Fu così, che ti raccontai una storia...
Stavamo camminando, la casa era completamente deserta, ci eravamo solo noi due e stavamo ridendo; le nostre risate si potevano udire ovunque, passavano tra le mura e alleggerivano l'atmosfera cupa e inquietante della notte. Stavamo parlando di cose sciocche, gli argomenti erano pochi e poi, nonostante la nostra amicizia, era difficile parlare di cose serie, non perché non ci fidassimo l'una dell'altra, anzi, era solo e semplicemente la consapevolezza di non poterci capire a vicenda, quindi ridevamo per non piangere. Lei però non la pensava come me. Improvvisamente crollò, le ginocchia le cedettero, cominciò a singhiozzare pesantemente, cercava di coprirsi la bocca con le mani, ma non funzionava... le lacrime le bagnavano il volto. Io mi fermai a pochi passi da lei, il viso mi si scurì di colpo, sapevo cosa stava succedendo. Non mi misi a fare una scenata da film, in cui la migliore amica si catapulta per terra preoccupata e continua a chiedere :"come stai?!", no, non lo feci, anzi, mi voltai e sorrisi. Non sono mai stata brava a consolare le persone, mi è sempre stato difficile comprendere i sentimenti di coloro che mi circondano, non sono come me, non ho mai incontrato qualcuno come me. Mi sedetti sul legno a gambe incrociate, lei mi guardava con quegli occhi pieni di dolore che mi ricordavano me stessa, solo che non capivo il motivo per cui piangeva. - I miei genitori... stanno divorziando- sussurrò, in preda alla disperazione. "Ah" pensai, passandole una mano sui capelli per cercare di calmarla. Improvvisamente mi venne in mente un'idea, la misi in pratica pur sapendo che si sarebbe arrabbiata con me per le mie parole. - Ti posso raccontare una storia?- le chiesi; lei annuì senza troppi giri di parole. Presi un respiro profondo. - C'era una volta, una bambina, che amava tanto il suo papà. Voleva bene anche alla mamma, certamente, e anche ai fratelli, ma come amava suo padre, non amava nessun altro. Un giorno il padre però, morì e per la piccola fu un duro colpo. Improvvisamente capì cose che altri avrebbero appreso più tardi. Capì che l'amore non è per sempre, è solo un momento di felicità che svanisce, capì che niente nella sua vita sarebbe durato in eterno, che sarebbe stata triste, capì che le persone non mostravano i loro veri sentimenti, capì che non avrebbe mai più visto sorridere la persona a cui voleva più bene in assoluto e infine capì che non avrebbe mai amato nessun altro allo stesso modo. Con il tempo la bambina divenne una ragazza e cominciò a capire come funzionava il mondo, cominciò a capire che era solo una goccia d'acqua nell'oceano e che sarebbe stato difficilissimo trovare qualcuno che amasse lei e la sua voglia di abbracciare, poi però comprese anche che amava gli abbracci perché gli ricordavano quelli del suo papà e che continuava a fare l'idiota solo per far sorridere le persone, perché non poteva più far sorridere il suo papà e così la ragazza divenne una persona che sorrideva e basta, che continuava a sorridere nonostante le avversità e nonostante le lacrime, divenne una persona con moltissime maschere, non seppe più riconoscere quale delle sue molteplici personalità fosse quella originale e poi arrivò il momento peggiore, cominciò a chiedersi come sarebbe stato se non avesse perso una persona tanto amata, se sarebbe stata una persona migliore, più solare e capace di ridere di gusto senza mai guardare il lato tetro della situazione, arrivarono i rimpianti e i dolori al cuore, le lacrime per piccolezze che si accumulavano ed esplodevano, arrivò tutto il dolore che aveva già provato. Poi, in una delle tante notti in bianco, si ripromise che nessuna delle persone a cui voleva bene avrebbe sofferto allo stesso modo, per lei non c'era stato nessuno a tenerle la mano, ma lei ci sarebbe stata per tutti gli altri. Fu così che cominciò ad appropriarsi del dolore degli altri, sapendo di poterne sopportare il peso, sapendo che lei, sarebbe stata in grado di alleviare le sofferenze altrui. Anche se non era brava a consolare le persone, era sempre presente ed era certa che fosse abbastanza, e anche se gli altri non lo capivano, andava comunque bene, perché era sicura che avrebbero capito poi, quando lei non ci sarebbe più stata- le afferrai la mano, aveva smesso di piangere, era concentrata solo e solamente sulle mie parole. Le sorrisi ancora una volta. - Parlami, mi prenderò io il tuo peso, non preoccuparti, mi dicono in tanti che ho le spalle larghe, forse non sanno nemmeno quanto- lei si accasciò tra le mie braccia, cominciando a sputare fuori tutto quello che provava, senza trattenersi nemmeno per un istante. Io continuavo a sorridere, con gli occhi chiusi, ascoltando le sue parole e passandole una mano sulla schiena per rassicurarla.
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