«Avanti, portami da lei.»
Lunghi minuti dopo, di fronte a noi erge, eretta, una pesante porta di scuro legno che sembra celare come un segreto, ormai del tutto chiaro. Le nocche di Ercole bussano nella timidezza di un disturbo e la cosa mi diverte. Per questo motivo già sorrido ironico nell'avvertire i passi dietro questo divisorio.
Quando Cedric mi si presenta di fronte il suo sguardo è appannato dal sonno della mattutina sveglia eppure non esita un secondo a posarsi su di me, leggermente confuso.
«Ciao» commento, rivolgendomi a lui con una tranquillità che forse Ercole non si aspetta.
«Ciao.»
Solo per pochi secondi questa immagine di noi due, interni ed esterni a questa estranea casa, rimane intrappolata nel tempo perché, solo un attimo dopo, una figura piuttosto attesa si affaccia sulla scena e non mi sorprende il trovarla seminuda, con un unico bianco lenzuolo a farle da veste.
Amy è confusa, nel vedermi qui. Quando si sofferma su di me, il tempo necessario per elaborare la mia immagine, il suo sguardo muta e la sua felicità mi raggiunge ancora più forte, nel proprio calore, di quanto mi sia capitato con Ercole.
«Sei tornato!»
La mia nuova vita è iniziata dopo il nostro litigio. Stavamo litigando... ma ora Amy mi corre incontro e mi raggiunge, stringendosi il lenzuolo addosso ma si arresta, dinanzi lo sguardo di Cedric. Credo che sia macchiato di rimprovero, dal momento che tutti noi presenti siamo a conoscenza della sua nudità, al di sotto di quella flebile veste.
Troppo consapevoli, tanto che Ercole ha abbassato lo sguardo nel proprio rispetto. Io non l'ho fatto solo nel desiderio di infastidire Cedric e sembro esserci riuscito.
Eccome se ci sono riuscito, ma questo stronzo di uno snob non ha minimamente idea di quanto abbia fatto male sentire Rais tessere lodi nei suoi riguardi.
«Sì, Amy, sono tornato.»
«Il viaggio con tuo padre ha avuto dei contrattempi?»
Giusto, la scusa di mio padre... Solo per un momento mi compiaccio del fatto che Cedric le abbia raccontato quanto gli ho richiesto, pur essendosi dimostrato consapevole nello scoprirvi, al di sotto, altro.
«Nessun problema, non preoccuparti.»
«Sei venuto a farci visita per un motivo?» Avanza richiesta Cedric, stanco della situazione.
«Non proprio, volevo vedere Amy. Posso prenderla in prestito, solo per oggi?»
Amy solleva la testa verso il suo nuovo amante, a cercare conferma per una richiesta all'apparenza scontata. La sua impazienza di essere di nuovo da soli insieme mi rende consapevole di quanto la nostra amicizia mi sia mancata. In fondo, rapporti tanto stabili non sono particolarmente facili da ostacolare e Cedric ne è consapevole.
Per questo motivo osserva Ercole solo l'istante necessario ad avere il suo appoggio, durante la giornata.
«Nessun problema, noi andremo a lavoro. Se avete bisogno sapete dove trovarci.»
«Mi cambio e arrivo subito» mi dice Amy con entusiasmo, sparendo un attimo dopo con la sua bianca coperta.
Nel frattempo sorrido, e a Cedric non sfugge il mio sguardo.
«Lo sai che non mi sei mancato affatto?»
«Questa è una bugia» provoco, perché anche la persona più calma ha qualcosa che la fa scattare. Una sensazione di fastidio che incrina il suo live-motive di lieta quiete, la mancata conclusione di una discussione, qualcosa di sospeso.
Io e Cedric non siamo mai andati d'accordo, questo è vero, ma c'è qualcosa che può funzionare in ogni nostro scontro ed è la contrapposizione: due punti di vista tanto differenti che possono tenersi compagnia nel rendere l'altra persona consapevole dei propri difetti, il che è divertente. Specie perché Amy si trova tra di noi. Il fatto è che non sono ancora disposto a dirgli quanto ormai l'abbia accettato e quanto il mio carattere sia profondamente cambiato, nelle settimane in cui sono stato via.
Nessuno di loro può esserne consapevole ma è successo: ora sorridere mi è più facile. Essere consapevole di poter ridere delle avversità perché capaci di condurre sempre a qualcosa di migliore, vivere ogni secondo, ridere e accettare il progresso dello scorrere dei sentimenti perché impedirlo è impossibile.
Ecco tutto, la vita cambia. Eppure.. non avevo mai sorriso così.
******
Vicini alla calma del nostro lago che fa da pavimento al silenzio delle nostre parole io e la mia amica rimaniamo uno di fronte all'altra, lasciando al tempo il compito di muovere i nostri primi passi.
La lontananza ha cambiato entrambi ed ora ciò che è da valutare sono i risultati di simili crescite.
«Sei molto bella» le dico sinceramente perché il sole le ha arrossito le guance e l'amore le ha concesso un'ulteriore rossore che è tipico dell'imbarazzo.
«Ti ringrazio, anche tu sembri stare bene...»
«Ho deciso di venire qui perché è dove ci siamo incontrati, l'ultima volta che siamo rimasti insieme.»
«Lo ricordo.»
«Avevamo litigato» chiarisco, e Amy deglutisce.
«Lo ricordo.»
«Volevo chiederti scusa.»
Lo stupore non solo scalfisce Amy ma l'attraversa, affondando con la sua lama nel corpo di lei tanto a fondo da farle strabuzzare gli occhi.
«Vuoi dire che accetti Cedric?»
Mi stringo nelle spalle, con indifferenza.
«Non importa che io lo accetti o meno, no? Sembra farti bene.»
«Sembra tu non voglia dirmi che lo apprezzi.»
Rido, divertito, cedendo alla sua messa appunto.
«Chiedermi di dire una frase del genere ora è più difficile che mai, lo sai?» Domando ridendo, pensando, ancora una volta, in una tortura eterna, a Rais.
Amy si approccia ad un'espressione di inchiesta, domandando della mia allegria.
«No, non ne ho idea. Che cosa è cambiato in queste settimane?»
«Molto. Presto ti metterò al corrente di tutto» affermo, tornando serio. Anche il suo volto si disperde.
«Anche qui sono cambiate molte cose...»
«Che intendi dire?»
«Hai saputo niente degli incendi in questa proprietà?»
La paura mi trafigge nel muovere la testa in un chiaro segno di diniego.
«Amy, vattene via da qui.» E portati anche Ercole, Issa, Lèa e Cedric. Che diavolo sta succedendo? Perché il fuoco?
«Devi stare tranquillo, è intervenuta anche la polizia. Immaginavano un atto criminale per questo pensavo lo sapessi.»
«La polizia? E di quale distretto? Si tratta di Carlail? Chi?»
«Mi pare di ricordare che si chiamasse Samuel McGuire.» Che cosa? «Sta seguendo lui questo caso.»
Finito il controllo sulla casa di Rais è così che vanno le cose? Questo il suo nuovo incarico?
Devo parlare con Carlail e lasciare che sia lui a chiarire tutto, per poi rendergli palese il bisogno che ho di restare. L'ingresso in polizia saprà aspettare dinanzi problemi tanto gravi della mia odiata città. Della mia amata città che sa intrappolarmi, proprio nell'istante in cui risulto pronto per riuscire a volare.
******
Nessuna sorpresa mi avvince nell'entrare, con passo generato dal fastidio, dentro un luogo tanto noto che il tempo non ha cambiato. La confusione generale di questo posto non fa che da contorno allo stormo di pensieri che si sono impossessati di me, delle mie parole così come del mio corpo, simili alla rappresentazione di un caos apparente, che non mi tocca.
Avanzando fino al suo ufficio spalanco la porta in un gesto secco, tanto improvviso da portargli a sollevare lo sguardo verso di me con stordita presa di coscienza della mia visita.
«Dobbiamo parlare. Hai messo Samuel a capo delle operazioni alla Garcia?»
«Prima c'è un'altra questione, Francis.»
«Che cosa?»
Il suo mento si sporge tanto in avanti da indicarmi la sedia che mi è a fianco e su di essa trovo il mio nero cappotto. Rimango a fissarlo immobile, avvertendo la rigenerazione dei miei pensieri secondo un nuovo ordine crescente di problematiche. Anche il cuore fa male nel vedere quella stoffa abbandonata con precisione, sola a se stessa, lungo il legno della seduta.
«Circa un'ora fa, Rais è passato di qui. Ha rifiutato la protezione testimoni della polizia. Legalmente è una sua scelta, non posso sguinzagliargli dietro nessuno dei miei uomini per fargli tornare in mente la ragione ma volevo che comunque lo sapessi.»
Avevo dato per scontato tutto quanto. La sua confessioni dopo le notti passate insieme, il suo rimanermi vicino una volta messo un punto all'indagine ed ora con cosa mi ritrovo? Cosa significa?
Mi sta... lasciando?
Una pesante aurea di dolore mi preme sulle spalle e mi schiaccia a terra, trafiggendomi l'anima con acute punture di livido stupore non appena domando di nuove spiegazioni.
«Ha detto solo questo? Niente di cosa avrebbe fatto, della sua nuova vita e quant'altro? Perché ha reagito così? La polizia gli offriva protezione!»
Io gliene avrei offerta, fin tanto che mi fosse stato possibile e forse anche di più. Davvero non lo vuole?
Carlail si limita a stringersi nelle spalle, con un gesto assorto che non chiede venia della mia mentale confusione.
«Non ha detto molto altro, solo che rifiutava la protezione. Però posso dirti che ha reagito così dopo aver saputo che saresti entrato nell'esercito. Forse non si è sentito sufficientemente al sicuro perché saresti andato via, o in alternativa si è sentito tradito. Capita a molti di loro, a molti dei nostri collaboratori, di finire per riporre molta fiducia alla persona che si era occupato di lui, tanto da anteporlo a sé stesso, in certi casi. Temo che sia uno di questi ma è solo al visione di un occhio esterno. Tu, senza dubbio, saprai cosa c'è di vero.»
Resto con il mio cappotto stretto in una mano, la bocca leggermente aperta, e dolore e amore al contempo nell'altra. L'equilibrio di questa bilancia è come la giustizia stessa che impartisce la legge ma ormai, gelida e dorata statua, sento uno dei dischi placcati del mio giudizio inclinarsi precipitosamente verso terra, in una chiara vittoria dell'altro, e solo io so che cosa contiene. Carlail ha ragione.
Alle volte l'azione più giusta da compiere riposa da una sola parte ma non sono pronto ad accettarla, se non vi è vittoria.
Tengo stretto il mio cappotto e non riesco a non pensare al fatto che sia percepibile, in questa vicinanza, il dolce aroma del suo profumo, rimastovi intrappolato.
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