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CAPITOLO TRENTA

Le serrande dei negozi chiudono quando il corteo passa davanti a loro. Sono tutti presenti: parenti stretti e lontani, amiche strette e conoscenti. Mia madre era una persona davvero molto amata e sono addolorati da ciò che le è successo. Se l'alcool non la avesse rovinata, lei sarebbe ancora qui con noi.
Io e Ale, abbracciati dall'immenso dolore, camminiamo dietro al carro funebre, dove c'è dentro la bara con mia madre che sta riposando in pace.
Sono già passate due settimane dalla sua morte e non mi sembra vero. Avrei potuto salvarla, ma non l'ho fatto e per questo, porterò questo peso sulla mia coscienza per sempre.
La cosa che mi fa soffrire di più in questo momento è che mio padre non è qui al suo funerale. Ha detto di avere un impegno di lavoro molto importante da non poter rimandare. Sarà così, ma io non ci credo.
Il carro funebre si ferma all'arrivo del cimitero di Vietri Sul Mare.
Anche se sono contenta di essere a "casa mia", mi sento ugualmente molto triste. Mai mi sarei immaginata di essere ritornata qui per un funerale.
I miei zii ed Ale caricano la bara sulle spalle e con il prete che ci fa strada, ci dirigiamo verso la lapide, dove finalmente mia madre potrà riposare in pace.
Era da molto tempo che non venivo qui a trovare i miei nonni, morti tanti anni fa, e ora c'è anche mia madre. Se dovessi trasferirmi qui, verrei qui a trovarli sempre.
Lei mi manca così tanto, ma sento che la sua anima è qui accanto a me che mi sta consolando. Non è la stessa cosa: io la vorrei abbracciare, almeno un'ultima volta.
Arrivati alla sua lapide, ci raduniamo tutti per un'ultima preghiera.

Ecco qui, mamma. Ora sei nel posto in cui hai sempre voluto essere... a casa nostra.

Dopo la breve preghiera, inseriscono la bara nella lapide e la chiudono. Mi scendono due lacrime e Ale mi stringe a sé.
«Non temere. Ora è al sicuro...» bisbiglia, tentando di farmi sentire meglio.
È la verità: si trova al sicuro da tutto ciò che ha sopportato e sofferto.

Non ti dimenticherò mai, mamma. Addio.

Dopo il funerale, io ed Ale decidiamo di passeggiare in spiaggia per dimenticare il momento triste che abbiamo passato prima.
Il suono delle onde del mare mi rilassa ma frugando tra i miei ricordi, mi assale una grandissima malinconia. Sto vivendo il ricordo dell'ultima volta di essere stata in spiaggia con Max. Ormai sono tre settimane che ci siamo lasciati e mi mancano i suoi baci, i suoi abbracci, il suo modo di farmi sentire bene e tutto ciò che riguardava noi due.
Sento di averlo perso per sempre.
«Assunta, mi stai ascoltando?» mormora Ale, interrompendo il mio pensiero.
«No, scusami...»
«Ti dicevo, il papà di Luisa ha trovato un lavoro per me, qui, a Vietri Sul Mare e penso di trasferirmi qui tra un mese, così potrò stare vicino a Luisa che è incinta. Che ne pensi?»
No, non può averlo detto seriamente. Tra un mese mio fratello se ne andrà e io rimarrò da sola in quel posto infernale. Cerco di non pensarci e di essere felice per mio fratello.
«È meraviglioso, Ale...» ribatto.
«Sai, pensavo che, poi, tu una volta finita la scuola, potresti trasferirti qui anche tu...» propone.
Cosa? Mio fratello mi stava proponendo di ritornare a vivere a Vietri Sul Mare e l'idea di ritornare qui è davvero bello. Sarei rimasta a Torino per Max, ma dopo quello che è successo, potrò ricominciare a vivere.
«Sarebbe una bellissima idea, ma penso già di venire con te...» enuncio.
«E la scuola? Non vuoi finirla?»
«Non m'importa della scuola. Ci andavo a malavoglia, al massimo frequenterò una scuola serale a Salerno...»
«Ne sei sicura, sorellina?»
«Sì, Ale. E con papà?»
«Papà, fatti suoi. È ora di pensare al nostro futuro, è importante. Lui si arrangerà e se devo essere sincero, non è stato molto bello che non sia venuto al funerale di mamma...»
«Già...»
«Pensa che qui potremmo ricominciare una nuova vita, dimenticandoci quei cinque anni infernali al Nord...»
Ben detto, Ale.

Cinque lunghissimi anni d'inferno.

Gli sorrido e ringrazio a Dio di avere un fratello che mi è sempre accanto e pronto a sostenermi in tutto.

Due giorni dopo, siamo già di ritorno a Torino. Fosse per me, sarei rimasta a Vietri Sul Mare ma sapere che tra un mese sarò lì a viverci, mi fa sentire meglio.
Verso sera, sono arrivata sotto casa e stranamente, noto che in casa ci sono le luci accese. Mio padre, a quest'ora, è al lavoro ma c'è la sua auto parcheggiata, infatti, mi dà la conferma che sia a casa.
Appena mi avvicino alla porta di casa, noto uno scatolone e una valigia. Do un'occhiata e mi accorgo che sono le mie cose. Che sta succedendo?
Stavolta ha veramente esagerato! Esigo delle spiegazioni!
Busso forte alla porta e qualche secondo dopo, una donna apre la porta. Rimango schioccata: chi è questa donna?
«Buonasera signorina, posso fare qualcosa per te?» domanda la donna con estrema gentilezza.
«Sì, vorrei parlare con mio padre...» ribatto, per poi entrare in casa.
Lo cerco da tutte le parti e alla fine, lo trovo seduto su una poltrona... Nuova! Noto che la casa è piena di mobili nuovi.
Mi sembra di vivere in un incubo.
«Che sta succedendo qui? Dove sono i mobili di mamma?» chiedo a denti stretti dalla rabbia.
«Beh...» farfuglia, essendo spaventato dalla mia presenza.
«Dai, rispondi!» lo incalzo, essendo incazzato nera.
«Gli ho buttati»
«Come sarebbe a dire che gli hai buttati?»
«Che la mamma è morta e che io ho tutto il diritto di vivere una nuova vita» ribatte con una grande indifferenza.

Spero che si tratta di uno scherzo.

«Ma cosa stai dicendo?!» domando infuriata.
«Sto dicendo che non ho mai amato tua madre. Io ho sempre amata un'altra donna, lei...» risponde, per poi indicarmi la donna che mi ha aperto la porta.
«Esigo delle spiegazioni... Chi è?»
«Beh, è la mia fidanzata ai tempi del liceo. Stiamo sempre stati insieme anche all'università, fino quando avevamo deciso di prenderci una pausa perché litigavamo spesso. Una sera, ho conosciuto tua madre e siamo andati a letto insieme. Lei è rimasta incinta di Alessandro e io le ho detto di abortire e di sparire dalla mia vita, perchè non volevo saperne nulla. Lei, poi, ha raccontato tutto al nonno e mi ha obbligato a sposarla per non essere la vergogna del paese...» racconta.
Questo schifo di essere umano non è degno di essere chiamato "padre" e io lo odio già tanto.
«... Ho provato ad amarla, ma non c'è la faccio. Non ho mai provato nulla per lei, se non attrazione sessuale. Già, tua madre sapeva farci a letto...» continua a parlare quello schifo.

Che porco. Che stronzo. Che merda.

Non ho altre parole per descrivere questo mostro.
«E allora che ruolo hai recitato in tutti questi anni?» chiedo, essendo nervosa.
«Nessun ruolo. Io non volevo né sposarmi, né fare figli con tua madre. Io ho sempre desiderato fare la mia vita con quella donna che hai appena visto, infatti, ci siamo trasferiti qui apposta, perché lei ha sempre vissuto qui e ora, visto che ora tua madre non c'è più, a breve ci sposeremo e saremo in tre...» ribatte orgoglioso.

No, non è vero. E' solo un brutto sogno e devo svegliarmi.

Mio padre, non solo è un egoista del cazzo, ma è anche insensibile. Come può fare tutto questo? COME?
«Mamma sapeva di tutto questo?»
«Certo che sì»
«Ora ho capito perché beveva... Era depressa! Ma ti rendi conto di quello che hai fatto?»
«Tua madre ha scelto di rifugiarsi nell'alcool. Ho provato di parlare di separazione, ma non c'era verso, perché lei non voleva perdere la sua famiglia...»
«E tu, pezzo di merda da quale sei, non l'hai mai aiutata...» mormoro, avendo una grande rabbia che sta per esplodere.
«Te l'ho detto, Assunta. Non mi è mai interessato di tua madre e anche di te e di Ale. Siete indifferenti per me...» risponde con naturalezza.
Basta, la bomba della rabbia è esplosa.
«Sai una cosa? Sei un immenso bastardo che non meriti né di essere chiamato "uomo", né "padre"! Spero che quella creatura che nascerà, saprà quanto sei meschino! D'ora in poi, non avrai mai più una figlia! VAFFANCULO!» grido per poi uscire di casa, sbattendo forte la porta.

Prendo a fatica tutta la mia roba e mi dirigo alla stazione di Volpiano.
Arrivata alla stazione, chiamo Ale e risponde subito al primo squillo.
«Hey, sorellina. Tutto ok?» bisbiglia.
«Sì, sì. Sono alla stazione di Volpiano che sto venendo lì a Verbania, vienimi a prendere alla stazione tra un'ora.»
«Non prendere il treno. Faccio la retromarcia e vengo a prenderti alla stazione. Non muoverti da lì!» dice, per poi chiudere la telefonata.
Mi siedo in sala d'attesa e penso ciò che mi è successo. Non mi bastava di essere orfana di madre, ora lo sono anche di padre. Non mi aspettavo che si rivelasse uno schifo del genere. Fare finta di niente in tutti questi anni e io che ho lasciato la mia terra per un suo stupido capriccio.

Che schifo.

Meglio che non ci penso.
Inserisco le cuffie nelle orecchie e faccio play alla canzone di Rocco Hunt. Opto per "Ho Scelto Me". Ho bisogno di contare su di me stessa, d'ora in poi e questa canzone è adatta. Sono contenta di poter lasciare dei pensieri negativi alle spalle, grazie alle canzoni del mio idolo.
Penso sempre al nostro incontro e mi manca così tanto.
Ricorderò sempre la frase che mi ha detto, prima di salutarmi: "Non mollare mai, mi raccomando".

Non mollerò mai, Rocco. Te lo prometto.

Non posso farlo ora. Sono sicura che tutto questo incubo che sto vivendo, sarà dimenticato tra un mese. Non vedo l'ora di tornare a "casa mia".

"Non so spiegarti quello che è successo,
So solo quante volte ho pianto aspettando sto momento."

Sto sorridendo.
Capisco ora che sono diventata forte. Forte come una tigre.

https://youtu.be/w4zZdjSGT-g

 - SPAZIO AUTRICE -

Ebbene sì, siamo arrivati al capitolo trenta e non mi sembra vero. Scusate se ho pubblicato il capitolo con un grandissimo ritardo ma tra il Natale e la febbre (purtroppo!), non ci sono riuscita.
Colgo l'occasione di ringraziarvi che ogni giorno mi seguite, che leggete ogni capitolo che pubblico, che votate e che commentate, dicendomi che vi piace la storia.
GRAZIE DAVVERO!


AL PROSSIMO CAPITOLO E BUON ANNO NUOVO A TUTTI VOI!!! <3

- Alessandra -


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