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Valutazioni fantasy pt.2

Le nostre recensioni per i partecipanti al concorso! La pubblicazione avviene in ordine del tutto casuale.

La classifica con i voti arriverà non appena finiremo di leggere tutto =)

Danielle_Wang - The feathers of the beginning - colpo di scena

Dom camminava a passo svelto lungo le vie affollate di Londra. Quella mattina non avevano lezioni da seguire e dubitava che qualcuno si fosse accorto della sua scomparsa. Tutti eccetto Mark. Il suo compagno di stanza, nonché nuovo amico, doveva certamente aver notato il letto ordinato che aveva lasciato.

Era un segnale che aveva imparato a fare sin da piccolo, quando ogni tanto gli sbucava il pallino di andarsene in giro da solo e tornare dopo ore, a volte anche giorni. In genere il letto rimaneva sfatto, con le coperte aggrovigliate o scalciate in fondo, segno di una notte agitata. E quando lo lasciava in ordine, come se non ci avesse neanche dormito sopra, voleva dire solo: "me ne sono andato, capiscilo, ma non cercarmi".

Ricordava che ci erano voluti anni per convincere sua sorella Alice a non corrergli dietro ogni volta che tentava la fuga, o allarmare i loro nonni con frasi che preannunciavano l'apocalisse. Ma alla fine la ragazzina aveva compreso e Dom era certo che Alice non facesse più spaventare i nonni inutilmente.

A Londra il cielo era plumbeo come sempre e le persone camminavano tutte con qualche ombrello chiuso in mano, talvolta accostato a una valigetta da lavoro, o infilato in qualche borsa. Dom aveva preferito non portarselo dietro, optando per una semplice felpa con il cappuccio che aveva provveduto a tirare su. I capelli biondi gli finivano negli occhi, ma non si preoccupava di spostarli avendo le mani infilate saldamente nelle tasche dei jeans.

Erano ormai passati dei giorni da quando aveva raggiunto la Mystica Nuntius e un clima come quello di Londra gli era mancato. Non aveva ancora capito dove si trovasse esattamente la scuola, ma non ci aveva pensato più di tanto quando aveva suggerito al suo Ieliah il piano di fuga attraverso le nuvole.

Trattenne il fiato quando un passante lo urtò per sbaglio, colpendogli con forza il fianco destro. Pochi giorni prima, durante una lezione di arti del combattimento, nel tentativo di parare un colpo era franato a terra con la grazia di un elefante e la lama della sciabola gli si era conficcata nelle carni. Non aveva provato subito dolore, ma aveva capito che c'era qualcosa che non andava quando aveva visto la classe osservarlo come se fosse un alieno e la professoressa andargli incontro a tutta velocità. Solo dopo aveva notato la maglietta che si inzuppava pian piano di sangue e si appiccicava alla pelle e, sollevandola, aveva notato lo squarcio che l'arma gli aveva lasciato. Le cure magiche non erano servite a granché visto che provava ancora dolore, ma si disse che era meglio dell'avere quell'enorme taglio che gli percorreva il fianco su fino al torace.

Sollevò lo guardo quando arrivò alla Wood Green Station, giusto in tempo per prendere il mezzo. Si affrettò come il resto delle persone e, una volta aggiustato tutto con il biglietto, salì, prendendo posto accanto al finestrino. Lo Ieliah non aveva potuto portarlo oltre il centro londinese e lui aveva camminato fin lì, ma Dom sapeva che, se non ci sarebbero stati intoppi nelle corse, avrebbe raggiunto Highgate in appena trentacinque minuti.

Non aveva mai capito come i suoi nonni riuscissero a permettersi una casa nel quartiere costoso qual era Highgate, ma sapeva che amavano l'aria fresca che si respirava, essendo una delle zone più verdeggianti di tutta la parte nord di Londra. Ci abitavano personaggi famosi, si diceva, ma Dom era certo di non averne mai incontrato uno, o forse non l'aveva riconosciuto.

Il pullman partì con un sobbalzo iniziale e poi le scene iniziarono a cambiare, riflettendo le zone di Wood Green attraverso il finestrino. Ci guardava attraverso con aria stanca e in parte annoiata, ma poteva fare altrimenti? Adorava muoversi, camminare, correre, e prendere i mezzi era una tortura per lui. Stare fermo ore senza muoversi, senza alzarsi e andarsene in giro... Ma non poteva fare diversamente se voleva vedere i suoi nonni e sua sorella.

Mark gli aveva detto che anche lui aveva una sorella, esattamente della stessa età di Alice. Si chiese se un giorno le due sarebbero andate d'accordo. Dom sbuffò quando il pullman iniziò a rallentare, segno che erano arrivati alla prima fermata. Ne aveva davanti altre due prima di arrivare al Finsbury Park.

Ripensò ai giorni interminabili di quando era piccolo, quando suo nonno tentava in ogni modo di farlo stare fermo e sua nonna che lo teneva giù quando in macchina si muoveva troppo, o urlava e scalciava, o addirittura entrambe le cose. Era sempre stato un tipo irrequieto e rumoroso.

Mark gli aveva lanciato contro una manciata di cuscini il primo giorno, quando alle sette del mattino aveva intonato una canzone a squarcia gola. E il giorno dopo, ripentendo l'azione, l'altro gli aveva lanciato contro un intero set di pennelli.

Era toccato a Dom raccogliere quelli sfuggiti e caduti a terra, rimettendoli con cura nell'astuccio di Mark. Quel giorno aveva scoperto che l'amico dipingeva e disegnava. Aveva curiosato nel blocchetto da disegno che l'altro si era portato da casa e vi aveva scorto un sacco di paesaggi, ma anche figure umane impegnate nelle più semplici delle azioni: dormire, prendere il caffè, correre...

Dom gli aveva chiesto di fargli un ritratto, ma Mark lo aveva liquidato dicendo che non ne aveva l'ispirazione, che le sue mani, in quel momento, non sentivano la matita come un estensione del braccio.

A volte pensava di non piacergli, di non andargli a genio, ma altre volte si ricredeva.

Mark non l'aveva mai chiamato Dom. Continuava a chiamarlo Dominic e a volte non lo chiamava affatto, preferendo comporre frasi dove non doveva utilizzare per forza il suo nome. Con Julie era stato un po' più facile. Dopo soli due giorni era riuscito a convincere la ragazza a chiamarlo con il diminuitivo, ma lo utilizzava di rado, le rare volte in cui lo chiamava o parlava in generale.

Dom si riscosse dai suoi pensieri quando scorse il Finsbury Park. Lì avrebbe dovuto aspettare il prossimo pullman. Scese con altri passeggeri e le porte del mezzo si richiusero. Erano le dieci del mattino passate di molto e, controllando meglio, vide che erano le dieci e mezza. Sarebbe arrivato per le undici e un quarto o giù di lì, ne era certo.

Il cielo era più nero dell'ultima volta che aveva controllato. Gli uccelli, di norma rannicchiati sui rami degli alberi a cinguettare, adesso stavano zitti e non cantavano, rendendo l'aria del parco inquietante. La vita però sembrava scorrere normalmente attorno a lui e si sistemò meglio il cappuccio sulla testa, nel caso si mettesse a piovere da un momento all'altro. Guardò a terra e notò una macchia piccola e scura, che prima non c'era. Poco dopo se ne aggiunse un'altra, un po' più in là, ma abbastanza vicina. Forse stava già iniziando a piovere, si disse, e lui aveva davanti altri dieci minuti di attesa. Una goccia gli cadde sulla guancia, gelata come il ghiaccio, e se la strofinò via. Gli aveva mandato dei brividi lungo la spina dorsale.

Poi sentì un grido in lontananza. Si voltò. Una ragazza poco più grande di lui si era tolta gli occhiali e stava fissando le lenti terrorizzata, come se avesse visto un cadavere o qualcosa di propriamente terribile che l'aveva lasciata sconvolta. Dom sforzò un po' la vista, notando delle goccioline rosse sulle lenti e altre sul viso e i vestiti della ragazza. Piccole e quasi leggere che sembravano cadere dal cielo, impiastrandole i capelli, il viso e andavano a finire su tutti quelli che, radunati attorno a lei, osservavano la scena.

Dom si guardò le mani. Sulla sinistra, quella che aveva usato per strofinarsi il viso, c'era una leggera striscia rosso intenso e delle piccole gocce andavano a posarsi vicino e sopra. Sgranò gli occhi, completamente colto alla sprovvista e improvvisamente non seppe più che fare, da che parte girarsi. Attorno a lui la gente urlava, correva, chiamava la polizia o fissava il cielo impaurito.

Dom alzò gli occhi al cielo, fissando sconcertato la nube nera che si estendeva, coprendo sempre più quel lembo di zona e passando alle successive. Vide anche delle striature rosse che la percorrevano come ferite. Non sapeva come, né perché, ma dal cielo piovevano gocce di sangue.

#GmS

Coinvolgimento emotivo: l'atto in sé di prendere il pullman e viaggiare non è granché coinvolgente, ma sei riuscita a mantenere viva l'attenzione con descrizioni sparse qua e là, ricordi del passato che colpiscono Dom e vari aneddoti sul suo rapporto con gli altri. Il colpo di scena è sorprendente, non ci si aspetta una cosa del genere, anche se forse un po' immediato: ci sarebbe piaciuto sapere qualcosa di più sul sangue che piove, ma supponiamo che questo rimanga un mistero anche nella storia completa. L'unico problema è che, proprio nel punto focale, non ci sono emozioni mostrate, nessuna introspezione, rendendo la lettura fredda fredda e quasi spiacevole. C'è poca sorpresa nel veder piovere sangue, anche se qualcosa viene detto.

Grammatica e lessico: all'ultimo sono stati utilizzati troppi gerundi, che hanno reso un po' pesante una frase. Attenzione all'espressione "fissava il cielo impaurito", andrebbe "impaurita" separato da una virgola poiché è riferito a "gente" e non a "cielo".

Per il resto la grammatica è ben curata, lo stile è scorrevole e ci coinvolge con le descrizioni e i racconti riferiti al passato.

Lessico prefetto, ampio, alla portata di mano di tutti. Un ottimo lavoro!

Originalità: tutto sommato originale il modo in cui sei riuscita a utilizzare un momento un po' "di passaggio" per occupare spazio e fornirci più informazioni senza annoiarci.

Il colpo di scena forse andava migliorato e analizzato, ponendovi più peso, ma tutto sommato non delude.

Un po' surreale è forse il fatto che quando il ragazzo è stato colpito non ha avvertito immediatamente il dolore (tanto da non accorgersi subito di star sanguinando), ma dopo sì, quando ormai la ferita è stata guarita.

Maggie_Maeg - Angeli della Morte - momento tragico

Guardai l'angelo sospeso a qualche metro da terra, inerme sotto il potere dell'Abisso, il sorriso diabolico di Morgana e il pugnale affilato tra le mani del campione della squadra di basket.

«William!» lo chiamai, sperando di svegliarlo da quel limbo, certa di poter attirare la sua attenzione su di me, di vincere il potere che la strega aveva sul suo cuore.

Non ottenni nient'altro che la sua ulteriore avanzata.

«Ricorda chi sei, ti prego!» lo supplicai, sentii le lacrime pizzicarmi gli occhi e un'orribile consapevolezza farsi spazio nei miei pensieri: sarei morta.

Lui continuava ad avvicinarsi a passi lenti e barcollanti, con alcuna intenzione di arrestare il suo cammino. Mi avrebbe uccisa senza riserve, senza rimorsi, senza la sua volontà a fermarlo. Morgana aveva quell'abominevole capacità di strisciare nella mente delle persone e creare dubbi, false visioni, falsi ricordi... Era un viscido serpente nelle mani di Lucifero.

«Per favore! William, tu sei il capitano della squadra di basket del liceo, non un assassino!» gridai, ero disperata, la voce ormai rotta dal pianto.

Tutti i buoni propositi di affrontare Morgana a testa alta si erano sciolti come neve al sole, tutta quell'energia che avevo avuto la sensazione di possedere sembrava avermi abbandonata, o forse non c'era mai davvero stata.

Lui si fermò un secondo, un istante d'incertezza; per un attimo vidi la luce nei suoi occhi, un lampo di vita subito coperto dal velo della strega. Stava combattendo contro Morgana, si stava ribellando.

«Forza Will, puoi farcela! Ti prego, devi farcela!»

Era a pochi passi da me, il coltello in alto pronto ad affondare nella mia carne. Se avesse scagliato il fendente mi avrebbe colpita e, legata com'ero, non avrei potuto fare niente per fermarlo.

Chiusi gli occhi aspettando la fine e richiamando dal mio cuore i momenti più belli passati con Azrael, scacciando il velo di tristezza che era sceso sulla mia vita dopo la morte di mia madre.

Un grido di dolore riecheggiò per tutto il bosco, ridestandomi da quello scudo che avevo creato tenendo la scena lontana dai miei occhi.

Tornai a osservare l'ambiente, sperando nell'avvenuta vittoria della volontà di William su quella di Morgana, ma mi ritrovai di fronte un'immagine che non avrei mai più dimenticato: il petto gocciolante del ragazzo di fronte a me, gli occhi sgranati e la mano che aveva affondato il coltello nel suo cuore incerta e tremante.

Cadde in ginocchio di fronte a me, lasciandosi andare sul mio petto.

Il respiro mutò da ansante a rallentato, all'apparenza finalmente calmo, in realtà la vita stava abbandonando il suo corpo.

Quel ragazzo mi aveva salvata, rivolgendo l'arma di Morgana contro se stesso.

«Ti amo, Emily. Perdonami» sussurrò tra i singulti, poi il suo petto smise di sussultare e i suoi occhi si chiusero per l'ultima volta.

Aveva sacrificato la sua vita per me.

Tutto il dolore che aveva provocato anni prima mi abbandonò, lasciando spazio al senso di colpa: non avevo permesso a William di rimediare al comportamento di quel giorno nel bagno della scuola e quello era stato il suo modo per redimersi, per scusarsi.

Sentii il cuore stretto in una morsa, mi pentii di non avergli dato la fiducia che mi aveva richiesto con insistenza, la possibilità di dimostrarmi di essere cambiato... Se solo lo avessi fatto, forse avremmo potuto goderci la nostra storia d'amore, lontani da Morgana, lontani da Lucifero, lontani da Idris. Ormai, però, era troppo tardi.

#GmS

Coinvolgimento emotivo: il dramma presente in questo estratto si sente, trapela da ogni parola alla fine. I pensieri della protagonista sono il mezzo che ci fa sentire più coinvolti: cosa ha perso, chi ha perso, e quali occasioni ha perso.

Tuttavia, troviamo che non sia stato reso nel modo del tutto corretto perché alla fine non si riesce ad avvertire il dolore, la paura e la confusione della ragazza, nonostante un ragazzo si suicidi per lei.

Grammatica e lessico: la grammatica è ok e lo stile piuttosto scorrevole, tanto che l'estratto si è snocciolato sotto i nostri occhi rapidamente. Lessico semplice e maneggevole che permette di leggere l'estratto piacevolmente.

Attenzione ai puntini di sospensione: dopo va la maiuscola solamente se inizia una frase a parte che non c'entra nulla con la precedente.

Nel complesso un buon lavoro.

Originalità: non molta, in effetti. Un personaggio alleato che viene intaccato nella mente e manovrato dal nemico è qualcosa che si vede spesso in giro. Il suo sacrificio anche, ma il fatto che muoia davvero e che non ci siano trucchetti scontati che lo lascino in vita è stato apprezzato.

Ad "aggravare" forse la situazione è il fatto che ci sia la parola Idris riferita a una città, così come in Shadowhunters.

sofidreamer00 - Taurus - momento tragico

Quando la poggio sul marmo freddo, la mia bimba si distende automaticamente in posizione retta e i suoi occhi si dilatano, cambiando colore.

Sono violacei e perdono presto l'ingenuità di una semplice bimba della sua età.

Abbasso lo sguardo sui miei piedi e di li a poco, le mani di tutti sono congiunte, con lo sguardo perso nel vuoto. Ancora una volta richiedono lo sforzo dei Sacri Tiranni e non possono far altro che recitare le stesse parole, che diciamo ad ogni battesimo dei Semidei.

Ma qualcosa va storto. Dexia reagisce, urla piangendo e alza le mani verso il soffitto, come se stesse toccando qualcosa. Urla parole incomprensibili, e tutto ció mi spaventa. A nessuna nuova Semidea o viceversa é mai successo una cosa simile. Lei sembra che abbia già trovato la Fonte Divina, il suo potere é gia stato sviluppato, cosa impossibile nella nostra realtá.

"É strano..." afferma mio padre guardando Dexia, strabiliato.

"É forte padre... é molto forte..." le vene di Dioniso sulle braccia pompano sangue violaceo e una luce soffusa illumina la sua pelle bianca.

"Basta! Non reggo più, i Tiranni non dicono nulla!" Urla Afrodite mollando la presa da Efesto e mio padre. In seguito anche gli altri si lasciano le mani e la luce del sole se ne va, lasciando la grande stanza, illuminata si, ma meno di prima.

"Non hanno detto nulla figlia mia... credo che non l'abbiano accettata..." mormora Era che accarezza i capelli soffici di una Dexia ormai addormentata. Abbasso la testa. Ero convinta che tutta quella forza trasmessa potesse convincerli...

Se Helios sapesse tutto ció, non so come reagirebbe... É sua... Figlia. Si lo é.

"Domani le Parche ritorneranno e la porteranno a Kalos." Dice freddo Ares che taglia le mie speranze con un colpo unico di spada.

Il corpo mi cede e cado a terra, inerme e senza forze per rimanere in piedi.

Mi toglieranno Dexia.

Mi toglieranno una parte di me.

La daranno in pasto a chissà quali umani, e probabilmente gli toglieranno ogni potere come normalmente succede... Non si ricorderà più di me...

Ed é cosí crudele...

Ingiusto...

Ma no, non possono portare via mia figlia... non lo permetteró...

"Anzi.-continua sollenemente- La terremo qui per sicurezza. Cosí non eviterai la decisione dei Tiranni." taglia dritto Ares, sotto gli occhi di Era. Mi alzo di scatto, ritrovando una forza che non é mai stata cosi intensa. Ha letto di nuovo i miei pensieri.

"NO!" Urlo disperata ma gli basta un cenno della mano che una serva, da fuori la porta aperta, mi spintona per prendere la bimba e portarsela via sotto le mie urla imploranti. Afrodite che mi tiene in vita per non scaraventarmi sulla donna, mi sussurra parole incoraggianti che ignoro e dimentico.
Le lacrime scendono lente ed amare dal mio viso e gocciolano a terra dove trovano un punto di fermo.

Li odio.

Li odio tutti quanti.

Ma avró la mia rivincita, e faró di tutto purché Dexia ritorni da me. A costo di eliminare la vita di qualcuno.

#GmS

Coinvolgimento emotivo: la drammaticità della situazione è sì molto accennata, ma non riesce a coinvolgerci completamente, forse per la velocità con cui accade il tutto e la poca introspezione che riguarda questa situazione abbastanza tragica.

La lettura appare molto fredda. La tragicità della situazione non si avverte, e questo non ti è molto d'aiuto nell'emozionare il pubblico.

Grammatica e lessico: la grammatica è, purtroppo, carente in più punti. Ci sono errori di diverse nature come accenti mancati (in "li" e "gia"), in più tutte le parole accentate (tranne una o forse due) hanno l'accento sbagliato (es: "é" e "cosí"). I dialoghi hanno la punteggiatura e le maiuscole al di fuori sbagliate, ti consigliamo di vedere su un libro come si usano quelle adatte. A parte ciò, la punteggiatura in generale è spesso messa alla rinfusa.

Sono tutti aspetti molto importanti e gli errori presenti sono abbastanza gravi, la loro acquisizione è fondamentale per una buona padronanza dell'italiano.

Il lessico è banale, nulla che contraddistingua questo stile dalle mille altre presenti. Rivedi questi aspetti della storia e migliorerai non solo nella grammatica ma anche nello stile e nella capacità di narrazione, perché per com'è ora, quest'ultima appare molto disturbata dai vari errori presenti.

Originalità: ci pare di aver letto più volte della separazione di semidei dai loro genitori, anche se questa cosa che i bambini devono "essere accettati" ci è nuova, e ha contribuito a rendere il momento un po' più drammatico.

La situazione appare anche abbastanza originale, ma a peggiorare la situazione sono i vari errori presenti, ma siamo sicure che migliorando gli aspetti che ti abbiamo sottolineato la tua storia crescerà a vista d'occhio!

TheMelanie97 - Dollren - momento tragico

Cian alzò il mio viso e mi diede un delicato bacio sulle labbra che mi fece sciogliere come del ghiaccio al sole «Troveremo un modo per liberarti da Nelya, è una promessa»

«Come quella del "non cacciarti nei guai"?»

«Mi sembra più importante, non credi?» il suo sorriso riuscì a tirarmi su il morale e lo strinsi a me senza rispondergli. Continuando a tenerci stretti Cian ricominciò a parlare. La sua voce era così dolce che mi fece quasi pensare di non lasciarlo andare via da solo «Ti ricordi il lago dove ci siamo fermati durante il viaggio?»

«Quello dove ti sei messo a fare il guardone?» una risata spontanea lasciò le sue labbra e mi pizzicò debolmente il braccio «Sì, proprio quello»

«Che cos'ha di particolare?»

«Su una collinetta che da sul lago è sepolta mia madre» il sorriso mi morì sul viso. Ecco che cosa era andato a fare mentre noi sistemavamo l'accampamento per la notte... era andato a trovare sua madre. «Quando sarà tutto finito, tornate a quel lago. Sarò lì ad aspettarvi» Annuii piano e mi staccai dalla sua spalla per baciarlo. Era diventata quasi un'abitudine per noi baciarci come se da un giorno all'altro ci avessero separato. Questo era uno di quei baci, pieno di passione e allo stesso tempo malinconico. Nei nostri cuori l'assenza dell'altro si faceva già sentire, rendendo il bacio ancora più importante.

Ci separammo solo quando sentimmo che era abbastanza, anche se nel profondo sapevamo che non era vero. Ci rivolgemmo un ultimo sguardo prima che si voltasse. In quel momento una freccia sibilò a pochi centimetri dalla sua spalla e si conficcò nel terreno dietro di lui.

«Svelta! Dietro le colonne!» Corremmo al riparo di una colonna privata della parte superiore e rimanemmo lì, in attesa di altre frecce. Guardai quella che si era conficcata ai piedi di Cian e la riconobbi.

Erano frecce Maleaf.

Mi voltai verso le rovine e vidi Carel tenere stretta Kel. Anche accanto a loro c'erano delle frecce e una aveva graffiato la gamba della mia amica.

«Non doveva andare così» sussurrai sconcertata «Stava andando tutto secondo il piano...» sentivo le lacrime agli occhi ma le trattenni. Poco dopo udimmo dei passi e la voce del capo di Caranor riempì l'ambiente «Bel tentativo ma ora uscite fuori» nessuno fece nulla, il silenzio avvolse di nuovo la zona e mio zio parlò di nuovo «Vi abbiamo sotto tiro, non fatemi fare cose che non voglio fare» ci avrebbe veramente bersagliate con le frecce? Persino Carel fu sorpresa dalla cosa. Prima che potessimo anche pensare a come uscire da questa situazione Cian abbandonò il riparo della colonna e fece tre passi verso la voce di Elion. Soffocai un gemito e mi fiondai davanti a lui per fargli scudo con il mio corpo «Ti prego zio, non fargli del male»

«Questo è tutto da vedere Roymaty» Sempre tenendoci sotto tiro uno dei soldati mi prese con la forza e mi spostò da Cian. Mi ribellai, tentando di mettere in atto quello che mi aveva insegnato Cian ma l'elfo ebbe la meglio. Elion mi squadrò con sguardo gelido, si vedeva benissimo che l'avevo profondamente deluso ma, in questo momento ero più preoccupata per Cian. Osservando mio zio avevo notato quello che aveva tra le mani: La spada con cui avrebbe giustiziato Cian. Mi dimenai di nuovo ad occhi sbarrati, chiedendogli di non farlo, scongiurandolo, cercando una soluzione che non comprendesse la pena di morte ma non ottenni altro che lo sguardo glaciale dei suoi occhi verdi. Nel mentre anche Kel fu catturata e Carel fu spinta fuori dal loro nascondiglio a sguardo basso. Non avrebbe fatto nulla per impedire che lo uccidessero. Avevamo tentato con la fuga e poi basta? Urlai tra le lacrime mentre Elion si avvicinò al mio amato a spada sguainata. Il mio sguardo e quello di Cian s'incrociarono e lo vidi calmo, come se avesse previsto tutto questo. Allora perché dirmi che ci saremmo rincontrati alla tomba di sua madre? Perché illudermi con delle promesse, se sapevi che sarebbe andata così Cian?

Elion non esitò «Inginocchiati senz'anima» Cian eseguì l'ordine e si mise pure in posizione per essere decapitato. Urlai ancora ma nessuno sembrò sentirmi, ero come in una bolla.

La spada di Elion si alzò ed io mi obbligai a guardare. Mi obbligai a vedere ciò che avevo causato con le mie scelte. Se non avessi insistito sul trovare la città di nascita di mia madre, lui non sarebbe stato catturato, non sarebbe lì, inginocchiato davanti alla sua morte.

La lama stava per calare sul collo di Cian, ma fu fermata a metà corsa da una frusta. Seguii la corda con lo sguardo e vidi Mal poco distante da noi, che tratteneva la spada di suo fratello dal decapitare Cian. Rimanemmo tutti paralizzati tranne lei, che con uno strattone riuscì a disarmare un Elion sbigottito. Dietro di lei comparvero degli uomini che dal loro aspetto non potevano non essere dei mercenari. La mia paura crebbe quando questi si fecero avanti e uno di loro andò a raccogliere la sciabola per darla a mia madre.

Lei la osservò in ogni suo dettaglio, percorrendo le fiamme incise sul piatto della lama con le dita «Che cosa volevi fare con la spada di nostro padre Elion?»

Elion sembrava non volersi riprendere. Si vedeva che Mal era cambiata molto dall'ultima volta che l'aveva vista «Ha ucciso la famiglia di Leilan» non staccò neanche per un secondo gli occhi dalla sorella, ancora esterrefatto «La stavo solo vendicando». In quel momento realizzò la gravità della situazione e ritrovò la sua compostezza «Non dovresti essere qui Melanie»

«Se stai per dirmi che non posso restare non ce n'è bisogno. Sono qui solo per prendere mia figlia» non c'era da sorprendersi. Nel mentre Cian si era alzato e osservava la scena con ansia. I mercenari erano troppi per noi, forse i Maleaf potevano farne fuori qualcuno ma... con Mal dalla loro parte sarebbe stato difficile.

Elion si spostò più vicino a me, come per farmi da scudo «Non se ne parla, non finché non sarai tornata te stessa»

Mal sembrò preparata alla reazione del fratello e mise in allerta i mercenari con un cenno della mano. Vidi uno strano riflesso sui loro petti nell'oscurità e quando uno di loro avanzò verso di noi, notai che era lo stemma di una famiglia reale. Era senza dubbio quello del Re di Morsjia.

«Non costringermi a farvi del male» Il suo sguardo passò su tutti gli abitanti di Caranor presenti per poi ricadere su Elion «La nostra gente ha subito abbastanza, non credi?»

Elion sembrò colpito nel profondo ma non vacillò.

«Non ti lascerò portare Roymaty da quell'uomo»

«È una Dollren Elion, è per il suo bene e quello di tutti noi»

L'elfo che mi tratteneva mi lasciò andare sorpreso, come tutti gli altri del resto. Mi distanziai da lui, raggiungendo di qualche passo Cian. Mi girai verso Carel e si era come impietrita alla notizia. Il suo sguardo era fisso su Elion e sapevo che cosa voleva dire quello sguardo. Carel non era una che prendeva alla leggera le cose non dette... soprattutto se questa cosa in particolare riguardava una Dollren nei paraggi. Sua nipote ad esempio.

Vedevo che voleva dirgli qualcosa, urlargli addosso ma sapeva che non era la situazione adatta per una discussione tra fratelli. Con la coda dell'occhio trovò l'elfo che teneva la sua lancia e gliela strappò di mano assestandogli un paio di pugni sia in viso sia sul ventre. Ripreso possesso della sua arma, si scagliò contro Mal, che schivò il suo assalto e parò il secondo tentativo con la spada. Quello fu l'inizio della lotta. I mercenari attaccarono chiunque incontrassero e questo comprese anche me. Uno di loro si avvicinò a me e cercò di mandarmi a terra ma schivai prontamente l'attacco e mi rivolsi a Elion, che in quel momento stava combattendo con il fuoco. Urlai il suo nome mentre mi avvicinai e assorbii parte delle fiamme che aveva creato, alimentando i miei poteri instabili. Scaricai l'energia accumulata contro l'uomo che m'inseguiva e questo fu scaraventato addosso a un albero e bastò per tramortirlo. Nel frattempo vidi Cian pugnalare con entrambe le lame uno dei suoi avversari.

- Alla tua sinistra! –

La voce di Nelya riuscì a evitare la lancia di Carel, che aveva di nuovo mancato il bersaglio originale. La vidi estremamente in difficoltà. Mal era di gran lunga più agile nella schivata e si era lasciata colpire pochissime volte. Carel invece aveva un braccio che sanguinava copiosamente ed era ferita in molte altri parti del corpo. Mi avvicinai a un altro Maleaf e risucchiai le sue fiamme senza avvisarlo e mettendolo in difficoltà nel combattimento ma, mia zia aveva bisogno di aiuto. Mi preparai a scagliare Mal lontano da lei, però mentre correvo, qualcuno mi fece lo sgambetto e caddi per terra. Sentii subito le braccia bloccate con forza da delle mani, mani che non conoscevo e che mi stavano legando con delle corde. Lanciai calci e mi dimenai per liberarmi dal mercenario ma questo riuscì a tenermi ferma con l'aiuto di un suo compare. Mi fermai solamente quando sentii un tonfo e vidi l'arma di Carel a terra e lei ansimante davanti a mia madre. Mal le stava puntando la spada contro con tutta l'intenzione di ucciderla.

Elion aveva visto la scena e si mise a correre per salvare la sorella ma non ce l'avrebbe mai fatta. Mal fendé l'aria con un affondo ma non colpì Carel. Lei fu spinta a terra da un lampo nero, che si fermò quando fu trafitto dalla spada. I miei occhi si spalancarono, increduli.

Nella mia testa si ripetevano una serie di no infinita, la disperazione crescente. Il tempo sembrò fermarsi e andare troppo veloce allo stesso tempo. Il volto di Cian si trasformò in una maschera di dolore, il corpo s'incurvò in avanti, mentre il ventre iniziava a fumare sotto l'effetto della magia della spada. Il suo corpo senz'anima iniziò a degenerare, partendo dalla ferita. Mal estrasse velocemente la spada da Cian, buttando a terra l'arma in un gesto di repulsione, allontanandosi da Cian all'indietro con passo instabile.

La mia mente non sembrava voler elaborare l'accaduto, rimanevo lì ferma, guardando Cian cadere in ginocchio mentre iniziava a perdere conoscenza. Sentii le guance calde, le lacrime scorrere su di esse e un enorme vuoto che andava a formarsi nel mio cuore. Ogni suono sparì e mi sentii a un tratto senza energie. La magia che avevo assorbito poco prima si propagò in un'enorme onda d'urto intorno a me, che colpì chiunque si trovava nelle vicinanze.

Non sentii più il peso sulle mie braccia che mi teneva bloccata, così mi alzai, barcollando verso Cian che si era accasciato a terra. M'inginocchiai accanto a lui, guardandolo morire impotente. Le mani legate m'impedivano di toccargli un ultima volta il viso, di cercare di bloccare l'emorragia. Mi chinai verso il suo viso, chiamando il suo nome tra le lacrime e i singhiozzi mentre la luce nei suoi occhi si affievoliva sempre di più. Il mondo davanti a me si appannò e urlai con tutta la forza nel mio corpo, buttando fuori il dolore che mi stava trafiggendo il cuore.

Delle mani mi toccarono e mi sollevarono. Cercai di ribellarmi ma un torpore improvviso si diffuse in tutto il mio corpo e l'unica cosa che sentii prima di perdere i sensi fu un pizzicore sul collo, come se mi avessero colpito con un dardo.

Tutto si fece buio e mi ritrovai sola nell'oscurità. Solo una cosa mi faceva compagnia e questa cosa era il pensiero che Cian era morto.

Era morto ed era solo colpa mia.

#GmS

Coinvolgimento emotivo: allora, l'estratto è sì incentrato su un accaduto tragico, ma troppo lungo. Tutta quella scena prima del combattimento fa sì che chiunque legga si stufi prima e non arrivi al punto clou della scena, che è la fine. Forse avresti dovuto tagliarlo parecchio in modo da permetterci di sentirci coinvolte fin da subito.

Inoltre tutta la situazione appare molto confusa, non agevolando affatto la lettura, anzi rendendola pesante. Appaiono troppi nomi per essere semplicemente un estratto: persone che lo leggono e che non conoscono la storia si confondono non poco.

Nonostante ciò, le emozioni della protagonista non sono state evidenziate abbastanza bene, facendo risultare tutto il contesto un po' freddo.

Grammatica e lessico: come nel precedente, ci sono problemi sui tempi verbali, virgole, punteggiatura nei dialoghi e generale. Refusi sono un po' sparsi ovunque ma, al contrario dell'ultima volta, questa sono stati un po' invadenti. Consigliamo una revisione.

Lessico normale, senza nessuna cosa che faccia spiccare. Da migliorare per ora è la grammatica, alla forma potrai pensare più avanti.

Originalità: il combattimento è un tema molto visto nel fantasy, anche se la confusione era tale da non permetterci di capire chi era contro chi e via dicendo. Anche il sacrificio per amore è poco originale. Speriamo che tu possa migliorare questo aspetto come tutti gli altri evidenziati!

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