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.16.

I poliziotti l'avevano portato in centrale e gli stavano facendo mille domande, ma la testa di Minho era da un'altra parte e l'unica cosa che voleva fare era andare a casa a piangere.
Oltretutto, non riusciva a togliersi dalla mente una scena, che forse lo avrebbe tormentato per il resto della vita, di giorno e nei sogni.

Già è straziante amare immensamente una persona e perderla, ma essere lì quando il suo corpo viene portato via... è atroce.
Perché per Minho il cadavere di Han era sacro e non voleva che venisse toccato. Chi erano quelli, perché glielo volevano strappare via una seconda volta?
Due agenti avevano dovuto afferrarlo per consentire alla polizia mortuaria di prelevare il corpo e Minho si era divincolato finché non l'aveva visti girarlo.
Il suo ragazzo era bianco, con un'enorme macchia violacea sulla guancia, le palpebre vuote, le labbra sporche di terra, la maglietta completamente intrisa di sangue ed un buco proprio all'altezza del cuore.
Aveva abbassato lo sguardo, cadendo in ginocchio, e aveva strizzato violentemente le palpebre, non potendo sopportare quella vista.
Le mosche avevano continuato a svolazzare intorno a loro rumorosamente e Minho si era sentito nauseato, senza voler pensare se fosse per la situazione o per l'odore stesso del cadavere.
Uno dei due agenti gli aveva dato una pacca sulla schiena, per compassione: Minho era stato trovato sdraiato accanto ad Han, intento ad accarezzargli i capelli con un'adorante delicatezza ed una scena del genere neanche un poliziotto se la sarebbe tolta dalla testa con facilità.

Quando arrivò in centrale anche la famiglia di Han, Minho era appena uscito dalla stanza dell'interrogatorio e notò Si Woo lanciargli uno sguardo sofferente e preoccupato.
Il ragazzo era a pezzi per aver perso suo fratello, ma la paura di perdere anche quello acquisito lo pietrificava. Poteva immaginare senza nessuna fatica l'inferno che stesse vivendo Minho. Si avvicinò al ragazzo dai capelli viola e lo abbracciò, ma lui si separò quasi subito.
-Minho- disse con voce spezzata, afferrandogli un polso -aspettaci e poi vieni a casa con noi-
Il ragazzo lanciò un'occhiata ai genitori di Han, abbracciati e disperati, e si allontanò da Si Woo come se avesse preso una scossa.
-Ti prego, hyung. Non ce la faccio- rispose Minho tremante, e, guardato il ragazzo davanti a sé un'ultima volta, corse fuori dalla centrale di polizia.
Perché era successo tutto quello? PERCHÉ?
Nella testa di Minho riecheggiavano mille possibili spiegazioni ed il suo obiettivo in quel momento era trovare quella vera; Hyunjin non poteva semplicemente essere impazzito.
Doveva andare a parlargli, voleva sapere con tutte le sue forze quale fosse la motivazione dell'agonia che la famiglia di Han e lui stesso avrebbero dovuto subire fino alla morte, anche se temeva di sparargli in testa appena posati gli occhi su di lui..o forse al cuore, come quel bastardo aveva fatto con Han.
E Hyunjin aveva osato usare il suo regalo! Minho si sentiva come se fosse stato lui stesso a trafiggere Han, come se fosse stato lui a premere il grilletto, dato che la pistola che lo aveva ucciso era la sua, donata poi a Hyunjin. Un'ondata di nausea e senso di colpa lo soffocarono ed ebbe l'istinto di afferrare un oggetto a caso e piantarselo in gola, per far finire tutto.
Posò la mano sul suo petto, pensando alla sua promessa.
"Il mio cuore deve continuare a battere anche per te" ricordò, nel caso in cui il suo ragazzo potesse sentirlo.

Passarono diversi giorni, durante i quali Si Woo tentava di contattarlo e lui manteneva silenzio radio. Non voleva vederli, la colpa che lo torturava non gli permetteva di parlare con loro; non era degno del loro affetto né tantomeno del loro perdono. Perché alla fine, se due anni prima Minho non si fosse impuntato per conoscere quel bellissimo ragazzo castano con la sciarpa blu oltremare, che disegnava assorto seduto sulla panchina di un parco, quel ragazzo lì se la starebbe ancora spassando sulla Terra, vivo e felice.
Ci fu il funerale, ma Minho decise di nascondersi e passò tutta la giornata sotto le coperte, piangendo al buio. Sperava che l'oscurità potesse fermare il tempo e riavvolgerlo, ma i raggi del sole e poi quelli della luna, che penetravano attraverso degli spiragli nella sua camera, scandirono le ore di quella giornata.
La mattina dopo, si rialzò per ricominciare la sua caccia all'uomo.
Hyunjin si era trasferito, sicuramente per scappare dai 14K: casa sua era deserta, quando Minho aveva sfondato il portone. Attraverso riprese, intercettazioni ed estorsioni, che non facevano proprio parte del suo modo d'agire, Minho riuscì ad ottenere la via in cui si era stabilito. Si era rifugiato nel sud quel bastardo.
La rabbia e quella smania del volerlo guardare dritto negli occhi non lo fecero né dormire né mangiare. Minho partì quel giorno stesso, affrontando ore ed ore di tragitto, senza neanche una pausa. Non aveva idea di come sarebbe andata a finire quella giornata; quello che sapeva è che, uscito da quella casa, Hyunjin e l'amicizia con lui sarebbero stati solo un ricordo. E quello era il minimo.
Minho sapeva che avrebbe dovuto appellarsi a tutto il suo autocontrollo per evitare di commettere un omicidio, soprattutto perché non sarebbe stato giusto farlo in nome di Han.

Quando bussò alla porta, Changbin lo fissò con occhi infernali. Lo sbatté al muro con una forza sovrumana e le mani strette intorno al collo non gli permettevano di respirare. Minho era stato preso in contropiede, non aspettandosi affatto che quel gigante gentile potesse usare la sua forza per ferire qualcuno.
-Ti avverto, Minho. Prova a fare del male anche a lui e ti darò la caccia fino a che non crepi. Ti taglierò la gola- ringhiò, come un cane fedele che fa la guardia.
"Anche a lui?"
La mente di Minho lampeggiò un pensiero, ma la mancanza di ossigeno al cervello non gli permetteva di metterlo a fuoco.
-A-aspetta- sussurrò lui con voce strozzata, cercando di liberarsi dalla stretta. Cosa che non sarebbe mai riuscito a fare, se lo stesso Changbin non glielo avesse concesso, allentando la presa.
Fece qualche respiro prima di parlare, mentre gli occhi del maggiordomo lo scrutavano, furibondi.
-Lui pensa davvero che io abbia ucciso Felix?- chiese Minho, senza voce.
-Ti abbiamo visto puntargli una pistola contro e c'era l'eco di uno sparo. Tu che dici?-
Il ragazzo dai capelli viola buttò fuori l'aria dai polmoni, chiudendo gli occhi ed appoggiando il capo alla parete. -Come ha potuto crederlo?- mormorò a fil di voce.
Ecco spiegato tutto. L'onore per Hyunjin era la cosa più importante: ovviamente se avesse pensato di essere stato tradito, si sarebbe vendicato. Non sarebbe stato Hyunjin altrimenti; tutti i doppiogiochisti che aveva incontrato nella sua vita ne avevano avuto prova.
Ma...come aveva potuto credere che Minho scegliesse di uccidere Felix? Erano migliori amici.
Il suo cuore si spezzò in due alla realizzazione che forse neanche la loro amicizia era abbastanza forte da non seguire la razionalità di Hyunjin, che tutti gli anni passati insieme in fondo non avevano significato nulla. Minho non era niente di speciale neanche per Hyunjin.
Changbin corrugò le sopracciglia, confuso.
-Non l'ho ucciso- piagnucolò Minho -è in Giappone. Ho fatto finta di essere dalla loro parte per poterlo proteggere. L'ho convinti a lasciarlo in vita il più a lungo possibile dicendo che Hyunjin sarebbe sbucato fuori per salvarlo, e poi l'ho mandato a calci in culo in un altro stato, consegnando loro degli organi spacciati come suoi dicendo che tanto Hyunjin non sarebbe tornato, quindi tanto valeva ucciderlo-
Il maggiordomo si allontanò definitivamente ed il suo cuore fece un balzo dalla felicità.
-È vivo!- sospirò sollevato, come se un enorme macigno gli venisse tolto dal cuore. Sarebbero potuti tornare a vivere insieme e riavere indietro una sorta di quotidianità.
-Mi stai dicendo che Han è morto per un malinteso?- disse Minho, con la voce rotta, mentre una lacrima scorreva inorridita sul suo viso. Changbin lo vide accasciarsi a terra e fu mosso a compassione.
Che crudele destino.
Minho gli afferrò il tessuto dei pantaloni.
-Se solo fosse venuto a parlare con me, anche per picchiarmi... Non sarebbe successo-

Minho lo trovò seduto sulla poltrona, immobile. La stanza era già avvolta da un'aria pesante, come ogni singolo respiro di Hyunjin portasse con sé tutta la gravosità dell'essere in vita. Era una sensazione che lui stesso conosceva molto bene e si infastidì, pensando che il corvino non avesse nessun diritto di sentirsi così.
Era Hyunjin stesso l'idiota per aver creduto di essere stato abbandonato, il cazzo di bastardo che, se solo avesse ragionato con il cuore o con l'istinto invece che con la testa, non gli avrebbe disintegrato l'unica cosa preziosa che lo rendeva davvero felice.
Felix stava benissimo ed era molto lontano da lì e Hyunjin doveva solo che tacere. Han era sotto tre metri di terra, mangiato dai vermi.
Quell'immagine gli fece girare la testa e fece un sospiro leggero per ritornare in sé.
-Changbin, ti ho detto di lasciarmi in pace-
Soffriva Hyunjin, Minho poteva sentirlo dalla voce. Lo conosceva molto bene per sapere quanto si sentisse devastato in quel momento. Dopo averlo pensato, la realizzazione che Hyunjin invece non lo conoscesse affatto, gli sembrò un potente pugno sul petto.
No, a quel coglione, bastardo, pezzo di merda non era manco passato per l'anticamera del cervello che Minho ci tenesse seriamente a lui, altrimenti non avrebbe fatto quella cazzata.
-Sapevo che saresti venuto- gli disse Hyunjin, puntandogli la pistola contro. Solo allora Minho si rese conto di star facendo la stessa cosa; il suo inconscio chiedeva vendetta, ma in realtà non era quello che voleva. Niente avrebbe riportato indietro Han, nemmeno la morte dell'assassino. Abbassò l'arma.
Che stronzo, testa di cazzo. Come aveva fatto a supporre che Minho potesse farlo? Come se avesse mai potuto sparare a qualcuno, figurarsi Felix, figurarsi Hyunjin stesso.
-Perchè?- gli domandò il ragazzo dai capelli viola in preda alla disperazione. Perché hai creduto a quel dannato video e non a me? Mi hai rovinato la vita.
-E me lo chiedi pure?- gli venne risposto.
Che faccia da cazzo. Faceva pure l'ironico. Minho provò il forte impulso di mettergli le mani addosso, una rabbia primordiale che lo incoraggiava, sussurrandogli all'orecchio, di afferrargli il collo e stringerlo fino a che non gli fosse venuta la faccia viola.
Alla fine era così che si sentiva lui, come se qualcuno lo stesse annegando, perché anche Hyunjin non poteva provare per un secondo cosa davvero voleva dire essere nei suoi panni?
-Non sono andato al funerale. Non volevo.. salutarlo-
PERCHÉ GLIELO STAVA DICENDO?
Hyunjin era il diavolo, proprio quello che lo aveva afferrato per un piede e l'aveva trascinato all'inferno. E lui gli raccontava le sue vicende come se fossero ad un pigiama party.
-Insomma, sei venuto qui per chiacchierare?-
Minho quasi non lo sentì, tanto la sua testa non era interessata a cosa dicesse Hyunjin. Il suo cuore aveva solo bisogno di parlare: era dura vedere la propria felicità sgretolata e non poter fare altro che urlare e piangere senza ricevere conforto. Solo era, Minho, e solo sarebbe rimasto per sempre, da quel momento in poi.
-Non volevo vederlo vestito di tutto punto, con i capelli sistemati ed il volto rilassato e disteso, perché lui odiava tutto quello: adorava i vestiti larghi e comodi, possedeva un sacco di felpone colorate ed aveva sempre i capelli sparati per aria o al massimo tenuti all'indietro da un cerchietto, quando disegnava. Gliene avevo comprato uno con le orecchie triangolari e la punta arrotondata perché così sembrava un quokka. Li conosci? Vengono chiamati "gli animali felici"-
Han era stato così felice di ricevere quel regalo. Una cazzata, una cosa stupidissima che lo aveva fatto sorridere per giorni. Ogni volta, Minho entrava nella sua stanza e lo trovava concentratissimo a disegnare o dipingere o scolpire, con le guanciotte e quelle due piccole orecchie sulle testa dello stesso colore dei suoi capelli, che lo rendevano ancora più adorabile. Poi la sua pulce si accorgeva della sua presenza e gli correva incontro, sorridendo e scaldando il cuore spento di Minho. Avrebbe pagato qualunque prezzo per poterlo rivedere...anche una singola volta gli sarebbe andata bene. 
-E ti giuro che lui sorrideva sempre ed il suo sorriso era incredibilmente luminoso. Lui è proprio il mio sole.
Il resto del giorno era notte se lui non era con me. Ed adesso sarà notte per sempre-
-Hai finito?-
La freddezza con cui Hyunjin parlò lo fece gelare sul posto. Era un mostro.
E Minho cercava davvero di odiarlo, il rancore c'era ed anche il desiderio di tirargli un cazzotto talmente forte da aprirgli un buco nel petto, per analogia a quello che aveva fatto a lui, ma la consapevolezza che Hyunjin non fosse davvero cattivo ma "solo" deviato dal contesto in cui era nato, lo torturava. Non riusciva ad odiarlo. Voleva, ma non poteva e si sentiva in colpa anche per quello, perché gli sembrò di non provare abbastanza collera per la morte di Han. Il suo fidanzato era morto, MORTO, ANNULLATO, FATTO FUORI, UCCISO, FINITO.
-Ti vorrei dire che sei senza cuore, ma sai qual è la cosa che mi fa incazzare e soffrire ancora di più? Il fatto che tu ce l'abbia un cuore, oltre ad avere una mente straordinaria-
Una mente che non era riuscita ad immaginare il piano di Minho, perché non aveva voluto avere fede nelle promesse che si erano fatti da bambini e da adulti. Era tutto un irrimediabile macello.
-Per anni ti ho visto fare gli occhi dolci a Felix, amarlo davvero, anche se tu stesso pensavi di non esserne capace. Sei cresciuto in un ambiente di merda, te l'ho sempre detto, è per questo che hai sempre pensato tutte quelle stronzate sullo stare da soli, i sentimenti inespressi e non dipendere da nessuno. Ma anche tu sei un essere umano ed hai un cuore e provi emozioni.
Ci sei sempre stato per me, quando ne avevo bisogno. Anche tu mi portavi la luce, sebbene non forte come quella quella di...Han-
Minho fece fatica a pronunciare il suo nome. Era diventata come una melodia di sottofondo: Han era sempre presente nel suo cuore, ma solitamente faceva troppo male concentrarsi sui ricordi. Strinse le labbra e chiuse gli occhi in raccoglimento, mentre nella sua mente riapparivano le immagini di tutte quelle volte che aveva pronunciato quel nome e quella persona si era voltata a sorridergli. Adesso pronunciava quel nome e c'era un muro. Poi riaprì gli occhi e continuò.
-Tu eri la mia stella polare quando intorno a me era notte, per indicarmi una direzione e farmi sapere di non essere completamente perso- 
-Smettila- gli urlò Hyunjin. -Cosa cazzo stai facendo?-
"Ti sto comunicando quanto tenga a te, idiota. Nonostante tutto il male che hai fatto ad Han, a me ed alla nostra famiglia".
-Cosa cazzo vuoi?-
-Come hai potuto pensare che potessi ingannarti ed abbandonarti in quel modo?-
Hyunjin cominciò a respirare con affanno.
-COSA CAZZO VUOI?-
-Non potrò mai perdonarti per ciò che hai fatto ad Han. Lo hai portato nel nostro parco e lo hai ucciso a sangue freddo davanti alla nostra altalena. Hai colpito alle spalle lui, un innocente, il mio sole, una persona che meritava davvero di vivere. Ed hai condannato me insieme a lui, perché ti sei rubato il mio pezzo più importante.
E non hai fatto solo questo; non hai creduto in me e nella nostra amicizia. Io, che non ho mai voluto rapire nessuno perché non potevo sopportare di sapere che, per colpa mia, quelle persone sarebbero finite a fare le puttane o le bestie da soma o le bestie da macello, che il loro cuore o il rene o i polmoni o il fegato sarebbero finiti su un banco del mercato nero, IO...come avrei mai potuto tradirti ed uccidere la tua felicità? Sei un vero idiota-
Minho si rese conto di aver perso ogni cosa: non aveva mai avuto una vera famiglia, non avrebbe mai riavuto indietro Han, non avrebbe mai perdonato o riacquistato fiducia in Hyunjin. Gli era rimasto in mano un pugno di niente. Le loro strade si dividevano lì.
Si mise a piangere per il dolore di aver perso un rapporto coltivato per molto tempo e su cui contava come l'aria.
-Cosa vuoi dire?- gli chiese Hyunjin, confuso.
-NON L'HO UCCISO, CAZZO. NON AVREI MAI POTUTO FARLO!- Minho scivolò in ginocchio, accartocciato su se stesso, come un foglio di carta gettato nel fuoco. -Felix sta bene, l'ho messo sul primo aereo per il Giappone-
-Che hai detto?-
-Ho fatto credere a tutti di averlo ucciso, ma non l'ho fatto, non l'ho fatto! Volevo salvarlo per te, perché lo so quant'è importante. Come hai potuto farmi questo?-
Eccolo lì, un'altra volta, il dolore lancinante dei ricordi. Han che sorride, Han che scoppia in una risata, Han che lo abbraccia dopo aver fatto l'amore, Han che lo prende per mano, Han che gli asciuga le lacrime, Han che lo imbocca, Han che lo bacia, Han che dorme, Han che disegna, Han che balla. Han che vive. Han che adesso non vive più, pallido e freddo.
Avrebbe voluto stritolarsi il cuore e toglierlo dalla gabbia toracica.
-Mi...dispiace- disse a mezza bocca Hyunjin.
Per un istante, Minho desiderò di essere apatico, di sopravvivere, mangiare, dormire, respirare senza provare più nulla, ma poi si ricordò che quell'immenso dolore derivava da smisurate gioie e quelle erano le uniche dimostrazioni che Han era stato reale.
-Non posso perdonarti... e voglio odiarti con tutto me stesso-
-Lo so. Non devi perdonarmi, è solo colpa mia-
"Vattene via" pensava Minho, non riuscendo ad alzare lo sguardo su Hyunjin.
-Mi hai fatto male- singhiozzò il ragazzo dai capelli viola, mostrando la mano con anulare e pollice uniti.
"Vai via, vattene da Felix e non farmi rivedere la tua faccia. Che tu possa capire quanto meriti di essere amato, quanto io ti abbia voluto bene e che tu possa pentirti e soffrire per sempre per ciò che mi hai fatto"
Quello era l'unica vendetta che Han avrebbe approvato.
-Mi dispiace, hyung. Non ho avuto fede. Sono il peggior migliore amico della storia-
Appoggiò una mano su quella di Minho, nonostante il ragazzo non lo stesse guardando.
-Ti voglio bene. Davvero. Non posso fare altro per te, solo vendicarti-
Il ragazzo dai capelli viola non fece in tempo ad alzare lo sguardo, che Hyunjin si puntò la pistola alla tempia e premette il grilletto.

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