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Capitolo 7 - Consumatori di ossa

L'esplosione finale arrivò ovattato, distante, appena percettibile sopra lo scalpiccio dei passi ma abbastanza forte da farli voltare.
- Ostuni sta' ancora combattendo - commentò Kiloro.
- È un bravo soldato – rispose Trisac, intento a superare una piccola strettoia.
Fuggivano oramai da molto tempo, così tanto che Pinnacora si domandò più volte quanto fosse grande quella colonia e quanto le sue profondità si estendevano nel freddo ventre della terra.
Avevano superato un numero incalcolabile di isolati infestati da funghi e decorati dalle sinistre statue di un tempo dimenticato, di quei consumatori di ossa i cui cadaveri giacevano tra la biomassa emanando quell'inquietante respiro gracchiante che impregnava l'aria di spore. Si trovavano ovunque, anche se avevano evitato di risvegliarli la loro presenza era palpabile. 
Giungevano ora in un largo spiazzo circolare, l'ennesimo nella labirintica costruzione, decorato dalle alte statue dei Sentienti che, come pazienti guardie di pietra, reggevano l'alta volta a poca distanza di un'apertura scura. 
Gli edifici decorati qui erano meno grezzi, segno che oltre al passaggio delle macchine c'era stato un lungo lavoro umano fatto di cesellature e rifiniture che rendevano le decorazioni necromantiche più vivide, quasi realistiche, mettendo in risalto ben più di un particolare capace di legarle alle immagini dei Farafriti che Pinnacora aveva visto sui libri di studio nella biblioteca di famiglia e che, a loro volta, prendevano ispirazione dai costumi dell'antichissima cultura egiziana della superficie.
Camminarono in quell'ambiente alieno e surreale, denso di spore che, come una nebbia violacea, attutivano la forte bioluminescenza proveniente da una grande biomassa a nord, dove una sorta di palazzo simile ad una piramide si incuneava nelle tenebre del soffitto.
- Per di qua – disse Trisac, conducendoli lungo quello che sembrava diventare un largo viale, o forse uno spiazzo ovale che dallo slargo conduceva proprio verso quel particolare edificio. 
- Stai scherzando? - domandò Kiloro, forse immaginando dove il vecchio volesse portarle.
Trisac la guardò sottecchi ma non disse nulla, dirigendosi verso la struttura piramidale al fondo. 
- L'infestazione qui sembra più intensa - commentò Trisac, esplorando le superfici inclinate dei lati dell'edificio su cui vecchie scritte, simili a geroglifici, erano ben visibili nei punti in cui l'infestazione non aveva ancora attecchito. 
- Che cos'è? Una tomba? - domandò Pinnacora, ricordando l'antico uso che si faceva in superficie di edifici di quella forma.
- Non esistevano tombe nelle profondità dei Farafriti - rispose Trisac, - i morti venivano consumati dai loro familiari fino all'ultimo pezzo.
Pinnacora rabbrividì, aveva letto più volte che nelle prime ere del Dedalo le popolazioni umane erano scivolate in pratiche perverse come la necrofagia, ma erano racconti così distanti da lei e dalla superficie che non la toccavano, vincolati com'erano alle parole dei libri e ad un tempo dimenticato, ora invece riconosceva i perversi banchetti di quell'oscura popolazione attraverso le incisioni sulle pareti e questo la faceva rabbrividire.
Trisac fece un passo in direzione della cornice di pietra vuota, quel rettangolo oscuro che un tempo doveva aver contenuto una porta e che ora esalava solo una grande quantità di spore. 
- Non vorrai mica entrare veramente? - domandò Kiloro.
- Già che siamo qui possiamo anche dare un'occhiata, non ti pare? - rispose Trisac, varcando la soglia e scomparendo nella pesante nebbia violacea. 
Pinnacora guardò Kiloro, capiva dal suo sguardo che era molto contrariata ma non protestò né fece alcun commento, si limitò ad estrarre il pugnale e seguirlo.

All'interno dell'edificio il raschiante rumore dei respiranti si faceva più intenso, capace di far rimpiangere i sinistri rumori di macchinari ed i fruscii inquietanti uditi all'interno dei condotti della base. 
Si trovarono in un corridoio decorato da alte statue sopra le quali si elevavano balconate e passatoie dall'aspetto imponente anche se difficilmente distinguibili a causa dell'alta densità di spore nell'aria. L'infestazione qui era feroce, un marasma di funghi si avvinghiavano alle gambe delle statue, stavolta umanoidi, che dovevano rappresentare un qualche tipo di autorità o un qualche genere di discendenza visti i vestiti regali e gli alti copricapi, simili a Pschent, le doppie corone dell'antico egitto, che queste portavano sulla testa.
- Pensi che sia iniziato tutto da qui? - domandò Kiloro.
- No, questo mi sembra più un municipio o un qualche altro centro del potere, un luogo in cui probabilmente erano ammassati nobili e borghesi sorpresi dall'infestazione - rispose Trisac, studiando le statue.  - Di solito queste colonie erano costruite in modo da essere funzionali, disponevano di 3 uscite pubbliche e una dedicata alle sole autorità in modo da favorire la fuga degli elementi di spicco in caso di eventuali emergenze, per questo gli edifici fondamentali erano disposti ai lati della struttura e mai al centro. Prima dei mephriti si pensava che gli unici pericoli fossero gli incidenti all'interno delle colonie.
- Credi che troveremo il passaggio qui dentro?
- Se siamo al fondo della colonia deve esserci.

Superarono il corridoio a fatica, aprendosi la strada tra gli alti e nerboruti funghi che popolavano il fondo del corridoio. Era molto che non si udivano più esplosioni ma Pinnacora aveva smesso di guardarsi alle spalle aspettandosi l'arrivo di Ostuni, oramai tutta la sua attenzione era assorbita dall'affrontare l'infestazione insieme ai suoi compagni e all'inquietante gracchiare dei respiranti, che si faceva sempre più intenso ad ogni passo. 
Di tanto in tanto vedeva dei rigonfiamenti sporgere dalla muffa, mani scheletriche e volti comparivano tra la biomassa. Trisac si liberava dei cadaveri prima che si risvegliassero mentre Kiloro e Pinnacora si occupavano di fabbricare un passaggio a colpi di pugnale. 
Arrivati a un crocevia però qualcosa riuscì ad afferrarla ad una caviglia facendola gridare di terrore mentre una voce disperata fuoriusciva dall'intrico di funghi.
- ...uto.
Petrangola puntò la luce sulla figura, era un uomo ancora più consunto di quello che l'aveva afferrata la prima volta tant'è che oltre al braccio, che si strappò con uno sciocco secco, non rimaneva altro che le spalle e la testa su cui era ancora ben visibile una sorta di copricapo in metallo, poco più che un cerchio decorato in realtà.
Trisac lo colpì con un calcio,frantumandogli la testa ancora prima che Petrangola potesse allontanarsi di due passi.
- Ti sei spaventata? - domandò lo zio.
- Un po' - rispose lei, frastornata, -  mi ha sorpresa più che altro.
Trisac guardò i resti dell'uomo.
 –Non voglio che tu corra rischi, stammi più vicino.
Proseguirono in quell'ambiente surreale ancora più guardinghi, Trisac perquisiva con ancora più attenzione ogni rigonfiamento nella muffa, cercando di individuare qualsiasi corpo prima di risvegliarlo.
Salirono una lunga scalinata e siritrovarono in una stanza bassa arredata da quelli che dovevanoessere un lungo tavolo di pietra attorno al quale erano ammassati dodici scranni, tutti occupati da corpi avvolti dalla biomassa.
Trisac e Kiloro ne osservarono i voltimummificati dal tempo. La muffa li aveva risparmiati meglio deglialtri corpi, probabilmente a causa della loro posizione seduta, ma ifunghi ne avevano ugualmente deturpato i  cadaveri crescendoattraverso le loro cavità toraciche. Un cadavere, addirittura, avevala testa spostata di lato e un grosso fungo gli era cresciuto inun'apertura del collo, sostituendola.
Alcuni dei corpi indossavano quei pesanti copricapi di cui rimaneva solo l'intelaiatura in metallo e solo quello a capotavola sembrava indossare una sorta di Pschent simile a quello delle statue.
- Questi dovevano essere i reggenti – commentò Trisac. - Soliti politicanti tutti chiacchiere e zero azione, mi dispiace quasi che marciranno dopo gli altri.
- Mi piacerebbe capire che scopo avevano questi esperimenti per causare un disastro del genere – disse Kiloro, studiando da vicino il volto di uno di quei cadaveri.
- Nessuno può sapere cosa avevano in testa quei pazzi quattromila anni fa.
- Mi sembra tutta una follia – disse Kiloro, allontanandosi dal corpo.
Anche Petrangola era affascinata da quelle antiche figure, che ora riusciva a guardare quasi senza timore ma rapita dalla perversa attrazione umana nei confronti della morte, si avvicinò in particolare ad uno di essi, quello meglio conservato e la cui figura era pressoché integra fatta eccezione per una grossa apertura sul lato del petto e la mancanza del braccio destro. 
- Questo è... - stava per commentare, quando uno dei funghi esplose e l'essere si risvegliò recitando parole in una lingua antica e oscena quanto le profondità.
In una terribile reazione a catena i movimenti del primo respirante risvegliarono tutti gli altri che presero a mormorare all'unisono recitando un copione forse interrotto millenni prima.
Petrangola fece un paio di passi indietro, oramai più sorpresa che terrorizzata, mentre lo zio e Kiloro si affrettavano a porre fine alle sofferenze di quegli esseri che si agitavano sugli scranni finendo in pezzi. 
- Stai lontana, bambina! - urlò Trisac, decapitando uno dopo l'altro i cadaveri sul suo lato della tavoltata. - Tutto bene? - disse, infine, avvicinandola. 
- Sì, oramai non mi fanno più così paura, non ti preoccupare, mi dispiace di aver fatto questo pasticcio.
- Non ti preoccupare, l'importante è che tutto sia finito bene - disse Kiloro, giunta anch'essa per assicurarsi delle sue condizioni.
Petrangola guardò la tavolata, i corpi dei reggenti oramai erano ridotti ad un cumulo di polvere grigia ed il silenzio era tornato a vegliare sugli scranni che li avevano ospitati per tanto tempo.
- Stavano parlando, vero? - domandò, rivolto a Trisac. - Dicevano qualcosa, ne sono sicuro. 
Kiloro e Trisac si guardarono. 
- Non dovresti preoccuparti di queste cose. 
- Invece voglio sapere, voi siete in grado di capirli, vero? Vi ho visti esitare, avete capito cosa dicevano, ne sono sicura. 
- Parlavano delle spore e di un eroe che avrebbe potuto salvarli tutti - rispose Kiloro. - Ma forse sono solo frasi casuali dovute a qualche sorta di...
- No, parlavano di ciò che stiamo cercando, parlavano del portatore della Forgotten Weapon - rispose Trisac.

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