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Valutazioni romance

Le nostre recensioni per i partecipanti al concorso! La pubblicazione avviene in ordine del tutto casuale.

La classifica con i voti arriverà non appena finiremo di leggere tutto =)

ArisFitzMaurice -  One, Two... & One-Two-Three-Four... - scena hot

Eravamo stati a cena, dopo il concerto, dopo averla raggiunta carichi di fiori per lei, di cui mi vergognavo come se fossi stato un ladro. Ci aveva accolto in camerino già cambiata: jeans e una camicia bianca dal tessuto leggero e con dei motivi floreali, ma dalla foggia particolare. Era semplice e bella, con ancora i capelli legati, poco trucco e una collana con un ciondolo al collo, unico vezzo di quella semplicità così affascinante.

Avevamo riso, le avevamo fatto i complimenti. Era felice, soddisfatta di sé. Era un piacere guardarla e sarebbe stato un peccato toccarla, come se una volta uscita dall'incantesimo prodotto dalla sua musica, potesse esserne sciupata, non più protetta dal mondo che le veniva incontro con le sue brutture, i suoi sbagli, le sue buone intenzioni che fallivano miseramente, tra cui potevano esserci anche le mie. Non era fatta di carne quella sera, non per me, o meglio non completamente.

Era bellissima e pura, ma guardarla me la faceva desiderare in modo disperato. Quella sua finezza, il suo candore erano l'afrodisiaco più potente che avessi mai sperimentato e la desiderai con tutto me stesso, nonostante mi sentissi imperfetto, a differenza di come invece io percepivo lei, e sebbene sapessi che il mio tocco avrebbe potuto sporcarla, forse corromperla, uccidendo il sogno di lei che avevo custodito per vent'anni. La sua pelle era un richiamo primordiale per i miei sensi, la mia destinazione ultima, la sua carne era come il polo opposto di una calamita, la mia, e ne ero attratto, fortemente attratto. La guardavo e lei mi ricambiava, i nostri erano baci, non sguardi.

Ero impacciato, mi vergognavo di volerla così tanto, perché non era solo ammirazione la mia, no. Era anche lussuria: la volevo carnalmente, la volevo possedere, come se averla potesse essere la garanzia che l'avrei avuta vicino a me per sempre.

Dopo aver impresso quel sigillo sulla sua carne, niente e nessuno avrebbe potuto dividerci. Era come se, grazie a lei sola, il sesso avesse riacquistato la sua magia antica, piena di potenza e significato.

Questo delirio mi rimbombava nella testa mentre me ne stavo zitto e serio, con l'aria incazzata a nascondere un'eccitazione furiosa, carica di desiderio; invece lei scherzava con Charlie, rideva alle sue battute, parlando di musica tra sorrisi e rilassatezza come se fossero stati due vecchi amici. Non le avevo ancora detto niente né l'avevo sfiorata per darle un casto bacio, ma era come se l'avessi baciata tutta per mezzo di quel magnetismo che c'era fra noi.

#GmS

Coinvolgimento emotivo: l'estratto è molto interessante e, a differenza degli altri che ci hai mandato, qui riusciamo a vedere quanto bene te la cavi con l'introspezione. Questo fiume di pensieri del protagonista ci cattura totalmente e, anche se non c'è nulla di fisico, non possiamo che rimanere catturate dal suo desiderio e dalle sue emozioni di fronte alla visione della donna che desidera. Interessante e stranamente coinvolgente, sia la modalità di scrittura che rapisce, sia la delicatezza e la grazia con cui si tratta l'argomento e, seppur non ci sia l'effettiva risoluzione della scena piccante, abbiamo così tanto coinvolgimento emotivo da stuzzicare l'attenzione e rapire l'interesse del lettore.

Grammatica e lessico: non abbiamo notato davvero nulla di fuori posto, questa volta le virgole sono sempre poste nel modo giusto e i periodi, che siano lunghi o corti, funzionano perfettamente. Sicuramente la brevità di questo estratto ha ridotto la possibilità di trovare errori, ma non per questo meriti meno punti. Il lessico funziona, è chiaro e diretto, e si adatta al contesto creato. Anche la narrazione scorre liberamente, senza vincoli, senza intoppi, proprio come i pensieri del protagonista: liberi di sprigionare tutto il loro desiderio ma solo ed esclusivamente nei recessi della propria mente.

Originalità: ci è piaciuto il fatto che il momento hot sia una fantasia del personaggio o, più che fantasia, sia trasmesso attraverso i suoi pensieri e le sue piccole azioni, sguardi e risate. Questo non riduce in alcun modo la carica sensuale che percorre questa scena. Inoltre, è stato bello poter leggere pensieri introspettivi così delicati, così volti a proteggere la purezza della donna, il suo fascino e la sua bellezza, senza esprimere volgarità. 

Bianca__Ferrari - Partita Doppia - scena hot

Prima ancora di aprire gli occhi so di non essere a casa mia. Il troppo familiare profumo speziato si fonde con quello muschiato di Abel. Sento che sussurrano tra di loro per non svegliarmi, ma non riesco a percepire le parole che si scambiano. E non posso certo ignorare la coscia sulla quale è poggiata la mia testa, né le mani che accarezzano le mie gambe nude.

Oddio, dove sono finiti i miei pantaloni?

Tenendo gli occhi chiusi, per non far capire ai due demoni che mi sono svegliata, passo leggermente la mano sulla pancia e constato, confermando la mia opinione, che non ho neppure la camicetta bianca che ho indossato quella mattina. Salgo lentamente e sospiro di sollievo quando sento la stoffa del reggiseno sotto le mie dita. Posso sperare di avere ancora gli slip, dopotutto. Me lo dimostra dopo poco la mano che percorre il limitare dell'elastico delle mie mutandine.

Bianche. Di cotone. Sono scandalosamente imbarazzata dal mio intimo così semplice e lineare.

Rimango in silenzio e ferma cercando di captare qualcuna delle parole che intercorrono tra i due fratelli. Non so cosa mi renda così arrendevole, se i brividi che percorrono ogni centimetro scoperto della mia pelle, se il piacere di sentire i miei capelli accarezzati dolcemente, se il fatto che non ho la sensazione che stiano approfittando della mia incoscienza o se semplicemente perché è ciò che desidero da quando ho incontrato questi due uomini.

Parlano troppo a bassa voce e riconosco solo il mio nome pronunciato un paio di volte, finchè quello di loro che ha i miei piedi sulle sue gambe non si alza e mi lascia sola con l'altro. Le carezze passano dai capelli alle spalle, dalle spalle alle braccia e a quando arriva vicino all'incavo del gomito non riesco a trattenere un brivido più forte.

"Guarda che lo so che sei sveglia" mi dice Abel con un tono di voce basso "Pensavo che avresti urlato svegliandoti mezza nuda nel mio appartamento. Ma ultimamente pare che tu sia un po' meno rigida rispetto ai confini del tuo corpo"

Le sue parole mi imbarazzano e sento il mio viso arrossire. Per fortuna in quella posizione credo non mi possa vedere.

"Sai, Cinnamon" continua "Credo che quello che è successo tra di noi sia stato estremamente eccitante e che dovremmo rifarlo"

Non posso credere alle mie orecchie, l'ha detto davvero? E se Caleb fosse ancora nella stanza e avesse sentito tutto?

Mi alzo di scatto e sento la testa girare e dolere lievemente, ma una volta dritta sento che sto molto meglio di prima. Un rapido sguardo alla stanza mi rivela che l'unica persona presente, oltre me, è Abel. Ha un paio di pantaloncini della tuta e sopra è a petto nudo.
Ha un torace ampio e solido sul quale mi viene voglia di appoggiarmi. E lo faccio.

Un attimo! Ma chi sono io? Cosa sto facendo?

Il suo braccio che mi avvolge stringendomi a sé mi impedisce di rispondere alle mie stesse domande. Continua ad accarezzarmi e a distruggere ogni mia difesa finché non mi sfiora il mento invitandomi ad alzare lo sguardo per incontrare il suo. Ha gli occhi verde chiaro, segno che la tempesta del sabato passato non ha lasciato segni permanenti nel suo stato d'animo. Le sue labbra si poggiano sulle mie e io non riesco ad oppormi, anzi, mi stringo ancora più a lui, che ne approfitta per tirarmi a cavalcioni su di lui. Continua a baciarmi e mi tiene ferma su di lui, impedendomi di ritrarmi quando la mia intimità entra in contatto con la sua erezione. Quando percepisce che smetto di combattere fa scivolare le mani sul mio sedere e lo stringe fino a farmi ansimare, poi mi invita a muovermi su di lui. Mi trovo a strusciarmi sul suo membro eretto e le sensazioni provate in piscina ritornano prepotenti, soprattutto quando mi sfila il reggiseno e comincia a baciare, manipolare, succhiare e strizzare il mio piccolo seno.

Con un movimento repentino, che mai avrei immaginato possibile, ribalta la situazione, portandomi sotto di sé. L'istinto che lo spinge ad essere così passionale spegne ogni mia resistenza e so già come andrà a finire se niente interromperà questo momento. Sto per fare sesso con Abel Cavendish e, anche se una parte di me continua a chiedersi dove sia suo fratello, sento che è ciò che voglio.

Con una mano mi sfila gli slip, facendoli scorrere sulle mie gambe. Fremo dall'imbarazzo e dall'eccitazione quando lui mi tocca proprio lì e mi sussurra "Adoro come reagisce il tuo corpo e sentirti così bagnata per me".

Non posso credere di essere la stessa me di pochi giorni fa e allo stesso tempo non riesco a credere di essermi negata tutto questo per così tanto tempo. Chi me l'ha fatto fare? I miei pensieri vengono interrotti da Abel che mi riporta a sé infilandomi un dito dentro e facendomi ansimare e tremare.

"Ti voglio" mi dice "Ti voglio adesso. E se mi dirai di no, non sarà mai più"

Dire di no? penso. Io non ho neanche la voce per dire di sì. Fai di me quello che vuoi, ma non chiedermi di risponderti.

Mi spingo contro di lui, dimostrandogli che sono pronta, che voglio che mi prenda, che desidero donargli tutta me stessa, che è l'unico uomo con cui lo farei. Se non consideriamo Caleb, mi ricorda la voce di Mary e stavolta non ho il coraggio di zittirla, perché ciò che dice è la pura verità.

Abel si scosta da me, tirandosi in piedi per sfilarsi i pantaloncini, sotto i quali non indossa nulla. Chiudo gli occhi non so se più imbarazzata per lui che guarda il mio corpo con avidità o per la sua nudità che mi attrae e mi spaventa allo stesso tempo. E' possibile che io possa contenerlo tutto? Mi farà male? Sentirò rompersi qualcosa dentro di me? Sto per scoprirlo così come sto per scoprire quanto possa essere bello. Perché dev'essere bello se tutti al mondo lo fanno e perché, penso, se sarà anche solo uguale o addirittura migliore di ciò che c'è stato finora dev'essere la sensazione più bella del mondo.

"Sei splendida" dice "Non devi vergognarti. Apri gli occhi e fammi vedere la tua anima"

Obbedisco e vedo che si è inginocchiato di fianco a me. Passa una mano lungo tutto il mio corpo e quando arriva alle caviglie mi tira e mi gira fino a trovarsi con il busto tra le mie gambe.

"Voglio assaggiarti" mi sussurra. E lo fa. Si china su di me e comincia a baciarmi tra le mie cosce aggiungendo umidità alla mia umidità. Infilo le dita tra i suoi ricci e, senza controllo, mi spingo contro la sua bocca. Sto per avere un orgasmo, lo sento, riconosco le onde di piacere che mi attraversano, sono le stesse che mi hanno provocato nei giorni scorsi. Se ne accorge anche lui e si stacca violentemente da me lasciandomi frustrata, finché non vedo che si sistema tra le mie gambe e che se lo prende in mano indirizzandolo alla mia apertura. Si muove contro di me strusciandosi come quando eravamo vestiti e mi porta di nuovo al limite del piacere e nuovamente si ferma. Mi sta forse punendo per i pensieri impuri che ho avuto, hai, sottolinea Mary, su suo fratello?

La risposta alla mia domanda non tarda ad arrivare quando sento che spinge contro il mio centro e si fa lentamente dentro di me. Caspita se brucia, è ingombrante e fastidioso. Lui percepisce che mi irrigidisco e si china per baciarmi, sostando dentro di me senza conquistare altro terreno. E fa bene perché i suoi baci hanno il potere di sciogliermi e di farmi scordare del dolore che stavo provando. Stimola in me l'urgenza di averlo completamente dentro e che i nostri due corpi possano collidere completamente. Mi faccio contro di lui e lui non si fa pregare, completando la congiunzione con una sola spinta che mi fa stringere i denti dal male. Si ferma di nuovo e lascia che mi abitui a questa terribile invasione, mentre mi guarda e mi sfiora il seno, le labbra, la pancia, i capelli. Aspetta che sia io a muovermi per cercare un sollievo e piano piano quel sollievo diventa piacere e quel piacere diventa emergenza e quando finalmente vengo mi sento grata all'uomo che è sopra di me per essersi preso di cura di me in questo momento così speciale.

Mi bacia e poi si alza in piedi sollevandomi e facendo in modo che i nostri corpi non si stacchino l'uno dall'altro. Ribalta le posizioni andando a sdraiarsi sul divano e lasciandomi sopra di lui. Il senso di fastidio è tornato, perché lo sento quasi nello stomaco, ma quando mi invita ad avvicinarmi a lui scompare all'improvviso. Mi aiuta con dolcezza a muovermi su di lui e riaccende la mia libido. Quando prendo il ritmo allontana le mani da me e le allunga sopra la sua testa tenendo gli occhi aperti per guardarmi. Mi vergogno di fronte a quegli occhi chiari che sembrano volermi mangiare e chiudo i miei per non cedere all'imbarazzo. Voglio continuare a fare quello che sto facendo senza dare spazio a tutti i pensieri che potrebbero farmi smettere. Sospiro di piacere quando riappoggia le mani sul mio seno e mi stupisco di quanto il suo tocco possa essere diverso da pochi istanti prima. Inarco leggermente la schiena e inspiro godendomi il momento ma, contemporaneamente, un altro paio di mani più delicate si appoggiano sul mio bacino e il profumo speziato di Caleb raggiunge le mie narici. Spalanco gli occhi e vedo due braccia che mi avvolgono da dietro, mi giro e non ho quasi il tempo di guardare quello sguardo color ghiaccio che le sue labbra raggiungono le mie e mi portano a perdermi in lui.

Anche se sento Abel muoversi sotto e dentro di me sono rapita dai baci e dalle mani di suo fratello e non riesco a pensare ad altro se non che vorrei sentirlo dentro di me. Mi tira leggermente i capelli per accentuare l'angolazione che gli serve per raggiungere la mia bocca e mi dice a fior di labbra: "Ti voglio Ginger".
Mugolo contro di lui e do il mio assenso alla sua perversione. Sono folle, sono ubriaca del suo profumo, sono una donna che non riconosco, ma tutto in questo momento sembra perfetto.

Passa ad accarezzarmi la schiena e mi spinge leggermente verso suo fratello. Quando spinge dentro di me il dolore è lancinante ma ci pensa Abel a distrarmi cominciando a baciarmi mentre Caleb attende che mi rilassi e che sia pronta ad accoglierlo. "Stai tranquilla, non ti farà troppo male, mio fratello è molto bravo in queste cose. Lasciati andare". E io obbedisco ancora e ancora obbedirei ai miei demoni personali, per sempre e per ogni cosa.

Caleb entra nel mio posto più intimo con delicatezza e determinazione, muovendosi in modo circolare per far cedere ogni mia resistenza fino a quando il suo ventre si scontra contro la mia schiena e io sono piena in ogni mio vuoto dei due Cavendish.

Si muovono ritmicamente dentro di me senza alcun inciampo o imbarazzo di essere così vicini, separati solo da un piccolo lembo di pelle. Li sento che si scontrano e si alternano e mi portano al piacere più estremo.

"Te l'avevo detto che era una brava cagnetta" sento dire alle mie spalle.

"Sì, ma la scommessa l'ho vinta io" risponde Abel.

"Non si era specificato quale verginità fosse in palio"

"Non ti tirare indietro, la Gran Torino è mia"

Non capisco cosa sta succedendo, ma quando apro gli occhi li vedo ridere tra di loro e mi stupisco del fatto che continuino a muoversi dentro di me mentre parlano in questi termini. Come possono essere così vili e malvagi? Cosa ho fatto? Ho dato tutto ciò che ritenevo prezioso a questi due demoni e ora non mi rimane più nulla. Non si fermano né io ho la forza di farlo mentre ascolto le schifose parole che pronunciano ignorandomi.

"In ogni caso questa è la numero duecentoventicinque o duecentoventisei?"

"Ti sei dimenticato di Rachel? E' senza dubbio la numero duecentoventisette"

"Entro quanto pensi che riusciremo ad arrivare a trecento?"

"Se la smetti di fare l'imbecille e di impuntarti sulle vergini neanche due mesi. Ormai chi è più vergine al giorno d'oggi?"

"Questa scema qui"

"Vergine vergine e intanto è qui che si fa sbattere da entrambi"

"Hai ragione... alla fine sono tutte zoccole queste cagnette"

"Cagnetta"

"Cagnetta!"

"Cagnetta!"


Si svegliò di soprassalto e quando fece per alzarsi la testa le dolse a tal punto da farla ricadere sul cuscino. Dov'era? si chiese.

#GmS

Coinvolgimento emotivo: per quanto riguarda la scena hot, possiamo dire che, all'inizio, presenta una particolare situazione affettiva, sembra proprio un bel momento romantico in cui i due amanti si concedono l'un l'altra, e questo trasmette emozioni forti e tanta romance. Proseguendo, invece, notiamo un netto e contrastante cambiamento: il momento più intimo, e se vogliamo, più significativo per una donna, viene brutalmente ridicolizzato e messo all'asta dai due fratelli che avevano in mente soltanto svago e nient'altro. Ecco, qui percepiamo un distacco e l'emotività del contesto affettivo crolla per dare spazio allo sbigottimento e allo shock.

Il coinvolgimento emotivo della scena di per sé è un conto, e per quanto qualche piccolo errore di scrittura lo possa mitigare, la maggiore percezione emotiva avviene proprio sul finale, quando i due fratelli mostrano appunto di aver usato la protagonista semplicemente per soddisfare una loro voglia di conquista. Ciò che ci ha lasciate perplesse, però, è il fatto di non essere riuscite a capire con certezza se sia un sogno oppure la realtà. Se fosse reale, allora, alcune situazioni descritte sarebbero molto più difficili da affrontare e realizzare, siccome ci è sembrato un po' strano e improbabile che la prima volta di una ragazza possa essere con due ragazzi neanche troppo delicati, senza che questa provi più dolore che altro.

Grammatica e lessico: c'è qualche ripetizione nella narrazione, qui ad esempio, della parola bello. → quanto possa essere bello. Perché dev'essere bello se tutti al mondo lo fanno e perché, penso, se sarà anche solo uguale o addirittura migliore di ciò che c'è stato finora dev'essere la sensazione più bella del mondo.

Si possono trovare facilmente dei sinonimi per una parola così semplice, siamo sicure che ti aiuterebbero ad arricchire il testo.

In più ci sono dei passaggi in cui le virgole sono mancanti → Aspetta che sia io a muovermi per cercare un sollievo e piano piano quel sollievo diventa piacere e quel piacere diventa emergenza e quando finalmente vengo mi sento grata all'uomo che è sopra di me per essersi preso di cura di me in questo momento così speciale.

Attenta a questi periodi lungi, quando si hanno tanto verbi è necessario inserire delle virgole per evitare che il tutto sembri troppo frettoloso, perché tanti verbi di seguito purtroppo danno questo effetto.

Originalità: abbiamo apprezzato molto il fatto che non si trattasse di una solita scena intima tra uomo e donna ma qualcosa di più elaborato e chiaramente piccante.

Anche il risvolto finale, in cui Cinnamon si "sveglia", ci ha intrigate; che sia stato un sogno? O che l'abbiano drogata? Questo non si riesce a capire con chiarezza e quindi non possiamo essere sicure al cento per cento che sia una cosa accaduta o no. Se lo fosse, Cinnamon, a dispetto della scommessa, perderebbe davvero un bel po' di punti, non tanto per essere cascata nella loro trappola ma per essere stata così irriverente da desiderare entrambi i fratelli e averli nello stesso momento. Tutto il contrario della sua indole naturale ma, si sa, certi limiti sono proprio fatti per essere sorpassati e Cinnamon lo fa incurante delle conseguenze.

Ad ogni modo tra tutti gli estratti questo è quello che ha spiccato di più in quanto a interesse.

LabyrinthumEfp - La sindrome di Didone - momento hot

Le dava sui nervi il modo in cui riusciva a controllare ogni cosa. Davvero non si faceva mai cogliere impreparato? Davvero non esisteva nulla che lo facesse stare in ansia o che lo turbasse quel tanto da farlo dubitare di se stesso? Come faceva ed essere sempre così dannatamente padrone della situazione?

«Che cosa vuoi, Adriano, eh? Farmi ammettere che mi sia piaciuto? Sentirti dire che baci da Dio? Che sei il migliore, che mi fai impazzire? Cosa?» ruggì Caterina, giunta ormai al di sopra della sua soglia di tolleranza. «Puoi essere bello quanto ti pare, ma io ti trovo insopportabile, non potrei mai stare con te sul serio. Non sei neppure il mio tipo: i biondi non mi piacciono!» E per sottolinearlo lo squadrò dall'alto in basso, superba, con una smorfia di disprezzo.

Entrambi, forse senza rifletterci, avevano fatto il giro del tavolo, ritrovandosi l'uno di fronte all'altra. Ma Cat non aveva lasciato andare il dizionario, lo aveva fatto strisciare sul tavolo cosicché potesse restare a portata di mano.

Lui non batté ciglio di fronte a quell'ammissione, anzi, le sembrò quasi che ne avesse tratto piacere.

«Non voglio sentirmi dire proprio niente» negò Adriano, nascondendo a malapena un ghigno.

«Ah, no? Allora perché stai facendo di tutto per provocarmi?»

«Volevo solo farti infuriare e, a quanto pare, è stato più facile del previsto» le svelò, trionfante.

«Perché, Cristo?! Perché?!» ululò Cat, in preda all'esasperazione.

Adriano le dedicò un sorriso irriverente, prima di rispondere.

«Perché mi arrapi un casino, quando ti incazzi» disse per sfotterla.

La mano di Cat si mosse ancor prima che il cervello le mandasse l'impulso. Afferrò il vocabolario e sollevò il braccio di scatto per lanciarglielo addosso, sennonché il suo polso venne prontamente bloccato da Adriano, che dovette lottare contro la sua violenta resistenza.

Lei non voleva mollare l'osso e lui non aveva intenzione di usare la forza, ma il suo istinto di sopravvivenza doveva avergli suggerito che un vocabolario di tre chili avrebbe potuto spaccargli la testa o altro, se non l'avesse fermata, così la prese in braccio e la inchiodò sul tavolo, facendo cadere il Rocci sul pavimento con un tonfo.

Avevano il respiro corto, il petto di Caterina si alzava ed abbassava a ritmo frenetico, mentre Adriano si limitava a far vagare il proprio sguardo dalle sue labbra ai suoi occhi e viceversa.

In quel momento mille pensieri le affollarono la mente, la paura che Adriano potesse baciarla per dispetto era reale e la stava consumando dall'interno, sebbene esistesse una piccola parte di lei che non sarebbe stata totalmente dispiaciuta all'idea.

Può darsi che sia proprio questo il suo obiettivo: farmi desiderare un altro bacio e smascherarmi, rifletté Cat.

Aveva fatto malissimo a marinare la scuola con lui e ad accettare di fargli ripetizioni.

Sarebbe stato meglio entrare in classe e affrontare eroicamente tutti gli insulti che i compagni le avrebbero rivolto piuttosto che farsi prendere in giro da lui!

Si trovavano in quella posizione già da diversi secondi, eppure nessuno dei due accennava a voler fare qualcosa per cambiare lo stato delle cose.

Cat non riuscì a resistere alla tentazione di guardarlo negli occhi, erano troppo magnetici e profondi per non restarne incantati, per non parlare dello scombussolamento generale che il suo corpo stava provando a stretto contatto con quello di lui: se fossero rimasti incollati in quel modo un altro po', gli sarebbe saltata addosso lei per la disperazione, pur di interrompere quello scambio di sguardi, equivalente a una vera tortura.

E a quella distanza ravvicinata non poté fare a meno di osservare le sue ferite ormai in via di guarigione. Stefano non l'aveva ridotto malissimo, Adriano, al contrario, doveva averlo conciato per le feste, stando all'ultimo ricordo che aveva del suo viso ricoperto di sangue.

Cat indugiò lo sguardo in particolare sul suo labbro spaccato, su cui stava cominciando a formarsi una crosticina. Quelle ferite erano la testimonianza di ciò che Adriano aveva subìto per lei, la prova che non avesse finto nulla e che non avesse pensato alla sua reputazione, ma soltanto a quello che Stefano aveva tentato di fare.

Scattò in lei lo strano desiderio di baciarle come se ciò avesse potuto aiutarlo a lenire il dolore, ma era impietrita, semplicemente impietrita: la sola idea di farlo la terrorizzava, l'avrebbe costretta a guardare in faccia una realtà che per lei era troppo scomoda da accettare, avrebbe portato conseguenze che non era pronta ad affrontare.

Se lo avesse baciato al di fuori della recita, quando non c'era nessuno a guardarli, non avrebbe più potuto perdonarsi. Non avrebbe più potuto trovarsi delle scuse.

Lui sembrava a suo agio, invece, per niente afflitto dagli stessi tormenti: l'ammirava dall'alto e sospirava sulla sua bocca con studiata malizia.

Fin quando non le sfiorò le labbra con le sue in una languida carezza e lei credette di morire.

«Conoscere. ιγνώσκω significa conoscere» L'accontentò finalmente, sorridendo furbo.

Il loro rapporto sarebbe stato sempre così? Un continuo giocare a provocarsi a vicenda?

Nonostante continuasse a negarlo a se stessa, c'era qualcosa tra loro. Non sapeva dire cosa, non sapeva dargli nemmeno una definizione, ma c'era, e prima o poi sarebbe arrivato il giorno in cui non avrebbe più potuto ignorarlo.

Ma quel giorno non è oggi.

«Bravo, adesso puoi toglierti di mezzo?» Cat non seppe dove trovò il coraggio di fare pressione sul suo petto per allontanarlo. Doveva lasciargli credere di essere immune al suo fascino, sforzarsi di apparire fredda. Non poteva regalargli la soddisfazione di saperla attratta, anche se in minima parte, da lui.

Era un giuramento che aveva fatto a se stessa, non poteva farsi abbindolare da un individuo il cui unico scopo, molto probabilmente, era quello di farla cadere ai propri piedi solo perché era l'unica a non essere interessata, e scaricarla, una volta che si fosse stancato.

Era questa la cosa che doveva attirarlo di più di lei, si disse: il fatto che non lo venerasse come tutte le altre e che avesse il coraggio di contraddirlo, il che la rendeva una preda difficile da essere conquistata. Difficile da essere domata.

«Solo se mi prometti che non tenterai di nuovo di uccidermi» le intimò a fior di labbra, immensamente divertito dalla situazione.

Quando era così vicino il suo cervello non riusciva più a connettere, e lei tremava, non lo dava a vedere all'esterno, ma internamente tremava come una foglia scossa dal vento.

«Questo dipende da te, Greco, e dalla tua strabiliante capacità di spingermi a farlo» controbatté, spavalda, sfiorando inavvertitamente la sua bocca come aveva fatto lui prima.

Adriano la liberò dalla sua presenza, permettendole di scendere dal tavolo, seppur in tutti e due vi si potesse scorgere un certo rammarico negli occhi.

Cat tentò di darsi un contegno, sistemandosi i capelli e lisciandosi i vestiti e, una volta che fu tornata in sé, espresse con una certa premura la necessità di dover riprendere a studiare, dato che lui, come aveva potuto appurare, sembrava averne un disperato bisogno.

Mentre Cat gli spiegava la funzione di alcuni costrutti, Adriano si alzò ed aprì lo sportello della credenza. Nel farlo la sua t-shirt nera si sollevò leggermente, scoprendo i boxer che spuntavano fuori dai jeans, ciò la mise nella condizione di poter ammirare il suo didietro in tutta la sua bellezza.

Il biondo afferrò un barattolo di Nutella ancora sigillato e tornò a sedersi, questa volta accanto a lei. Cat sollevò un sopracciglio per esprimere il proprio disappunto, offesa dalla poca attenzione che il suo "alunno" le stava dedicando.

«Freghi la Nutella a tua sorella?» lo punzecchiò.

Adriano sorrise sotto i baffi, affondando il dito nella crema di nocciole.

«A dire il vero, è mia» replicò, pieno di soddisfazione, portandoselo in bocca con relativo verso di apprezzamento. Cat sentì il sangue defluire alle guance nel momento in cui lo vide leccarsene i rimasugli, e anche una strana fitta al basso ventre, se doveva essere del tutto onesta.

«Ne vuoi un po'?» la stuzzicò con finta innocenza, dopo che ne ebbe raccolto una piccola quantità sul polpastrello.

«Scommetto che non ce l'hai il coraggio» Scimmiottò con il suo sorriso da bastardo, avvicinandoglielo al viso. La stava sfidando a mangiarla direttamente da lì, sicuro che si sarebbe tirata indietro. Cat spostò lo sguardo da lui al suo indice con un'espressione dapprima sdegnata, poi divenne improvvisamente agguerrita. «Dici?» Si indispettì, prendendola sul personale.

Se c'era una cosa che non sopportava era proprio che qualcuno la sottovalutasse, che la ritenesse incapace di fare qualcosa. Per questo decise che non gliel'avrebbe data vinta.

Uno dei suoi maggior difetti era quello di essere troppo competitiva, ma questo Adriano doveva averlo capito da un bel pezzo.

Perché i difetti che vediamo negli altri non sono altro che un riflesso dei nostri.

Sarebbe stata capace di fare qualunque cosa per dimostrargli che non aveva paura di niente. Sì, anche quella che la spaventava di più.

«Non lo farai, Farnesi. Sei troppo bacchettona per-» Adriano non fece in tempo a completare la frase, giacché lei gli artigliò bruscamente la mano e si infilò il suo dito in bocca, lasciandolo di stucco.

Adriano percepì la sua lingua calda lambirgli il polpastrello e poi con le labbra suggerlo lentamente, come se avesse avuto tutto il tempo del mondo a sua disposizione per farlo impazzire. Socchiuse gli occhi, ansimando in una maniera talmente erotica che Cat avrebbe faticato a dimenticare. Come non sarebbe stato facile rimuovere dalla mente l'effetto che le aveva fatto sentirlo ansimare in quel modo per lei.

«Contento adesso?» elargì con acidità Cat, lasciando andare la sua mano con un gesto di stizza.

Adriano tacque in un primo momento, il respiro era ancora irregolare, gli occhi lucidi di eccitazione e pervasi da un desiderio che aveva trattenuto fino a quel momento con encomiabile bravura. Tuttavia, la fissò a lungo, con i denti impressi nelle labbra, dando l'impressione di star trattenendo se stesso dal commettere una pazzia.

Cat lo guardò di rimando, soddisfatta di averlo lasciato per la prima volta senza parole, all'oscuro che Adriano trovasse maledettamente attraente il suo sorriso quando diveniva mascalzone, come in quell'istante. Ignara che stesse giocando col fuoco e che avrebbe finito inevitabilmente per scottarsi.

Lei interpretò il suo silenzio come un chiaro segno di vittoria, ma non aveva fatto i conti con le reali intenzioni del ragazzo, ben lontane dall'incassare il colpo e ritirarsi dai giochi.

Adriano temporeggiò a guardarla per qualche altro secondo, cercando di soffocare la voglia che era cresciuta in lui e che ormai era diventata anche fisicamente evidente, mentre lei, del tutto inconsapevole delle emozioni che gli aveva scatenato, tornava a parlare del genitivo assoluto come se niente fosse, come se lì, accanto a lei, non ci fosse un ragazzo di diciotto anni con gli ormoni in subbuglio che avrebbe potuto saltarle addosso in qualsiasi momento senza farsi alcuno scrupolo.

Chiuse il libro da cui Cat stava leggendo con uno scatto, mossa che fece sobbalzare la ragazza di spavento per la repentinità. Questa ebbe solo il tempo di voltarsi con l'intenzione di rimproverarlo, ma dalla sua bocca non uscì nemmeno un suono: Adriano aveva già afferrato la sua sedia e l'aveva trascinata con un gesto secco verso di sé.

Quello che avvenne dopo fu di una spontaneità disarmante.

Di slancio le afferrò il viso tra le mani e la baciò con una foga che la lasciò per un attimo intontita, ma lo smarrimento durò poco, perché lo corrispose subito, aggrappandosi ai suoi capelli, che strinse e spettinò con fervore.

Adriano le agguantò i fianchi senza staccarsi dalla sua bocca e la sollevò in modo che si sedesse a cavalcioni su di lui, imprigionandola tra il tavolo e il suo corpo. Quando sentirono i loro bacini incastrarsi, si fecero sfuggire dei sospiri di piacere nella pausa che fecero per riprendere fiato tra un bacio e l'altro, lasciando le mani libere di esplorare quel che c'era sopra e sotto i vestiti.

«Mi hai fatto venire troppa voglia, cazzo...» le confessò all'orecchio in un sussurro, mordendolo e succhiandolo subito dopo.

Cat gemette di riflesso, un po' per la sua lingua, che si era spostata dall'orecchio al collo e che ora la stava torturando in lente carezze, un po' per la sua voce arrochita e piena di lussuria, che le aveva causato uno spasmo alle gambe.

Tremò anche quando le accarezzò avidamente il contorno dei fianchi, un po' più larghi rispetto al busto, chiudendo poi possessivamente le mani attorno alle natiche per attrarla di più a sé. Cat si strusciò sul suo cavallo, strappandogli un primo gemito e poi un secondo, quando prese a baciargli il collo, ma smise quasi subito per liberarsi della sua maglietta, sicuramente d'intralcio per quello che desiderava fare, cioè adagiare le labbra sul suo torace liscio e definito per baciarlo languidamente. Poi risalì sulla sua spalla destra, che morse in un impeto, causatole dal piacere che lui le provocò accarezzandole in modo sensuale i glutei e l'interno coscia da dentro i pantaloni.

Adriano le sfilò la maglietta dalla testa con più urgenza di quella che aveva adoperato lei, fermandosi ad ammirare, estasiato, i suoi seni ancora costretti nelle coppe del reggiseno, e riportò lo sguardo sul suo viso scarmigliato, facendola perdere dentro i propri occhi.

E senza smettere di guardarla negli occhi fece scorrere la mano lungo l'incavo dei seni e sul resto dell'addome, beandosi della sua espressione abbandonata e rilassata, finalmente priva di tensione. Cat gli piantò le unghie nella schiena, non appena le sue dita si spinsero oltre l'ombelico e si intrufolarono dentro gli slip, dove la toccarono con gentilezza e decisione, fino a che lei stessa, spingendo con impazienza il bacino verso la sua mano, non gli fece capire di volere di più.

«C'è una cosa che vorrei fare...» le confidò Adriano con un sorriso allusivo, arrestando quella dolce tortura. Caterina mugolò di protesta nel sentire le sue dita abbandonare il centro pulsante del suo piacere, ma si azzittì all'istante, nel momento in lui le circondò la schiena con le braccia e la sollevò di peso per farla stendere sul tavolo.

Non le rivelò subito cosa avesse intenzione di farle. Prima fece scivolare via la tuta dalle sue gambe e, mentre era distratta da lui, che ricopriva queste di baci e che senza fretta saliva più su, stampandole anche un bacio sull'intimità ancora coperta, lo vide infilare la mano dentro il vasetto della Nutella, ancora poggiata sul tavolo.

«Chiudi gli occhi» le ordinò, ansimante, regalandole un altro sorriso, che per lei fu quasi orgasmico. Caterina ubbidì, dandogli il consenso di qualsiasi cosa volesse fare, stringendo le cosce intorno alla sua vita.

Con la mano libera le tolse gli slip e, assicurandosi che i suoi occhi fossero chiusi, le sganciò anche il reggiseno: era completamente nuda e in febbrile attesa che lui la sfiorasse.

La vide rabbrividire ed emettere un verso di sorpresa al passaggio della consistenza cremosa con cui la cosparse a partire dalle labbra, passando poi per il collo, il seno, il ventre e finendo nelle sue parti intime in quella che le sembrò un'unica ed eccitante carezza.

Adriano le morse e succhiò le labbra, assaporandone tutto il gusto, ma dovette respingere l'invito di lei a violarne l'accesso con la lingua per poter proseguire con il suo progetto di stuzzicarla finché non lo avesse esplicitamente supplicato di farla sua. Pertanto, continuò a leccare la crema depositata sul suo corpo, scendendo sempre più in basso e, una volta che ebbe raggiunto la sua meta, si staccò dalla sua pelle, alitandoci soltanto di sopra per farle perdere la ragione.

«Mi vuoi?» le chiese con un filo di voce, torturandole l'inguine con dei baci roventi.

«Ti voglio dalla prima volta che ti ho visto» boccheggiò Caterina, spingendogli istintivamente il viso contro la propria intimità.

Non gli servì altro per affondarci la lingua e leccare con meticolosa attenzione tutta la crema che vi aveva sparso, stando ben attento a succhiare via tutte le tracce che potevano esser rimaste. Cat gemette il suo nome più volte, mentre si contorceva e si dimenava come un animale ferito per il troppo piacere che la sua bocca le stava offrendo, e lui godeva con lei, forse più di lei, perché era da troppo tempo che sognava di trovarsi in quella situazione e di farle perdere il controllo, tenendola in scacco. Dio, com'era bello sentirla sospirare il suo nome. Il suo, solamente il suo e quello di nessun altro.

«Quindi, il genitivo assoluto è costituito da un sostantivo o pronome in genitivo e dal partici-Adriano? Adriano, ma mi stai ascoltando?» La voce scocciata di Cat lo riportò bruscamente alla realtà. Il ragazzo si tolse gli occhiali e si strofinò una mano sul viso, in palese stato confusionale, guardandosi attorno con aria spaesata, come se si fosse appena risvegliato da un coma di dieci anni.

Caterina schioccò le dita per richiamare la sua attenzione e lui a poco a poco prese coscienza di ciò che era successo.

Una fantasia erotica. Aveva fatto una fantasia erotica ad occhi aperti su nientepopodimeno che Caterina Farnesi.

Aveva immaginato di leccare la... la sua... dopo averla ricoperta di Nutella!

Tutto questo perché Caterina gli aveva succhiato il dito, raccogliendo la sua sfida, e da lì in poi il suo cervello aveva iniziato a proiettare una serie di immagini zozze che avevano quasi sfiorato la pornografia.

Ora era talmente arrapato e il rigonfiamento nei suoi jeans talmente lampante che solo una doccia ghiacciata o qualcos'altro avrebbe potuto aiutarlo a calmarsi.

«Sì, scusami... io... mi sono ricordato di dover andare a sistemare una cosa di sopra!» Si inventò su due piedi, uscendo di fretta dalla cucina.

Rimasta da sola, Cat scosse il capo.

«Uomini...» borbottò con arie di sufficienza. 

#GmS

Coinvolgimento emotivo: abbiamo momenti di tensione sensuale a momenti più "pacati", addirittura scherzosi ed esilaranti. Trattandosi di un estratto, all'inizio ci siamo trovate un po' in difficoltà per quanto riguarda il coinvolgimento, poiché, tra le risate e gli scherzi è volato via un po' di quel "calore" che aveva surriscaldato il momento. Pensiamo che se avessi ristretto l'estratto, limitandoti alla scena della Nutella e allo svolgimento successivo, la tensione e il desiderio sarebbero risaltati di più. Ma, ad ogni modo, grazie alla narrazione della scena intima e allo stile praticamente impeccabile ci siamo ritrovate incapaci di staccare gli occhi dalla lettura. Molto particolare il momento intimo che ha regalato un forte impatto emotivo.

Grammatica e lessico: non abbiamo trovato nulla di fuori posto o sbagliato, a volte qualche frase non è esattamente chiara, ma si tratta semplicemente di qualche refuso.

Attenta che durante la narrazione sei passata da una narrazione da parte della ragazza a una da Adriano nella scena della Nutella e questo ha confuso un po' la narrazione, poiché per un momento non siamo state in grado di percepire l'Io narrante. Ti facciamo notare che a meno che tutta la storia non porti delle alternanze ben definite la cosa rischia di essere confusionaria, perché ci si ritrova a seguire il filo di pensieri di un personaggio diverso da quello iniziale, portando magari il lettore a immedesimarsi così tanto in quel personaggio da trovarsi poi in difficoltà a intercambiare narratore a una distanza così ravvicinata e improvvisa.

Per il resto funziona tutto molto bene, il lessico non è banale e utilizzi un registro adatto sia nei dialoghi che nella narrazione.

Originalità: ciò che dona l'originalità a questo estratto non è tanto il pretesto delle ripetizioni per passare un po' di tempo da solo con una ragazza, quanto, più che altro, tutti i piccoli dettagli che hai aggiunto: la Nutella, la fantasia, i desideri contraddittori della protagonista e il fatto che non sia lei, come ci saremmo aspettate, ma il ragazzo a provare queste sensazioni e a sognare queste fantasie. Sei riuscita a mantenere vivi questi dettagli e a dare il giusto ruolo a ogni particolare, creando una scena molto interessante e più che piccante, possiamo dire golosa. Il fatto che alla fine la scena così coinvolgente si riveli per l'appunto un desiderio erotico del ragazzo ci ha spiazzate, lasciandoci piacevolmente sorprese e strappandoci anche una risata. 

simobarbi - Vivere... un'altra volta - dichiarazione d'amore


Mi svegliai che il sole filtrava appena dalle persiane ed Emma, accanto a me, dormiva della grossa. Il nervosismo della sera prima non mi toccava più e decisi di dimenticarmene. Attenta a non disturbarla, mi alzai adagio e scesi di sotto. La casa era ancora avvolta nel silenzio.

Andai in cucina e cominciai a prepararmi la colazione. Avrei affrontato quel giorno con più calma, mi ripromisi. In fondo non era cambiato nulla nel rapporto tra me e Marco. Che sciocchezze! E mai sarebbe cambiato. Eravamo dei buoni amici. Niente di più. Era questo il legame che ci univa e sarebbe rimasto tale. Non c'era altra possibilità. Tirai un sospiro di sollievo a quelle conclusioni, determinata a non pensarci più.

Aprii la porta del frigo, cercando la bottiglia del latte e quando la richiusi sobbalzai alla vista di Marco, davanti a me, in boxer e maglietta nera a maniche corte. Tutto ciò che avevo fermamente ragionato un istante prima vacillò. Deglutii a fatica.

"Buongiorno, Lizzy" sbadigliò.

Portai una mano al petto "Ma sei impazzito?! Potevi farmi venire un infarto!"

Lui si passò la sua tra i capelli, sistemandoseli, ancora assonnato.

"Sì... Di solito faccio questo effetto, in effetti. Non di prima mattina, però! E non in boxer..." ammiccò.

Alzai gli occhi al cielo.

"Modesto come sempre, vedo"

Per tutta risposta trascinò i piedi sul pavimento, senza ribattere, crollando sullo sgabello del tavolo a penisola che c'era in cucina.

"Che ci fai già qui a quest'ora?" soffocò un altro sbadiglio dietro alla mano squadrandomi da testa a piedi. Quindi sorrise e si rilassò.

Resta calma, mi ordinai . Era normale indossare un pigiama la notte... non dovevo sentirmi in difetto. Schiarii la voce.

"Non riesco più a dormire" risposi raggiungendolo, "Cercavo di fare colazione... ma tu puoi pure tornare a letto. Me la cavo lo stesso" mi innervosiva essere sola con lui. Non avrei saputo spiegarmene il motivo, ma mi sentivo a disagio. Avevo una strana agitazione addosso.

"Ti do fastidio?" domandò imbronciato

"No. Assolutamente... Questa è casa tua" gli risposi versando il latte nella tazza e fingendo indifferenza.

"Lascia..." si alzò dallo sgabello, facendo un lungo respiro e si avvicinò.

"So versarmi il latte, se permetti!" gli dissi inquieta ritraendomi.

"Lizzy, sei una rompiscatole!" col viso immusonito, mi tolse la bottiglia con delicatezza dalle mani, prese un'altra tazza e lo versò anche per lui, "Vorrei fare colazione anch'io, se permetti!" inarcò le sopracciglia, usando scherzosamente il mio stesso tono e lasciandomi incapace di reagire.

Il suono del microonde, che scaldava il latte, di lì a poco ci avvertì che era pronto. Marco sistemò le ciotole sul banco da colazione, una di fronte all'altra e spostò il suo sgabello per starmi seduto di fronte, aspettando me, che stavo portando in tavola i cereali e lo zucchero. Sentivo i suoi occhi addosso, mentre mi accomodavo. Studiava ogni mio movimento e la cosa mi metteva ancora più in imbarazzo. Mi sedetti senza guardarlo. Lui mescolò distratto nella sua tazza, con il capo chino, senza dir nulla e così feci io. Per la prima volta tra di noi il silenzio si era fatto scomodo, senza un apparente ragione. Nessuno dei due pareva trovare un argomento da intavolare.

D'un tratto percepii di nuovo il suo sguardo insistente e la sua voce si fece calda quando parlò.

"Sei diversa, Lizzy... Tu non sei come le altre... E questo... mi confonde"

Spalancai gli occhi fissandolo, sicura che stesse scherzando.

Lui mi rivolse l'attenzione solo un secondo, poi abbassò nuovamente il viso. Pareva agitato. Marco non poteva essere agitato, pensai incontrollabilmente.

"Insomma... Quando mi guardi o quando mi parli tu... non cerchi di catturare il mio interesse... Tu mi tratti come se fossi... una persona. È una cosa nuova per me" continuò.

"Marco, tu sei una persona" precisai semi seria.

Sorrise a fatica, continuando a rimestare nella tazza. Non cercava il mio sguardo come se facendolo non avrebbe potuto continuare il discorso che aveva iniziato e ci tenesse a finirlo

"Sei la prima che mi ci fa sentire... Per le altre sono solo il gioiello da sfoggiare per una settimana o la conquista che fa invidia all'amica... Per nessuna di loro sono... solo Marco. Questo accade unicamente con te"

Era insolito sentirlo ancora parlare così sinceramente. Magari era l'ambiente a lui familiare a spingerlo a mostrare il lato fragile del suo essere. Di solito non esibiva le sue debolezze.

"Forse perché non sei poi quel gran gioiello da sfoggiare? Sei un ragazzo normale, Marco. Mi sa che ti sei montato un po' troppo la testa..." ironizzai.

"Già..." fece cercando di sorridere alla battuta.

Bevvi un sorso di latte non sapendo che altro dire. Marco allungò un braccio sul tavolo, si appoggiò allo schienale della sedia. Tamburellò con le dita sul tavolo e mi studiò pensieroso, rinunciando a continuare la colazione. Sentivo i suoi occhi ostinarsi su di me, richiedendo attenzione.

"Tu non fai colazione?" gli chiesi nel tentativo di distrarlo. Non rispose come se non avessi parlato.

"Starti lontano mi rende irrequieto... e questo non mi era mai accaduto" perseverò, seguendo i suoi pensieri. Mi guardava impacciato ora, tormentando l'unghia del pollice e muovendo nervosamente un ginocchio. Il suo sguardo teso e intenso mi scosse e il cuore iniziò a martellarmi nel petto, incespicando.

"Quello che sto cercando di dire è..."

Oddio... La gola mi si seccò di botto.

Ti prego non lo fare... implorai con la mente. Sentivo che stava per dire qualcosa che non avrei dovuto lasciargli dire. E a cui non avrei saputo come ribattere.

"Vuoi dei cereali?" gli proposi porgendogli la scatola, nel tentativo di fermarlo.

Marco scosse la testa in segno di rifiuto e continuò imperterrito.

"... è ... che tu mi piaci, Lizzy e non riesco a smettere di pensarti..."

Non ero pronta a quella dichiarazione e ne ebbi paura.

"Beh... qualche volta mi piaci anche tu, nonostante il tuo caratteraccio" risi, cercando di metterla su un piano meno serio, ma il suo viso, impassibile, si mantenne concentrato. Non era il caso di continuare, decisamente... "A parte gli scherzi... Anche per me sei un buon amico, lo sai... Anzi, anche se un po' mi scoccia ammetterlo..." sospirai, "... Credo proprio che sei diventato il mio miglior amico!" finsi di non aver inteso a pieno le sue parole, dirottandolo sull'amicizia, la sola che sentivo possibile fra di noi.

"Io non voglio essere ancora il tuo migliore amico... O meglio non voglio essere solo questo per te" non batté ciglio alle mie parole ironiche. Appoggiò entrambe le braccia sul piano della penisola e si sporse in avanti. Le sue mani, sfiorarono lievissimamente le mie, che tenevo sulla ciotola. Le ritrassi immediatamente.

Non puoi lasciare che vada oltre, mi ricordò la solita vocina impertinente.

Era vero... non potevo permetterlo.

"Marco, se mi conoscessi a fondo non diresti queste cose. Te l'assicuro..." l'inquietudine che avvertivo dentro di me iniziò ad agitarmi, costringendomi ad assumere un piglio più severo.

"Sei la persona migliore che abbia mai incontrato..." proseguì, "Tu sei..."

"Non sono così perfetta come mi vedi, Marco. E non sono sempre stata così..." risposi fredda.

"Non mi importa..." mi interruppe, "Io so quello che sei ora, come mi fai sentire... e vorrei che ti impegnassi seriamente con me, da adesso in poi" il suo volto sembrava profondamente sincero, "Insomma... vorrei che fossi la mia ragazza"

La mia ragazza!?

Sentii un brivido lungo la schiena rivedendo i miei rimpianti più amari. La mia vita mi passò davanti, con tutta la sua sofferenza. Pensai ad Alex, il solo che avevo creduto potesse salvarmi dalla mia solitudine disperata... Mi vidi insieme a lui, nei vicoli bui e appartati, vendere un grammo di morte, spacciandola per felicità. E rividi quella notte dannata che aveva cambiato la mia vita, segnandola per sempre in modo indelebile. Quell'avvenimento mi aveva spinto a un gesto che difficilmente Alex mi avrebbe perdonato se un giorno fosse uscito di prigione. Se mi avesse trovato... me l'avrebbe fatta pagare, forse mi avrebbe ucciso e magari... anche chi mi stava accanto...

Dio!... non potevo pensarci.

"Non stai parlando sul serio, Marco... Tu non hai mai voluto una ragazza. Non fa per te..."

"Non sono mai stato più serio in vita mia!" l'espressione angosciata che aveva disegnato sul volto, mi ferì, "Non ho mai voluto una ragazza fissa, hai ragione. Ma con te... sarebbe diverso. Voglio che siamo una coppia, come Tony ed Emma. Voglio dire basta alla vita che ho sempre fatto fino a poco tempo fa... Voglio stare con te Lizzy. Solo con te..." gesticolava, enfatizzando ciò che diceva.

"Marco, non chiedermelo..."

"Perché no?"

Fece il giro del bancone, si avvicinò e mi fissò con aria grave costringendomi ad alzare il viso verso di lui. Subito reclinai il capo, incapace di reggere oltre quello sguardo. Lui si inginocchiò reggendosi sulle punte dei piedi. I suoi occhi cercarono i miei e non li mollarono nemmeno per un istante. Mi prese una mano e la strinse forte tra le sue. Il suo palmo si legò al mio. Quel calore mi invase l'anima arrivando fino al cuore. Mi odiai per l'emozione che provai a quel contatto. Mi sforzai di trovare la cosa giusta da dire in quel momento, cercando di non ferirlo.

"Tengo molto a te, Marco... ma non posso. Credimi!"

"Perché dici questo?" mi domandò confuso, "Se è per le ragazze che ho avuto, ti giuro che ho chiuso con loro. Non ne guarderò più neppure una. Te lo giuro..."

Per un istante i nostri sguardi si incrociarono di nuovo pieni di tormento.

"Non è per quello..."

"Allora proviamoci! Dimmi di sì! Ti do la mia parola che non te ne pentirai. Sul serio..."

"Lascia le cose come stanno tra noi, Marco. È meglio così..." non potevo dirgli tutta la verità. Non volevo...

"Dammi almeno una possibilità... Se non funziona rimarremo amici. Te lo prometto!" continuò.

"Io... io non posso" le parole che gli dissi mi trafissero. Niente era più straziante, in quel momento, del pensiero di doverlo tenere lontano da me.

Fece un respiro incerto e con le dita catturò una ciocca indisciplinata, che mi sfiorava il mento, per rimetterla al suo posto. Il mio cuore continuò ad accelerare. Lui ebbe per un attimo l'intenzione di ribattere, ma poi ci ripensò. Prese il mio viso tra le mani delicatamente e mi inchiodò con i suoi occhi profondi. Il suo respiro mi accarezzò il viso.

"Sei la cosa più bella che mi sia capitata, Lizzy..."

"Non posso... non posso" continuai a ripetermi. Marco mi immobilizzò con dolore. Riuscivo a percepirlo nel suo sguardo.

"Dio... Lizzy! Cosa c'è di tanto grave che ti tormenta?! Che cosa c'è?"

Per la prima volta qualcuno stava leggendo il dolore che abitava dentro di me. Mi ritrassi scuotendo la testa e alzandomi all'istante, dandogli le spalle, per allontanarmi da lui. Gli occhi pieni di lacrime. Ma lui fece il giro e mi si parò di fronte.

"Voglio solo stare con te"

"Io..." abbassai di nuovo il capo, incapace di continuare, ma lui mi posò due dita sotto il mento costringendomi a guardarlo.

"Voglio solo te e nessun'altra..." sussurrò ancora.

I suoi occhi sfiorarono le mie labbra e un tremito mi percorse da capo a piedi. Indietreggiai di un passo e mi ritrovai contro lo sgabello. Lui si avvicinò ancora. Appoggiai le mie mani al suo petto energico nel tentativo di frenarlo.

"Marco... ti prego"

Col pollice mi accarezzò la bocca, incurante delle mie parole e il mio respiro si animò involontariamente.

"Non ho mai desiderato altro così tanto..." bisbigliò.

Mi fissò di nuovo le labbra e io fissai le sue. Il suo palmo si posò sulla mia guancia e scivolò tra i miei capelli. Chiusi gli occhi, mentre un desiderio mai provato prima si impossessava di me. Più forte persino della sera prima. Che non potevo reprimere stavolta... Marco abbassò il mento. Sentii il suo e il mio respiro diventare agitati. D'improvviso qualcosa dentro di me cambiò e mi accorsi che, nonostante gli sforzi, non volevo più respingerlo anche se questo avrebbe reso tutto più penoso per entrambi. Aprii gli occhi che si persero nei suoi, senza riuscire a fuggire a quella intensità. Ogni timore parve sospendersi per lasciarci avvicinare di più. La sua bocca sfiorò la mia, pronta ad abbandonarsi a quel bacio. Calda... piena di desiderio. Lo stesso che provavo io per lui. Quando...

#GmS

Coinvolgimento emotivo: la dichiarazione ci è piaciuta, soprattutto per quanto riguarda lo svolgimento, ha un che di dolceamaro che ci ha catturate. Ci è piaciuto in particolare il modo in cui i frammenti del passato di Liz emergono attraverso le sue insicurezze, rendendola restia a volersi aprire con un ragazzo che la desidera così tanto. Si nota il forte desiderio del ragazzo e il suo dolore nell'essere considerato quasi un bell'oggetto da esibire mentre Liz sembra essere l'unica a trattarlo come merita davvero cioè come una persona dotata di sentimenti, che soffre e ci rimane male anche per le piccole cose. Per una volta l'aspetto esteriore sembra passare in secondo piano e ciò lo capiamo dai loro discorsi, volti a trasmettere il messaggio della comprensione e pronti a cancellare l'idea dell'apparenza. L'unica pecca è un po' la forma della narrazione, gli errori distraggono un po' troppo, ma ad ogni modo è un lavoro ben fatto. Emoziona e dona un piacevole e caloroso sentimento d'amore.

Grammatica e lessico: forse abbiamo già detto, ma la maiuscola dopo i puntini di sospensione non ci va, almeno che non si tratti di una frase a parte. La punteggiatura nei dialoghi non è corretta. Ricorda che a seconda del verbo che metti dopo il dialogo devi usare di conseguenza la giusta punteggiatura.

Abbiamo anche notato che a volte poni uno spazio di troppo prima del punto e alcune virgole non sono poste nel modo giusto, creando degli incisi sbagliati, inoltre ci sono alcune ripetizioni. Ti consigliamo anche di ridurre la quantità di punti di sospensione. Vanno bene nel dialogo per trasmettere insicurezza e tentennamenti, ma nella narrazione al di fuori di essi tendono a essere meno pertinenti.

Le annotazioni che abbiamo fatto per le precedenti recensioni valgono anche qui, speravamo che con quello che avevamo detto avresti avuto l'accortezza di correggere a seguito di ciò che ti avevamo fatto notare.

Originalità: c'è quasi un'inversione di ruoli, in cui è il ragazzo a dover conquistare la protagonista e non il contrario, come capita solitamente, e la cosa ci ha fatto molto piacere, soprattutto il tentennamento della protagonista che, incerta sul da farsi, non dà subito una risposta, facendoci pensare alle possibili situazioni, rapporti o emozioni che la porterebbero a rifiutare qualcuno che chiaramente le piace.

ValeKoto - Every step I take - momento di riflessioni

Marco trascorse le ore pomeridiane di lezione con la testa altrove. Per quanto la bioetica fosse una delle sue materie preferite, quel giorno non riusciva proprio a concentrarsi. Continuava a pensare ad Aurora, a quanto era stato bello fare l'amore con lei. Ma soprattutto non riusciva a smettere di pensare a quello che gli aveva raccontato.

Prima di lui c'era stato un altro. Leonardo.

Ma non era la notizia dell'esistenza di un ex a turbarlo. Era sapere quanto male le avesse fatto a mandarlo in bestia. Al solo pensiero di lei inerme, priva di sensi in un letto di ospedale, gli andava il sangue alla testa. Se lo avesse avuto davanti, lo avrebbe preso a pugni.

E quella sera, quando andò in palestra ad allenarsi, non pensò ad altro che a quello. A quanto avrebbe voluto essere lì per difenderla, proteggerla da tutto quel dolore, per salvarla.

E si sentì impotente, proprio come nove mesi prima. Il destino non gli aveva permesso di esserci per Aurora.

Ma per Giulia sì.

Eppure non aveva potuto salvare neanche lei. E tutto il dolore che aveva provato guardandola andar via fu di nuovo lì, in un istante, pronto a tormentarlo ancora e ancora. Marco prese il sacco a pugni e a calci per due ore, fino a quando non fu esausto. Ma non servì a niente. Quello sfogo non cancellò il dolore interiore, vi aggiunse solo quello fisico. E neanche l'acqua della doccia servì a lavare via tutto il male che Marco provava in quel momento. A quel punto non gli restava che fare un ultimo tentativo.

Non appena rientrò a casa si diresse in camera sua, chiuse la porta e, sedendosi alla scrivania, prese il diario dal cassetto e cominciò a scrivere.

Cara Giulia,

sono successe molte cose dall'ultima volta che ti ho scritto.

Ho svelato il mistero che si celava nello sguardo di Aurora, e finalmente ho capito perché i suoi occhi mi hanno sempre ricordato i tuoi. Ho scoperto cosa intravedevo in quelle meravigliose e profonde iridi blu.

Ed era dolore. Lo stesso dolore che c'era nelle tue poco prima che mi lasciassi.

L'hanno ferita in tanti: il ragazzo che amava, le persone che la circondavano, la vita. Nessuno ha saputo proteggerla, nessuno ha capito a cosa stava andando incontro. E non era solo la sua incolumità ad essere in pericolo.

Era il suo cuore la cosa più a rischio. Lo ha donato ad una persona e questa gliel'ha frantumato in mille pezzi.

Come hai fatto tu con il mio.

È per questo che comprendo così bene cosa ha passato, e il perché abbia avuto tanta difficoltà a fidarsi di me. E non la biasimo. Anch'io fatico ad aprirmi.

C'è ancora troppa rabbia in me. E comincio a chiedermi se andrà mai via o se sarà la mia unica compagna per il resto della vita. Non è questo che desidero, e ancora meno voglio trascinare lei nei miei casini. Quando mi sono avvicinato ad Aurora, sapevo che nascondeva più di quanto mostrasse, ma mai avrei immaginato una storia tanto triste. Vorrei poterla tirare fuori da quelle macerie. Le ho promesso che le sarei stato accanto, che ci sarei stato per lei. Solo ora ho realizzato che non posso.

Perché sono intrappolato sotto le macerie anch'io.

E la verità è che, quando l'ho incontrata, speravo che lei potesse salvarmi, che potesse portarmi via da tutto questo. Ma dopo quello che mi ha confessato, ho capito che non posso chiederle così tanto. Se le raccontassi ogni cosa, la trascinerei a fondo con me e saremmo in due ad annegare in questo mare di dolore.

Nonostante io la conosca da sole poche settimane, so di amarla. La amo come non pensavo si potesse amare un altro essere umano. La amo abbastanza da non volerla coinvolgere in tutto questo.

La amo abbastanza da sapere che devo lasciarla andare.

Pensavo di poterla salvare, speravo che lei potesse salvare me. Ma fino a quando non farò i conti con il mio passato, non potremo stare insieme. Le farei solo del male e lei non lo merita. Lei merita solo di essere felice.

Giulia, ovunque tu sia, qualsiasi cosa tu stia facendo, spero che tu stia bene, e soprattutto che tu sia felice.

Con amore.

#GmS

Coinvolgimento emotivo: abbiamo notato un dettaglio nella narrazione che ci ha fatto riflettere. In un paragrafo abbiamo il protagonista che va in palestra e si sfoga per due ore, per poi farsi una doccia.

Pensiamo che, se questo passaggio fosse stato approfondito un po', associando il dolore fisico che porta un pesante allenamento al tormento dei suoi pensieri, si sarebbe evitato di far sembrare troppo frettoloso il proseguimento della scena.

Ad ogni modo la parte della lettera ci ha catturate davvero molto, e in modo assolutamente positivo, l'introspezione del personaggio attraverso di essa è molto chiara e funziona alla perfezione, forse allungarla un po' avrebbe aumentato la carica emotiva, ma è comunque un lavoro molto ben fatto. Si percepisce la voglia di salvare Aurora da un male passato a cui Marco non ha potuto porre rimedio prima, capiamo perfettamente la sua rabbia, il suo disagio e la sua voglia di rendere felice in ogni modo la donna che ama.

Lessico e Grammatica: non abbiamo notato davvero nulla di sbagliato, la punteggiatura è usata in modo corretto, anche se forse nei paragrafi un po' più lunghi tendi ad accorciare in modo non necessario molti periodi, inserendo molti punti. Ma per il resto non c'è nulla di sbagliato, le d eufoniche sono usate correttamente e il lessico si adatta a un personaggio che capiamo essere intelligente e considerevole. Si usano parole semplici ma allo stesso tempo delicate, che hanno il potere di emozionare e coinvolgere piacevolmente nella lettura.

Originalità: piuttosto alta! Abbiamo apprezzato molto il fatto che le introspezioni e le varie riflessioni siano state narrate attraverso una lettera, piuttosto che enunciate da semplici pensieri. Riusciamo a comprendere con chiarezza i pensieri del protagonista, eliminando ogni possibile dubbio e confrontandoci con i suoi più sinceri sentimenti.

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