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38- Gesti di reciproca fiducia

P.O.V.
Francis

Vivere un simile momento è come concepire di essere sospesi nel vuoto, racchiusi dentro una bolla di sapone capace di intorpidirti i sensi e i contorni esterni. Ti permette di ruotare, di muoverti a tua discrezione in quel tuo spazio privato, con la consapevolezza che mai nessuno verrà a cercare cosa vi hai nascosto all'interno. La paura, però, ci ha raggiunti.

Era sorta per caso, la notte di due giorni fa, quando avevo ammesso, dinanzi al suo viso che aveva ceduto presto il passo alla comprensione, di non credergli a pieno. Di non potergli confidare le verità nascoste dal mio lavoro poiché la vita privata ed il nostro ruolo dovevano, per forza, venire scissi.

L'ho detto, ma come affermazione non mi piace per niente. Rais l'aveva accettato, cercando conforto nel mio abbraccio proprio come sta facendo adesso mentre ancora riposa dormiente, e questo mi fa credere che saprebbe accontentarsi di ogni cosa, pur di avere in parte ciò che desidera.

Io non sono così; io voglio vivere a pieno tutto quello che la vita mi offre, e che tendendo la mano con sforzo sono disposto ad afferrare. L'ho odiato con tutto me stesso. Sono pronto ad amarlo senza pari. Le vie di mezzo non funzionano per me se si stabiliscono di traverso sulla strada che avverto il bisogno di percorrere.

Per questo motivo voglio potermi del tutto fidare di lui. Desidero trovare un modo, così come vorrei riuscire a vivere fino in fondo la bellezza di questo rapporto che si è instaurato tra di noi, tanto a fondo da smuovere in un terremoto tutte le mie convinzioni e lasciandomi il compito di tornare ad erigere nuovamente le mie certezze.

Visto che è su ciò che verge il mio pensiero, divertito dalla situazione fornita dalla sua incoscienza, lascio scivolare in un sorriso la mano contro il suo corpo, al di sotto della sua sottile maglietta.

Sfioro leggero un suo capezzolo, poi l'altro, tirando appena, essendomi accorto di quanto sia sensibile in una simile zona.

Sollevandomi su un braccio, riesco a fissarlo dall'alto per poi notare le sue labbra aprirsi appena nel segnale di una muta richiesta.

Ancora al centro di un dialogo con Morfeo, non si rende conto che sono io, alle sue spalle, a richiedere le sue attenzioni.
A causa della sonnolenza del farmaco dorme quasi il doppio delle mie ore, lasciandomi solo per un quantitativo inestimabile di tempo.

Gli effetti, però, visto il periodo di cura passato dovrebbero rallentare nel loro manifestarsi, dandogli così modo, molto presto, di rispondere alle mie carezze spinte con cui tento di provocarlo.

Sto solo forzando un po' la mano, rifletto mentre lascio un debole morso di lato, sulla sua nuca. Ho notato che gli piace ed anche parecchio, tanto da portarlo, infatti, nonostante la sonnolenza a gemere febbrile una sorta di protesta in grado di accentuare ancora di più il mio sorriso.

Dio santo, quanto mi piace provocarlo e rimanere a fissarlo, subito dopo averlo fatto, ma mi domando se sia troppo quello che sto facendo: con lentezza, al fine di non svegliarlo, introduco una mano nei suoi boxer a quadri per poi scendere ad accarezzarlo.

No, non è troppo perché per primo era stato lui a confessarmi di volere fare l'amore con me dunque è un sentimento legittimo, quello che sento. Il bisogno che ho di sfiorare ogni centimetro del suo corpo per rassicurarmi che stia bene, per trarvi il giusto conforto.

Stringo, debole, in una mano i suoi testicoli per poi percorrere la sua lunghezza con dita attente, una, due volte, fissando al contempo il possibile sfarfallio delle sue ciglia.
Sospiro dinanzi la bellezza del suo corpo e la mancata reazione che mi concede, sentendomi un piccolo demone che urta le rosse ali contro le sbarre oro della sua gabbia, alla ricerca di un benessere negato.

Passandogli un braccio attorno lo accosto, con forza, al mio corpo per poi sentirlo sospirare coerentemente di piacere, a causa dell'eccitazione della quale sono afflitto, imprigionata tra le sue natiche.

Voglio fidarmi sul serio perché Rais mi piace, anche parecchio. Partendo dalla sua bocca larga per finire alla gentilezza del suo animo tramortito da tutto quello che gli ha fatto. Per riuscirci, però, devo portare a termine il mio compito, ovvero quello di entrare in completa empatia con lui.

Sono disposto a farlo?

Da una parte covo una profonda paura per il sentimento che già avverto. Dall'altra, invece, nascondo il devastante bisogno di essergli il più vicino possibile.

Toccarlo così non mi basta. Viverlo così non è sufficiente. Ma dovrò accontentarmi fino a che qualcosa tra noi non muta.

Avvertendo il suo respiro rompersi, corro di nuovo con una mano tra le sue gambe pregando che si svegli. Che volti la testa, baciandomi, e sia pronto a fare l'amore. Mi troverebbe qui, a sua più totale disposizione, a sentire parole e lamenti al tempo stesso.

Quello che mi domando, però, mentre continuo a toccarlo è come gli piaccia farlo.
Sesso, intendo.
Per questo lascio scivolare di nuovo fuori dalle sue mutande le dita, in modo tale da bagnarne due di loro con la saliva della lingua.

A seguito torno nei suoi boxer ma stavolta dietro, tra le natiche.
Ruoto lento attorno alla feritoia dell'ano per permettere al muscolo di rilassarsi, dopodiché vi lascio entrare un dito all'interno per giudicare la sua reazione.

Vengo tramortito in testa da un fulmine, che mi ustiona da capo a piedi, quando vedo la faccia di Rais ruotare in direzione del cuscino per soffocare un lento grido che rimanere sulle sue labbra, aperte, per molto, e non è di dolore.

Sorrido, in tachicardia, mettendo fine ad ogni nostro contatto perché consapevole di essere l'unico in grado di raggiungere la deriva.

Quest'uomo è fatto per me, rifletto, avvertendo di nuovo, in un attimo, l'apertura stretta dell'orifizio attorno alle mie dita, unita al benessere lancinante che pareva l'avesse travolto.

Merda, devo trovare la forza di alzarmi da questo letto.

Quando essa, poco dopo, mi raggiunge mi scopre tremante, seduto ad uno dei margini del materasso con la testa rivolta verso Rais e con la voglia insoddisfatta di giocare assieme al pericolo.

Tolgo i vestiti che porto addosso, lasciandoli sulla sedia della stanza per poter avvicinarmi, quindi, al bagno ed alla doccia.

Tramortisco i miei bisogni con una cascata gelida, posando le mani contro le mattonelle della parete per cercare stabilità.

Voglio amarlo a pieno e voglio comprenderlo. È un bisogno imprescindibile e l'unica cosa che mi può portare a combattere, per dargli in dono fiducia.

Prendo un profondo respiro e poi mi muovo, parto con il lavarmi, impiegandoci più del dovuto a causa dei pensieri.

Quando esco recupero il mio accappatoio blu scuro e lo stringo in vita, osservando la mia stanchezza allo specchio, per poi tornare di nuovo in camera dove lo trovo seduto sul letto.

Ha un'espressione come spersa, la mano leggermente tremante quando si posa sulla sua fronte.

«Va tutto bene?» Gli domando, vedendolo poi sollevare la testa per fissarmi, arrossendo.

Ancora di più quando nota lo scollo, non studiato, del mio accappatoio.
Devo trattenermi dal sorridere della sua confusione, pensando solo che i miei tentativi stiano dando i loro frutti.

«Sì... tutto bene, credo...»

«Hai fame?»

«Un po'.»

«Bene» commento, pensandolo sul serio come sinonimo di miglioramento. «Andiamo a prepararci qualcosa.»

Prima che possa dire una sola parola, inizio a camminare verso la cucina senza mettermi nient'altro. Soltanto questo accappatoio, addosso, ed un paio di pantofole.

Rais esita solo per alcuni istanti, poi mi segue a passo lento.

«Sicuro di stare bene?» Domando di nuovo conferma, per vederlo passarsi quindi una mano lungo la testa spoglia con la bocca leggermente aperta.

Annuisce senza dire altro, riuscendo a precedermi in direzione dei fornelli.
Rimango poco distante, alle sue spalle, per riuscire così a fissarlo con tranquillità, nel desiderio di tornare a riaverlo tra le braccia.

«Credo di essere solo un po' confuso, stamani... In effetti, con la cura del metadone sto meglio, non provo il bisogno di correre in strada e cercare una dose, né avverto più la maggior parte dei sintomi che comportava. Anche la nausea è passata, grazie al cielo.»

«Solo lei?» Domando, con poca precarietà nella voce e a Rais occorrono dei lunghi attimi per potermi rispondere.

«No... non solo lei. Mi sono tornate molte emozioni indietro. Le stesse che la droga sopprimeva.»

«Per questo ti drogavi? Per intontirti?»

«Era uno dei motivi... forse il più grande. Volevo smettere di soffrire per cui ho provato con l'apatia. Risulta più facile se non si ha niente da perdere.»

Rimango in silenzio dinanzi ai suoi problemi, avvertendo però la sensazione di aver remato, almeno in passato, sul serio su fronti opposti. Credo che su un simile punto, poi, siamo in netto contrasto.

Mentre io combattevo per mettere in luce ciò che provavo ecco che lui, in un altro micro quartiere dentro il South Side, affogava in bagni di sudore e tremori tutto ciò che sentisse, preso dal terrore, forse, che simili sentimenti potessero vincerlo.

Mi domando cosa vi sia di tanto nascosto in quella chimica distruzione che si iniettava in vena. Se davvero l'eroina sia in grado, così, di intorpidire e rubare l'anima e cosa si provi al pensiero di mettere in gioco tutto.

Ragionando in questi termini pare un'azione da folli ma vi deve essere nascosto un segreto, se è tanto in grado di condurre alla dipendenza.

«Che cosa vuoi da mangiare? Nel mio ricettario mentale ci sono poche cose, oltre al toast al formaggio» commenta, procurandosi nel frattempo di mettere su il caffè. Decido così di arrivargli alle spalle, posando le mani sul ripiano che abbiamo di fronte per poter parlare contro il suo orecchio con falsa tranquillità.

«Il toast al formaggio andrà benissimo» sussurro, vedendolo chiaramente rabbrividire. Resta immobile per qualche attimo ma quando ritorna a me decide di svolgere ogni sua mansione senza fissarmi negli occhi.

Ogni tanto, quando viene costretto a sporgere la testa di lato, riesco a notare il rossore sui suoi zigomi che non accenna ad andarsene.

«Ecco. Tieni, è pronto.»

Afferro il piatto che mi porge e, con velocità, lo poso dietro di me, sul tavolo. In questo modo, una volta spenti i fornelli, Rais si vede costretto a voltarsi nel pensiero che mi sia già allontanato e invece eccomi qui, ancora più sporto verso di lui.

«Sei consapevole di non avermi ancora baciato?» Gli domando, fissando dentro i suoi occhi offuscati per poi scendere lungo la bocca.

«E tu di avere addosso solo un accappatoio?»

«La cosa ti disturba?»

Non può rispondermi, gli mancano le parole ed è divertente vedere come il suo cervello lo spinga verso il totale cambiamento di direzione, il solo in grado di metterlo in salvo.

«Non ti darò un bacio. I rapporti tra uomini non sono così sdolcinati.»

«No? E come sono, brutali? Noi poveri uomini non abbiamo un cuore? Dimmi cosa dovrei fare. Voltarti, prenderti con la forza e lasciarti lì a sanguinare?»

«Qualcosa del genere. Nessun gay che ho incontrato mi ha trattato in questo modo quindi quello che vuoi fare fallo e basta.»

Sollevo le sopracciglia dinanzi l'amarezza delle sue parole, considerando, divertito, che questo strano malessere che lo opprime sembri invocare una sorta di violenza, non sono però propenso a fornirgliela. 

«Sei davvero un tipo strano, Rais» commento, rivedendo quegli istanti, dietro gli occhi, in cui supplicava ogni mio bacio o piccolo contatto. Sovrapposto a questa gelida visione distaccata non è difficile scorgere le differenze ma lascio perdere, non volendo considerare questa come una verità. «Di che cosa hai paura? Di un po' d'amore?»

Le mie domande sono piuttosto amare. Nella mia intera vita non ho mai sottoposto quesiti facili, specie se rivolti a persone alquanto difficili da comprendere. La vera amarezza, però, è non ricevere risposta dalle sue parole quanto dal suo sguardo.

«Rais, andiamo...»

«Di quello che vuoi, ma non è facile per un ragazzo cresciuto senza niente. Sai che, per quanto resterai lontano da loro, i tuoi genitori ti accoglieranno sempre perché sei cresciuto nel loro affetto? Ed io, invece? Io ho avuto solo alle volte Oliver, e la maggior parte di esse non è stato sufficiente. Quindi non puoi biasimarmi se alle volte non credo all'amore o prendo un distacco da te, anche se minimo.»

Quello che trasuda dalle sue parole è un nuovo fatto: anche lui ha bisogno di fidarsi. Ed ecco che siamo di nuovo sullo stesso blocco di questo triste gioco.
Ha paura che un giorno potrei andarmene, che potrei semplicemente rivolgergli le spalle, stanco di noi, e abbandonarlo come hanno fatto tutti gli altri. A quel punto cosa gli rimarrà? Di nuovo, solo l'eroina in grado di tramortirlo ed io non posso concedergli un simile passo indietro. Non dopo quello che si è sforzato di fare.

La verità è che devo trovare una soluzione in modo tale che entrambi possiamo fidarci e con prenderci. Con essa, mi vedrò libero di aprire del tutto il mio cuore a questo ragazzo, incasinato e stanco, che mi fissa indifeso con i reni appoggiati al bancone di una vecchia cucina. Così come a lui potrò offrire la rassicurazione che non lo giudicherò mai più per ciò che ha fatto e farà. Perché  sono disposto a capire le sue scelte, ad affrontarle insieme, imparando a camminare uniti e non divisi per potercela fare.

Devo solo trovare un modo... affinché entrambi possiamo farcela.

P.O.V.
Rais

Non è solo un giorno difficile da affrontare: è praticamente impossibile.
Questi discorsi instaurati poco prima della sveglia, data dal violento filtraggio del sole nella camera da letto, per poi passare al suo nuovo modo, troppo scarso, di vestire.

Mi sono svegliato con la sensazione di avere avuto, per tutta la notte, delle mani intende ad accarezzare ogni anfratto del mio corpo. Di conseguenza avevo provato una sensazione fin troppo piacevole che mi aveva condotto alle porte del benessere.
Continuarle ad avvertirle, poi, mentre stavo per aprire del tutto gli occhi era stato bello quanto spiazzante poiché mi aveva portato a chiedermi se fosse stato davvero Francis o la mia fantasia a toccarmi così. 

Non ho idea se l'abbia fatto sul serio, ma qualcosa è inevitabilmente cambiato: avverto con chiarezza la pesante coperta che la droga posava sul mio cuore, rendendomi invincibile agli attacchi della passione, essere stata tirata via. Per cui ora mi trovo febbrilmente esposto ad ogni reazione, guidata dagli istinti, capace di farmi rabbrividire e di far sostare i miei occhi lungo la sua pelle.

Gli ho appena chiaramente detto di voler prendere da lui un distacco, se pure so che non me lo concederà affatto, ma la verità che ora vorrei sarebbe quella di veder cadere il contenuto del bicchiere dal quale sta bevendo lungo tutto il suo torace, lasciando così scorrere le lacrime dell'acqua frizzante fredda e dandomi una valida scusante per pulire quel disastro con i miei baci.

Davvero, non sono responsabile di questi pensieri impuri: dopo un lungo letargo hanno deciso loro di riprendere vita, io posso solo subire i loro spinti desideri.

Con forza mi rialzo in piedi, prendendomi il compito di pulire il piatto di un pasto che non ho nemmeno interamente consumato. Lo scopo è solo quello di stargli più lontano possibile ma ha vita breve, un simile augurio.

Da dietro, le sue mani partono a sfiorami lente lungo la schiena, per poi passare a corrermi lungo il torace a palmo aperto, scendendo per il mio corpo.

«Non toccarmi» sibilo.

«Io non ti lascerei, Rais. Dico sul serio.»

Sbuffo, in un'effettiva incredulità.

«Certo, come no, sarai legato a me per sempre. Ci conosciamo solo da dei mesi e prima mi davi la caccia. Anzi, mi correggo: me la dai ancora. Inoltre non ti credo. Nessuno batterà Gyasi nel tuo cuore.»

«Perché dici questo?»

«Perché non c'è niente di più eterno di un amore morto. Non lo sai?»

La sua mano sul mio petto si arresta ed io avevo già immaginato che sarebbero terminate le carezze. Tra poco partirà con l'urlare perché il nome del suo sacro amante non deve uscire dalla mia bocca infedele, eppure nonostante questo niente mi vieta di continuare a parlare.

«Quando qualcuno di importante muore occupa un posto nel tuo cuore e li vi rimane, specie se sei stato tu a invitarlo. Per cui non c'è più spazio per altri, non ti è permesso sostituirla. Se si tratta di Gyasi, poi...»

«Ti dirò una cosa, Rais, e voglio che tu ascolti bene.»

Eccoci, ci siamo. Sono pronto alla violenza delle sue parole.

Con la coda dell'occhio, sgorgo le sue mani posarsi entrambe sul ripiano al mio fianco mentre il suo respiro si avvicina ancora di più al mio collo.

Per un'istante, uno solo, la mia autodifesa perde contatto con il mio corpo, regalandogli un punto perfetto da colpire.

«Ancora non so se ti amerò più di quanto abbia amato lui ma una cosa è certa: con Gyasi era tutto più facile. Vivere un'amore nuovo, attratto nel fascino della scoperta, per poi lasciare che alle volte le cose potessero andare male. Durante il nostro rapporto io ho fatto ben poco perché era lui ad occuparsi della situazione, ed io mi affidavo. Non ho scorto i problemi, non ho visto niente. Sono stato un'incosciente.»

Quella rabbia che mi aspettavo di riscontrare è completamente assente per cui mi trovo sorpreso dinanzi l'immensa calma trasmessa dalla sua voce, nonostante stia pronunciando parole tanto pesanti da riferirmi.

«Era come l'innocenza; capisci che intendo? Un rapporto semplice, da un certo punto di vista, capace di trasmettermi molto. Il nostro, invece, è stato tutt'altro. Ho provato a oppormi, Rais, ho tentato fino all'ultimo di non entrare in empatia con te, nella paura di scoprire la nostra somiglianza, ma poi ho smesso di riuscirci. Quello che ho fatto è stato arrendermi a ciò che provo, attrazione o qualsiasi altra emozione con cui tu voglia esprimere quello che c'è tra di noi. Darle un nome non ha importanza perché è qualcosa di forte, tanto da spingermi a rinunciare alla vendetta nonostante fosse un sentimento che prima d'ora non avevo mai provato. E che, per questo, mi aveva accecato.
Ho rinunciato a tutto, Rais. Ho fatto delle scelte. Per cui adesso sta a te, se la vedi nella stessa maniera.»

Il cuore batte fin troppo veloce ma il volto tenta di rimanere immutabile, trafitto ancora dal terrore di scorgere la crepa, dentro questo sentimento, in grado di annunciare catastrofe.

«Dovresti deciderti a credermi e lasciare da parte i dubbi. "Niente sostituirà un amore morto"? Ti sbagli. La morte è una condizione permanente ma la vita è mutazione, si evolve, cambia, e noi con essa. Ho il diritto di tornare ad amare e tu sarebbe auspicabile che fossi dalla mia parte, dal momento che sei la causa di tutto questo gran trambusto. La morte si supera se si è spinti avanti da qualcosa di più forte. Ti prego, non dimenticarlo.»

La gola si è seccata nell'udire le sue parole ed anche lo sguardo, per l'incredibile, mostra una strana difficoltà nel soffermarsi su qualcosa in particolare. Eppure il mio animo non l'ha ancora avuta vinta ed è l'amarezza a prevalere. La stessa che mi spinge a pronunciare parole cattive quanto sincere.

«Non voglio essere un sostituto, per il tuo amore morto.»

Francis tace per un lungo attimo, poi di colpo scoppia a ridere.

«Cazzo, ma sei impossibile!» Esclama, per incitarmi quindi con le mani a voltarmi per poter finire nel suo sguardo. È divertito mentre il mio è arrabbiato, continuando come fa a sfoggiare il proprio orgoglio senza farsi contagiare da altro.

«Dopo tutto il mio discorso è questo che vuoi dirmi?» Mi domanda, stavolta con un tono alquanto sorpreso. 

«Sei nudo» faccio notare una seconda volta, perché sto retrocedendo all'indietro, dopo essere sfuggito alla pressione dei suoi occhi, e Francis mi segue, mettendomi quindi in trappola contro un muro.

«Io ti confesso il mio amore, e tu te ne esci con quel discorso sulla sostituzione? Saresti dovuto almeno essere nero, sai? E decisamente più basso.»

«Non parlo con te, mentre sei nudo.»

«Scappare dai sentimenti non ti porterà tanto in salvo. Lo sai? Dici che la droga ti intontiva ma io credo, in verità, che ti desse solo un pretesto per poter essere chi sei senza fartene avvertire il peso. Mi hai amato molto, mentre eri in quello stato, ancora più di quanto non sapessi di fare io nei tuoi confronti ed è questo che ti spaventa. Il pensiero che tra noi ci possa essere questa differenza, possibile motivazione in futuro per un mio allontanamento.»

Ormai sono del tutto in trappola e con la sua presenza impassibile, posta di fronte a me come un immenso muro, viene reso evidente quanto sia patetico ogni tentativo di fuga.

«Per uno che non avrebbe voluto capire niente, supponi troppo, lo sai?» Argomento, stordito come sono dai centimetri di pelle che questo accappatoio lascia scorgere.

«Ora è tutto cambiato, non me la sento più di giudicarti per quello che fai. Credo ancora che sia sbagliato, ma che tu ti sia da solo messo in trappola dentro una simile partita per motivazioni del tutto personali. Adesso le comprendo e non posso accusarti di niente...»

Non era comunque suo, il compito di farlo, vorrei dirgli, ma già che si sia accorto di non poterne avvalere il diritto è un'importante passo avanti.
Come un tragico evento che fa tremare ogni mia convinzione.

«Questo non è vero. Mi vedrai sempre come un debole tossico che richiede la tua attenzione.»

«Tu non sei debole.»

Decido di ignorare queste ultime parole.

«Vedrai, per sempre, nell'eroina un male capace di prendersi solo i più deboli e questo ti spingerà a provare pena, come si prova pena per chi ha tentato il suicidio. Oh, aspetta! Ho fatto anche quello!»

«Non mi convincerai a detestarti, Rais. È inutile» argomenta, fomentando la mia rabbia.

«Ma tu mi detesti già, solo che non lo ammetti!» Sussurro contro il suo viso, sporgendomi in avanti per poter parlare direttamente con la sua coscienza.

«L'hai sempre fatto, non può cambiare tutto adesso.
Nonostante la sorpresa di quello che dici provare per me ti abbia spinto ad accantonare il problema.
Nessuna persona si dimentica tanto presto dei problemi del proprio passato, decidendo solo di vivere il presente. Solo un pazzo.»

Ma al termine del mio discorso, dentro i suoi occhi noto quel lampo concupiscente che ha solitamente dinanzi una nuova idea. Ad oggi mi porta a credere che possa possedere sul serio, in sé, una brama parente della follia ma pare che Francis voglia donarci tutto il tempo necessario per decidere di scoprirlo assieme.

«A quanto pare sei molto confuso e ancora non ti fidi. Farò in modo che non sia così, me lo sono promesso da tempo, ma una volta che ti avrò convinto non avrai via di scampo. Dovrai amarmi sul serio, Rais, perché non accetto vie di mezzo. Da quel momento in poi impareremo ad essere davvero felici.»

Vengo privato di tutte le mie armi sfoggiate con grinta, durante tutto il mio tentativo di difesa, a causa di queste sue ultime parole e del suo riprendere a incedere lento, per arrivarmi ancora più vicino. I suoi occhi si calamitano alle mie labbra e prima ancora di pensarlo le separo appena, permettendogli l'approccio di un bacio.
Francis fa lo stesso, avvicinandosi, sempre più lento.

Nell'aria avverto il profumo del nostro bagnoschiuma e l'odore della mia incoerenza, che traveste la paura. Ha ragione a dire che provo terrore nel percepire d'amare ma non posso fare altrimenti, ed ho davvero bisogno di un suo gesto forte.
Al contempo, poi, necessito anche della dolcezza della sua bocca perché lungo il corpo provo ancora la sensazione di venire accarezzato dalle sue mani.

Finalmente vicino a sufficienza, inclina il viso e lascia accostare le nostre bocche che in un attimo si sfiorano appena, lasciando scaturire un prurito sul mio labbro superiore.
Pronto a ricevere qualcosa di migliore, come la sua lingua, mi spingo stavolta io in avanti nel tentativo di trovarla ma vengo raggiunto, per prima, da una distanza superiore.
Il vuoto mi abbraccia ed il volto di Francis si fa più lontano.

Mi stava provocando. Non cede alla mia richiesta di un bacio, ed io mi sento arrabbiato e stupido dinanzi il suo sorriso.
Tenta di stemperare il mio umore con una carezza lenta lungo la mia guancia destra che poi scende, ancora, ad incontrare il mio corpo.

È in grado di calmarmi solo per un primo momento perché poi mi infiamma di nuovo.

Non avrò niente, avendo generato questo moto di protesta, perché Francis sta per uscire di casa, consapevole già di aver trovato un modo per farmi confermare lo smisurato amore che provo dentro.

Solo per un attimo temo che possa averlo scovato sul serio.

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******

Nel più completo silenzio che mi offrono solo queste ore di luna emergente e la solitudine riesco a riflettere su quanto il mio cuore, ed il mio corpo, stia cambiando.

Subisce l'influenza della sua presenza con tanta assuefazione, ormai, da non farmene nemmeno più accorgere. Per cui non penso a dove Francis possa trovarsi, al momento, mentre tenta di cercare le nostre risposte ma come una parte di me, in realtà, nemmeno se le aspetti.

Quella parte lo ama profondamente e rappresenta l'incoerenza, l'anima che sto tentando di tenere al guinzaglio ma che biascica il suo dissenso dal momento che il mio corpo si sente così.

Il bacio mancato di questa mattina mi ha provocato fastidio per tutto il giorno, sinonimo di bisogno.

Vorrei lui, qui, vicino a me. Al diavolo ogni richiesta.

Avverto la tensione e l'eccitazione fondersi insieme in una contrazione dei miei muscoli così come in un profondo calore, all'altezza dei reni.
Lo voglio. Ho bisogno di lui.
Me lo dice la rigida pressione tra le gambe ed il cuore che batte furioso, al pensiero dei suoi occhi.

Sollevo la mano, toccando il petto solo per soffermarmi negli stessi punti che lui stesso aveva accarezzato ma vicino all'elastico dei pantaloni la allontano alla svelta. Toccarmi allevierebbe la pressione ma non metterebbe da parte l'esigenza che solo lui può acquietare.

Nemmeno ricordavo più cosa significasse avvertire un batticuore simile: ne ho avuto indietro uno sbiadito ricordo il primo giorno che ci siamo trovati faccia a faccia, ma ora è tutto diverso.

Ora sollevo la testa di scatto ad ogni suono che proviene all'esterno, da ore ormai, pronto al suo ritorno per poi finire ad avere l'aritmia sul serio quando le chiavi entrano nella serratura del piano di sotto e ruotano lente.

Scendo di colpo le scale, trovandomi di fronte a lui nell'istante esatto in cui la porta si spalanca favorendogli l'ingresso.

Occorre solo il tempo alla sua testa di sollevarsi per potermi trovare qui, immobile ad aspettarlo.

Nel chiarore della notte è ancora più bello con la sua pelle pallida e quegli occhi smeraldo, i capelli neri in tono con le ombre. Ha l'espressione fissa ed è a me che è rivolta. Persino quando compie quei pochi passi che gli consentono di entrare e di chiudersi il portone alle spalle.

Decide di precedermi lento, lungo le scale, nel più completo silenzio ed io lo seguo ad una breve distanza per poter giungere con lui nel soggiorno.
Vicino al divano si sfila lento il cappotto, per poi lanciarlo sullo schienale come mossa finale.

Seguo l'incedere dei suoi scarponi in nera pelle appena consumati, raggiungendolo nella camera da letto.

Non ho il coraggio di sollevare il viso per tornare a fissarlo ma lui mi obbliga, posandomi una mano lungo la guancia e mantenendo il pollice sotto il mento così da tirare su la mia fronte.

Trascorre solo un attimo prima che mi spinga a retrocedere, ritornando contro una di queste pareti grigie e donandomi il bacio che ore fa mi era stato negato.

Con la lingua mi rivendica. Gioca con me a lasciare l'altro senza fiato.

Non posso resistere ancora per molto per cui mi allontano e mi stendo sul letto. Gli abiti nemmeno li tolgo nella speranza che me li levi lui ed impazzisco del tutto, il secondo dopo, non appena viene a stendersi su di me, riprendendo a baciarmi.

Avverto la pressione dei suoi muscolosi fianchi contro i miei, così come l'ampiezza del suo torace quando si accosta al mio, nascosto sotto il maglione verde scuro di lana, e mi accorgo di non avere mani sufficienti per trattenerlo e accarezzarlo. Rivendicarlo anche io perché è la sola cosa che voglio. Cosa importa se rimarrò ferito: per quello che provo ne vale la pena.

«Come poteva intorpidirti un calore del genere? Io sento solo la voglia improvvisa d'amare.»

Lo sussurra contro il mio orecchio, ed in un primo momento non capisco. Poi scatto, rigido, sollevandomi appena contro lo schienale e sgrano gli occhi. Francis mi osserva di rimando e di colpo ad agitarmi dentro è una strana mescolanza di sensazione che non riesco a scorgere.

Sollevo la manica del suo maglione con mani tremanti, preso dalla paura e dal desiderio che non abbia fatto una sciocchezza simile. Nessun problema nella manica destra, quindi provo nell'altra.

Pazzo. Ecco che cos'è. Un povero e semplice pazzo che si riceve i miei occhi terrorizzati addosso, perché nonostante la sua precisione i segnali sono piuttosto evidenti.

«Se te lo stai domandando, sono andato da Oliver e lui mi ha offerto l'eroina proveniente dalla tua merce. Non potevo chiedere di meglio.»

«Quanta» sibilo, arrabbiato con lui e con me stesso.
Francis sospira.

«Nonostante la mia triste offerta il giorno in cui ci siamo conosciuti, ammetto di conoscere l'importo del giusto dosaggio per non creare dipendenza. Inoltre, è un fattore mentale: non avrei mai toccato questa roba ma l'ho fatto capirti meglio, Rais, per essere connesso interamente a te, come prima avevo paura di fare.»

Sì, il cuore mi batte come un tamburo nel petto ma non so se per amore o per paura, perché provo la seconda delle due in quantità insolita. Avverto il terrore che qualcosa possa andare storto, che possa farsi male, e prima d'ora non ho sentito niente del genere per le persone alle quali offrivo la merce.

A volte per Oliver, ma giustificavo il suo dolore dal momento che era parte del mio. Ma Francis no... Francis no, vorrei tirarlo via, vorrei che non l'avesse mai fatto per quanta sia stata sua la scelta e mia la merce.
Non lo avrei mai voluto, eppure lui pare convinto mentre fruga nelle sensazioni della sua anima, a caccia della mia.

«Ora capisco cosa ti abbia spinto a tanto, ma questo calore è strano, Rais, almeno quanto te» sussurra nella stanchezza, con la lingua che batte lenta contro il palato ma con lo sguardo concentrato di chi, ancora, è deciso nelle proprie idee.

«È incoerente» mi dice «ti può regalare l'apatia, è vero... eppure allo stesso tempo è come se ti circondasse in un abbraccio d'amore che ti culla. Sei tutto questo, Rais, sei negazione e pieno consenso ma la parte di te che nega, che si rifugia in questa roba per poter scappare, non mi piace, perché non è parte di te. Ma io ora lo sono, ho fatto questo per esserlo. Nemmeno con il mio amore morto mi sono spinto a tanto... mi capisci?... io odiavo, immensamente tanto, tutto questo ma per te l'ho abbracciato. Voglio che tu lo capisca perché per me è importante...»

La postura del mio corpo ci ha costretti alla distanza ed è tramite l'avvicinamento del suo che viene annullata.
Con la bocca, ancora mi cerca, e sulle labbra pronuncia la sentenza che mette fine a tutto ciò che abbiamo passato. Per cui abbiamo, invano, lottano.

«Sei importante per me, Rais. Sei importante.»

Cosa può fare un figlio del vento non appena si trova a posare, per la prima volta, i piedi sulla stabilità di una nuova terra?

Può solo cedere a quella promessa. Capire di aver raggiunto la propria destinazione ed abbracciarla, come sto facendo adesso, baciarla, perché non può esserci niente di più bello.

L'amore ha un paio di occhi verdi ed un cuore disposto ad ascoltare, fino all'inverosimile, un ragazzo che nella vita non era mai stato visto né udito ma che si trova ad essere, di colpo, completo.

Non può esserci migliore meraviglia e maggiore fiducia, adesso.
Perché, proprio come ha detto questa mattina lui, ora ci spetta solo un compito: imparare ad essere, finalmente, felici.

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