Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Valutazioni thriller pt.1

Le nostre recensioni per i partecipanti al concorso! La pubblicazione avviene in ordine del tutto casuale.

La classifica con i voti arriverà non appena finiremo di leggere tutto =)

Time-flies - Somewhere in Neverland - dialogo intenso

Si voltò a guardarla, frustrazione ed esasperazioneche gli montavano nel petto. – Perché mi stai dicendo tutto questo?

Gli occhi verdi di Michelle si incupirono, il suo viso perse ognitraccia di sorriso. – Perché sembra che ti stia dimenticando i valori alla basedell'Agenzia, il suo scopo principale. Sei troppo preso dai sentimentalismi perpensare al tuo ruolo e al ruolo dei tuoi agenti.

Lui serrò la mascella. – Sei venuta qui da Washington per dirmiquesto?

– Nonvoglio perderti, James, non voglio che tu perda il tuo posto, tutto il lavoroche hai fatto in questi anni... – La voce della donna si spezzò come vetro. – Seiancora in tempo per riparare al tuo errore, posso farlo io per te.

– Conosci la risposta – replicò lui cupo. – Non voglio che tu faccianiente, Michelle, assolutamente niente.

Tutta la calma stoica di Michelle Banks, quella suacompostezza affabile e infallibile, si sgretolò in un istante. – Sto cercandodi aiutarti! Perderai tutto se continui così. Non posso proteggerti per sempre,non se ti intestardisci così.

– Non ti ho mai chiesto di aiutarmi, né di proteggermi– sbottò lui. – Ho fatto le mie scelte e ne sopporterò le conseguenze, come hosempre fatto. Sai benissimo che non avevo scelta, non avrei potuto farenient'altro. E tu più di tutti dovresti saperlo.

Le iridi di lei, di solito magnetiche e taglienti, si velarono dilacrime. – No! Avresti potuto fare qualunque altra cosa. Non valeva la penarischiare tanto, mettere a repentaglio l'Agenzia e i tuoi agenti per un legamenato anni fa e ormai finito.

La gola di James era chiusa da una morsa di rancore edolore, tutto quello che aveva tanto voluto gridare al mondo ma che avevadovuto nascondere, seppellire per preservare le apparenze. – Gli devo tutto,anche la nostra amicizia.

 – È morto, James – Michelle adesso era vulnerabile come non era maistata, la sua armatura si era spezzata rivelando l'anima ferita che sinascondeva al disotto. – Non tornerà.

– Per colpa tua – sibilò lui e fu quasi in grado divedere la lama delle sue parole affondare nel petto della donna.

Queldolore però non la piegò, anzi. Michelle raddrizzò le spalle fissandolo drittonegli occhi con determinazione feroce. – Ho fatto quello che dovevo. Hoprotetto il mio Paese, ho fatto il mio lavoro. Le decisioni che dobbiamoprendere non sono mai facili, ma sono necessarie. Dobbiamo essere pronti a faredei sacrifici per difendere le persone che abbiamo giurato di tenere al sicuro.O lo hai dimenticato?

– Non mi pento delle mie scelte. So a cosa andavoincontro e l'ho accettato – dichiarò James ricambiando lo sguardo ardente delladonna. – E no, non ho dimenticato il giuramento che abbiamo fatto. Possoproteggere il mio Paese senza rinunciare a una parte di me stesso, senzarinnegare i valori in cui credo.

Ci fu uncambiamento minuscolo nell'espressione di lei, abbastanza perché diventasse piùdistaccata e fredda. – Dimmi allora, credi nella morte? E mi credi quando tidico che finirai per distruggerti con le tue stesse mani? La parte peggiore nonè questa però. Oh no, sarebbe troppo facile così.

Trascinerai giù anche i tuoi agenti, dal primoall'ultimo, rovinerai le loro vite per un tuo atto di egoismo. È questo quelloche vuoi?

James scossela testa, il peso di quella verità che gli opprimeva il cuore. – Perché citieni tanto? Non ci saranno conseguenze su di te, sarò io a pagare se qualcosadovesse andare storto.

– Perché so quanto gli volevi bene, quanto eri legatoa lui, ma anche quanto ti importa dell'Agenzia. Sto cercando di farti apriregli occhi per capire per cosa vale la pena combattere – rispose lei e aveva dinuovo il pieno controllo su di sé. – Preferisci batterti per un uomo morto oper il lavoro frutto di anni di fatica?

L'uomo strinse le labbra distogliendo lo sguardo. Erasull'orlo di un precipizio, lo sentiva. Ci si era avvicinato con ciecatestardaggine decidendo di andare contro tutti i protocolli e prendendo quellafatidica decisione e adesso era a un soffio dal precipitare. Avrebbe potutosalvarsi, sarebbe bastato fare un passo indietro, lasciare che Michelle sioccupasse di tutto e tornare a prendersi cura di scartoffie e missioni.Facendolo, però, avrebbe ucciso una parte di sé.

– Sai che posso sistemarlo in un attimo, mi basta unatelefonata e sarà tutto nel passato – mormorò Michelle in tonoaccondiscendente. – Solo una parola e questa storia finirà una volta pertutte.

Jamesdeglutì, il sapore salato delle lacrime che gli scendeva lungo la gola. Dicolpo, si sentiva esausto, stremato, avrebbe voluto chiudere gli occhi erestare a riposare lì, sotto le fronde delle sequoie, per sempre. – Non... nonposso.

La donna fece un passo verso di lui, poi un altro.C'era a malapena lo spazio di un respiro a separarli adesso. Lei alzò una manoper posargliela sul viso invitandolo a sollevarlo per guardarla.

Michelle Banks era davanti alui, una regina dai capelli dorati e gli occhi di smeraldo, una guerrieraimplacabile e astuta, l'unica persona al mondo ad aver conquistato il suocuore, pur senza saperlo.

– Lascia che sia io a prendermi questo peso – glisussurrò. – Non devi farlo tu.

Sentirela sua pelle a contatto con la propria, anche dopo anni, portava il suo cuorealla frenesia, lo faceva sentire di nuovo un ventenne sopraffatto da sentimentipiù grandi di lui.

– Che razza di leader sarei se non mi prendessi le mie responsabilità? –ribatté James guardandola negli occhi.

Michelle rimase in silenzio per un attimo. Il suorespiro gli sfiorava le labbra come il fantasma di un bacio. – Puoi essere...debole per una volta, ti è concesso. Hai commesso un errore, farti da parte locorreggerà.

L'uomoindietreggiò d'istinto sottraendosi al suo tocco. – No. Non era un errore. Eral'unica cosa da fare.

#GmS

Coinvolgimento emotivo: la tensione emotiva tra i due protagonisti è palpabile ed è composta da una serie di situazioni attuali e pregresse. Dall'estratto non possiamo sapere tutto ciò che intercorre tra i tre protagonisti, i due che parlano e il "morto", ma, invece che subirne passivi la mancanza, il modo in cui è gestito il dialogo riesce a incuriosire e invoglia a sapere ogni "mistero" celato nelle parole che abbiamo possibilità di leggere. Forse alcune frasi sono un po' troppo costruite (non intenderla in modo troppo negativo) a una prima occhiata, ma focalizzandoci meglio sui personaggi riusciamo a comprendere che in realtà non è così.

Grammatica e lessico: nessun refuso, la narrazione scorre leggera, veloce e intensa, seppur a volte un tantino ripetitiva nella scelta della costruzione delle frasi in qualche punto. Il dialogo è ben strutturato, i verba dicendi sono variegati e non manca la parte introspettiva. Unico consiglio, verificare quando è veramente necessario inserire "di lei, di lui", etc, perché non sempre sono indispensabili e, se non utili alla comprensione, si possono togliere, snellendo ulteriormente la fluidità della lettura. 

Originalità: nonostante non si riesca a comprendere appieno il trascorso e il contorno della scena, è innegabile l'originalità che si può intravedere non nel contesto lavorativo, bensì nel rapporto di potere tra i due. La donna, a quanto capiamo, è di grado superiore all'uomo e ha la possibilità di risolvere problematiche con conseguenze ipoteticamente devastanti per la carriera di James. Rimane inoltre assolutamente interessante il personaggio femminile inserito in un contesto così maschile.

AleP_14 - Invicta - scena di azione/adrenalina

Su richiesta dell'autrice, alcuni nomi sono stati sostituiti con X Y e Z per evitare spoiler.


Giorgio si mise a correre verso l'edificio principale sentendo il cuore in procinto di esplodergli nella gola, Alessandro lo seguiva mentre via radio ordinava agli agenti in appostamento di tenersi pronti.

La pioggia cominciò a scendere a scrosci violentissimi, il vento sferzava i rami degli alberi, producendo un sibilo selvaggio e sinistro.

Arrivarono di fronte a ciò che rimaneva della porta d'ingresso, l'abbandono e le interperie l'avevano ridotta a un consunto blocco di legno marcio che sbatteva inesorabile davanti a loro, vinto dalla furia del vento.

Giorgio si accostò alla parete di destra tenendo in pugno la pistola d'ordinanza e con un piede tentò di bloccare la macabra danza del vecchio infisso, in modo che Alessandro, dal lato opposto al suo, potesse scrutarne l'interno.

Il buio più totale li convinse ad entrare, Giorgio camminava in avanscoperta, mentre Alessandro gli copriva le spalle. Perlustrarono ogni angolo del pianterreno, percorrendolo in lungo e in largo, ma a ogni inutile passo compiuto, Giorgio poteva percepire Martina sempre più lontana.

Passarono poi al piano superiore, fino a ritrovarsi, in preda all'angoscia, nell'ultima stanza di quella dannata stamberga.

Giorgio si lasciò andare allo sconforto, appoggiando senza più forze la fronte sul vetro ancora intatto della finestra.

Fu in quel momento che vide la costruzione adiacente alla fattoria.

Il bagliore di un lampo la illuminò a giorno, come a volergli indicare il cammino.

Era quel casale a fare da sfondo nella fotografia che XXX gli aveva mostrato.

Tornò immediatamente lucido.

Strinse gli occhi per mettere meglio a fuoco la malandata cascina e questa volta, complice il buio, riuscì a vedere un leggero riverbero di luce, forse frutto di una candela accesa, illuminare appena una delle piccole finestre.

Alessandro giunse alle sue spalle in quel momento e quando Giorgio si voltò a guardarlo, il collega colse al volo il nuovo fuoco che bruciava nei suoi occhi.

Non ci fu bisogno di nessuna parola.

Insieme scattarono verso le scale.

L'avevano trovata.

***

Martina

- Ormai è tutto pronto... non posso più tornare indietro. – piagnucolò YYY, indicando con un cenno del capo il corpo esanime di ZZZ e del suo catatonico figlio.

Martina si affrettò a riportare la sua attenzione su di lei, prendendogli il viso tra le mani.

- Certo che puoi! Dimostreresti di avere ancora un cuore qui dentro... - sussurrò posandogli i palmi sul petto

- E io so che c'è... -

Ad ogni parola Martina indietreggiava in maniera impercettibile, fino a ritrovarsi a pochi centimetri dal cadavere e dalla pistola che giaceva dietro di lui.

YYY era ormai quasi vinto.

Lo sentiva arrendersi a ogni respiro emesso.

- Piccola... -

Martina si ritrovò improvvisamente avvolta nel suo abbraccio disperato e questo la colse alla sprovvista.

Rimase rigida per alcuni secondi, quelli che bastarono per riscuoterla e per farle capire che non poteva permettersi di sbagliare proprio in quel momento.

Rilassò le spalle e posò le mani, dapprima incerte e in seguito ferme e decise, sulla schiena del ragazzo.

Ascoltò il suo pianto e placò i suoi singhiozzi, prendendo parte a quel delirio straziante che lo divorava dal di dentro da troppi anni.

Assorta in quella triste considerazione, quasi non si accorse che uno dei due battenti della grossa porta in ferro, si stava lentamente schiudendo.

Sussultò quando intravide il profilo di Giorgio, seguito dalla pistola che teneva salda tra le mani... e capì che la situazione sarebbe presto precipitata non appena incrociò i suoi occhi.

Lesse sul suo viso il sollievo per averla trovata... sollievo che venne però presto sostituito da una rabbia cieca e feroce.

Rabbia per quell'uomo che aveva osato fare del male alla sua donna.

Una rabbia che stava per esplodere in tutta la sua devastante potenza.

Cercò di esortarlo, attraverso lo sguardo, a non intervenire. Con un cenno della mano gli fece cenno di aspettare.

Doveva fargli capire che aveva la situazione sotto controllo.

Ma Giorgio era completamente cieco.

Con un violento calcio spalancò la porta e puntò la sua arma.

Dietro di lui, Barzagli fece lo stesso.

- YYY! Lascia andare la ragazza e stenditi a terra! – urlò quest'ultimo.

Martina si ritrovò improvvisamente a compiere un giro completo su se stessa, con un braccio di YYY sotto la gola e la sua pistola puntata alla tempia.

Sentì le lacrime bruciargli gli occhi e il respiro venir meno a causa della pressione esercitata sul suo esofago.

- Ma guarda chi c'è! Martina, il tuo eroe è venuto a salvarti dal lupo cattivo! -

Era finita.

I demoni erano tornati ad annebbiare la sua mente.

- Lasciala andare immediatamente, o giuro che ti faccio un buco in fronte! -ringhiò Ferro.

- Rischiando di uccidere la tua innamorata? - scoppiò a ridere - Non lo faresti mai, non ne avresti le palle! -

Giorgio avanzò minaccioso di qualche passo e Martina concentrò la sua attenzione su Barzagli. Teneva la pistola puntata verso @@@, che improvvisamente sembrava essere riemerso dal momentaneo stato vegetativo in cui aveva versato fino a quel momento.

Era infatti girato verso gli Ispettori, in ginocchio, gli occhi sgranati e le mani intrecciate sopra la testa.

- Ma quale onore! Anche Barzagli qui per me! Hai trovato il regalo che ti ho lasciato a Livorno? – chiese YYY, facendo sì che Alessandro tornasse a concentrarsi su di lui.

- Ha sofferto molto, sai? Nello stesso modo in cui ha sofferto il tuo amico Daniel! -

Barzagli lo fissava con disprezzo.

- Mettete giù il ferro, o vedrete morire questo bocconcino davanti ai vostri occhi! – sussurrò poi YYY posando un bacio leggero sui capelli di Martina.

Quello che avvenne pochi secondi dopo, per Martina fu qualcosa di molto simile ad un incubo.

Confuso.

Irreale.

Ovattato.

Rallentato.

Le orecchie le fischiavano all'inverosimile.

Spari.

Si ritrovò trascinata a terra dalla stretta più flebile di YYY, che cadde a peso morto dietro di lei.

Voltò di scatto la testa verso la figura che incombeva su di loro e che raggiunse il pavimento dopo alcuni, interminabili momenti.

Si liberò dal peso di YYY e carponi avanzò verso Giorgio, che la guardava con occhi sgranati.

Barzagli corse nella loro direzione, constatò lo stato di salute dei due uomini, allertò i soccorsi via radio e le porse una mano per aiutarla ad alzarsi.

Ma lei non la vide.

Barzagli le parlava.

Le chiedeva se stesse bene.

Ma lei non lo sentiva.

Martina vedeva solo Giorgio.

Immobile, a due passi da lei.

Vide il suo volto diventare pallido e la pistola scivolare lenta dalle sue mani.

Come in una scena al rallentatore lo vide portarsi una mano all'altezza del petto, là, dove avrebbe dovuto proteggerlo il giubbotto antiproiettile.

Quel giubbotto che lui non aveva indossato.

Vide quella stessa mano tingersi di rosso e le sue ginocchia cedere...

L'urlo che uscì dalla gola di Martina andò a sovrastare il fragore della tempesta che continuava a imperversare all'esterno.

Giorgio Ferro cadde a terra senza mai staccare gli occhi dai suoi...

Giorgio

"Cosa senti per me, Giorgio? "

Il ricordo della domanda che Martina gli aveva posto solo il giorno prima, lo destò dallo stato di dolce torpore nel quale velocemente stava scivolando...

Non sentiva dolore.

I verdi occhi spaventati e pieni di lacrime della sua piccola guerriera, fungevano da balsamo per i suoi sensi.

Gli bastava guardarla, specchiarsi in quelle iridi colme d'amore per non pensare a ciò che gli stava accadendo.

Con le ultime forze rimastegli, allungò una mano verso il suo viso, asciugò le sue lacrime e le sorrise.

Era sereno.

Lei era salva.

Gli rimaneva un solo rimpianto.

Non aver avuto la possibilità di renderla felice.

Decise di provarci in quel momento...

- Q-quello che pr-provo per t-te... è qualcosa c-che va oltre due s-semplici parole... -

- Giorgio, non parlare! Rimani con me, l'ambulanza è qui fuori... andrà tutto ben... -

- Un ti-ti amo sarebbe ri-riduttivo... -

continuò posando un dito sulle sue labbra. - S-sei tutto per me... -

All'improvviso tutto divenne buio.

Martina non c'era più.

Il trambusto intorno a lui si acquietò, un senso di pace lo pervase e lui si lasciò andare...

#GmS

Coinvolgimento emotivo: la scena diventa in tutto e per tutto adrenalinica verso la fine, ma i punti di vista alternati aiutano il lettore a diventare onniscente, e la tensione si fa palpabile sia nella ricerca che i due investigatori fanno di Martina, sia nel tentativo di Martina di risolvere il conflitto con il killer, sia, alla fine, quando la situazione precipita. Come nella scorsa prova, ci sarebbe piaciuta vedere un'introspezione ancora più forte e soprattutto omogenea in tutta la scena, ma tutto sommato i contorni dei pensieri sono stati sufficientemente definiti.

Grammatica e lessico: lo stile è a volte troppo semplice. La paratassi è funzionale alle scene d'azione, ma crediamo che potresti spezzare a volte il ritmo così incalzante con parti più articolate. Ti consigliamo di verificare dove sia necessario scrivere il nome del protagonista, dove sia possibile eliderlo e dove si possa sostituire con un pronome, perché c'è una parte in cui la parola Giorgio è scritta più volte di quanto sia indispensabile. Questo tipo di ripetizione rende la narrazione un po' ostica.

Ci sono poi due refusi: "interperie" al posto di "intemperie";

Martina si affrettò a riportare la sua attenzione su di lei.→ Inizialmente pensavamo fosse una lei, ma tutta la declinazione degli aggettivi e dei pronomi successivi sono al maschile.

Per il resto, la punteggiatura ha qualche refuso e c'è un uso di virgole un po' superfluo, perché in certe frasi potrebbero essere sostituite da altri tipi, come ad esempio i due punti, così da variare un po'.

Originalità: per quel che si riesce a comprendere, l'andamento non è super originale e ricorda alcune puntate di Criminal Minds, e in generale di moltissime opere poliziesche, ma il colpo di scena finale tutto sommato ci ha stupite: si sarebbe potuto pensare nel leggere che la vittima designata sarebbe stata la ragazza di cui il protagonista ex playboy si era innamorato e che avrebbe dovuto convivere con quel lutto inaspettato e invece non è stato così.

JacopoNesti - I Signori delle ombre - scena di azione/adrenalina


«Elmar» disse con tono aspro Ella. «Cosa ci fa questa in casa mia?»

A quel punto Kühn riconobbe la Tomcat, la piccola pistola compatta datale da Freya, e riprese fiato.

«Dove l'hai trovata?» le chiese.

«Come dove l'ho trovata? È cascata dal tuo soprabito.»

«Scusami Ella, avrei dovuto avvisarti che avevo una pistola con me» fece scendendo dallo sgabello e rimanendo in piedi a un metro da lei. «Mi hanno imposto di portarla per questioni di sicurezza personale... Non la volevo neanche...»

«Sicurezza personale?!»

«Te lo giuro, è per sicurezza personale» ribadì Kühn allungando la mano lentamente per farsela consegnare. «Non sono uno che va a giro con una pistola in tasca. Non sono un cowboy.»

Lei lo fissò negli occhi per un istante, poi con una piega dolce della bocca smorzò la tensione. «Ok. Non ho paura delle pistole, ma se uno entra in casa mia con una di quelle lo voglio sapere. That's it. Perché in questa città ci sono troppe persone che girano armate, too many gunners, too many died.» "troppi pistoleri, troppi morti" e gli restituì la pistola, che lui mise nella tasca interna della giacca.

«Dai!» esortò Martensen. «Beviamoci sopra» e afferrò le birre che erano rimaste in mano a Sana.

Il primo giro di birre servì a cancellare l'ansia di quell'apparizione a sorpresa. Il secondo a dimenticarla completamente, conducendo i quattro per le spensierate traiettorie di aneddoti e racconti sapidi, conditi da risa e occhiate impregnate di complicità. Il terzo ad avvicinare le coppie per una conversazione che ormai declinava su una china scivolosa, dove al dialogo delle parole subentrava quello degli sguardi e infine dei gesti, via via più audaci.

Le dita di Kühn avevano iniziato con lo sfiorare un anello a Ella, poi le avevano accarezzato il dorso della mano, risalendo fino alla spalla destra e al collo, lambendo il lobo dell'orecchio. Dopo, come una cavalletta affamata, la mano era saltata alla volta del ginocchio, che le calze scure scolpivano di desiderio. Ripetuto più volte il periplo della rotula, come a sondare l'insorgere di eventuali tempeste, aveva preso il largo, avventurandosi a nord, verso il mare segreto di una donna.

Lei lo bloccò, giusto a metà viaggio. Ma solo per prenderlo per mano e condurlo nella sua camera al piano di sopra.

Il letto a due piazze aveva una trapunta porpora e una pira di cuscini di raso dello stesso colore, che Ella smantellò con una manata, prima di spingervi sopra Elmar, con l'enfasi di una scena da melodramma. Una volta disteso Kühn, la donna accese a volume basso lo stereo, creò una penombra propizia e iniziò una danza di denudamento per spogliare integralmente l'uomo e poi lei stessa, che rimase però in intimo nero e autoreggenti. Poi rimise i tacchi e dall'armadio estrasse del nastro adesivo, un flacone d'olio e una mascherina di pizzo che indossò appena voltata.

«I love games.»

Lui rispose annuendo, ammirando quel corpo sinuoso che gli ondeggiava davanti a tempo di musica.

La ragazza allora salì a cavalcioni sull'uomo e dopo averlo bagnato sulle labbra con un velo di saliva prese il nastro adesivo e con la sveltezza di un ragno gli legò entrambi i polsi alla sponda del letto. Lui le sorrise compiaciuto, con gli occhi sempre più sgranati, mentre adesso lei gli versava un filo d'olio sulle cosce e iniziava un minuzioso massaggio. Come il gradimento di Elmar si fece evidente, Ella abbandonò i quadricipiti per andare a lambirlo con misurati movimenti circolari, a tracciare orbite prima centripete poi centrifughe e viceversa.

Kühn osservava rapito la sua mano muoversi e quando questa si avvicinava al centro del suo piacere, il corpo aveva come un sussulto, quasi un invito a rompere gli indugi e passare all'azione, che lei sembrava invece dilettarsi a differire, per portarlo a una maggiore ebollizione.

Perciò quando Kühn sentì l'inchiodata di una macchina giù in strada, non pensò a nulla, né a un incidente, né alla sbandata di un ubriaco alla guida, né ai giochi notturni di qualche ragazzo annoiato. Niente. Puro rumore di fondo, insignificante in quell'istante di deliquio. Ma i passi di corsa su per le scale lo insospettirono.

Allora girò il collo a sinistra e guardò la porta che si aprì di colpo.

«Vanja!» urlò concitata e paonazza Sana, anch'essa mezza nuda. Rigurgitò una sequela di parole astruse. Kühn non poteva neppure capire se fosse russo o kazako, salvo un nome, quello sì, che la ragazza ripeteva come una forsennata: Vanja.

Chi cazzo è questa Vanja.

Ella guardò l'amica come guardasse un essere alieno piombatole in casa, che parlava un idioma incomprensibile. La sua attenzione fu però richiamata dal rumore di un'altra persona che correva per le scale. A quel rumore, Sana si chiuse la porta alle spalle, andando di corsa a schiacciarsi all'armadio sul lato opposto.

«Vanja!»

L'urlo di Ella riempì la stanza di angoscia e si incuneò nella testa dell'uomo, che sentì scatenarsi una danza confusa di spettri, immagini deformi, occhi stralunarsi fuori dalle orbite, sorrisi trasformarsi in fauci ferine.

Provò a spegnere quel tumulto di pensieri, dicendosi che non era certo la prima volta, nella sua vita, che aveva assistito a momenti d'ansia di una donna, visto le tempie palpitare, gli occhi gonfiarsi, il collo tirarsi in un nerbo, il petto arrossarsi. Le donne - ripeté a se stesso - si fanno travolgere dalle emozioni, tendono a viverle sulla pelle, che reagisce alla realtà senza filtri. Amano, odiano e patiscono con il corpo, la loro chiave per incastrarsi nel mondo. Dunque esagerano. La loro vita è esagerazione. Sì, la loro vita è esagerazione.

Esagerano. Esagerano. Esagerano sempre.

Ma quegli occhi cazzo! e realizzò che qualunque cosa fosse lui si trovava completamente nudo, in un letto di una sconosciuta. Con i polsi legati alla testiera.

Cazzo!

Provò a strattonare le braccia per liberarsi e solo il rumore della porta che sbatté contro il muro lo arrestò del tutto.

Ella si ritrasse all'indietro e cascò dal letto, sul lato opposto. Sana si rannicchiò.

Vanja entrò nella stanza come un ritorno di fiamma. Di un incendio scoppiato nel suo petto. 

Era circa un metro e novanta di ira furibonda, aveva una pistola in mano ed era un uomo. Ubriaco d'alcol e di rabbia.

Osservò tutta la scena come se vedesse dalla canna della pistola. Si soffermò su Kühn, sul suo corpo, sul sesso, poi lo guardò in viso e gli biascicò qualcosa, con la bocca impastata di bava e livore. Gli occhi cerchiati di rosso, sul punto di schizzare fuori dalle orbite, saettarono alla ricerca di Ella. E quando la scovò per terra, tremante, a fianco del letto iniziò a urlarle, agitando la pistola contro di lei, come se quelle parole, quei lapilli infuocati d'odio, fossero sparati dalla bocca di metallo, preludio di un lessico di piombo ormai apparentemente ineludibile.

L'ammazza. Ci ammazza tutti come cani, pensò Kühn.

Ma l'uomo si girò di scatto, accortosi delle implorazioni che Sana gli rivolgeva piangendo con le mani congiunte. Lui le rispose, lei replicò aggrappandosi ai suoi pantaloni. Lui cercò di scalciarla via.

In quel momento Kühn sentì che la mano destra gli veniva liberata dal nastro adesivo e voltandosi vide Ella armarla con la Tomcat.

Nooo!

Avrebbe voluto urlare per bloccare la ragazza. Ma gli occhi di Vanja lo sorpresero con la pistola in mano e un terrore folgorante travolse quell'uomo, che di scatto sollevò il braccio.

Il frastuono di tre colpi di pistola spaccò la notte, riecheggiando nell'intera strada.

Seguirono attimi di silenzio assoluto, come se quel frastuono avesse risucchiato ogni altro rumore, le urla di Vanja, i singhiozzi di Sana, anche l'aria nei polmoni per respirare. Il tempo stesso sembrava congelato, sospeso, incerto se proseguire o morire in quel luogo, dove una voragine si era aperta nella realtà, in quella stanza, in quei corpi. Uno dei quali era crivellato da tre colpi, tre fori, tre falle sul petto, che affondavano nel sangue la sua sagoma riversa sul pavimento, supina, con gli occhi e la bocca spalancati da uno stupore mortale.

Ella si avventò sul corpo di Vanja e dopo poco riprese a singhiozzare, scuotendo sconsolata la testa, ripetendo una nenia.

Kühn, liberatosi, afferrò per un braccio Ella.

«Chi era lui?»

«Il mio ex fidanzato» rispose lei con lo sguardo nel vuoto.

«Siamo finiti, fottuti» disse Sana in inglese a Kühn.

«Che cazzo dici?»

Lei lo guardò con gli occhi gonfi, arresi, devastati dallo sconforto.

«Vanja è uno dei nipoti del Presidente.»

«Quale presidente?»

«Il presidente, Nazarbaev. Il presidente della repubblica, cazzo! Siamo fottuti. Ora verranno a prenderci, ci prenderanno tutti, tra poco saranno qui.» Poi si alzò. «Dovete andarvene subito!»

L'uomo non se lo fece ripetere due volte e raccolti i vestiti scese di corsa al piano di sotto, urlando il nome del collega.

In pochi secondi la macchina dei due uomini lasciava la casa di Ella, mentre Kühn chiamava al cellulare Raymond per spiegargli l'accaduto e capire il daffarsi.

«Dovete lasciare subito il paese prima che la polizia dirami un ordine d'arresto.» Fu il suo responso. «Andate immediatamente all'aeroporto, verrò anch'io. Ci vediamo lì.»

Una mezz'ora dopo, quando il volo di Kühn e Martensen era appena decollato alla volta di Nuova Delhi, Raymond fece ritorno alla macchina nel parcheggio laterale dell'aeroporto.

«Come da programma» disse rientrando nell'abitacolo «gli uccellini impauriti hanno preso il volo.»

«Ottimo. Coup de théâtre perfetto. La sceneggiata del fidanzato ubriaco e armato è stata perfetta» gli sorrise Freya. «La pistola?»

Raymond si batté sulla tasca del piumino. «Recuperata.»

«Bene... Senti...»

Ma Raymond non sentì altro, perché Freya si bloccò all'improvviso.

Dal parabrezza anteriore, un primo faro di luce e poi un secondo iniziarono a rovistare nella macchina, abbagliando entrambi.

Freya sollevò una mano a pararsi gli occhi. «Ma chi sono?»

Raymond non fece in tempo a rispondere che un'asta luminosa si spostò sulla sua fiancata, fino concentrarsi sul finestrino del guidatore, dove indugiò per alcuni istanti, immobile, a disegnare un perfetto cerchio di luce. In quel momento sentirono colpire con forza il tettino, due botte ravvicinate.

«Bussano?»

«Non aprire» lo bloccò Freya.

Altri due colpi percossero il tetto della macchina.

«Temo possano perdere la pazienza... e non è...»

«Allora aspetta» intervenne Freya aprendo il beauty-case che teneva fra le gambe. «Tieni questa mentina in bocca, e scioglila con la lingua, senza morderla e inghiottirla. Hai capito?! Sciogliere senza mordere. Ne va della tua vita.» Lei fece altrettanto.

«Ne va della mia vita... Ma che roba è?»

«Fa come ti ho detto e basta. Le spiegazioni...»

Il palmo di una mano batté sul finestrino del guidatore facendo sussultare Raymond.
«Ora devo aprire per forza» disse, guardandola per riceverne conferma, che ottenne con un cenno della testa.

Come aprì la portiera due mani lo afferrarono sul petto per tirarlo fuori di peso e sbatterlo sulla fiancata della macchina.

Gli ci volle qualche istante per riconoscere nell'oscurità la scritta police, sotto un'altra più grande in cirillico, sulla divisa dell'uomo nerboruto che lo immobilizzava. Con la sinistra lo teneva a contrasto della macchina, mentre con l'altra mano gli perquisiva il piumino.

Trovò il portafogli che consegnò al collega. Poi la sclera degli occhi sembrò dilatarsi nel buio, farsi più bianca, eccitando anche il suo timbro di voce che richiamò il volto dell'altro poliziotto, mentre un ghigno compiaciuto gli attraversò la faccia.

Sollevò la pistola a esibirla sotto la lama di luce della torcia del collega.

«Big trouble» gli parve di capire a Raymond

«Big trouble» ripeté anche l'altro poliziotto, sorridendo e scambiandosi occhiate di divertita complicità con il collega, prima di eclissarsi dietro la macchina.

Tornò portando per un braccio Freya, che sospinse a fianco di Raymond, il quale, quando se la trovò accanto, capì che doveva tentare di stabilire un dialogo, e iniziò a parlare in inglese. Ma apparentemente attirò l'attenzione solo del poliziotto di fronte a lui, perché l'altro fece di nuovo il giro della macchina, riapparendo con il beauty-case in mano.

«Open» intimò alla donna.

«We can give you big money» provò a intromettersi Raymond.

Il poliziotto gli sorrise beffardo, come a non volersi precludere nulla, e si voltò a ritrovare gli occhi di Freya. «Open.»

Nella testa di Freya il suono di quell'ordine si tramutò in uno stridore, in un'ansia fiammeggiante, verticale e feroce, in una parola che annichiliva tutto il resto. Marburg-U. Il semplice pensiero che quei due tizi potessero anche solo maneggiare il cofanetto di Marburg-U e le altre sostanze del beauty-case la atterriva.

«Open» l'aggredì con una voce ancora più aspra il poliziotto.

Allora Freya fece un plateale gesto affermativo con il capo, per placare l'uomo in divisa, ed estrasse da una tasca interna un minuto mazzo di chiavi. Si inginocchiò quasi dentro il cono di luce della torcia che inscriveva il beauty-case.

Raymond vide ribaltarsi il coperchio, ma le mani di Freya, invece di ritirarsi per lasciare che la luce inondasse il contenuto, continuarono ad armeggiare. Quando le tolse ebbe solo pochi secondi per intravedere al centro della valigetta uno strano oggetto, che non sarebbe stato in grado di descrivere. Di primo acchito, l'avrebbe potuto scambiare per un giocattolo.

Come il poliziotto si abbassò con la torcia in mano per meglio ispezionare l'interno, quell'aggeggio fece saltare la sua capocchia in aria, che roteando a mezza altezza fece increspare la luce artificiale delle torce di una miriade di effimeri filamenti dorati. Minuscole, quasi invisibili, goccioline si sparsero a raggiera tutt'intorno.

Ma non fu che un istante.

Un attimo.

Perché immediatamente quel singolare spettacolo fu travolto dall'improvvisa e inopinata tragedia dei due poliziotti, che caduti di colpo a terra si dibattevano disperati, in preda a una concitazione forsennata, come se - pensò Raymond - un poderoso serpente costrittore, assolutamente invisibile alla vista, li avesse avviluppati fra le proprie spire e stesse lentamente soffocandoli.

Non impiegò molto quel serpente a risucchiarne il respiro vitale, scivolando via e lasciandoli finalmente immobili, due manichini di carne sull'asfalto di un parcheggio.

Raymond si chinò a tastare la carotide del poliziotto che l'aveva prelevato dalla macchina.

«È morto.»

Poi allungò lo sguardo anche all'altro. «Sono morti... Morti per davvero.»

Freya ricompose quel marchingegno e sventolò l'aria sopra il beauty-case, prima di richiuderlo.
«Lo so» disse alzandosi e gettando uno sguardo sdegnoso ai due cadaveri.

«Hanno trovato i turisti sbagliati da taglieggiare.»

#GmS

Coinvolgimento emotivo: in generale si avverte tensione, e la scena acquista velocità che ci coinvolge laddove è necessario. Ma, come per l'altro estratto, anche se in questo accade decisamente meno, il problema risulta essere l'aderenza tra il vocabolario ricercato e le situazioni presentate. Ci sono contesti e contesti, e per ognuno di essi ci sono vocabolari adeguati (anche quando ricercati). Ci spieghiamo meglio nella sezione grammatica e lessico.

Grammatica e lessico: il tuo vocabolario è davvero ampio e, a parte "frastuono" che si ripete a una distanza abbastanza breve, è praticamente impossibile trovare una ripetizione. Questo è sicuramente un punto a tuo vantaggio, ma a volte questa insistenza rende ostico il buttarsi a capofitto nella storia, e non per ignoranza, ma perché certe volte le parole che scegli non si adattano al contesto in cui le inserisci: se stai scrivendo una scena erotica (che poi l'intento non sia di eccitare è comprensibile) scrivere il periplo della rotula o movimenti con forza centripeta e centrifuga, ci fa sentire in un documentario di Quark piuttosto che in una stanza in cui si sta per consumare un atto erotico.

C'è un refuso (pira/pila). C'è un corsivo quando va lo stampatello (avrebbe) e in ultimo ti consigliamo di uniformare le frasi in inglese, che al momento sono in alcuni punti in corsivo e in altri in stampatello.

Originalità: ci sono almeno tre scelte a nostro parere decisamente originali. La prima è quella di giocare sul nome maschile che, per noi e per i protagonisti, è riferito ad una donna. Pur sapendo che Vanja in russo è un nome maschile l'effetto straniante dell'arrivo del mastodonte armato e pericoloso è piuttosto spaziante. In secondo luogo c'è il colpo di scena che ci mostra come i due, che pensavamo protagonisti, in realtà siano due pedine manovrate da qualcun altro. Infine l'arma che viene usata alla fine e di cui vorremmo conoscere meglio le proprietà letali. L'estratto parte dunque da una situazione che sembra già affrontata e poco elaborata, per poi intrecciarsi a ulteriori eventi e rivelazioni che rendono impossibile giudicare il frammento come privo di originalità. Complimenti.

Francesca_Albanese - Il Giallo Degli Occhi - Giulia, Julie, Juliet - dialogo intenso

"La tua telefonata di dieci giorni fa mi ha sconvolto. Vuoi deciderti a parlare oppure no?"

La pioggia batteva incessante sulle ampie finestre a golfo, mentre le luci del temporale illuminavano l'arredo antico e sontuoso di quell'enorme sala da tè.

"Ho il cuore stanco ormai" proseguì il vecchio guardandolo dritto negli occhi "non ci voglio giocare più ai tuoi giochetti".

David Cole non replicò per qualche minuto. Stava ripassando mentalmente il discorso che aveva provato e riprovato in quei dieci giorni.

"Per carità, David, non lasciarmi troppo sulle spine! Ti sembra il caso di torturare così un anziano signore?"

"Siamo soli in casa?" disse finalmente.

"Soli? In questa casa?!" ridacchiò. "E' più facile che un ricco entri nel Regno dei Cieli!"

"Non mi riferisco alle guardie e alla servitù"

"C'è anche un nuovo infermiere. Simpatico, ma deve ancora imparare l'inglese"

"Lei dov'è?" domandò cauto.

"Sta dormendo" rispose. "Nessuno udirà questa conversazione, puoi parlare liberamente"

David inalò più aria del dovuto e poi parlò. "Da quanti anni ci conosciamo, Jonathan?"

"Una decina, direi"

"E in questi anni mi hai sempre tenuto nascosto qualcosa"

"Ti ho tenuto nascoste molte cose. Sono un uomo pieno di segreti"

"Questo non ha giovato alla mia missione, né tantomeno alla tua cura"

"Forse io non merito di essere curato" sospirò.

"Allora perché in questi anni hai provato a..."

"Perché un uomo, David, deve pur credere che ci sia una speranza di salvezza da qualche parte". Un tuono fece tremare l'aria e quel tempismo perfetto sembrò divertire il vecchio. "Arriva al dunque, te ne prego. Quale dei miei segreti hai scoperto?"

"Jon, cosa succederebbe se ti chiamassi Mr. Weasel?"

Il vecchio si raggelò per un breve istante, poi riprese a sorseggiare il suo whisky. "Riapriresti una vecchia ferita. La cicatrice più grande che porto, per l'esattezza"

"So quello che hai fatto"

David Cole riportò con lentezza ed estrema precisione tutto quello che aveva scoperto.

"Ottimo lavoro, ragazzo mio. Come sempre, del resto". Jonathan non si sforzò nemmeno più di mascherare il tremolio della sua voce, già tradito, d'altronde, dalle mani che non sembravano più riuscire a portare il bicchiere alle labbra rugose. C'erano ancora tanti segreti che l'altro non sapeva, che nessun altro sapeva, ma quello solo era sufficiente a privarlo di tutto ciò che possedeva. "Da quanto lo sai? Da quanto tempo tieni questa carta in tasca per venire in casa mia a ricattarmi, eh?"

"Non è importante"

"Come l'hai scoperto?"

"Non è importante"

"Lo sa qualcun altro?"

"No"

Ci fu una breve pausa, scandita dal ritmo in crescendo delle gocce di pioggia che bussavano ai vetri e da un paio di tuoni distanti.

"Quindi, questo ricatto?" riprese Jon.

"Non lo chiamerei un ricatto. Un favore, piuttosto, da amici"

"Certo!" sogghignò il vecchio afferrando al volo la citazione, il riferimento al loro primo incontro, al loro primo accordo. Poi offrì il suo bicchiere per un brindisi.

"All'amicizia" disse David.

I due whisky si scontrarono e poi tornarono ai loro posti. Un Bowmore che aveva riposato per quarant'anni e che non aveva la minima idea del patto che aveva appena suggellato.

"Quanti soldi vuoi?" esordì con una ritrovata calma.

"Quanti me ne bastino per ricominciare da capo. Una cifra ad otto zeri dovrebbe fare al caso mio"

"Sai che non è un problema per me, potevi anche risparmiarti tutto il preambolo" commentò con la sua voce rauca. "Quindi vai avanti, David, che altro vuoi?"

"Voglio l'accesso a uno di quei macchinari di cui mi parlasti spesso. Voglio poterlo utilizzare"

"David, David, prenditi i tuoi soldi e vattene! Se il nome Weasel mi fa rabbrividire è proprio per colpa di quei macchinari. Avrei dovuto distruggere tutto"

"Invece li hai donati ad un altro ente privato, lo so bene. Qualcuno deve mostrarmi come utilizzarlo e poi il resto lo farò da me. La mia formazione professionale mi sarà decisamente d'aiuto"

Un altro lampo illuminò il volto pallido del vecchio e fece scintillare i suoi occhi, inariditi dall'età, dalle atrocità viste e riviste. "Io stesso pensai di ricorrere ad uno di quei macchinari. Considerai l'idea, più volte, ma non fui mai abbastanza coraggioso da metterla in atto. O, forse, abbastanza sciocco. Quando dici che vuoi ricominciare da capo..."

"Non voglio usarlo su di me, se è a questo che ti riferisci" confessò.

Jon sentì il sangue gelare. "Non metterti a giocare a fare Dio, David, non farlo. Non è un ruolo facile da interpretare"

"Non paragonarmi a te, Jon" aggiunse "io lo sto facendo per amore". Poi non disse altro, per la paura di aver detto fin troppo.

"L'amore è un sentimento pericoloso" commentò l'anziano signore "rende l'uomo debole, ma gli fa credere di essere potente".

"Grazie per la lezione". David non era certo lì in cerca di consigli, così come non vi era la minima possibilità di un suo ripensamento. Quel macchinario era la sua unica speranza.

"Su chi lo vuoi usare?" esplose il vecchio. "No, no, per carità, non dirmelo. Spero solo tu sappia che finirai per svuotare le tue prede di ogni goccia di vita"

"Fai quella telefonata" lo interruppe "e fai in modo che io riceva un invito ufficiale ad unirmi a loro. Domani mattina al più tardi".

"Perché pensi che accetterò? Credi davvero che mi freghi ancora qualcosa di tutto questo?" disse con quel dolore ormai cementato nel suo cuore stanco, riferendosi a sé e a tutto quello che lo circondava, di enorme valore ma di nessuna importanza.

"Ti importa di lei. Se ti succedesse qualcosa, di lei che ne sarebbe?"

"E allora perché pensi che non ti farò chiudere quella bocca per sempre? Mi basta una parola" ringhiò il vecchio.

"Jon, Jon, ti conosco da troppi anni. So quanto male c'era in te e so quanto tempo fa se ne è andato. Non torceresti più un capello a nessuno. Sei un agnellino che si è leccato le ferite da solo, disinfettandole di tanto in tanto con un po' di whisky"

Il vecchio rise, ma non poté contraddirlo. Finì il suo Bowmore e poi si rivolse all'uomo che aveva davanti, fissandolo in quei suoi occhi tanto puri quanto detestabili. "Spero che il tuo Dio ti perdonerà, David. Io per fortuna non ho mai avuto fede" concluse, con parole asciutte come terra al sole.

"Allora abbiamo un accordo?" chiese l'altro alzandosi. Aveva lasciato il bicchiere sul tavolo, pieno esattamente come quando gli era stato offerto.

"I soldi verranno accreditati sul tuo conto, in un paio di giorni al massimo" disse Jon alzandosi a sua volta. "Il mio commercialista si inventerà un valido motivo, non temere. Il testamento di un lontano parente defunto e senza eredi va sempre per la migliore. Ma nel tuo caso potrei dichiararlo io stesso come un regalo per i servigi che hai svolto per me in questi anni di splendida amicizia"

"E..."

"... E ti arriverà un calorosissimo invito, domani mattina al più tardi"

"Bene" replicò. Poi fece per andarsene.

"David!" lo bloccò. "Come posso essere sicuro che non mi denuncerai ugualmente? Sei un uomo dai nobili valori che ama la giustizia"

"Non preoccuparti per la tua incolumità, Jon. Tutto quello che voglio è quello che mi darai. Poi con te avrò chiuso" promise, consapevole di essere appena divenuto suo complice, di essersi incatenato all'albero maestro della stessa barca.

"Questa dovrebbe bastarmi come assicurazione?" domandò ancora il vecchio.

"La mia felicità, Jonathan, sarà la tua assicurazione"

Si strinsero le mani e poi David Cole lasciò quella casa.

#GmS

Coinvolgimento emotivo: L'impatto emotivo non è esplicitato dal fatto che tu ti sia soffermata sull'introspezione o sulla descrizione degli stati d'animo dei personaggi attraverso ciò che fanno e come lo fanno, ma risulta palpabile nei dialoghi, ben strutturati e tensivi, soprattutto nella seconda parte. Per focalizzare meglio l'attenzione del lettore ti consigliamo di aggiungere alcuni verba dicendi o piccole parti introspettive che aiutino nella comprensione della relazione emotiva che intercorre tra i due.

Grammatica e lessico: il lessico è adeguato al contesto e sufficientemente vario, tuttavia, come già accennato non ci sono grandi azioni ed è quasi tutto concentrato sulle parole, tanto da non esserci per vari scambi di battute nessun verbo a introdurle... e quando li usi sono più o meno sempre gli stessi. Cerca di variare i termini e di inserire gesti e toni di voce. Attenzione alla punteggiatura dei dialoghi: manca il punto fermo a fine frase dei discorsi liberi.   

Originalità: la struttura del discorso, con le sue ambiguità, è una tecnica narrativa già vista, eppure alcuni elementi disseminati tra le loro parole stimolano l'interesse del lettore: il mistero della macchina, la curiosità di scoprire chi stia proteggendo Jonathan e per amore di chi, invece, David stia chiedendo il favore. L'originalità in questo caso sta più nel modo in cui si utilizza il mezzo, che nel mezzo stesso.

Recensioni a cura di:

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro