Valutazioni fantasy pt.1
Le nostre recensioni per i partecipanti al concorso! La pubblicazione avviene in ordine del tutto casuale.
La classifica con i voti arriverà non appena finiremo di leggere tutto =)
Alebluerose - Il destino della Rosa Blu - momento tragico
Eric, Delilah e alcuni dei loro soldati sparirono ingurgitati dalle tenebre e dalle fiamme dell'incendio che continuava a divampare imperterrito come unico spettatore di quella strage. Elìnor abbassò il capo, scossa da tremiti, portandosi le braccia al busto nel tentativo inconscio di donare alla propria anima un po' di calore. Il suo campo visivo venne offuscato dalle lacrime che continuavano a prosciugarle gli occhi, scorrevano placide e fautrici di tristezza lungo il viso, per poi raccogliersi in prossimità del mento e scivolare sul manto innevato sotto di lei.
Erano stati attaccati. Lord Andreia era morto e lei era in grado di dare la vita ai cadaveri.
Si sentiva dilaniata, nulla sarebbe più potuto essere come prima e non fu sicura che sarebbe riuscita a sopportare il peso di ciò che era accaduto. Aveva il disperato bisogno di sentire il profumo di Dorian, di immergersi nei suoi occhi verdi così simili a quelli del Lord che in quella notte aveva perso la vita. A quel pensiero avvertì una fitta al cuore, come se una mano lo stritolasse con forza e d'istinto, timorosa, sollevò lo sguardo per cercare il corpo di Lord Andreia.
I battiti aumentarono all'impazzata, perché sarebbe stato incredibilmente doloroso vederlo in piedi, martoriato, accanto agli altri cadaveri che si stagliavano dinnanzi a lei. I suoi occhi scivolarono lungo la neve attorno, finché non si piantarono nel corpo del Lord a pochi metri di distanza, riverso su una pozza di sangue raggrumato.
No.
Elìnor avvertì un groppo occluderle la gola, mentre tutta la sofferenza e la disperazione si miscelarono assieme fino a invaderla e soffocarla. Avrebbe voluto gridare ancora, ma sarebbe stato sufficiente a rigettare la devastazione che si portava dentro? Sarebbe stato forse in qualche modo utile a riportarlo da lei?
Perché lui non si era risvegliato?
«Andreia...» mormorò, incapace di trattenere i singhiozzi, mentre tentava di strisciare sulla neve le ginocchia ormai infradiciate per dirigersi verso di lui. Il corpo del Lord era in posizione prona, gli abiti imbrattati di sangue e neve, i capelli biondi che rilucevano sotto la luce evanescente del rogo. In qualche modo, quello scenario le ricordò con spaventosa chiarezza il giorno in cui aveva trovato il corpo senza vita di sua madre. Le fu chiaro che Lord Andreia era morto e non avrebbe mai più riaperto gli occhi, non le avrebbe più parlato con la sua voce calda e gentile, non sarebbe più stato in grado di tenderle la mano e guidarla nel giusto sentiero per non commettere errori. Lord Andreia non sarebbe più scoppiato in una risata, non avrebbe più parlato con il figlio appena ritrovato e non avrebbe visto nascere i suoi nipoti.
Era morto.
Il dolore era così lancinante che Elìnor si portò una mano al petto e si strinse la sottoveste in prossimità del cuore, come se con quel gesto fosse in grado di poterlo strappare via ed eliminare così tutta la sofferenza che la lacerava. Scoppiò a piangere in maniera incontrollata, incapace di fermarsi, sentendosi trascinata dalla corrente inesorabile di un immaginario fiume in piena.
I suoi singhiozzi devastati risuonarono in un'eco agghiacciante per tutta la valle.
I contorni del corpo del Lord erano annebbiati e offuscati dalle lacrime che non volevano saperne di arrestarsi, tuttavia Elìnor volle accertarsi che fosse reale, tangibile, e non un'orrida burla della mente. Nel tentativo di toccarlo, allungò la mano tremante e chinò il busto verso di lui.
Sconquassata dai tremiti e dai singhiozzi, posò le dita sul suo capo e gli carezzò i capelli ancora morbidi, quasi potesse confortarlo; poi, senza potersi fermare, si piegò a cingergli le spalle con le braccia, posando il capo sulla sua nuca e respirando l'odore metallico del sangue miscelato a quello dei suoi capelli. Fu in quell'esatto istante che accadde.
Dal corpo di Lord Andreia si liberarono piccole sfere luminose, parvero fuoriuscire dalla sua pelle e librarsi in aria, volteggiando leggere e delicate come scintille rivolte al cielo. Elìnor spalancò le labbra e sgranò gli occhi, sollevandosi lentamente dal corpo del Lord per osservare ciò che stava accadendo in maniera del tutto inaspettata.
Da ognuno dei cadaveri a cui aveva ridato la vita fuoriuscirono centinaia di sfere brillanti e soffuse che danzavano sospese a mezz'aria. Fuggevoli, si carezzavano con dolcezza, sfiorandosi come a volersi abbracciare, per poi innalzarsi e raggiungere la volta celeste cupa e rabbiosa sopra le loro teste. Era uno spettacolo incredibile e affascinante, ed Elìnor non riuscì a distogliere lo sguardo da quelle piccole scintille vitali che si svincolavano dalle catene dei corpi terreni. Tutto attorno a lei fu un tripudio di luccichii soffusi dai contorni ovattati, eppure così brillanti da illuminare la valle quasi a giorno come migliaia di candele, calde e accoglienti.
Elìnor abbozzò un sorriso a metà tra il mesto e il sollievo nell'osservare le luci che danzavano nell'aria attorno a lei per dirigersi verso il cielo, perché comprese di aver salvato le anime di quei soldati deceduti in battaglia.
Smise di seguirle con lo sguardo e si voltò verso il Lord, rivolgendogli un'espressione carica di amore e sfiorandogli il capo con le dita, carezzando i sottili e morbidi fili dorati dei suoi capelli. Vinta dalla tristezza, si curvò verso di lui in modo che le labbra fossero a una spanna dal suo orecchio.
«Spero che tu possa ritrovare Eleni, lassù, ed essere di nuovo felice» gli sussurrò, pregando che lui potesse sentirla ovunque si trovasse, mentre i piccoli frammenti lucenti dell'anima del Lord si libravano verso l'alto, abbracciati dall'oscurità della notte.
#GmS
Coinvolgimento emotivo: ci è stato dato il potere di immedesimarci in Elìnor in poche righe con questo estratto. La tristezza è palpabile poiché riusciamo a sentirci completamente partecipi della scena grazie alle descrizioni sia dell'ambientazione che dell'introspezione. Davvero belle le figure retoriche, specialmente la metafora di donare calore all'anima.
Molto più dell'estratto precedente, qui il dolore viene reso quasi alla perfezione, dandoci la possibilità di diventare Elìnor e di sentire quel che sente lei.
Ci sentiamo coinvolti anche per via di tutto ciò che Elìnor ha perso con la morte del Lord. Quando perdiamo una persona, con essa vengono a mancare tantissime situazioni derivate, che qui ci vengono mostrate bene con il senso di perdita che attanaglia il personaggio. Davvero un ottimo lavoro.
Grammatica e lessico: grammatica impeccabile a parte, forse, qualche virgola che sarebbe dovuta essere presente come in "Si sentiva dilaniata, nulla sarebbe più potuto essere come prima e non fu sicura[...] -> serve una virgola prima di "e non fu" per via della struttura della frase, un po' lunga e complessa, che la richiede per rendere la lettura più fluida.
A parte ciò ci sono alcune cacofonie e ripetizioni di poco conto, ma ciò che davvero abbiamo apprezzato sono state, come già detto, le abbondanti figure retoriche.
Non si notano nemmeno altri errori nella parte lessicale, in quanto le parole vengono utilizzate nel giusto modo, donando anche un aspetto quasi aulico alla narrazione.
Originalità: la situazione in sé perde forse qualche punto, in quanto è abbastanza frequente ritrovarsi di fronte a un campo di battaglia dove si perdono amici, conoscenti o persino parenti. La particolarità qui sta, però, in come è stato reso tutto il resto.
Uno scenario piuttosto originale, insomma! L'innalzamento degli animi è stata una bella dimostrazione di fantasia e cura per la tua storia, ma più che altro il modo di esporre le emozioni è ricercato e molto bello.
AlessiaLeone719 - Elements: Il Segreto di Daphne - colpo di scena
Foscor fece un passo indietro sorpreso e si guardò la mano, dove fra qualche ciocca di capelli biondi, c'era l'elastico della Yami. La studentessa si liberò dalla sua prigione d'ombra e disegnò una runa curativa, dalla quale emerse un'elegante fenice che volo dentro il corpo di Alex, curandolo. Grazie all'incredibile quantità di energia magica che la maga oscura ottenne ritornando alla sua forma originale, riuscì a scagliargli contro un'ultima magia. Daphne corse verso di lui e gli toccò il petto.
<<Helbram Obscurant!>>
Il mago nero cadde in ginocchio reggendosi la testa fra le mani ed emise un urlo agghiacciante. L'uomo si girò più volte alla ricerca di qualcuno o qualcosa e quando il suo capo si fermò il generale urlò di nuovo in preda ad un dolore incontenibile, stringendosi le mani contro la gola. La sua ombra assunse una forma acuminata e lo colpì più volte, fino a quando non gli si conficcò in pieno addome ferendolo gravemente. Daphne osservò la scena inorridita e per un breve istante fu sopraffatta dal suo stesso pericoloso incantesimo.
Un dolore mai provato le attraversò il corpo. Era come se le stessero strappando via l'anima dal corpo, come se miliardi di acuminati uncini le si fossero conficcati nelle carni nel tentativo di strappargliele via di dosso. Il dolore era talmente forte da impedirle addirittura di pensare razionalmente. L'unica cosa che desiderava era che esso finisse e per sua fortuna, lo fece. Quando il dolore cessò del tutto e il suo corpo smise di tremare, Daphne aprì gli occhi e notò che i suoi amici la stavano tenendo ferma al suolo terrorizzati. La studentessa si guardò il corpo indolenzito e notò che gran parte delle sue braccia e del volto erano ricoperti di profondi graffi, che si era sicuramente auto inflitta a causa del suo stesso incantesimo.
<<Ehi.>> gracchiò esausta.
Iris e Teo la guardarono confusi e spaventati mentre Alex l'abbracciò forte.
<<Per amor d'Ofelia Daphne! Non farmi mai più preoccupare in questo modo!>>
Daphne sorrise e appoggiò la fronte sulla spalla del ragazzo, lasciandosi avvolgere dal suo profumo. Un nuovo animalesco urlo del generale però, le fece ricordare di ciò che aveva fatto e si separò da lui. Con le ultime energie rimaste mise termine alla magia, rabbrividendo ancora nel ricordare i suoi effetti.
<<Si può sapere che diavolo è successo? Che incantesimo era quello?>>
Daphne guardò altrove contrita e passandosi una mano fra i capelli sospirò.
<<È una delle sette magie superiori.>>
Alex si grattò la testa confuso.
<<Non erano sei?>>
<<Quelle conosciute ai più si, ma se si cerca nei testi antichi si fa menzione di questo incantesimo... la magia superiore del potere oscuro. Essa fa rivivere a chi la subisce il suo ricordo peggiore accompagnato da un dolore talmente forte e lancinante che induce chi è sotto l'incantesimo a far di tutto pur di farlo smettere... molti impazziscono e arrivano addirittura ad uccidersi.>>
E per quanto aveva visto, Foscor ci era andato parecchio vicino. Daphne si rialzò per l'ennesima volta e camminò a fatica verso il generale ignorando i volti sconvolti dei suoi amici. In quel momento, non aveva proprio la forza di badare a loro, non dopo quello che aveva fatto. Dopo essersi accertata che il generale fosse ancora vivo, gli aprì la mano con la quale le aveva sciolto i capelli e si riprese l'elastico. Foscor era vivo ma ormai non era più in condizioni di combattere. Sollevata, la ragazza si girò per tonare dai suoi amici, ma la katana dell'uomo le trapassò un fianco da parte a parte. Daphne si girò e inorridì nel vederlo in piedi dietro di lei.
<<No...>>
Il mago nero ruotò la lama all'interno della sua ferita, facendola gridare dal dolore.
<<Fa male vero?>>
Il mago oscuro prese un po' del sangue della ragazza e le tracciò una runa sulla sua schiena.
<<Dolorum Sanites.>>
Daphne urlò nuovamente e le sue ginocchia cedettero sotto di lei. Per non farla cadere, il generale l'afferrò per i capelli e la tirò a sé, continuando a ruotare la spada dentro di lei.
<<TI HO CHIESTO SE FA MALE!>>
Mentre era distratto a torturare la studentessa, Alex e Iris avevano raccolto le loro armi e si erano scagliati contro di lui, ma furono respinti dall'ombra di quest'ultimo.
<<MA NON LO AVETE ANCORA CAPITO CHE È INUTILE CERCARE DI OSTACOLARMI?!>>
L'uomo sfilò la katana dal corpo di Daphne e le tirò un calcio sulla schiena, facendola ruzzolare per qualche metro. Quando smise di rotolare, il suo corpo non si mosse. Foscor non badò neanche a ripulire la sua arma e lasciò che il suo corpo fosse circondato da alte fiamme nere, tra le quali il suo unico occhio rosso brillava sinistro. Dopo l'ultimo tremendo incantesimo che aveva subito, aveva definitivamente smesso di testare gli studenti.
#GmS
Coinvolgimento emotivo: il ritmo è un po' rapido e non ci dà la possibilità di sentirci coinvolti al cento per cento. Non c'è traccia di un'emozione, solo freddezza un po' disarmante. L'introspezione manca, non dandoci la possibilità di immedesimarci nei personaggi.
Non abbiamo ben capito quale sia il colpo di scena, ma se è il fatto che lui si rialza e ha la meglio all'ultimo del combattimento, ci aspettavamo un pochino di più.
Grammatica e lessico: l'estratto è praticamente privo di virgole. Se non ti piacciono lo capiamo, a volte rendono la lettura un po' pesante con tutte quelle pause, tuttavia spesso sono necessarie come in: <<Per amor d'Ofelia Daphne! (va la virgola dopo Ofelia). Sono sbagliati la maggior parte degli incisi, attenzione a dove metti le virgole. Errata è anche la punteggiatura all'interno dei dialoghi, ti consigliamo di fare una ricerca e scegliere lo stile che più ti aggrada, mantenendo possibilmente sempre lo stesso.
All'inizio v'è un accento mancato su "volò", e in generale sono presenti alcuni altri refusi di minor conto, nonostante non vadano lasciati perdere.
È sconsigliabile scrivere in maiuscolo, specialmente in un dialogo. Se si vuole dare enfasi a ciò che viene detto, si può fare benissimo nella parte narrativa, perché tutto il contesto perde immensamente di credibilità.
Originalità: il combattimento è carino, specialmente per via dell'incantesimo inaspettato che sopraffà anche la protagonista, e questo è originale. L'unica cosa è che i nomi degli incantesimi ricordano un tantino Harry Potter e le rune di Shadowhunters, e la disfatta finale della ragazza è un po' scontata.
A parte questo, non viene detto molto del combattimento magico, quasi fosse una cosa di poco conto.
Ciscandra - Ciscandra - Solo la follia conosce il mio nome - momento tragico
Mi avvicino al letto iniziando ad aprire la cerniera del vestito rosso ormai stracciato, quando noto sopra un basso comodino di legno, un grande foglio riempito di croci rosse.
Quando lo prendo tra le mie mani scopro che è la cartina di una città. Ci sono dei percorsi rossi segnati nelle stradine bianche e dei nomi di località barrati. Assieme alla cartina c'è una lettera. Anche quella ha un grosso numero nero scritto in alto.
235
Mi hai detto che io non esistevo, che non sapevo neanche cosa mi piacesse, che non bastava avere degli occhi e dei capelli per essere un umano.
Mi hai detto che ero solo un'estensione di te.
Però io ho scoperto cosa mi piace.
Mi piacciono le gomme da masticare, quelle rosa.
Mi piacciono i cieli azzurri strazianti, il profumo dei glicini, il sangue che esce dai miei tagli, le calze bucate e il trucco pesante, la musica lirica e lo zucchero a velo. Il tè, l'imbrunire e le nocche delle dita strette tra i denti mentre piango.
Mi piace il sole, correre a piedi nudi nell'erba, i canali delle televendite e la pioggia che sembra quasi nebbia pungente.
Ma anche se ora lo so, non te lo posso dire.
Vorrei parlarti, ma tu non rispondi mai.
Ho iniziato a collezionare cose nella mia testa: stelle distorte, fiori impiccati al soffitto, unghie che sanno di profumo e pillole che fanno convergere universi.
Ma la solitudine resta qualcosa di strano e io mi sento piena di distanze irraggiungibili.
È duecentotrentacinque giorni che non ci sei. La noia è un abisso che mi priva di ogni forza.
Ho passato un giorno intero stesa a terra a guardare un ricordo dei cervi sul soffitto. Avevano un manto così morbido, occhi neri e macchie di ruggine sul pelo.
Il giorno dopo l'ho passato in bagno, nella doccia arrugginita. Mi sentivo nuda come un fantasma, anche se indossavo le calze autoreggenti. Ho passato tutto il tempo a guardarmi le vene. Quanto pesano secondo te? Le tue, quando si gonfiano, sembrano tracce di fame blu pronte a saziare la paura.
Giorni fa mi sono svegliata e ho deciso di aprire quel cassetto. Sono tornata lì, dove ci hanno spezzato. So che me l'avevi proibito, ma avevo bisogno di vedere del sangue per ricordarmi di essere reale.
Tu lo ricordi ancora?
Quel giorno che ci hanno rinchiusi in un pugno, il sole era caldo e io avevo quegli occhiali scuri e graffiati che ti piacciono tanto.
"Starai meglio", continuavano a dirci, ma tu ridevi con sdegno, mi dicevi che ero troppo ingenua a fidarmi di loro.
Dopo giorni di silenzio, avevo detto che abitavamo un'oscurità simile ad un coro di voci in preghiera (tu, le senti ancora?).
Da allora ci avevano sempre messi al sole qualche ora. Pensavano che così il buio dentro potesse scemare, come se la nostra pelle avesse potuto ingoiare piccoli cristalli appena nati, dissipando le tenebre.
Come facevamo a spiegare loro, che le nostre ossa erano solo sbarre da spezzare per rinascere?
Come spiegare della prigione che avevamo dentro? Del nostro sentirci completamente disarmati nel dolore? Della nostra incapacità di ricostruire ogni caduta, con pazienza, nello sconforto inerme?
Brian, dove sei?
Mi chiedo quanto brilli il coltello che hai nella schiena ogni notte che ti stendi.
Sai, ci sono ancora tanti fiumi di sangue in cui bagnarsi i piedi e alberi carichi di neve pronti a scaldare le nostre lingue.
A volte riesco a scorgere il tuo ritorno accecante, mi taglia appena le palpebre.
Dove sei, Brian?
Quali braccia stavolta ti bloccano contro il muro?
Chiedimi tutto, da capo.
Chiedimi come mi sveglio. Chiedimi che sapore ha la cenere in fondo alla gola, il cuore dell'ultima regina che ho mangiato. Chiedimi delle mie guerre, dei torti che ho inflitto, chiedimi delle torture di cui ho riso, delle pillole che ho ingoiato, di quante parole hanno cercato di amarmi.
Spengo le luci nella mia testa.
Se fossi qui, non capiresti mai a cosa sto pensando, però scopriresti che sono diventata forte e fragile come un fiore.
Se fossi qui, vorrei stringere una benda di chiodi attorno ai tuoi occhi, vorrei sentirti gridare d'angoscia mentre mi inginocchio e ti abbraccio la schiena. Forse allora sentiresti che senza di me non hai senso, che io sono nata per difenderti.
Ma no, tu continueresti a dire che stai meglio lontano da me, che non vuoi che io sporchi le tue cosce. Allora mi sentirei trafitta da polvere e vento, e cercherei della dolcezza nella tua crudeltà, una scheggia di amore in ogni tuo tremito di rabbia.
Sì, forse mi diresti con disgusto: «Guarda, sei diventata una spiaggia di ossa con un cuore in affitto»
Ma io ti amerei comunque, perché tra i due, sono io che ho trovato l'immensità in quella violenza.
Ti direi di amare la tua paura e di crocifiggere la tua bellezza. Ti direi che ogni cosa scorre nella giusta direzione. Ti direi che il nostro dolore è solo un crescere che si arrende alla meraviglia.
Ma tu mi volteresti le spalle, lasciandomi sola, ad osservare i tagli segnare pesanti ogni muscolo e ombra nella tua schiena.
___
«Hai letto», Ambra è sulla porta, mi fissa senza una traccia di emozione sul volto. Improvvisamente la vedo piccola e fragile, come un origami di carta sul baratro di un incendio.
E io mi ritrovo con la sua lettera in mano e un calore che mi divora lo stomaco.
Ho le mani macchiate.
Cosa ho fatto? Perché ho letto questa lettera! Erano cose sue!
Sento che dovrei vergognarmi, eppure c'è un impulso di curiosità avida dentro di me. C'è quella voce sottile, che ci dice a volte di violare i confini altrui, anche se sappiamo che è sbagliato, che non è così che si fa.
Eppure noi lo facciamo. A volte anche ripetutamente. A volte chiediamo scusa, a volte scopriamo cose che capiamo solo a posteriori perché ci erano tenute nascoste dalla vita.
Eppure siamo lì, non intenzionati a tornare indietro.
«Mio fratello se n'è andato», gli occhi azzurri mi fissano indagatori per qualche secondo. Non c'è rabbia in quel volto. La ragazza bionda si stiracchia il collo prima di entrare nella stanza.
Persa nel suo sguardo, mi sento come davanti ad uno specchio.
#GmS
Coinvolgimento emotivo: bastano poche parole per immergerci completamente nella lettera. La sofferenza di chi l'ha scritta trapela da ogni parola, anche se a volte ci è difficile capirne il senso per via della nostra poca familiarità con Ambra. Tuttavia ciò non basta a fermare questo senso di appartenenza.
È un coinvolgimento che non ha nulla di invidiare, una lettera che ci sembra di avere tra le mani e assaporare ogni parola scritta con ansia, trepidazione, curiosità, ma anche vaga paura. Tutte le sensazioni sono presenti, tangibili. Hai fatto davvero un ottimo lavoro.
Grammatica e lessico: lo stile della lettera si distacca un po' da quello della narratrice, ma entrambi sono, a modo loro, unici e interessanti. Anche con questa differenza di stili riesci sempre a evidenziare quello che davvero vuoi intendere, a volte con frasi breve e concise altre volte con frasi più elaborate, ma l'eleganza presente in tutta la narrazione non subisce alcun mutamento. Ci sono pochissimi refusi come qualche virgola o D eufonica di troppo, ma per il resto nulla da segnalare.
Originalità: ciò che viene descritto in queste righe è solo una perdita, tuttavia il modo particolare in cui è stata esposta ci ha segnato il cuore e rimarrà per sempre indimenticato!
Una lettera che mette a nudo le emozioni più profonde della ragazza, che le consente di porgere su un vassoio sanguinante il suo cuore distrutto, la sua anima a pezzi. La sua delusione nel rifiuto: non è da tutti, complimenti!
himenoshirotsuki - Slayers - momento tragico
Era un orfano come tanti, un bambino non voluto che era stato abbandonato non appena ce n'era stata l'occasione. Per le strade di Eartshire era sopravvissuto alla fame, alle botte e al gelo, combattendo in ogni istante per arrivare alla mattina successiva. Un giorno di un inverno particolarmente freddo, Vincent aveva incontrato Mastro Charless, il padre della sua amata Hannabeth. Non seppe mai perché l'orologiaio più rinomato della città avesse scelto di accoglierlo in casa e mai si pose la domanda. Aveva un tetto sopra la testa, un pasto caldo e la compagnia di quella ragazza che fin da subito aveva attirato la sua attenzione. Gli anni trascorsi a correre per la città, le risate, gli scherzi e i pomeriggi a sognare il futuro erano ricordi che aveva sempre portato nel cuore, insieme alle loro occhiate, ai gesti impacciati, al loro volersi in silenzio. Erano innamorati e nemmeno sapevano di esserlo.
Una notte, ormai adolescenti, erano divampate le fiamme delle torce della città in festa e sopra le loro teste erano sbocciati in fiori colorati i fuochi d'artificio, mentre l'aria si riempiva di risate ed esclamazioni gioiose. E loro due, appartati sotto i rami di un antico frassino, si erano amati per la prima volta.
Vincent era stato felice in quei giorni e per qualche tempo aveva creduto di poter trascorrere finalmente una vita tranquilla e serena.
Anche se nel suo corpo scorreva il sangue di uno Strzyga.
Anche se sulla sua pelle avevano inciso a fuoco rune blasfeme.
Anche se aveva bevuto l'Essenza dell'Anima e la sua umanità era stata quasi del tutto divorata.
Poi, il giorno in cui aveva lasciato la vecchia rocca ed era tornato a casa per salutare prima di mettersi in viaggio, aveva visto il suo primo mostro. Si trattava proprio di Mastro Charless. Lo aveva sorpreso nel retrobottega, in mezzo a tutti i suoi attrezzi da lavoro, mentre operava con minuzia sul corpo di sua figlia e ne asportava la pelle. Era rimasto immobile, paralizzato dalla visione del bisturi che incideva le carni della ragazza, togliendole pezzo dopo pezzo brandelli di carne, per poi sostituirli con altri, più neri, più spessi, più forti, non umani. In quel momento si era reso conto quanto la fede in quell'uomo e nei suoi modi gentili lo avesse reso cieco.
Le urla di Hannabeth, cosciente e incatenata a quel sudicio tavolo delle torture, lo avevano riscosso. Aveva ucciso quell'essere con un unico colpo, senza esitazione. La testa era saltata via con facilità, per poi rotolare sul pavimento. Aveva liberato la ragazza dalle pesanti catene e l'aveva stretta a sé, per fargli sentire la sua presenza. Si maledì più volte per non essersene accorto prima, che quei lunghi periodi in cui Hannabeth doveva rimanere in camera non erano dovuti alla sua salute cagionevole, ma agli esprimenti a cui era costretta a sottoporsi.
Era corso dal curatore del villaggio e quasi lo aveva trascinato nel retrobottega, incurante degli sguardi allibiti degli abitanti. Ma quando erano arrivati, a parte il pavimento e le mura lorde di sangue, di lei non c'era traccia. Sparita nel nulla, come se non fosse mai esistita. Da quel giorno, Vincent si era messo sulle sue tracce.
Aveva viaggiato di città in città, eseguendo alla perfezione i compiti che la Dogma gli affidava o quelli che accettava nei borghi e nei villaggi. Camminava solo, accompagnato dal suo fucile e dalla mannaia. Alle volte si avvicinava agli steccati dei villaggi o si appoggiava alle mura delle città e aspettava. Se gli sputavano addosso o gli tiravano pietre, se ne andava; se invece qualcuno gli offriva un incarico, lo eseguiva. Batteva le foreste passo dopo passo, si spingeva fin nelle necropoli e nei sotterranei degli antichi castelli, inoltrandosi nelle rovine della civiltà alla ricerca dell'essere che doveva uccidere. Era quello il suo lavoro ed in breve si era reso conto che l'odio e la paura di chi gli consegnava la ricompensa gli erano indifferenti.
Con gli anni, l'Essenza dell'Anima aveva scorticato ciò che di umano c'era ancora in lui e, alla fine, le ombre avevano inghiottito tutto. Tutto tranne lei.
#GmS
Coinvolgimento emotivo: ci siamo sentite molto coinvolte durante il racconto, tuttavia non siamo riuscite a intristirci. Sarà forse perché non è sufficientemente drammatico, oppure perché i sentimenti di Vincent vengono esposti bene solamente all'inizio e alla fine, non nel mezzo.
Nonostante la fine della ragazza che amava, non si avverte quasi nulla delle sue emozioni, non ci dà il permesso di coinvolgerci perfettamente in quello che leggiamo, anzi la lettura sembra più distaccata e più lontana del lettore.
Comunque un bell'estratto.
Grammatica e lessico: complimenti, grammatica perfetta e stile impeccabile sebbene avremmo preferito qualche descrizione (ambientale o introspettiva) in più, perché così saremmo state più coinvolte nella lettura. Nonostante ciò lo stile rimane pulito ed elegante.
Originalità: ciò che vive nell'animo di Vincent ci ha incuriositi parecchio. Questa Essenza dell'Anima sembra qualcosa di originale e mai visto.
Anche gli esperimenti compiuti dall'orologiaio lasciano una grande curiosità, perché non si sa a cosa siano finalizzati, per non parlare dell'adozione improvvisa del ragazzo. Da questo punto di vista, hai fatto davvero un ottimo lavoro.
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