4-Incubo ad Occhi Aperti.
Xavier.
La guardia afferrò i miei polsi con veemenza avvolgendo delle manette intorno ad essi senza aggiungere nulla, aggrottai la fronte mentre il metallo gelido mi fece accaponare la pelle.
Non ebbi nemmeno il tempo a disposizione per poter realizzare ciò che stava realmente accadendo, venni spinto con irruenza all’interno di una cella differente, la porta venne chiusa subito dopo e non esitai a precipitarmi dalle sbarre.
«Potresti darmi anche qualche spiegazione» ringhiai, la guardia mi fulminò prima di dileguarsi ignorandomi spudoratamente.
Avvistai delle persone con la periferia dello sguardo, restarono rannicchiate al fondo della stanza senza proferire alcuna parola.
A quanto pare quel giorno segnava la fine del mio perenne isolamento e il motivo era ancora a me sconosciuto.
Mi diressi nell’unico angolo vuoto sedendomi a terra, portai le gambe al petto appoggiando il mento su di esse e cominciai a rimuginare.
Ero terrorizzato all’idea di entrare in contatto con altri ragazzi dato che non mi era mai capitato prima, non sapevo quale atteggiamento sarebbe stato più consono alla situazione o se avrei dovuto parlarci obbligatoriamente.
Il mio sguardo scorreva libero all’interno della cella per poter analizzare la situazione: ognuna di quelle persone indossava un collare apparentemente di legno massiccio, ma il dettaglio che catturò la mia attenzione fu un pulsante rosso situato sul retro, ero convinto di non averlo mai visto prima di allora e tantomeno di possederlo. Inoltre ero l’unico ad avere i polsi strettamente legati e data la mia carnagione chiara, stavano già prendendo forma dei lividi violacei.
Analizzai meticolosamente la stanza e la posizione in cui potesse essere situata, se non erravo, doveva trovarsi dallo stesso lato della mia cella precedente e ciò significava che anche quella era rivolta verso l’esterno dell’edificio.
Avrei dovuto trovare uno spiraglio, una crepa, una qualsiasi cosa che mi concedesse la vista del cielo per poter decifrare un’ora più o meno esatta. Il cambio di guardia avrebbe potuto subire dei mutamenti ma avrei dovuto verificarlo per esserne certo.
«Sono Ley» una voce dolce e fin troppo pura mi strappò violentemente dai miei pensieri, spostai lo sguardo incontrando una figura minuta e due occhi cristallini. Dedussi che non avesse trascorso molti giorni all’interno di quella struttura raccapricciante, lo notai dalla luce di speranza impressa nelle sue iridi e da un timido sorriso che incorniciava il suo viso.
A primo impatto, tramite una rapida occhiata, sembrava essere il più piccolo «Xavier» replicai con un tocco di freddezza, mi veniva naturale e non sarei riuscito a plasmare il mio carattere tanto facilmente.
Trascorsi alcuni minuti gli altri seguirono le orme del loro compagno presentandosi a me: Redda, Gard, Laphia , Lasbert e infine Keadel il più grande tra tutti i presenti.
Apprezzavo il gesto che avevano compiuto nei miei confronti ma nonostante ciò provavo diffidenza, «Come te la sei fatta quella?» il tono di Ley era intriso di innocenza e non mi alterai come credevo ma non riuscii a donargli una risposta.
Le mie labbra rimasero leggermente socchiuse e gli occhi sbarrati, il suo indice puntava il mio viso, in particolare il lato sinistro.
Era scontato che qualcuno avrebbe notato la cicatrice avendo i capelli raccolti, tagliava a metà la mascella sinistra fino al raggiungimento del collo.
Ripensare a quel giorno creava un vuoto abissale al centro del petto e non era semplice colmarlo.
Mi coricai a pancia in su distendendo le gambe sulla parete in rovine, non possedevo più la pallina e di conseguenza non avevo altro modo per poter trascorrere il tempo.
«Li odio quelli come lui» la voce che giunse alle mie orecchie era lieve, quasi impercettibile, riuscii ad udirla soltanto grazie al silenzio che ci avvolgeva. Aggrottai la fronte supponendo che quell’affermazione fosse riferita a me, «Cosa intendi?» ribattei a Lasbert con la voce colma di apatia.
Rotai leggermente lo sguardo entrando in contrasto con la sua espressione sorpresa, trascorsero una manciata di secondi prima che riversasse, contro il sottoscritto, tutto ciò che tentava di opprimere dentro di sé.
Scattò in piedi puntandomi l’indice contro, «Tu neanche immagini cosa comporti indossare questo collare, possiedi dei privilegi o sbaglio? Non sai nemmeno a cosa serva questo!» l’ira si impadronì del suo corpo, si voltò di spalle evidenziando il pulsante incastonato nel legno.
Rimasi impassibile concedendogli l’opportunità di sfogarsi, «Se per sbaglio dovessimo premere questo affare moriremo dissanguati, proprio come se usassimo i nostri Xiù. E conosci la ragione? Siamo considerati semplice carne da macello a differenza di te, non è importante la nostra vita perché il mondo brulica di ragazzi come noi! Voi invece venite custoditi con cautela come trofei preziosi, di certo non subite i nostri stessi esperimenti e…» lo interruppi bruscamente mantenendo le palpebre spalancate.
Mi era parso di vedere per pochi secondi una scintilla scaturire dalle sue dita serrate, quel collare era come una bomba ad orologeria: non appena esso avrebbe percepito lo Xiù si sarebbe attivato e gli aghi sarebbero usciti allo scoperto trafiggendolo.
Non ero informato riguardo al funzionamento di quel meccanismo ma avevo già visto persone intraprendere quella fine, al di là delle sbarre dove risultavo inerme, potevo soltanto osservare l’esecuzione.
«Sarai anche a conoscenza della causa scatenante di un potere, suppongo, sono le emozioni forti e la rabbia è tra queste. Se i tuoi poteri dovessero manifestarsi, anche in una quantità apparentemente insignificante, finirai per morire agonizzante nel tuo stesso sangue» gli sguardi erano concentrati su di me, ero conscio di aver sbagliato atteggiamento e come mi ero posto la non sapevo relazionarmi in altro modo.
«Per te è un gioco?» questa volta fu Gard a pormi la domanda, «Come fai a mantenere la calma? Come fai a non desiderare di abbracciare i tuoi genitori?» la sua voce trepida si disperse nella stanza, mi sedetti scrutando le sue guance ricoperte di lacrime.
Le sue parole crearono un vuoto lancinante al centro del mio petto, le mie dita si avvolsero attorno ad un lembo della maglietta, non mi era mai capitato di provare un dolore simile.
Mi rinchiusi in me stesso non trovando nient’altro da aggiungere, rimasi rannicchiato in un angolo, senza toccare nemmeno una briciola di pane, fino all’arrivo della luna.
La mia mente si colmò di pensieri opprimenti, frammenti di immagini scorrevano come una pellicola difettosa, accantonai involontariamente il piano di evasione e tutto ciò che lo riguardava.
I ragazzi dormivano seduti per evitare di innescare il meccanismo e a turno uno di loro rimaneva sveglio, per supervisionare i compagni.
Restai nell’angolo con soltanto il buio a tenermi compagnia, nessuno avrebbe posto la propria attenzione su di me o mi avrebbe attribuito importanza, ancor meno dopo le mie parole di quel pomeriggio.
Non trascorse molto tempo prima che venni sopraffatto dal dolore, portai le mani sul viso tentato di sopprimere quella sofferenza ma risultò inutile.
Le lacrime solcavano copiose le mie guance pallide, i capelli cadevano morbidi sulle spalle a causa della cordicella, quella con cui raccoglievo le ciocche disordinatamente, che si stava allentando.
«Mi dispiace per oggi, siamo tutti stanchi» mormorò Keadel scaturendo in me della sorpresa, presi un respiro profondo.
Tenni una mano appoggiata sul viso, dal lato che risultava più visibile al ragazzo per poter celare la mia vulnerabilità, le mie dita si intrufolarono tra le ciocche dei capelli mentre il mio sguardo era inchiodato sul pavimento, «Penso che tu comprenda i loro sentimenti» sussurrò.
Scossi lievemente il capo, «Ti sbagli» contestai tentando di nascondere il tremore della mia voce, «Loro possiedono una vita oltre queste mura, persone che probabilmente attendono con ansia il loro ritorno e continuano a nutrire speranza. Io, invece, non conosco una realtà differente da questa» senza che me ne accorgessi, poco dopo aver pronunciato quelle parole, Keadel si sedette al mio fianco.
La mia vista era offuscata a causa delle lacrime che con ostinazione continuavano a bagnarmi il viso, il dolore mi stava lacerando giorno per giorno e un cumulo di rabbia repressa minacciava di plasmarsi da un momento all’altro. Tentavo di sopprimerla perché ero consapevole di ciò che avrebbe causato, ma stava diventando sempre più arduo.
La sua mano si appoggiò delicatamente sulla mia spalla sinistra facendomi sobbalzare, il contatto scaturì in me una sensazione del tutto nuova e d’istinto voltai il capo incastonando i miei occhi cupi nei suoi smeraldini.
Mi rivolse un timido sorriso e forse, fu proprio quella la chiave che mi permise di aprirmi con lui. Le mie dita sfiorarono la pelle bruciata sul lato sinistro del mio viso, venni scosso da violenti brividi «Questo è il frutto del primo esperimento» tremavo al solo pensiero: non mancava molto ormai al prossimo.
Un fascio di luce lunare risaltò i capelli biondi e riccioluti di Keadel, erano crespi e arruffati ma nonostante ciò, gli conferivano un aspetto innocente e amichevole. Il ragazzo appariva propenso ad ascoltare tutto ciò che abbandonava le mie labbra sottili, «Quanto tempo hai trascorso in isolamento?» il suo tono era candido, privo di ostilità. Arricciai il naso a quella domanda ma non ci diedi realmente peso, probabilmente l’aveva semplicemente intuito.
«Circa otto anni, o almeno credo, non sono mai entrato in contatto con altre persone… eccetto le guardie» sussurrai, quella conversazione all’apparenza banale riuscì a placarmi e ripresi il controllo delle mie emozioni.
Morsi l’interno della guancia prima di esprimere i miei pensieri, «Sto pianificando un’evasione da molto tempo, non mi resta molto da vivere ma vorrei uscire all’esterno, vedere con i miei occhi com’è anche solo per poco…» mi interruppi entrando in contrasto con l’espressione sconcertata di Keadel, «Possiedi il fulmine, vero?» scrollai le spalle come risposta, non ero consapevole di quale fosse il mio Xiù e non mi ero mai posto il problema.
Quella informazione mi era giunta tramite una guardia: poteva rappresentare una menzogna, ma in caso contrario, desideravo provare la sensazione di libertà almeno una volta prima di esalare l'ultimo respiro.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro