4- Piccola strega, fatti coraggio
P.O.V.
Amy
La schiena di Francis diviene un punto sempre più lontano, mentre marcia sui suoi pensieri e si tortura nei ricordi. Avevo compreso fin da subito il suo bisogno di rimanere da solo per cui lo lascio andare, consapevole che la mia presenza qui gli è comunque benefica: solleva la testa molte volte da terra, lo noto, per poter fissare me e Ercole sulla sponda di questa riva, e quando riprende a camminare lo fa sempre a un passo dal lieve moto delle onde.
Questo lago, avente un ricambio costante d'acqua tra le due bocche di entrata e uscita, sembra agitarsi in base allo stato d'animo delle persone presenti. Adesso, il suo moto è tormentoso ma lento, a suo modo quasi stanco, proprio come siamo noi al termine di questa intensa giornata, mentre mastichiamo i fastidi che ci perseguitano.
Forse, anche Ercole sta vivendo lo stesso strano subbuglio, anche se generalmente il lago rimane sempre piatto quando è lui da solo ad osservarlo.
Gli lancio un'occhiata di sottecchi in un mezzo sorriso, notando le linee maschili ma aggraziate del suo profilo e il modo con cui la luce gialla delle lampadine illumina i suoi capelli composti da infiniti dread, lunghi fino a metà del petto. La camicia di cotone grezzo riporta la geometria di scacchi bianchi e blu, blu come i suoi occhi, e mostrandosi aperta nei primi tre bottoni rivela l'abbronzatura della pelle che è rimasta esposta al sole.
Intuendo la traiettoria del mio sguardo, Ercole sorride ma arrossisce leggermente, e devo dire di aver sempre adorato questo lato del suo carattere. È tenero, buono come i nonni che lo hanno cresciuto.
«Sei stanco, Ercole? Hai lavorato fino ad adesso?» Gli domando, scorrendo lo sguardo verso le sue mani piene di calli e che, stanche, riposano in un piccolo intreccio mentre i gomiti sono posati sulle ginocchia sollevate.
«Sì... stavo tornando a casa, quando ho visto le luci.»
«Hai fatto bene a fermarti.»
«Come mai siete qui?»
Mi concentro di nuovo sulla figura inquieta di Francis, ormai lontana molti metri. «Solo qualche piccolo problema.»
«Tutto bene con la scuola?»
Abbasso le spalle, sentendogli tirar fuori quell'argomento. «Tu hai un problema con la scuola. Perché non ti decidi a iscriverti?»
«Farei la figura dell'idiota. Non l'ho mai frequentata, lo sai. Rispetto a voi e ai ragazzi della nostra età non conosco niente.»
«Questo non è vero, tu ricordi tutto! Quando abbiamo studiato insieme imparavi le cose in un attimo. Sei più bravo di me e Francis messi insieme. Potresti insegnarla storia, perché non ti decidi a darmi ascolto?»
«Mh, la tua materia preferita...»
Inclino la testa, fissandolo con un'espressione di muto rimprovero.
«Non prendermi in giro anche tu, già Francis ha fatto abbastanza.»
«Ha detto qualcosa del signor Wood?»
«Secondo lui dovrei smettere di frequentarlo.»
«Anche secondo me.»
«Mh, molto tranquillizzante la cosa. Sei la terza persona che oggi me lo dice.»
«La terza?»
D'improvviso mi perdo. Ercole richiede, dolcemente, una spiegazione attraverso un flebile sguardo ma non so se sono in grado di offrirgliela. Mi mordicchio un labbro, cercando le parole giuste da riferire mentre lui mi osserva, sempre più curioso. Sbaglia a dire che la scuola non fa per lui, tutto questo interesse che riserva per le novità dovrebbe sbocciare altrove, verso qualcosa in grado di dargli un futuro e non costringerlo, in eterno, a coltivare i campi.
La mente sta cercando di distogliersi dall'argomento principale ma ecco che il problema ritorna lì, e siamo al punto iniziale.
«Wood mi aveva chiesto di trattenermi nella sua aula, fuori dall'orario scolastico, per parlarmi, e in quella stanza c'era pure Garcia» confesso, e finalmente Ercole sorride, mostrando uno schieramento di denti perfettamente bianchi.
«Ah, capisco... quindi è stato lui a consigliarti per primo su Wood? Che gentile...»
«Questo tono ironico a cosa è dovuto?» Gli domando, da sempre curiosa delle reazioni di Ercole. Vivere la sua ironia è esaltante: credi, nella sua calma, che Ercole possa essere un ragazzo timido e dolce ma poi scopri che, con la confidenza che ormai sento di avere, ha un'anima molto vispa, incapace di lasciar andare qualsiasi riferimento deleterio.
«Non è niente, lo sai che lo prendo in giro da quando eravamo bambini...»
«Lo consoci molto bene tu, forse meglio di tutti noi» ammetto, ed Ercole si stringe nelle spalle.
«È il mio capo.»
«No, è molto di più, siete amici. E poi, Cedric non si occupa dell'attività agricola dei genitori, senza considerare che non sono i grandi ricchi che tutti pensano. Sono una famiglia modesta.»
«Cedric, eh? Beh... comunque sia, Cedric, ha detto una cosa che pensiamo tutti.»
«Ed è per questo che per me ha un valore, perché siete stati tu e Francis a ribadirla. Lui nemmeno lo conosco, credo... che stamani fosse la prima volta che ci siamo parlati direttamente.»
«Può essere. Di solito lo aggredisce Francis» mi ricorda, portando alla luce ogni loro diatriba scolastica.
«Sono all'opposto, la tua presenza in classe servirebbe anche solo per allontanarli mentre litigano» gli faccio presente, prendendo in considerazione una possibilità che da sempre la mente mi ripropone.
Ercole sarebbe la soluzione ad ogni tipo di disputa. Con la sua intelligenza riuscirebbe a frenare qualsiasi stupida rissa.
«Dovresti essere presente anche solo per vederlo» gli dico, ripercorrendo con la mente gli attimi folli dati da quei litigi. «Francis si interessa a tutto, cerca di spingere ogni persona della nostra classe a partecipare a eventi che ci riguardano in prima persona. Si fa sentire, prova a combattere e a dare un valore alla voce di tutti noi... Convegni, proteste, riunioni con i sindacati, ha spinto tutti verso queste realtà mentre Garcia se ne sta lì, immobile come se non gli importasse di niente. E può essere che non gli importi, lui già sta bene.»
«Non illuderti, Amy. Cedric parla ancora meno di me ma nota ogni cosa. Non lo da a intendere ma vede cose che non tutti notano e le capisce meglio di altri. Fidati, non lo dimostra ma è così.»
Questo mi fa arrabbiare ancora di più. Il fatto che Cedric possa davvero aiutare e che, comunque, decida di non fare nulla é una mortificazione ancora più grave nei confronti di tutti noi.
Inoltre, so bene quanto Ercole abbia ragione. Ho vissuto in prima persona una simile presa di coscienza, in quella stanza scolastica nella quale ero rimasta sola con lui; la calma con cui Cedric ammetteva di aver compreso la mia relazione con Nohan è ancora una scoperta difficile da recepire. Chiunque altro si sarebbe fatto beffa di me, in classe, e avrebbe sparso la voce ma lui no, non lo aveva fatto.
Nella testa rivedo l'attimo in cui si era voltato verso di me, con quello sguardo ambrato, e mi aveva analizzata.
Deglutisco e cambio posizione contro questi sassi che, di certo, non sono il posto più comodo sul quale stare seduti a lungo.
Se è così vero che devo uscire con qualcun altro lo farò, mettendo da parte il signor Wood. Forse, come dice Francis, è tempo che mi viva la mia vita senza fretta, capendo cosa voglio davvero.
******
L'amicizia con Francis mi ha sempre insegnato tanto, nel corso di tutti questi anni nei quali abbiamo condiviso i reciproci spazi, ma prima su ogni cosa mi ha trasmesso la regola eterna del rispetto. Quel bisogno di ognuno di noi di essere lasciato da solo, quando non se la sente di parlare. Quando la giornata è nera e non si vuole fingere il contrario.
Il rispetto dato dal silenzio tanto quanto dalla sincerità. Due delle cose a cui Francis tiene di più.
Non è certo stata la sola cosa che il mio amico mi ha insegnato eppure devo dire che era stato difficile nei primi tempi imparare a tradurre i suoi pensieri.
Lo è tutt'ora. Lo era questa mattina in cui abbiamo camminato, fianco a fianco, in silenzio nei corridoi della scuola prima di entrare in classe.
Francis, al di sotto dei suoi capelli neri del colore della pece, ha uno sguardo verde scuro costantemente diretto ad altro. La sua mente in movimento continuo lascia intendere a un osservatore esterno qualcosa che però è quasi sempre impossibile da recepire.
Vorrei essere stata in grado di intravedere, ancora prima di lui, la sua omosessualità e non perché mi penta della nostra prima volta o di quello che abbiamo condiviso ma perché mi avrebbe dato un vantaggio, per prima, sui suoi pensieri.
Troppo riflessivo, troppo intelligente.
Non mi sorprende che sia così utile alla polizia nel risolvere, da libero cittadino, dei casi fornendo prove e quesiti.
Ormai è un passatempo che esercita da anni.
Nato quasi per caso ma sviluppatosi con una maturità tale da far congiungere coraggio e ingegno assieme, è in grado costantemente di offrire risultati più che positivi agli enti di vigilanza.
Se avessi la metà delle sue doti potrei andarne fiera per altre mille vite dal momento che mi toglierebbero da gran parte dei guai, privandomi anche del timore che provo nell'essere costretta a rivedere, alla prossima ora, Nohan nella sua classe di storia.
Certo... gli esercizi dati dall'insegnate di educazione fisica, che mi osserva come un avvoltoio dall'altra parte del campo d'atletica, scaricano in parte la tensione, per quanto non sia abbastanza.
I pensieri, e anche la presenza del signor Simons (giardiniere e tutto fare alle dipendenze della famiglia Garcia e del comune, occupandosi anche della cura del verde negli spazi pubblici) aggravano di molto ogni sensazione di malessere.
Simons è stato da sempre protagonista dei miei incubi da quando, in piena notte e di ritorno dal lago, me lo sono trovata di fronte con una pala. Niente di inquietante, se non si pensa all'amputazione che ha subito in guerra al braccio. Operava nello stesso reggimento del nonno di Francis, il padre di Richard, e solitamente usava una protesi per equilibrare una simile mancanza ma ero molto piccola quando lo vidi lungo la mia strada senza quel supporto e non capii.
Ancora oggi mi mette timore, tanto da aver scelto il punto del campo più lontano possibile per poter eseguire tranquillamente le posizioni dello yoga con le ragazze del mio corso, radunate in cerchio e sistemate sopra i personali e azzurri tappetini di gomma.
I ragazzi, sotto consiglio del coach, si trovano già divisi in due squadre per un torneo di football.
Riesco a intravedere Francis con una divisa rosso scuro, assieme a quella che reputo essere la formazione migliore degli studenti.
«Allora, Amy? Racconta, che cosa è successo a Francis?»
A chiedermelo è Zaira, una delle ragazze che mi è vicino, ed io mi limito a stringermi nelle spalle. È complicato da spiegare dal momento che nessuno, all'interno della scuola, è a conoscenza dell'omosessualità di Francis.
Fare coming out è una fase importante di ammissione per lui come, ho letto, è stata per molti altri e non è certo un obbligo.
Sta solo diventando più difficile sentire i discorsi di Sasha nei suoi confronti.
«Qualsiasi cosa gli possano fare, resta comunque molto bello» ammette infatti, ed io sorrido appena, convinta dello stesso pensiero.
«Non fare quella faccia, Amy... nessuna te lo porta via!» Continua a dirmi Sasha, in una risata che reputo sincera.
«Non stiamo insieme, è il mio migliore amico.»
«È possibile una cosa del genere?» Chiede quindi Teresha, e a risponderle è un'altra delle mie amiche presenti.
«Facciamocelo raccontare da Sasha, con tutti quei baci che lascia a Cedric...»
Sasha sorride colpevole, con un lampo concupiscente che le illumina di colpo lo sguardo. Finisco di allacciarmi le scarpe, che avevo notate essersi sfilate nell'ultima posizione assunta, e abbassa lo sguardo verso terra mentre alcune di loro, lo tante dai pettegolezzi, continuano con lo stretching.
«Quella è una cosa e questa è un'altra» afferma con troppa astuzia Sasha, per poi continuare imperterrita. «In effetti, devo ammettere che solo Cedric regge il confronto con Francis. Poi, per il resto, sono tutti nella media nella nostra classe. Tu che cosa ne pensi, Amy?»
Sollevo lo sguardo in direzione di Cedric, schierato nella squadra opposta a Francis, e noto la sua bocca leggermente aperta a far fuoriuscire la velocità del respiro. La maglia tirata sul petto è stata bagnata in precedenza con l'acqua di qualche borraccia, per resistere al caldo torrido del South Side.
Niente, però, ferma il mio sguardo. Rimango intrappolata al suo volto di profilo solo per un attimo, e penso che il problema possa essere mio.
Per impedire alle ragazze di seguire quest'ultimo pensiero sposto gli occhi più lontano, e mi soffermo su Harper.
«Piuttosto, Harper» commento, guardandolo distrattamente ma fingendomi interessata. Zaira spalanca occhi e bocca mentre Sasha, come le altre, si fa maggiormente interessata.
«Stai scherzando, vero? Ha una cotta per te da una vita!» Esordisce Zaira, stupita. «Ti organizzo un'uscita?»
Non avevo molte possibilità di centrare un bersaglio che avrei voluto schivare ma eccomi qui, con la mia solita fortuna.
La prima reazione sarebbe quella di declinare velocemente l'offerta ma ricordo quello che mi hanno detto Francis e Ercole. Devo uscire con qualcuno e dimenticarmi Nohan... potrei provare, se si trattasse solo di una cena.
«Certo, perché no...»
«Oh mio Dio, ma è fantastico!» Commenta emozionata Zaira esordendo in un coro di acuti strilli e gesti serrati che coinvolge anche le altre ragazze, a eccezione di Sasha.
Lei si solleva, con un mezzo sorriso, e si avvicina al bordo del campo. Nell'istante in cui ha raggiunto la sua postazione, Cedric si allontana dalla partita e si dirige verso la panchina, forse usufruendo di una scusa per andarle incontro.
Ed eccolo, infatti, bere un profondo sorso mentre lei lo guarda dal basso con occhi adoranti, aspettando che abbia finito per farsi più vicina al suo orecchio. Sembra sussurrargli qualcosa, ma non posso esserne certa. Quello che vedo con certezza è l'esecuzione di un bacio lento sulla guancia, e un sorriso malizioso mentre si allontana.
Forse crede che arrampicarsi sul ricco del paese possa essere l'unica via per uscire da un destino di povertà e, da un lato, mi dispiaccio per Cedric. Devono essere in molti a vederlo solo come un bottino di ricchezza su cui mettere le mani ma io non sono una di quelle persone. Non lo è nemmeno Francis mentre lo fissa con odio per un'azione che Garcia è riuscito a compiere troppo velocemente, impedendogli la difesa nel rientrare in campo.
Io e Francis non siamo come gli altri e viviamo una realtà solo nostra, in grado di farci sopravvivere anche se a stento... e in questa realtà, io ho un appuntamento con un ragazzo della mia stessa classe che, dall'altra parte del campo, mi sorride leggermente. Mentalmente ringrazio di non aver scelto un uomo troppo spavaldo.
******
Con entrambe le mani liscio le pieghe della gonnella, in modo da renderla il più possibile dritta, aderente alle mie gambe. Non ho fatto in tempo a passarvi sopra del ferro da stiro e ora prego solo di essere decente, per questa serata che non mi sarei aspettata.
Afferro, debolmente, gli unici orecchini in argento che io abbia mai avuto e li incastro ai lobi delle orecchie dando un tocco di luce al mio vestiario, completamente blu scuro.
Nohan mi consigliava sempre di non essere troppo vistosa, per non attirare gli sguardi della gente. Temeva costantemente di essere osservato da altri: che persone del nostro istituto ci vedessero assieme e comunicassero l'evento alla preside, comportando il suo licenziamento immediato, o i colleghi di sua moglie, o altri parenti.
Ormai è un abitudine per me vestirmi con abiti tanto scuri ma per fortuna almeno il blu mi sta bene.
Afferro la borsetta dandomi un'ultima occhiata allo specchio, consapevole che Harper sia già fuori dalla mia porta. Non appena esco, infatti, lo trovo già per strada con abiti molto eleganti, migliori di quanto mi aspettassi, e da una parte la cosa mi fa ridere.
Non abbiamo una macchina, averla è un lusso che non tutti noi, gente del South Side, ci possiamo permettere dunque andremo a piedi e dunque rimarremo nella nostra zona. Cosa può esserci di tanto elegante qui? Considero dolce, però, il pensiero che non abbia voluto rinunciare a questa cura di dettagli. Tende persino la mano verso di me, per anticipare la mia uscita di casa.
Quando arriviamo al ristorante non mi sorprende nemmeno che abbia scelto il posto più carino dell'isolato; il ristorante di quell'unica donna, in tutto il South Side, che sembra essere riuscita a realizzare i suoi sogni d'infanzia.
Brillano, infatti, in un corredo di luci e colori nell'ingresso dove viene verificata la nostra ordinazione e si rispecchiano nei modi gentili con cui ci troviamo esortarti a prendere posto a uno dei tavoli.
Harper mi tende il menù con un'apprensione che testimonia la sua tensione per questa serata. A seguito di qualche mio vano tentativo di iniziare un discorso mi aspetto che prenda lui la parola e rompa ulteriormente il ghiaccio... ma più scorrono le ore più mi accorgo di stargli chiedendo troppo.
Pensavo fosse facile, per due studenti della stessa classe, trovare argomenti utili sui quali mobilitare i vari discorsi ma a quanto pare vedersi tanto spesso li riduce anche drasticamente, comportando un netto calo di interesse.
Un po' me ne dispiaccio, Harper è persino timoroso di darmi fastidio ed è perfetto, un'uscita sicura come non mi sarei mai aspettata, se solo non fosse per la voce di Francis che mi ronza nelle orecchie... e mi dice che sono speciale, che merito di essere portata fuori a cena, di essere considerata, amata, rispettata in un pacchetto completo. E una parte di me è esattamente questo che cerca, nonostante tutti i problemi che governano la mia testa: una relazione, non necessariamente troppo seria, che sia sinonimo di intesa. Questo mi manca.
Perché l'amicizia con Francis è stupenda ma, come ho già ho avuto modo di valutare, mostra in se anche qualcosa di inaccessibile e intoccabile tra di noi. Vorrei un rapporto... che scacciasse via i problemi, anche se per una sola notte.
Ma Harper, nella sua dolce impacciataggine, li genera e temo che con una persona del genere non potrei mai essere del tutto sincera.
Come posso parlare, con un uomo del genere, dei miei problemi sentimentali e sessuali senza sentirmi a disagio, o sbagliata, o peggio ancora moralmente triste?
Non voglio farlo, sta tutto qui. Non voglio immettermi in una storia senza futuro ma non interrompo questa cena alzandomi. Harper ha organizzato tutto alla minima perfezione, lo rispetto e lo ringrazio di questa premura. Ascolto quelle frasi accidentate che tenta di rivolgermi e provo a dar loro maggiore spessore.
La serata si conclude con questa reciproca sorta di insoddisfazione e gli permetto di riaccompagnarmi a casa, sotto un'insistente richiesta. Dopo che ha voltato l'angolo e mi ritrovo da sola, i miei passi però si ribellano e mi portano di nuovo lontano dal portone di ingresso.
Proprio come Francis, quando ragiono non vedo affatto il mondo intorno e cammino, cammino quasi a perdermi, e nella notte è questo che faccio. Il desiderio di raggiungere il lago viene affiancato alla consapevolezza di star deviando troppo la strada, e non me ne curo.
Procedo in avanti con il pensiero di Nohan... della mia esperienza con Francis e del modo fallimentare con cui porto avanti ogni tipo di relazione.
Deve esserci qualcosa, nella mia testa, che non funziona nel verso giusto e mi blocca. Letteralmente, mi arresta ma vive dentro di me come un tarlo per ammalare tutto ciò che tento di creare, distruggendolo totalmente.
Avrò mai la soddisfazione di sentirmi realizzata? Nell'amore, nello studio... manco in entrambi.
Tiro su con il naso nel tentativo di rendere più silenzioso e invisibile il mio pianto, e mi asciugo gli occhi con il dorso della mano mentre continuo a procedere.
Le scarpe si sporcano della polvere della terra mentre la luna piena, dall'alto del suo cielo, mi mostra una strada sconosciuta e dispersa tra gli alberi.
Non so più quale è l'orientamento giusto, dove si trova il nostro lago, casa mia, il centro città. Sono nel niente, senza le luci accese che permettevano a Francis di orientarsi ed è una metafora calzante.
Al contrario suo, che ha scoperto il genere d'amore che lo soddisfa, che combatte per libertà e le da battaglia, che rivuole indietro Gyasi, che è distrutto ma sa sempre a cosa aggrapparsi, io non ho niente di mio e per me. Non ho niente...
«Amy?»
Una voce... mi fa sollevare la testa e incontrare un paio di occhi ambrati. La sorpresa li governa, e mi stupisco di come la tristezza per il mio stato d'animo non li abbia raggiunti. Regna lo stupore di trovarmi a quest'ora tarda della notte.
«Che cosa ci fai qui?» Mi domanda, setacciando con gli occhi la mia figura e io mi stringo nelle spalle, in un sorriso debole.
«Vuoi che ti riaccompagni a casa?»
Sa dove è casa mia?
«Qualcuno ti ha fatto del male?»
Avevo preferito Harper rispetto a lui ma non avevo notato quale cadenza morbida potesse avere la sua voce.
«È facile per tutti, secondo te?» Gli domando e no. La mia voce non trema nonostante il pianto. Anche lei soffre di un'apatia insormontabile.
«Che cosa?»
«Innamorarsi.»
Un lungo silenzio, durante il quale Cedric mi fissa dritto negli occhi, consegue l'importante domanda che ho deciso di porgli.
«Perché lo chiedi a me?»
«Ti ho visto con Sasha, oggi.»
«Ma non sono innamorato di lei...»
«Allora sei mai stato innamorato?»
Cedric tace di nuovo, rimanendo immobile nella sua camicia verde chiara particolarmente lunga e larga per lui, e a me viene da ridere.
«Certo... non lo sai» commento, annuendo debolmente con ironia. «Sono così poche le cose che ti interessano.»
«Pensi questo di me perché non urlo nelle piazze come fa Francis, a ogni buona occasione?» Sibila, con la lingua imbevuta di un veleno mortale.
«Anche, ma la questione si estende a tutto. Non ti interessi di niente, per questo non sai nemmeno se ti sei mai innamorato o meno. Allora perché ti ho dato ascolto?!»
«Non mi hai dato ascolto» risponde, affossando le mani dentro le tasche e rilassando le spalle.
L'ho già detto? Vorrei possedere la sua calma, assieme a questo suo... modo tranquillo di masticarsi la parole. Sollevo l'attenzione del mio sguardo sugli accennati riccioli castano chiaro nati dalla decolorazione del sole estivo, per poi scendere lungo la sua fronte e correndo, come su dei monti, lungo le dune del suo naso aquilino che sorregge ed esalta i pesanti occhi con cui mi sta aspettando.
«L'ho fatto, invece. Mi hai detto che meritavo di meglio e quindi ti ho ascoltato, sono uscita con Harper.»
«Quindi era Harper il ragazzo di cui avevi bisogno per dimenticarti del professore?»
«No...» mormoro piano, di fronte a una realtà evidente. Ho scelto lui solo per non scegliere te. «Ma sono un'imbranata con le relazioni, da sempre. Per questo mi trovo in un simile guaio!»
«Perché sei innamorata del tuo migliore amico, che è omosessuale?»
Spalanco la bocca, fissando Cedric con stupore.
«Come lo sai?»
«Che ne sei innamorata?»
«Che a Francis piacciono gli uomini, non l'ha detto a nessuno.»
E di colpo mi vengono a mente le parole di Ercole, che mi ricordano che Cedric nota tutto.
«Ne sei innamorata?»
«No» mormoro, nonostante quello che provi per Francis sia un legame indissolubile, il più forte che abbia mai avuto.
«Allora perché credi di essere un disastro?»
Deglutisco rumorosamente e mi torturo le mani, notando quanto, mio malgrado, sarebbe semplice aprirmi con questo perfetto estraneo.
Cedric valuta le mie reazioni e mi percorre con lo sguardo, lasciandomi una lenta scia di brividi. Non devo essere uno spettacolo con il trucco rovinato e la fronte arrossata dal pianto ma, testarda, non voglio andarmene.
«Ti sei lasciata, con il professore?»
«Non ancora, ma intendo farlo.»
«E che cos'altro vuoi?»
Siamo solo un ragazzo e una ragazza, nel cuore della notte e al cospetto della luna, che imparano a conoscersi. A vivere con più semplicità, forse, il meccanismo intrigato che è la vita.
«Una relazione che mi renda felice e che... mi faccia superare le barriere che sento di avere.»
«Che tipo di barriere?»
Non posso crederci che ne sto parlando proprio con lui di questo argomento, ma non sono mai stata una ragazza timida. Anzi, per mia natura sono terribilmente ansiosa ma sfacciata, devono essere entrambi difetti. Uso la sicurezza per intimorire un interlocutore che sento essere troppo forte per me, nonostante ciò che io dica mi mandi in difetto.
«Non riesco a raggiungere l'orgasmo con nessun uomo. Durante un rapporto non ci riesco.»
Schietta, brutalmente sincera... ma mi inclino leggermente nel mio asse quando mi accorgo di non averlo tramortito neanche un po'. Dopo un breve silenzio è pronto a rispondermi.
«Da sola sì?»
Annuisco debolmente, volendo sapere a cosa stia pensando.
«Sbagli nel valutare gli uomini...» prosegue con il dirmi. «Hai sbagliato anche a giudicare me, non è vero che non mi interesso a niente.»
Ed infatti mi sto ricredendo da quando ho notato che primeggiare contro Cedric con le parole non è sufficiente. Aveva ragione anche Ercole, avrei dovuto dargli ascolto.
«Questo non mi da che ragione: sono un disastro nelle relazioni.»
«Puoi sempre cambiare rotta e intraprendere una strada diversa.»
«E come?»
«Scegliendo me.»
La bocca mi si spalanca in maniera involontaria, perché tutto mi sarei aspettata... tranne che questo. Ma Cedric sembra terribilmente serio e c'è qualcosa, in lui, che mi impedisce di prendere la questione con ironia. Sono un asso nello sfuggire alle situazioni scomode con delle battute ironiche ma non posso riuscire a vincere, contro la sua certezza.
«Sasha, questa mattina, era venuta a dirmi che avevi preferito uscire con Harper piuttosto che con me.»
«Non si parlava ancora di uscire a cena» espiro in un soffio, cercando di riprendere posizione. «Era una discussione solo sull'aspetto esteriore...»
«E cosa ne pensi di me? Mi preferisci a Harper?»
Il fatto che stia avanzando verso di me, chiedendo conferma di una scontatezza, mi fa tremare il cuore.
Harper è un ragazzo per bene ma non ha minimamente niente che possa reggere il confronto con Cedric.
Garcia è oggettivamente bello secondo ogni canone dell'estetica per quanto sia privo di quel qualcosa che gli permette di spiccare tra una folla di persone, come capita con Francis. Eppure...
«Ci vuoi provare, Amy?»
«Che cosa sarà?»
«Quello che vuoi. Quello che ci sentiamo di fare.»
«Perché me lo stai proponendo?»
Per la prima volta, in tutta la sera, noto Cedric sorridere. I miei occhi tornano a calamitarsi su quella curva gentile.
«Mettiamola così: voglio dimostrarti che hai torto.»
«Su tutto? Sia su di te che su di me?» Solleva un sopracciglio ma annuisce, con lentezza. Avrei giurato che la malizia con cui mi sta fissando non esistesse affatto tra le espressioni in grado di far trapelare, eppure eccola qui. «Consolante» commento.
«Ho solo una condizione.»
«Non baciare sulla bocca?» Gli domando con ironia e anche stavolta non si ritrae dalla mia provocazione.
«È quello che vorresti?»
«Non usa così in questo genere di relazioni?»
«Non sarà solo una storia di sesso.»
«Credevo dovessi decidere io.»
«Pensala come credi ma per me il problema che hai non si trova annodato tra le lenzuola.»
«Quale è la tua condizione?» Domando con la gola secca, e Cedric non arretra di un millimetro nel comunicarmelo.
«Lascia il professor Wood.»
«Prima della fine degli esami? Vuoi impedirmi di andare all'università?»
Lo sguardo gli brilla di divertimento e il fatto che risponda, con allegria, alle mie battute mi fa sorridere.
«Accetti o no?»
«D'accordo, accetto.»
«Bene.»
«Bene.»
Sta continuando a sorridere mentre è intento a fissare il mio imbarazzo. Sono ancora ferma qui, io invece, in piedi di fronte a lui, in attesa di una frase conclusiva.
Non appena recupero la visione anche del paesaggio circostante, oltre alla sua presenza, riesco ad articolare una piccola frase, mossa dalla curiosità.
«Che cosa ci facevi qui, a quest'ora della notte?»
«Non abito molto lontano, stavo solo facendo due passi.»
«Hai incontrato Ercole?» Siamo vicini al lago, in fondo.
La sua espressione si fa maggiormente attenta.
«Tu lo hai incontrato?»
«Ieri notte. È mio amico, ci vediamo spesso.» Cedric non commenta ma sto cercando un alleato per andare incontro al mio amico. «Ha avuto una vita difficile.»
«Sì, molto.»
«Vorrei convincerlo a venire con noi a scuola.»
Il suo buon umore viene ripristinato. «Non ci conviene. Farebbe sfigurare anche il più intelligente della classe.»
«Ovvero tu?»
«Come gia sai, non sono impeccabile.»
«È vero, hai problemi con storia.» Continua a sorridere in quel modo furbo che non permette alcuna distrazione da parte mia. «Sai, quando ho iniziato la mia relazione con Wood mi sono ripromessa di non concedergli alcun favoritismo nei miei confronti e così mi sono impegnata nello studio. Potrei aiutarti, su quella materia, se ne avessi bisogno...»
«Perché no...»
La conversazione non sembra voler arrivare alla fine, con questa serie di discorsi lasciati nel vuoto e capisco di dover sancire io una conclusione. Solo in questo modo potrò di nuovo essere da sola, a pensare alla proposta che mi ha avanzato.
«Adesso dovrei davvero tornare indietro, o i miei si preoccuperanno.»
«D'accordo...»
«Buonanotte, allora.»
«Buonanotte, Amy.»
La pronuncia del mio nome sulle sue labbra mi resta dentro come un eco, durante tutto il tragitto che compio verso casa quando, d'un tratto, mi rendo conto che Cedric mi ha mentito.
Fu Ercole, molti anni fa, a indicarmi la casa Garcia immersa nei campi ed era completamente distante dal luogo in cui io e Cedric ci siamo trovati, poco lontano a quanto pare dalla via dei coltivatori.
Che cosa ci stava facendo li? Perché non mi aveva raccontato la verità?
Posso fidarmi, davvero, di un ragazzo che nemmeno conosco bene?
Ercole sembra sostenere che ne valga la pena... posso solo sperare che, almeno lui, sia rimasto dalla mia parte.
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