Capitolo 1
Giunone guardò meglio il cielo, dalla sequoia su cui si era arrampicata. Il suo vestito, che le arrivava fino alle caviglie, non le aveva dato problemi, così come i suoi lunghi capelli castani. Lei e le sue sorelle erano aggraziate per natura.
Scrutò ancora la volta celeste. Quel giorno le stelle sembravano brillare di meno. Tutte le costellazioni erano ben poco visibili. Attraverso esse, la fanciulla riusciva a prevedere il futuro. Non le appariva un chiaro quadro di come la vita sua e delle sue sorelle sarebbe andata, ma poteva avvertire se qualcosa fosse cambiato.
Secoli prima, gli uomini le avevano chiamate ninfe. Questo perché una volta Giunone si era mostrata ad uno di loro, in tutta la sua bellezza di immortale. Le sue sorelle sapevano ben poco del mondo esterno. Si era personalmente accertata che fosse così. Era pericoloso, là fuori. Era pericoloso e pieno di falsità, e lei sapeva che le sue ingenue e pure sorelle, Diana in particolare, non avrebbero potuto reggere il confronto con il mondo. Esso era diventato corrotto e avido durante il tempo, per colpa degli uomini che lo abitavano.
Un tempo era un così bel pianeta... La natura cresceva e dominava, non era costretta dall'ossessione umana di voler controllare ogni cosa.
Le ninfe non erano così. Loro sapevano che c'erano cose che non si potevano spiegare, come la magia che illuminava le loro vite. Ognuna di loro era l'incarnazione di essa.
Una nuvola passò, scoprendo quella che le ninfe chiamavano la costellazione delle Cleopi.
Giunone aggrottò la fronte. C'era qualcosa di strano nelle stelle quella sera. La loro luce sembrava volerla avvertire di qualcosa. Fu solo quando un'altra nuvola di passaggio oscurò una parte della costellazione del Metarpo, che la fanciulla capì. Spalancò gli occhi. Non era possibile.
Diana sedeva tranquilla, sotto un albero, ascoltando Daphne. La sorella stava cantando una canzone meravigliosa. Accanto a lei, Rhyn sedeva composto e fiero, come era suo solito. La ninfa lo guardò meglio. Conosceva a memoria i suoi lineamenti perché, mentre gli altri animali (gli uomini compresi) prima o poi morivano, lei, le sue sorelle e Rhyn non avevano tempo. Certo, l'immortalità non è affatto bramata da molti, ma quando sei felice non invecchiare è quasi come un prolungamento del tuo benessere. Non che per lei e le sue sorelle loro stesse fossero la cosa più importante. Prima di tutto veniva la natura. La natura, e il suo essere così perfettamente imperfetta.
I lunghi capelli rossi di Daphne sembravano vivi, così simili alle fiamme, lisci e fluenti. La luce delle fate, appollaiate sugli alberi, la accompagnava. Esse erano delle piccole creature che vivevano di notte. Emanavano una luce calda che anche le ninfe potevano produrre senza problemi, ed amavano sentire Daphne cantare. Le sue melodie attiravano chiunque avesse il senso dell'udito. La fanciulla aveva il dono della voce, e del crepuscolo, aveva potere sull'acqua che scorreva nei fiumi e nei ruscelli della foresta.
Giunone, invece, era maestra di saggezza, conosceva le stelle ed era potente di notte. Aveva potere sulla terra.
Mentre Diana, possedeva il dono della velocità e della verità, capiva quando qualcuno mentiva. Era buona come nessuno, ed aveva il controllo dei venti e della luce. Era la più inesperta e pura, potente durante l'alba e il giorno.
Proprio quando la canzone di Daphne fu finita e lei ne ebbe cominciata un'altra, Rhyn girò la testa verso un'ombra tra gli alberi, che si avvicinava. Diana non si preoccupò: sapeva che era Giunone. Poco dopo, infatti, la figura alta della sorella fece la sua apparizione nella radura. Guardava a terra e i suoi occhi blu erano celati di quella che Diana intuì come preoccupazione. E il suo intuito aveva sempre ragione.
«Cos'hai, sorella?» le chiese con la sua voce dolce, quando lei si fu fermata. Era in piedi, lo sguardo lontano tra gli alberi da cui era arrivata, le mani giunte.
Giunone non si voltò.
«Nulla, Diana. Va tutto bene.» rispose.
La sua figura, agli occhi di Diana, venne avvolta da un'alone scuro, e lei ne rimase stupita.
«Stai mentendo.» ne dedusse. Perché?
«Non mento.» disse Giunone. La sua figura si oscurò ancora. Perché lo faceva? Sapeva benissimo che la sorella sapeva quando qualcuno occultava la verità.
«Perché menti?» chiese ancora lei.
Daphne smise di cantare, per dedicare la sua attenzione allo scambio di battute tra le sorelle.
Giunone la guardò e sospirò.
«Ho letto le stelle, stasera.» disse semplicemente. Agli occhi di Diana, l'ombra che l'avvolgeva si schiarì un po'.
«Brutte nuove?» domandò Daphne.
«Sta per arrivare qualcosa di terribile.»
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