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Prologo

Corse, corse ancora. I capelli biondi fluttuavano nell'aria, scompigliati dal vento.
Il suo petto venne scosso da una risata leggera, limpida come l'acqua del torrente a valle.
Respiri affannosi le uscivano dalle labbra rosee e piene, così simili al bocciolo di un fiore dell'alba.
Le sue braccia magre, allargate come a voler spiccare il volo, sembravano danzare nell'aria calda, il vestito marrone le avvolgeva il corpo.
Il vento le sferzava la pelle, come a ricordarle che era viva e libera di esistere.
Allungò le mani davanti a sè, e osservò come la luce del pomeriggio rendesse la sua pelle pallida più rosea, in controluce.

Stava ancora correndo. Le foglie a terra scricchiolavano e sembravano appoggiare la corsa di lei, rendendosi morbide e fresche al contatto con i suoi piedi nudi.
Il fiatone non la fermava, anzi la induceva ad andare ancora.
La sua risata di giovane risuonò ancora cristallina nell'aria, perdendosi tra le foglie della foresta che lieta la accolse.

Voltò la testa verso destra. Ecco Rhyn, il cervo della foresta, che la precedeva nella corsa.

Diana era sempre stata la migliore delle sue sorelle, nella corsa. Amava sentire quella sensazione di indipendenza. Dentro di sè, aveva sempre sentito quel bisogno, il bisogno di essere libera. E dove poteva esserlo, se non nella foresta?
Ogni volta che correva, ogni volta che il vento le sussurrava di andare più veloce, si sentiva più viva.
Daphne, la sua amata sorella, aveva il dono del canto. Ogni volta che le parole dolci delle sue canzoni giungevano alle orecchie umane, accadeva una magia.
L'ultima delle sue sorelle, non per importanza, era Giunone. La più saggia, la più giusta, la più grande. Era grazie a lei che vivevano felici. Le aveva salvate più volte dalle insidie del mondo esterno.
Giunone, Daphne e Diana. Diana era la più piccola, Giunone la maggiore.
Vivevano nella foresta da tempo immemore, si prendevano cura della natura e di loro stesse.

Diana era veloce e leggera come il vento. Si voltò un'ultima volta a guardare Rhyn.
Tutto ad un tratto, la fanciulla si fermò. Era giunta alla barriera.
Giunone, maestra più di lei e Daphne nella magia, l'aveva creata per proteggerle un paio di secoli prima. A testimoniarla c'era solo una linea che la maggiore aveva fatto nel terreno. La magia impediva alle foglie di coprirla, e ai piedi di calpestarla.
Non era un muro. Era un confine.

Gli umani, una volta sorpassata quella linea, venivano assaliti da una confusione che si insediava sin dentro al più remoto angolo della loro mente. Si perdevano e, ignari dell'esistenza delle tre fanciulle, vagavano per la foresta, finché Giunone non gli permetteva di ritrovare la via.
La sorella era potente, e scaltra.

Diana si voltò, e guardò Rhyn quasi con rimpianto, mentre il cervo possente oltrepassava la linea senza un battito di ciglia.

«No, Rhyn. Non è sicuro di là.» disse Diana al cervo. Le sue parole risuonarono melodiose, nella lingua della foresta. Era una lingua fatta di sussurri, fatta di respiri. Quando una delle tre sorelle parlava, la sua voce risuonava come amplificata dalla foresta.

«Vieni qui, Rhyn. Giochiamo ancora un po'...» pregò ancora la ragazza.
Allungò una mano verso l'animale, che la guardava con imperiosa calma ad un metro dal confine.
Diana si guardò indietro, timorosa di trovare Daphne, o ancora peggio Giunone, ad osservarla.
Poi, fece un piccolo passo e, quando il suo piede destro toccò il terreno al di fuori della barriera, trattenne il respiro. Riusciva ad avvertire l'assenza di magia anche solo sfiorando la terra dall'altra parte.
Si morse il labbro.

«Ora vieni qui.»

Il cervo si avvicinò lentamente, seguendo la mano della fanciulla.
Diana lo guidò all'interno della foresta, al sicuro. Gli accarezzò il muso, poi le corna che la sovrastavano in altezza. Lo guardò negli occhi enormi e scuri, così diversi dai propri eppure così familiari.
Diana sapeva bene che Rhyn era l'essenza della foresta. Sapeva bene che il cervo era molto saggio, che era lui a consigliare la stessa Giunone, alle volte.
Il suo manto era lucido e morbido, così bello.

«Dai, Rhyn. Andiamo.»

Diana lanciò un'ultima occhiata al mondo di fuori. Era ancora foresta, apparentemente uguale a quella dove vivevano loro. Ma priva di magia. Diana faceva fatica a pensarci.
Cosa poteva essere la vita senza la magia?

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