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Capitolo 9 - Il fondo del baratro

Pietrangola guardò verso l'alto. Il baratro era un mostro di tenebra che divorava la luce della sua torcia, famelico e ostile come tutto, in quel sottosuolo alieno.
Cos'era successo?
Sentiva la testa dolorante, vuota, incapace di comporre ricordi coerenti, solo sensazioni distanti. Ricordava la caduta attraverso il baratro, ricordava il terrore, la pressione sui polmoni, la mancanza di respiro, la sua incapacità di gridare.
Quando si era risvegliata stava bene, non sentiva dolore ma non riusciva a muoversi.
Cos'era successo?
Doveva esserci almeno un respirante, lì vicino, ne sentiva il sibilo vicino, roco. Doveva essere da qualche parte, oltre le sue spalle, ma Pietrangola non aveva il coraggio di indagare su dove fosse, temeva di svegliarlo.
Cos'era successo?
La luce si spense per un istante lasciandola ancora più sola, in un buio opprimente che le toglieva il respiro, facendola tremare.
Scrollò la torcia un paio di volte, la colpì, e la luce si riaccese.
Forse la batteria si stava scaricando.
Tra poco sarebbe rimasta sola, al buio,con lui.
Il respirante ebbe una specie di sussulto e Pietrangola si annichilì per la paura. Ricordava ancorala stretta di quell'essere incontrato poco oltre i condotti, del suo balzare fuori dall'oscurità. Non voleva più guardarlo in volto.
Come erano lontane le serate passate sulle ginocchia dello zio, in quel momento, come erano distanti quei racconti che snocciolava a lei e ai suoi fratelli, come erano belle quelle meravigliose avventure nel sottosuolo, quelle spedizioni in zone magiche, in colonie esotiche, come erano diverse da ciò che stava vivendo ora.
Ripensò a come era stata stupida ad ambire a diventare un'archeologa, lei, unica ragazza di quel trio di fratelli.
"Morta prima di iniziare"

Ancora non riusciva a ricordare il momento esatto della sua caduta, solo memorie frammentarie, confuse. Dov'era finito lo zio? Dov'era Kiloro?
Stavano fuggendo dalla colonia, dall'abominio della colonia, ed erano entrati in un tunnel sempre più denso di funghi, avanzando a fatica con i coltelli in pugno e il fiato corto.
Avevano trovato i reggenti e alle spalle dei reggenti un nuovo condotto, stavolta nascosto, che li aveva condotti in un percorso laterale, una specie di tunnel semi circolare che tagliava l'infestazione permettendogli di riprendere fiato.
- L'anello esterno – aveva    commentato Trisac.
- Peccato non avessero ancora    montato le paratie stagne – aveva detto Kiloro, - forse li avrebbe    salvati.
- Forse sarebbe stato comunque    troppo tardi – aveva commentato Trisac, riprendendo a camminare.

La luce si spense di nuovo, lasciando Petrangola completamente al buio, in preda al respiro gracchiante della creatura, un respiro che sembrava crescere d'intensità, farsi sempre più vicino.
Petrangola provò a muoversi, a dimenarsi, ma le sue gambe non rispondevano e le sue braccia sembravano troppo deboli per trascinarla lontana da lì.
La luce si riaccese sfrigolando, quasi accecandola, allentando la morsa della tenebra e ridimensionando ogni suono. No, il respirante non era più vicino, era uno scherzo del buio, un'illusione della paura.
Stavolta si guardò attorno, doveva guardarsi attorno, ma non vide nulla, solo una stanza circolare, larga ma ugualmente opprimente, ricoperta di funghi e muschio, satura di spore.
Cos'era successo?

- Il subterraformatore! - aveva esclamato Trisac, avvicinandosi a una grossa sfera semi sepolta nella muffa.
- Lascia perdere quella roba, solo    il motore gravitazionale pesa tonnellate ed è meno efficiente di    quello delle gravitosfere – aveva commentato Kiloro, sbuffando.
- Smettila di fare la guastafeste –    aveva detto Trisac, con un filo di eccitazione.
Toccava la superficie liscia della macchina con un'eccitazione reverenziale, ripulendola da strati e strati di muffa per mostrarne la bronzea superficie metallica.
- Questo è un vero e proprio pezzo di storia, bambina - le aveva detto. - Era capace di scavare una colonia da diecimila persone in appena un anno. Per l'epoca era incredibilmente avanzato.
- È paccottiglia senza alcun    valore, non so perché ti faccia venire il durello - lo aveva snobbato Kiloro.
- Un giorno, quando avremo    finalmente ripristinato la civiltà, cercheremo questi cimeli molto    più dell'oro, te lo dico io.
- Già, ma ora non è quel momento.
- Io non posso credere che tu sia    così senza cuore nonostante le meraviglie che hai visto - aveva commentato Trisac.

"Meraviglie..." pensò Petrangola. "Ma quali meraviglie? Questo è un abisso di disperazione e morte"
La torcia sibilò, lampeggiando debolmente.
"Non spegnerti, ti prego" supplicò Petrangola. "Non voglio rimanere al buio con quello..." pensò, sentendo il lungo respiro sibilante alle sue spalle.
Era vicino, molto vicino, vicinissimo, tanto vicino che riusciva a sentire il suo respiro, carico di spore, infrangerglisi sul collo.
"Non farti fregare bambina, è solo il buio" pensò, con la voce dello zio, "è solo il buio".
La luce si spense all'improvviso e Petrangola sentì qualcosa che le toccava un braccio, un tocco leggero, rapido, appena percettibile ma sufficiente a farla gridare di terrore agitandola a tal punto che colpì il respirante che si svegliò mormorando e allungando le mani sulla sua spalla.
- Bambina – sibilava,    avvicinandole il volto nell'oscurità, - bambina...
- Zio - singhiozzò, con gli occhi pieni di lacrime. - No, zio, cosa ti è successo?
- Bambina - rispose la voce gracchiante del respirante a pochi centimetri dal suo orecchio. - Bamina.
Petrangola gridò, dimenandosi, chiudendo e riaprendo gli occhi.

- Bambina – ripetè Trisac,    scrollandola.
Petrangola lo guardò confusa, la luce della torcia di Kiloro illuminava i suoi occhi azzurri, pieni di paura e preoccupazione
- Stai bene bambina?
- Siete venuti a prendermi? -    domandò.
- A prenderti? Non ti abbiamo mai lasciata - rispose Trisac, bonario.
- Ti stavi agitando. Hai fatto un altro brutto sogno –    disse Kiloro.
Petrangola si guardò attorno, erano a pochi metri dalla sfera del subterraformatore nel condotto circolare esterno.
- No... sì, scusatemi, devo essermi    assopita - disse, alzandosi in piedi.
- I tuoi discorsi sono così noiosi che la poverina non solo è crollata ma ha avuto anche gli incubi - commentò Kiloro, rivolta a Trisac.
- L'importante è che stai bene –    rispose Trisac, ignorandola. - Partiremo appena sei pronta.
Si guardò il braccio, qualcuno le aveva messo una nuova flebo, forse proprio lo zio.
- È allo stremo, dovremmo portarla    indietro – sussurrava Kiloro a Trisac.
- Lo so, ma siamo vicini, non    possiamo mollare adesso, e poi lei ci serve.
- È solo una ragazzina.
- No, lei è quella che deve    prendere il mio posto, e poi ha l'età giusta, io sono entrato qui    sotto molto prima.
- Non a queste condizioni.
- Queste o altre non possiamo    tornare indietro, non sappiamo neppure se Ostuni ha fatto fuori quel    coso, quindi preparati a ripartire e basta discussioni.
Kiloro si volse verso Petrangola, che continuò a fare finta di sistemare il proprio zaino.
- Come ti senti? - domandò.
- Bene - rispose Petrangola, - non devi preoccuparti per me, posso farcela, sono una Archét, infondo.
- Testarda come tuo zio, siete proprio della stessa razza - rispose. - Non devi sforzarti così tanto, non devi dimostrare nulla a nessuno.
Petrangola guardò Kiloro negli occhi, nel suo sguardo c'era una bonaria preoccupazione che la fece sentire a disagio.
- Non sto dimostrando niente a nessuno, sono qui perché voglio essere qui.
Kiloro rise.
- Sì, confermo la testardaggine - disse. - Però promettimi che ci avvertirai se ti sentirai troppo stanca, va bene? Non devi strafare solo per dimostrare qualcosa a tuo zio... - Petrangola fece per protestare, - ... e a te stessa - concluse Kiloro.
- Va bene, cercherò di ricordarmelo la prossima volta, prima di addormentarmi.
Anche se non poteva vederlo, Petrangola fu sicura che Kiloro sorridesse mentre le accarezzava la testa.
- Sei una ragazza formidabile - commentò la donna. - Avvertici quando sei pronta a partire.

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