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Fragili (Cosa non fa l'amore)



Jungkook.
Il tipo di ragazzo silenzioso, non molto socievole.
Non era mai stato molto estroverso, era piuttosto timido, era una di quelle persone che preferivano stare sole.
Non era un bastardo, o cose del genere.
Era solo introverso, quindi per gli altri, lui era freddo.
A dire la verità non è che non volesse amici, la questione era che quasi nessuno si scomodava di strappargli qualche parola dalla bocca.
E lui non voleva essere il primo a farlo.
Andare a scuola non è che gli piacesse molto, l'unica ora che davvero apprezzava era educazione fisica.
Jungkook aveva un talento naturale per il movimento fisico, sembrava nato per lo sport.
Quando si giocava a calcio, era sempre il primo a segnare, destreggiandosi abilmente con il pallone, il suo unico obbiettivo la porta bianca in fondo alla palestra della scuola.
Quando giocavano a pallamano, il ragazzo sembrava voler buttar giù tutti, rubando la palla qui e là, saltando imponentemente facendo finire la sfera nell'area di porta.
Il basket era un altro suo punto forte, con i suoi tiri da metà campo, i recuperi della squadra agli ultimi minuti per un suo tiro mozzafiato, e, Jungkook preferiva far finta che il tabellone del canestro di destra, fosse rimasto senza plexiglas assolutamente non per colpa sua.
Ma se c'era una disciplina in cui spaccava, quella era la boxe.
Cosa c'era di così speciale in quelle poche volte in cui l'insegnante gli permetteva di prendere a pugni il sacco vecchio e impolverato della palestra?
Forse l'emozione di infilarsi i guantoni neri e bianchi, i suoi preferiti- gli fasciavano le mani perfettamente, quasi come una seconda pelle.
Forse l'adrenalina che gli scorreva nelle vene ad ogni pum, ad ogni colpo scagliato con potenza contro quel salsicciotto appeso all'angolo infondo del grande spazio chiuso.
A quel punto erano lui, e il sacco.
Più pugni tirava, più era stanco, ma più voleva continuare.
Quanto sentiva che il rumore prodotto dal colpo non era forte abbastanza, tirava più forte, con il triplo della potenza, tanto che le sue nocche bruciavano, e i suoi bicipiti pure, chiedendo pietà.
Ma a Jungkook non importava, lui continuava, continuava e continuava fino a quando l'insegnante non si lamentava con lui che 'Il sacco è vecchio Kungkook, finirai per distruggerlo se continui così '.
E a quel punto il ragazzo sbuffava, in parte stremato dal troppo sforzo fisico, in parte stufo che il suo ultra sessantenne di professore non avesse ancora imparato il suo nome.
"È Jungkook, prof" diceva ormai avendo perso le speranze, quell'uomo aveva proprio bisogno della pensione, pensava.
Dopotutto, era il suo studente migliore, come caspita faceva a sbagliare il suo nome?
Non che fosse uno dei più semplici da ricordare, ovvio.

-

Era per questo che ora Jungkook si stava allenando, pronto per il suo incontro, che sarebbe cominciato in poco tempo.
Era senza maglia, i pantaloncini da boxe neri lucidi, abbinati ai suoi guantoni.
Il suo sguardo era concentrato sul sacco che aveva davanti, un po' più nuovo di quello che usava a scuola qualche anno prima.
I suoi muscoli erano in tensione: i bicipiti erano scolpiti come fossero marmo, le sue cosce erano sode e ben definite, ogni saltello che compiva per tirare un pugno un'occasione per i muscoli di irrigidirsi.
Il sudore cadeva a goccioline dai capelli, passando per la faccia stanca, arrivando al torace e ai pettorali tesi del ragazzo.
Quando il suo manager e allenatore era andato a chiamarlo, aveva tirato un sospiro soddisfatto.
Era pronto per eccellere, ancora una volta, come sempre.
"Si Yoongi Hyung, sono pronto" aveva risposto, tra i respiri per riprendere il fiato.
Nel campionato, non aveva mai perso.
Neanche una volta.
E nemmeno in tutti i campionati precedenti.
Perchè Jungkook era un portento.
E se c'era una cosa che detestava, era perdere, perché sì, era competitivo.
Non era mai un tipo di molte parole, era sempre rimasto riservato anche con i giornalisti.

Quel giorno gli toccava sfidare l'altro pugile più bravo del campionato, il Mascherato.
Nonostante fosse molto abile anche lui, in tutti i match precedenti non era mai riuscito a battere Jungkook, soprannominato da alcuni, la Furia.
Il Mascherato però, aveva quel nome non a caso.
Non si era mai fatto vedere il viso, portava sempre una maschera scura, che gli permetteva soltanto di vedere e respirare.
Aveva sempre mantenuto un che di misteriosità che incuriosiva tutti gli appassionati.
L'unico elemento caratteristico del ragazzo erano i capelli rosso acceso, sempre perfettamente in ordine ad ogni incontro.
Il Mascherato era tanto competitivo quanto lo era Jungkook, e l'aver perso contro quest'ultimo più e più volte nei diversi campionati gli rodeva come non mai.
Non parlava mai alle telecamere, non mostrava mai il volto.
Per lui parlava il suo manager, Namjoon, che aveva rivelato che non appena il Mascherato avesse sconfitto il suo arci-nemico la Furia, avrebbe mostrato il suo volto e quindi rivelato la sua identità.

A Jungkook faceva solo ridere, anche perchè era sicuro che anche questa volta, avrebbe trionfato lui.
Il ragazzo saltellava, e sferrava pugni.
Destra, sinistra, colpo, destra, colpo, destra, sinistra, colpo, abbassati, colpo, destra, sinistra, sinistra, destra, tre, due, uno: aveva vinto.
L'arbitro teneva l'ammasso di muscoli indolenzito che era il braccio di Jungkook in aria, mentre il ragazzo ammirava con un lieve sorriso il suo pubblico: gli spettatori applaudivano per lui, i suoi sostenitori saltavano gioiosi, con ancora le sciarpe con cucito il suo nome in mano, alzate in alto.
I flash erano tanti, si sentivano le voci dei giornalisti sportivi aggiornare la televisione nazionale dell'ennesima sconfitta del Mascherato, e l'ennesima vittoria di Jeon Jungkook, la Furia.
Sussurò un leggero grazie, mentre Yoongi era entrato nel ring complimentandosi con lui, porgendogli acqua e asciugamano.
Ormai in piedi invece, testa rossa aveva i denti stretti in rabbia.
Aveva battuto tutti gli avversari.
Tutti.
Eppure Jungkook sembrava quel secondo in più di apnea impossibile da mantenere quando hai privato i tuoi polmoni di ossigeno fresco per troppo tempo.
Bruciava dentro il Mascherato, mentre il rosso dei suoi capelli era bagnato dal sudore, i suoi guantoni buttati malamente a terra mentre le sue mani erano violentemente aggomitolate in pugni.
E così aveva perso, ancora.
E Jungkook aveva vinto, ancora.

-

Jungkook era in palestra ad allenarsi, i suoi amati guanti con lui, mentre Yoongi parlava con qualche rappresentante di un'azienda di bibite? Per qualche sponsor.
"Scusa?" Aveva detto una voce dolce, soffice e pacata.
"Sei Jungkook? La Furia?" Aveva continuato timida, mentre nel frattempo il moro si era fermato, pronto a voltarsi.
Un'espressione corrucciata in viso, perchè nessuno lo aveva mai trovato in nessuna palestra, rispose titubante "Si... Sono io..."
Il ragazzo sorrise, i suoi occhi si ridussero a due sottili striscioline.
Jungkook poteva vedere uno dei due incisivi leggermente accavallato all'altro, e intanto quella bocca aveva cominciato a muoversi, permettendo al pugile di risentire la voce soave di qualche istante prima.
"Sono un tuo ammiratore, ti seguo da sempre, sei il mio idolo!" Aveva detto abbassando il capo, imbarazzato.
"T-ti ringrazio e-emh... Come hai fatto a trovarmi?" Chiese l'altro.
Il ragazzo alzò la testa, incrociando lo sguardo del più alto.
"A dire il vero, ho fatto delle ricerche, e ho scoperto che questa è la palestra migliore per allenarsi nella boxe, quindi ho pensato di fare un salto... Non pensavo di incontrarti, ma ne sono davvero contento, te lo giuro. Sto tremando" Sussurò l'ultima parte, mentre mostrava le sue mani che sembravano foglie in autunno, e Jungkook non potè far a meno di sorridere a quelle parole, e alle tenere guance rosate del suo ammiratore.
Non si era mai sentito a suo agio con gli sconosciuti, eppure quel sorriso, quella voce, quel ragazzo mai visto prima erano come la cosa più normale che gli fosse potuta capitare.
Jungkook non stava provando sconforto.
"Come ti chiami?" Chiese curioso, sorridendogli per la prima volta, mentre si toglieva i suoi guantoni e li appoggiava alla panchina lì vicino.
Il ragazzo li aveva ammirati con tale meraviglia, con tale ammirazione, che per la prima volta il moro si era sentito imbarazzato di sè stesso, vedendo quanta soggezione metteva al suo fan.
"Jimin, Park Jimin" rispose ricambiando il sorriso.
La sua postura indicava chiaramente il suo dubbio su come rimanere davanti alla star della boxe nazionale, ma Jungkook non voleva sentirsi più in alto di lui, no.
Lo avevano sempre fatto gli altri con lui, e lui non voleva farlo agli altri.
"Siediti pure, prometto che non mangio" ridacchiò il pugile, volgendo la mano verso lo spazio libero vicino a lui.
Jimin sorrise timidamente, per poi sedersi con delicatezza, esitante, vicino al suo idolo.
Jimin aveva i capelli neri, la pelle ambrata e le mani piccole, con tanti anelli.
Era più basso di Jungkook, ma era davvero attraente.
"Allora... Come mi hai conosciuto?" Chiese Jungkook, ora più tranquillo.
"Sono sempre stato un appassionato di questa disciplina, e ho sempre seguito tutti i campionati... Poi sei arrivato tu... La Furia, batti sempre tutti, sei invincibile! Io, io ti amo!" Disse sembrando un bambino che raccontava ai genitori la gita scolastica, una volta rientrato.
Il moro arrossì, non esattamente abituato a così tanto affetto, ma Jimin fu più svelto di lui a parlare: "Emh, scusa, scusa scusa! Non- non intendevo in quel senso, è solo che io ti ammiro tantissimo e- no, emh- è l'emozione e io- scusa, scusami davvero-" cominciò a farneticare nervoso, agitando come un forsennato le mani davanti a sè, imbarazzato.
Jungkook a quel punto rise, il ragazzo davanti a lui era davvero tenero, lo trovava simpatico nella sua timidezza.
"Va bene, non fa niente." Sorrise appoggiandogli la mano sulla spalla, come a volerlo rassicurare.
"E non hai mai provato a tirare pugni?" Continuò poi, sempre più voglioso di conoscere quel cucciolotto teneroso che aveva davanti.
Il suo visino innocente, le labbrucce socchiuse in quello che si potrebbe definire awe alla vista del suo idolo, le mani che giocavano insieme, attorcigliando le dita, gli occhi puntati su di esse.
Alzò lo sguardo, sorpreso.
Deglutì piano, poi diede una risposta "Io... No, mi sarebbe sempre piaciuto, ma i miei non sono mai stati d'accordo, così non ci ho mai provato. Speravo..." Fece una pausa per grattarsi il naso "Speravo di trovare qualcuno che mi potesse dare lezioni qui, se devo essere sincero" rise, riportando gli occhi scuri sulle Dr. Martin's che aveva ai piedi.
"Ah" rispose Jungkook in apprensione, annuendo con la testa.
"Quanti anni hai scusa?" Domandò, gli avrebbe dato almeno un anno in meno di lui.
Sembrava così bambino.
"21, perchè?" Chiese piano.
Jungkook sputò l'acqua che stava bevendo, producendo uno strano suono, del tipo ppppppphhhhhh.
"CHE COSA?!" Strillò sembrando isterico, guardando il resosi conto essere maggiore di lui ragazzo con un'espressione a dir poco scioccata.
"Emmh...calma, calma, cosa ho detto di così scioccante?" Jimin ribattè, aveva uno sguardo interrogativo.
"Niente, è che... Pensavo fossi più piccolo di me... Invece io ho due anni in meno di te!" Disse ad occhi e bocca spalancati, come se la notizia gli avesse cambiato la vita.
"Lo so" rispose il corvino, e ora toccava a Jungkook guardarlo dubbioso.
"Ehhh, Wikipedia..." Rise nervoso Jimin, grattandosi il collo.
"Ahh, giusto." Disse il moro facendo volare lo sguardo dappertutto nella stanza, tranne che su Jimin.
"Dovrei... Dovrei chiamarti Hyung?" Chiese imbarazzato, si stava passando le mani sulle gambe, magari avrebbe potuto nascondercisi in mezzo, e il suo ammiratore non lo avrebbe più visto.
"Cosa? Emh, ecco... Se vuoi... Mi farebbe piacere..." Rispose Jimin.
Incredibile, come quel ragazzo potesse metterlo in soggezione, ma allo stesso tempo farlo sentire a proprio agio.
Aveva qualcosa di speciale, e dopo quella mezz'ora di conversazione Jungkook sentiva di potersi fidare di lui.
Era bello sentirsi apprezzati, era la prima volta che stava così bene con qualcuno.
"Jungkook! Cosa ci fai lì seduto a non fare niente? Quello posso farlo solo io! Alza quel culo sodo e vieni ad allenarti! Mi hai capito?!" Aveva strillato Yoongi dall'altra parte della stanza, con le braccia conserte.
Jungkook si alzò, guardando Jimin con uno sguardo dispiaciuto, si stava rilassando a stare con lui.
"Arrivo, Hyung!" Urlò in tono scocciato, come quando un figlio risponde alla madre dopo che lei lo ha chiamato venticinque volte perchè è pronta la cena.
Si rivoltò verso Jimin, che si era alzato.
"Devi andare... Lo capisco. Grazie del tuo tempo, davvero. È stato magnifico." Stava per incamminarsi verso l'uscita, ma la mano del pugile lo bloccò.
"Aspetta" disse sottovoce.
"Sì?"
"Dammi il tuo cellulare"
"Co- cosa?"
"Ti prego, veloce, non ho molto tempo"
Glielo diede, e Jungkook ci mise il suo numero di telefono, salvandolo con "Kookiee<3".
"Scrivimi... Hyung" sorrise alzando la mano, correndo poi in fondo alla grande stanza, per tornare ad allenarsi.
Jimin guardò il telefono e sorrise.

"Ciao Jungkook, sono Jimin, quel tuo ammiratore..." Quella sera, il corvino si era finalmente deciso a spedire quell'sms.
"Ciao Hyung!" Sorrise il più piccolo mentre inviava il messaggio.
Jimin sorrise di rimando alla vista del nome.
"Senti... Prima mi hai detto che volevi imparare come praticare la boxe... Se vuoi, potrei aiutarti io" inviò un po' nervoso Jungkook.
"Davvero lo faresti?! Sarebbe il massimo!" Scrisse Jimin, e il pugile poteva quasi sentire la voce euforica del suo Hyung nell'orecchio, facendolo sorridere così tanto da indolenzirgli le guance.
"Certo, se domani pomeriggio ritorni alla palestra di oggi, comincerò ad insegnarti come si fa"
"Non vedo l'ora Jungkook-ah! Non puoi capire quanto sia contento! Grazie mille!!"
"Figurati" scrisse, poi attaccò il telefono in carica e con un sorriso radioso si diresse in bagno a farsi una doccia.

-

"Hyung, sei muscoloso però, fai esercizio fisico?" Chiese Jungkook dopo che Jimin si era tolto la felpa, ed era rimasto in canottiera.
"Si, faccio i pesi" rispose lui.
Dopo che Jungkook aveva iniziato a spiegare al suo Hyung come fare, si era reso conto che Jimin imparava in fretta.
Era davvero bravo, magari non ai livelli del campionato, ma diciamo che sapeva indossare i guantoni.

-

"Wow, Hyung, stai davvero facendo progressi!" Sorrise applaudendo Jungkook.
Jimin sorrise, poi rispose "È tutto merito tuo Kookie, sei davvero un bravo insegnante!" Gli scompigliò i capelli, mantenendo la mezzaluna che mostrava i suoi denti bianchissimi.

Così il moro cominciò ad insegnargli i suoi metodi, quelli che usava sempre.
Con il tempo, Jimin si era dimostrato molto capace, e Jungkook non poteva che essere felice e soddisfatto del suo ormai migliore amico.

"Hyung"
"Mh?"
"Domani ho un incontro, ti andrebbe di venire a vedermi?" Chiese mentre raccattava la sua roba, e anche l'altro faceva lo stesso.
"Certo Kookie, mi piacerebbe tantissimo!" Rispose con quel sorriso che Jungkook adorava.

E così Jimin andò.
Era lì, sugli spalti, in prima fila.
Guardava l'incontro con occhi attenti, sorrideva ogni volta che Jungkook sferrava un pugno che indeboliva l'avversario.
Lo aveva sempre pensato che Jungkook fosse bravo.
Non si era sbagliato.
Perchè Jungkook aveva vinto anche quella volta.
"Hyung, andiamo a mangiare insieme per festeggiare?"
"Jungkook... Io non saprei-"
"Daiiii Jiminieee... Offro io!!!" Disse con tono infantile il pugile.
"Mhh, ok. Ordiniamo la pizza?"
"Va bene. Mangiamo a casa tua o mia?"
"Casa mia è in disordine, meglio a casa tua..." Disse aiutandolo a mettere a posto la sua roba.
"Ok" sorrise Jungkook.

Jungkook era più contento, con Jimin intorno.
Il suo primo vero amico, la prima persona a farlo davvero sentire importante, apprezzato.
Si sentiva spensierato, non riusciva a smettere di sorridere.
Quella notte, avevano mangiato la pizza: Jungkook l'aveva presa margherita, lui era un tipo da cose semplici, mentre Jimin, che era più bambino, nonostante fosse più grande del dongsaeng, l'aveva presa con le patatine.
Stavano parlando del più e del meno, e Jimin si passò una mano tra i capelli, tirandoli indietro.
Il fatto che continuasse a mordersi le labbra per solo Dio sa quale ragione non aiutava il moro, che non sapeva se ignorare il problema che si ritrovava tra i pantaloni oppure agire.
"Jimin..." Sospiró, cercando di non fare sentire le incertezze nel suo respiro.
"Non è Hyung per te?" Chiese alzando un sopracciglio, Jungkook gli tiró un'occhiataccia, posandosi una mano sull'erezione.
Jimin continuava a passarsi la mano tra i capelli, poi si rimordeva le labbra, e le leccava, e forse inconsciamente, il suo sguardo era troppo da reggere per un già esageratamente eccitato Jungkook.
Il basso ventre gli doleva, quindi o Jimin la finiva o gliel'avrebbe fatta finire lui.
"Jimin, cazzo. Finiscila." Disse con voce roca, provando a suonare il più normale possibile, anche se sapeva benissimo che avrebbe fallito.
"Di fare cosa" Jimin lo guardò dubbioso, continuando a stuzzicare il labbro inferiore con i denti.
"Di- di morderti le labbra!!" Rispose Jungkook fuori di sè.
Sembrava quasi che il suo Hyung lo stesse facendo apposta.
"Kookie, cosa caspita ti prende? Ho le labbra secche e quindi anche le pellicine"
"Ahh, fanculo" protestò il più piccolo, alzandosi bruscamente dalla sedia, diretto il più lontano possibile dall'altro.
"E ora dove vai?" Chiese Jimin alzandosi anche lui.
"Non... Ti riguarda. Affari miei." Jungkook non si girò, rimase fermo rivolto verso la porta che conduceva al bagno, dando le spalle al corvino.
"Kookie..." Soffiò nel suo orecchio dopo che si era avvicinato al suo dongsaeng in silenzio.
"H-Hyung... Ti prego, lasciami andare in bagno" disse chiudendo gli occhi.
Ad un tratto la mano minuta del più grande si appoggiò sulla coscia muscolosa del pugile, accarezzandola lentamente, facendo scorrere le dita leggere sulla stoffa soffice nera.
Jungkook spalancò gli occhi, il suo respiro si bloccò inaspettato per poi riprendere affannato, mentre cercava di trattenere i gemiti intrappolati nella sua bocca.
Jimin sorrise meschino, aveva capito già dall'inizio che tipo di reazioni poteva scaturire nel suo Kookie, in quel ragazzo che da fuori sembrava tosto e freddo e invece era dolce e amorevole.
Bastava solo aver tempo di scoprirlo.
La mano, meschina quanto il suo sorriso scorse fino all'interno coscia, accarezzandolo dall'alto verso il basso, continuando, per poi dopo qualche secondo bloccarsi a metà.
A quel punto Jimin incollò il suo corpo a quello del più alto, leccandogli il lobo dell'orecchio, assaporando il sapore metallico dell'orecchino lì situato.
"Kookie, volevi soddisfarti tutto da solo? Cosa c'è? Pensavi non ne fossi capace?" Chiese con voce profonda, che risuonò con un brivido nella spina dorsale di Jungkook, che respirò profondamente prima di rispondere.
"V-veramente... Io non pensavo tu... Volessi far- AH... F-farlo...." Disse, un completo disastro respiratorio, la sua voce debole.
Il corvino nel frattempo aveva lentamente sbottonato l'apertura dei pantaloni, abbassando la cerniera, e poi addentrato la mano esperta nei boxer del pugile.
Era la prima volta che Jungkook si mostrava così debole davanti a qualcuno.
Ma finchè era Jimin, a lui stava bene.
Jimin stava massaggiando il suo membro eretto, ancora appiccicato col torso alla schiena del moro, l'incavo destro del collo era diventato un perfetto appoggio per il suo mento.
Mentre la mano continuava il suo lavoro, Jimin lasciava bacetti sul collo dell'altro, lasciando infine, anche un succhiotto.
"Così duro per me, piccolo?" La sua voce era roca, e Jungkook avrebbe potuto svenirgli in mano, ma strinse i denti.
Deglutì rumorosamente, facendo sorridere fiero il corvino.
E Jungkook davvero non si era mai sentito così piccolo, così fragile e vulnerabile.
Jimin gli stava mostrando un nuovo lato della sua personalità.
Ma ancora una volta, a lui non interessava, perchè quello era Jimin.
La prima persona di cui si era fidato, la prima persona di cui si era veramente innamorato.

Ed è per questo che quando la mattina dopo, si era svegliato con il fondoschiena indolenzito, non si era pentito di quello che aveva fatto, e non si era pentito dei sentimenti che aveva provato.
Sotto le coperte, gli occhi ancora vedevano sfumature di appannato, colmi di sonno, ma sapevano benissimo che l'ombra scura vicino a loro era sveglia.
"Hyung"
"Dimmi Kookie" sussurrò dolce Jimin, accarezzandogli i capelli.
"Ti amo"
Jimin sorrise, accarezzandogli la guancia e richiudendo gli occhi.

Jungkook era rimasto leggermente in disappunto dopo che Jimin non gli aveva detto ti amo indietro.
Gli era costato coraggio, e un monologo con se stesso, riguardante se avesse dovuto dirglielo oppure no.
Ma Jimin aveva sorriso, questo voleva dire che ricambiava.
Solo non aveva ancora il coraggio di dirglielo.
Allora Jungkook avrebbe aspettato.

-

Il tempo era passato, e i due erano inseparabili.
Ufficialmente insieme, o meglio, ufficialmente per loro.
Jimin non aveva ancora detto le due parole magiche, ma Jungkook continuava a ripetergliele, sapeva che era solo questione di tempo prima che le sentisse anche lui.
Lo vedeva negli occhi del corvino, nelle sue azioni, nei suoi modi di fare, nel suo tono di voce.
Lo sapeva che Jimin lo amava, lo vedeva tutti i giorni.
E quindi non c'era neanche bisogno che il più grande glielo dicesse.

Jimin lo accompagnava sempre, agli allenamenti, agli incontri, alle conferenze stampa.
Jungkook era diverso alle telecamere, se ne erano resi conto tutti.
Sorrideva sempre, e ora non si faceva problemi a chiacchierare con i giornalisti e i suoi fan.

Cosa non fa l'amore.

-

Una delle tante volte che lo avevano fatto era stato dopo l'ennesima provocazione da parte di Jimin, ma quella volta, Jungkook avrebbe provato l'ebrezza di prendere le redini della situazione.
Dominante.
"Jimin, oggi faccio io" disse con voce sicura, introducendo la mano sotto la maglietta del più grande, passandola per tastare gli addominali, mentre notava la pelle del corvino accapponarsi, forse dall'eccitazione, forse dal freddo.
Jimin annuì e basta, prima di prendere Jungkook e baciarlo rudemente, voglioso di passione.
Il moro ghignò, staccandosi, mentre dopo un'intenso ma fugace sguardo negli occhi prese i lembi della maglietta del più grande, sfilandogliela di dosso, e lanciandola da qualche parte nella loro stanza.
Si era abbassato all'altezza della pancia di Jimin, e aveva cominciato a leccare, baciare e tirare la pelle di quel punto, mentre teneva possessivo per i fianchi il suo Hyung.
Jimin sorrideva, accarezzando i capelli del suo dongsaeng, massaggiando la sua testa, e nel frattempo Jungkook si pomiciava il suo basso ventre, scendendo sempre di più con la bocca e avvicinandosi ancora di più con il corpo.
"Jiminie, li togliamo questi pantaloni?" Chiese con un ghigno stampato in volto, palpando il fondoschiena del maggiore.
Il corvino riuscì solo a emettere un verso, che però il più alto riuscì a intendere come un'approvazione.
Così le sue mani grandi andavano dal sedere del più grande fino alle cosce toniche, e in pochi secondi, sia i pantaloni, che secondo Jungkook fasciavano le gambe di Jimin alla perfezione, che i boxer erano dimenticati insieme alla maglietta.
Il moro osservava quell'erezione compiaciuto, pregustandosi i fatti che sarebbero accaduti di lì a breve.
"Kookie-ah, spogliati anche tu, se no non vale" si lamentò con voce infantile Jimin, ricevendo come risposta la risatina di Jungkook.
"Prima questo, poi mi spogli tu, magari?" Sorrise, avvicinando la testa al membro del compagno, inglobandolo poi in bocca.
Leccava, mordeva, mentre Jimin ansimava disperato, in preda al piacere.
Guidava la sua testa dolcemente ma velocemente, occhi chiusi, denti sulle labbra e sudore sulla fronte, sul collo.
Jungkook alzò poco lo sguardo, soddisfatto di quello che stava riuscendo a fare.
"A-ah, Kookie, continua cos- così.... Ah... N- non ti fermare..."
E così Jungkook continuò, Jimin gli venne in bocca, e il risultato furono sguardi pieni di lussuria mentre il più grande spogliava il pugile e si gustava la dolce vista.
Baci caldi, maleducati, rudi e violenti, tra le spinte del più piccolo nel suo Hyung, e i gemiti di Jimin che lo incitavano ad andare avanti, più infondo, più forte.
La stanchezza era evidente nei corpi e nei visi dei due, quella notte, ma accoccolati l'uno all'altro appena prima di addormentarsi, entrambi sapevano benissimo che quello che avevano era bellissimo.
Amore.
Jungkook aveva le gambe allacciate al busto di Jimin un po' come fanno i koala con le loro mamme, le braccia avvolte attorno al collo del più grande mentre respirava pacificamente, rilassato e nel mondo dei sogni.
E Jimin era lì con lui, sotto le lenzuola bianche, con una mano vicino al fianco e l'altra dietro alla schiena del dongsaeng, che anche se era più alto di lui, era pur sempre più piccolo, fragile, da proteggere.
Infondo Jungkook aveva solo bisogno d'amore.
Aveva solo bisogno di Jimin.

-

Dopo tanto tempo, era giunto ancora una volta con Il Mascherato.
Jungkook non aveva mai avuto paura, ma questa volta, con Jimin al suo fianco, si sentiva invincibile.
"Hyung, vero che verrai all'incontro domani?" Disse tra un colpo e l'altro, entrambi nella palestra dove si erano incontrati.
"Ho un impegno verso quell'ora ma prometto che farò il possibile per esserci, Kookie" Jimin sollevò lo sguardo dal telefono, sorridendo al pugile.
"Meno smancerie e più lavoro, su!" Comandò Yoongi, battendo le mani.
Jungkook sorrise e si rimise ad allenare, mentre il corvino ridacchiò, mettendosi le cuffie e ritornando al suo cellulare.

Quella sera, dopo che Jungkook ebbe finito l'allenamento, arrivarono davanti a casa di Jimin.
"Allora Hyung, ci vediamo domani" sorrise.
Jimin annuì, ricambiando la mezzaluna.
Come il moro si avvicinò allo Hyung per dargli un bacio sulle labbra, il più grande lo strinse in un forte abbraccio, che il pugile non tardò a ricambiare.
"Jungkook..."
"Mh"
"Ti amo" sorrise dolcemente, anche se sapeva che il compagno non poteva vederlo.
Jungkook lo strinse forte, appoggiando la testa sulla spalla del più basso.
I suoi denti da coniglietto si fecero vedere, mentre disse "Anche io".
Jimin tirò un lungo respiro, quasi come se stesse cercando di memorizzare il profumo del suo dongsaeng per non scordarselo mai più.
Una volta separati, Jimin si alzò un secondo in punta di piedi per baciare a stampo il ragazzo, sorridendo dopo.
Jungkook sorrise in risposta, sussurrando un leggero 'buonanotte'.
Il corvino sparì con gli occhi lucidi ma sorridenti dietro la porta del suo appartamento, mentre il pugile si avviò felice verso casa.

Il giorno seguente Jungkook si svegliò presto, Yoongi lo aveva buttato giù dal letto perchè dovevano andare alla conferenza stampa, poi doveva prepararsi... Ecc. ecc.
Il pugile non riusciva a smettere di sorridere, pensava a come avrebbe potuto battere uno dei suoi più abili avversari davanti al suo Jimin, e renderlo fiero di lui.

Il match stava iniziando, e sul ring salì lui, il Mascherato, con i suoi capelli rossi, e ovviamente, il volto come un mistero.
Jungkook cercava lo Hyung tra il pubblico, senza successo.
Sarebbe arrivato, probabilmente in qualsiasi posto fosse doveva esserci molta gente, ed era per quello che ancora non era lì.
Ding.
L'incontro era iniziato.
Il Mascherato sembrava schivarle tutte, colpendo l'imbattuto al momento e nel posto giusto.
Jungkook era perplesso, per la prima volta in vita sua fu preso da un momento di panico.
Girava freneticamente la testa da una parte e dall'altra, alla ricerca di Jimin tra gli spettatori, ma niente.
Non era ancora arrivato.
Non riusciva a capire come il suo avversario, che non aveva mai faticato più di tanto a battere, quel giorno sembrava saperne sempre una in più di lui.
Un secondo stava pensando a come colpirlo, quello dopo era a terra dolorante.
E non riusciva ad alzarsi.
Era finita.
Alzò lo sguardo, guardando il corpo del suo avversario e il suo braccio in aria, vincente.
Lo aveva battuto.
Tuttavia non riusciva a mettere bene a fuoco l'immagine, a causa delle lacrime.
Forse era perché Jimin non era riuscito a presentarsi, forse perché il suo orgoglio era stato ferito.
La luce accecante sopra di lui non migliorava la situazione, si mise il braccio a coprirgli la vista.
Poi una mano lo aiutò ad alzarsi.
Quella del Mascherato.
Quella mano.

Si stava tenendo la conferenza stampa, la famosa dove il Mascherato avrebbe rivelato la sua identità.
La stanza era colma di giornalisti, e ovviamente, era presente anche Jungkook, affiancato da Yoongi.
"Cominciamo" disse Namjoon, ghignando a Jungkook, mentre nel frattempo entrava il vincitore del giorno.
"Come sapete, oggi il Mascherato rivelerà la sua identità, dopo la vittoria contro la Furia, Jeon Jungkook. Prego." Sorrise il manager del pugile.
Le telecamere erano accese, i flash erano infiniti, vogliosi di catturare gli ultimi istanti del mistero e in seguito il fatidico momento.
Il Mascherato si alzò in piedi, vagando con lo sguardo per tutta la stanza fino a incontrare quello di Jungkook.
Il ragazzo continuò a guardarlo, a braccia conserte, impaziente di scoprire il suo avversario di sempre.
Mentre il pugile dai capelli rossi sembrava non voler staccare gli occhi da Jungkook, Namjoon disse "Avanti, vai pure".
Così, le mani si posarono sul fondo della maschera, sfilandola piano, fino a toglierla.
Jungkook voleva piangere.
Jungkook voleva morire.
Guardava quel ragazzo con tale disgusto, odio, dolore.
Come aveva potuto.
Come aveva potuto fargli questo.
Perchè lì, dietro a quel bancone, non c'era altro che Park Jimin.
Jungkook si alzò di scatto, uscendo velocemente dalla stanza, sbattendo la porta.
E Jimin lo seguì con lo sguardo, per poi passarsi una mano tra i capelli rossi, e tornare ai giornalisti.

Jungkook era negli spogliatoi, raggomitolato a sé stesso.
Non poteva crederci.
Non voleva crederci.
L'unica persona per cui aveva mai provato amore, lo aveva preso in giro.
Jimin lo aveva fatto solo per vincere.
Era stata tutta una grossa bugia.
Stupido, perchè hai abbassato la guardia?!
Pensó arrabbiato mentre aveva le lacrime agli occhi, e i suoi singhiozzi erano pesanti e rumorosi.
Una porta si aprì, e Jungkook cercò di ricomporsi il più in fretta possibile, solo per poi dover confrontarsi con Jimin.
"Perchè l'hai fatto?" Chiese subito, quasi senza pensarci.
"Oh, Kookie... È così difficile?" Fece meschino, guardando il minore.
"Non chiamarmi più così." Disse il moro voltando la testa, non riuscendo a reggere lo sguardo.
"Nonostante tutti i miei sforzi, non ti ho mai battuto. Così ho pensato di studiarti... Da vicino.
Sapevo che se mi fossi tinto i capelli di nero non avresti mai potuto riconoscermi, considerando che non mi sono mai fatto vedere e non avevi mai sentito la mia voce.
Stando vicino a te ho potuto studiare le tue mosse, le tue tecniche, me le hai insegnate.
È stato un gioco da ragazzi batterti, è tutto merito tuo.
Grazie davvero, finalmente ho vinto io.
Come ci si sente a perdere mh Jeon?" Sorrise maligno il rosso.
Quello non sembrava il ragazzo premuroso e dolce che aveva conosciuto Jungkook.
Quello era uno stronzo, approfittatore, ragazzo senza scrupoli.
Jungkook sbuffò incredulo, alzandosi in piedi, abbassando lo sguardo per incontrare quello del bugiardo di cui si era fidato.
Jimin lo guardò senza vergogna, leccandosi le labbra.
L'altro strinse i pugni, digrignò i denti.
"Studiarmi eh?" Disse velenoso.
Sbuffò ancora "Sono stato solo il tuo avversario da battere a tutti i costi vero? Niente di più, hai finto tutto questo tempo. Complimenti, devo dire, sei riuscito a buttare giù le mie barriere, e nessuno ci era riuscito. Ti nominerei agli Oscar, ma sarò troppo impegnato a dimostrarti che sono più forte di te, a farti pentire di avermi preso in giro.
Il ti amo di ieri sera, era falso pure quello vero?
Come te." Ora Jungkook aveva la testa vicinissima al viso di Jimin, e sembrava quasi essere tornati a quando si baciavano, forse con l'unica differenza che ora Jungkook guardava il più basso con tale odio che il rosso sarebbe potuto finire polverizzato all'istante.
Jimin dall'altra parte, non sapeva cosa rispondere.
Rimase in silenzio.
Jungkook sussurò un "Mi fai schifo" prima di allontanarsi e abbandonare quello stanzino, e come la porta si chiuse allora era chiusa pure la loro storia.
Il rosso era fermo, immobile, perso nei suoi pensieri.
Ora aveva quello che aspettava da tempo, la vittoria contro Jeon Jungkook.
Eppure, non era felice come si era aspettato.
Si stava ricordando di tutti i bei momenti trascorsi.
La sua iniziale titubanza, perchè i piani non erano certo quelli di mettersi insieme.
Di innamorarsi.
Poi il suo avversario lo aveva trascinato nel suo amore, e all'inizio Jimin si sforzava di non urlargli in faccia tutto il suo odio, ma chissà come l'odio si era dissolto dopo poco.
Era diventato qualcos'altro.
E si sentiva in colpa per tutte quelle volte che Jungkook gli ribadiva il suo amore, e lui si limitava a sorridere, o ad annuire.
Era per quello che la sera prima aveva gli occhi lucidi.
Lo aveva abbracciato, sapendo che sarebbe stato l'ultimo.
L'aveva baciato, sapendo che le sue labbra non sarebbero mai state soddisfatte da altre se non quelle di Jungkook.
Lo aveva annusato, per tenersi in mente quel suo profumo inebriante, sapendo che non l'avrebbe più tranquillizzato nei momenti in cui pensava che forse Jungkook era più dell'ostacolo da abbattere per diventare invincibile.
Gli aveva pianto il cuore nell'esatto momento in cui si era lasciato alle spalle quel ragazzo col sorriso da ebete per quell'unico ti amo che aveva detto, mentre lui aveva gli occhi lucidi.
Perchè sapeva che doveva finire, che sarebbe finito.
Ma forse quella brutta sensazione che provava adesso, quel leggero senso di nausea, gli stava strillando che aveva sbagliato tutto?
Che forse provava sul serio qualcosa per Jungkook?
Impossibile, non si era mai affezionato a nessuno, lui.
Doveva essere contento, lo aveva battuto, dio santo.

Stronzo bastardo.
Pensava Jungkook.
Tutte le volte che lo aveva baciato e lui fingeva.
Tutte le volte che gli diceva ti amo e non rispondeva.
Ora lo sapeva perchè.
Pensava alle somiglianze, come aveva fatto a non notare il brutto vizio di passarsi la mano tra i capelli come un forsennato, quei capelli che l'avevano ingannato.
Aveva lasciato che Jimin si addentrasse dentro di lui, per poi distruggerlo.
E forse quell'unico ti amo pronunciato era quello che lo turbava di più. Ma che lo faceva incazzare di più.
Si strofinò gli occhi un'ultima volta per togliere quella sfocatura che gli appannava la vista.
Mai fidarsi di nessuno.
L'amore distrugge.

Cosa non fa l'amore.

-

Jimin poteva giurare di stare impazzendo.
Tre mesi senza Jungkook e la vista di qualcuno che gli somigliava, dall'aspetto, alla voce, alla risata, gli faceva dolere il cuore.
Non era affatto più sicuro che quello che aveva fatto fosse la cosa giusta.
Forse perchè Jungkook gli mancava, gli mancavano gli abbracci, i leggeri tocchi, le carezze, quell'amore dimostrato nei piccoli gesti, la dolcezza del ragazzo.
Credeteci o no, lo aveva cambiato.
Si ritrovava a pensare a sé stesso con disgusto, e con le lacrime agli occhi ripensando alle sfere lucide della persona che amava e che aveva ferito, l'ultima volta che si erano parlati.
Doveva fare qualcosa.
Lui amava Jungkook.

-

Quando Jimin si presentò all'incontro con Jungkook, era diverso.
Dentro e fuori.
E sperava che la persona che amava se ne rendesse conto.
Era ritornato ai capelli neri, con quella semplicità che Jungkook gli aveva insegnato, si sentiva una persona diversa, quasi normale.
Certo, quello che aveva fatto era rimasto, ma se ne era pentito.
Non era più quel bastardo di prima, quei capelli rossi gli ricordavano i suoi errori.
Troppo dolorosi.
Il nero gli ricordava invece con un sorriso nostalgico i momenti felici trascorsi con Jungkook, quel suo poter essere una persona buona con la b maiuscola.
Non era più il Mascherato, ora era Park Jimin, Park Jimin contro Jeon Jungkook.
Al solo pensiero di rivederlo il suo stomaco si contorceva, il battito cardiaco accelerava.
E le sue mani tremavano.

Lo sapeva che gli avrebbe fatto un certo effetto, eppure, quel ragazzo gli toglieva il respiro.
Non riusciva quasi a guardarlo, quello era il risultato dei suoi sbagli.
Jungkook era sul ring a pochi metri da lui, con uno sguardo che avrebbe intimidito chiunque, carico di odio, e per quanto Jimin sapeva fosse per lui, e che se lo meritasse, faceva male.
Il moro era molto più muscoloso di quanto se lo ricordasse, i bicipiti e i quadricipiti sembravano voler scoppiare, e le sue vene stavano facendo ingoiare troppo saliva a Jimin.
Aveva lavorato di più?

Jungkook non gli aveva parlato, aveva solo sferrato colpi con quello sguardo impassibile che non aveva nemmeno quando ancora Jimin era conosciuto come il Mascherato.
Inevitabilmente, vinse il più alto.
Jimin era a terra, e gli faceva male il petto, e quello che faceva più male era che sapeva che non dipendeva da un colpo ricevuto.

Negli spogliatoi Jungkook non parlava, ma Jimin continuava a rubare degli sguardi, oh, quanto si sentiva in colpa.
"Jungkook-"
"No." Rispose in fretta, facendo prendere un colpo all'altro, triste.
"Aspetta volevo dirti che-"
"Ho detto no." Disse alzandosi e dirigendosi all'uscita, ma Jimin lo bloccó.
Senza saperlo, entrambi avevano in mente quella volta che il moro bloccò il corvino nella palestra, la prima volta che si erano 'conosciuti'.
"Lasciami." Jungkook rispondeva a scatti, non intendeva cedere.
Jimin respirò profondamente.
"Kookie"
"N- no." Al ragazzo tremò la voce al soprannome.
Il corvino sorrise lievemente.
"Dammi cinque minuti. Ti prego."
Il silenzio del moro invitò Jimin a continuare.
"Mi dispiace. Davvero. Sono pentito di quello che ti ho fatto, non avrei mai dovuto prendermi gioco dei tuoi sentimenti.
Ma alla fine mi sono innamorato di te, lo sai? " Jimin disse speranzoso, e a Jungkook saltò il cuore fuori dal petto.
Decise di rimanere impassibile lo stesso.
"Ti amo, Jungkook, non posso stare senza di te."
"Non è un po' tardi per dirlo?" Disse girandosi, dando possibilità al più basso di vedere i suoi occhi lucidi, in contrasto con la sua voce tagliente.
"Lo so, ma... Perdonami. Ti prego. Sono cambiato, posso dimostrartelo" continuò mantenendo salda la presa sul polso del moro.
"Jimin... No" respirò pesantemente Jungkook, combattuto.
"...Mi sono ritirato."
"Che cosa?!"
"Mi sono ritirato. Ho pensato che dopo quello che ho fatto non meritassi più di gareggiare con i più grandi della boxe. Mi dispiace davvero Kookie, devi credermi.
Sono cambiato sul serio, tu, mi hai cambiato.
Ti amo." A quel punto stava piangendo disperatamente e le sue guance erano rigate di fiumicini lucidi di acqua salata.
Jungkook non sapeva cosa rispondere.
Guardava dispiaciuto il ragazzo davanti ai suoi occhi, si capiva che era davvero dispiaciuto, che era sincero.
Mentre singhiozzava, il più basso disse un tremante "P-posso ab-bracciart-ti?"
Tirò su col naso, asciugandoselo con la manica della sua giacca.
Il più piccolo annuì piano, e l'abbraccio era fortissimo: la sensazione era simile a quella che si prova quando fuori fa freddo, e rientri al caldo e al sicuro della tua casa.
Perchè sì, non importa quanto Jungkook potesse essere arrabbiato con l'altro: Jimin era la sua casa.
Le braccia del corvino erano salde attorno al torso del moro, che esitò qualche secondo prima di ricambiare, ma che alla fine cedette.
E Jimin continuava a singhiozzare, aggrappato al suo dongsaeng come fosse la sua mamma, quando c'è il temporale e hai paura dei tuoni.
La sua testa era appiccicata al petto solido di Jungkook, con l'orecchio destro quasi come a voler percepire il battito cardiaco del più alto.
Caspita se correva.
Aveva gli occhi strizzati, come se temesse che se avesse aperto gli occhi sarebbe tutto sparito, che sarebbe tutto ritornato come nei momenti in cui l'unica cosa che voleva era Jungkook al suo fianco e invece gli ritornava in mente il suo spregevole comportamento.
"Shh, Hyung" Jungkook lo soffiò cauto, perchè forse il suo Hyung era molto più vulnerabile di quello che dava a vedere.
Jimin, come se l'intensità della stretta non fosse già abbastanza, strinse ancora più forte.
E anche se poteva sembrare strano, ora era Jungkook che proteggeva il più grande, una mano sulla testa, per tranquillizzarlo.
Perché d'altronde quello che stava tra le sue braccia era solo il suo Jimin, quello di cui si era perdutamente innamorato.
Jimin si staccò, per asciugarsi le lacrime, ma si ritrovò piacevolmente sorpreso nel vedere la mano di Jungkook bloccare la sua, riportarla attorno al suo busto per asciugare con le sue dita l'inondazione che era la faccia del più basso.
"Scusami" disse con un filo di voce Jimin, stremato, riprendendo i singhiozzi.
Come quando hai smesso di piangere dopo tanti sforzi, ma basta un piccolo dettaglio che ti ritorna in mente e riscoppi di colpo in una specie di pianto isterico, quello che fa male al petto e tutte le mamme dicono di fermare, per evitarlo.
"Non piangere più, ti fa male." Jungkook si ritrovò a fare la parte della mamma preoccupata, dopo che il figlio ha sbagliato, preso la sgridata e infine talmente pentito da avere il respiro affannato tra le lacrime.
Il più alto sollevò il mento di Jimin, lo guardò negli occhi, e quanto gli erano mancati, per poi posare dolcemente le mani sulle guance del più grande, e baciarlo caldamente sulle labbra.
Il cuore di Jimin correva i cento metri delle olimpiadi, e stava vincendo, ma anche quello di Jungkook non scherzava, stava giusto in seconda posizione, solo pochi secondi di svantaggio con quello del suo Hyung.
In quel momento, erano completi.
"Kookie, ti amo, ti amo, ti amo. Sono serio." Sussurrò con ormai poche forze.
"Lo so. Ti credo. Ti amo anche io Hyung."
A quel punto non c'era bisogno di parole per capire che l'amore che Jungkook provava per Jimin era più forte degli errori di quest'ultimo, e il perdono era ormai ovvio.

Cosa non fa l'amore.





Ciao ragazzi/e, ho preso il testo direttamente da EFP ma sinceramente non ho voglia di editarlo, quindi spero non sia stato un problema.
Bacioni!

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