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Capitolo 18 - La sala del portale

Ostuni marciò tra le luci rosse intermittenti del laboratorio pieno di ombre, aveva il fucile abbassato e si guardava attorno ridacchiando.
- Io non capisco cosa abbiano tanto da piagnucolare, fanno tanto i veterani ma, a conti fatti, si cagano addosso – diceva, avanzando tra i vetri rotti e i vecchi bossoli accumulati sul terreno.
C'era stato uno scontro a fuoco, sventagliate di proiettili avevano sfondato le grandi vetrate che separavano le varie zone dei laboratori distruggendo attrezzature e strumenti. Alcuni tavoli erano stati ribaltati, forse per permettere a qualche pistolero di trovare un riparo da chissà quale creatura, chissà quale nuovo abominio.
No, non era un abominio, erano droni, droni di sicurezza come quelli che li avevano attaccati poche ore prima, Ostuni ne vedeva ancora i pezzi affioranti dalla muffa.
- Forse avresti dovuto fare meno lo spaccone e dargli retta – disse, avvicinandosi a una figura umanoide nascosta sotto lo strato di muffa.
Si chinò, liberandone il volto, indossava un'armatura di una foggia che non aveva mai visto e una strana maschera dorata, molto pacchiana e inquietante ma in qualche modo familiare.
- Guerrieri di Conclave...?
- Quindi il vecchiaccio aveva ragione.
C'erano altri tre cadaveri almeno, tutti sepolti sotto il loro sottile strato di muffa. Ostuni li scrollò con il piede, anche gli altri tre avevano la stessa, pacchiana, maschera del primo e anch'essi erano morti per i sistemi di sicurezza per poi finire mummificati nella muffa.
Il laboratorio era una grande stanza a croce, in cui ogni braccio sembrava essere stato allestito per studi specifici e differenziati. Al centro della stanza, invece, sia priva un grosso foro nel pavimento su cui erano sospesi, attraverso vari sistemi di carrucole e corde d'acciaio, almeno una decina di strane tute, massicce e bianche, con bombole d'ossigeno quadrate sulle spalle e un casco rotondo, chiuso da un vetro a specchio.
Ostuni non aveva mai visto delle tute spaziali, prima di allora, per cui ne rimase colpito, avvicinandosi alla balaustra per osservarle più da vicino. Le tute sembravano tanti burattini appesi sul vuoto, nella silenziosa attesa del ritorno del loro burattinaio. Almeno dieci piani sotto, invece, incassato in un letto di pietra grezza, si trovava un macchinario a forma di anello al centro del quale, brillante di scariche elettriche e di intere costellazioni di luci, una grossa sfera oscura galleggiava nell'aria. La sua superficie sembrava assorbire la luce della torcia esattamente come avrebbe potuto fare un cielo notturno.
- Un portale... - disse Ostuni, - è una tecnologia che non esiste neppure ora.
- Probabilmente è da lì che hanno portato fuori la muffa o il fungo, magari anche il primo abominio veniva fuori da lì.
- Non è da escludersi che... -
Due droni stavano scansionando l'aria, gravitando a un paio di metri d'altezza sull'altro lato della balaustra.
- Da dove arrivano quelli? - domandò.
Sull'altro lato se ne stavano avvicinando altri due e sul lato opposto altrettanti.
I guerrieri di Conclave dovevano aver fatto un ottimo lavoro, combattendo il sistema di sicurezza, ma probabilmente erano stati obbligati a ritirarsi senza completare il lavoro.
- Per ora non possono ancora individuarci – disse, esplodendo un colpo che abbatté il primo drone. Gli altri 7 sollevarono la luce dei sensori, stavano calcolando la traiettoria del colpo. Prima che i sensori dei droni si dirigessero verso la sua posizione, Ostuni balzò oltre il parapetto, appendendosi con una mano all'imbracatura di una delle tute, sospeso nel vuoto in attesa di  vedere la reazione dei droni. In pochi istanti i loro sensori illuminarono il punto da cui Ostuni aveva sparato, radunandovisi nei dintorni per analizzare l'aria. Un drone gli passò accanto, dandogli l'occasione perfetta per colpirlo con un calcio, destabilizzandolo e facendolo precipitare verso il portale, che lo inglobò in una scarica elettrica.
Prima che i droni si rendessero conto della scomparsa del loro simile, Ostuni si dondolò, balzando sul parapetto del piano sottostante.
Controllò che i droni si fossero radunati attorno alle tute, estrasse un disco da dietro la schiena e lo caricò di nanomacchine, attivandone la lama al plasma. Calcolò la traiettoria e lanciò.
La lama di luce ruotò attorno alle tute spaziali,recidendone i cavi come se fossero di carta e facendo precipitare tute e droni verso il baratro del portale.
- Ne restano due – sussurrò, afferrando il disco, oramai scarico, che era tornato alla sua mano.
Balzò oltre il parapetto, finendo in un'area invasa dalla muffa ma ancora ordinata. Ebbe appena il tempo di rendersi conto del proprio errore che i sensori, su quel piano, scattarono, attivando altri otto droni e quattro di quelli che sembravano i costrutti affrontati nella sala della vasca, ma in una elegante versione di metallo, privo di muffa e con le armi cariche di munizioni.
Ostuni bestemmiò, abbattendo il costrutto più vicino nel momento stesso in cui stava comparendo dalla parete. Corse in quella direzione, sparando anche ai due droni che lo accompagnavano, mentre una pioggia di proiettili gli si abbatteva addosso, sibilando sulla sua corazza leggera, vicinissimi al suo corpo.
I costrutti avevano una mira quasi infallibile, per questo era importante sfruttare appieno l'interferenza radionucleare sviluppata dalle tute corazzate con cambi di direzione rapidi e movimenti saltellanti, a questo mirava la maggior parte degli esercizi di addestramento che aveva dovuto affrontare agli ordini della Legio, per questo si era preparato tanto.
Un colpo gli sfiorò la testa, segno che oramai i costrutti avevano quasi calibrato il tiro sul suo movimento, obbligandolo a saltare dietro un tavolo per cercare riparo.
Senza neppure perdere un secondo sfruttò la velocità fisica e mentale di un paio di nanomacchine per muoversi rapidamente verso un'altra posizione, estrarre le due gravitosfere, caricarle e lanciarle in aria ancora prima di ricadere. Stavolta le sfere non ruotarono attorno a lui ma disegnarono delle linee rette, luminose di plasma, che trapassarono la testa di due dei tre costrutti, disattivandoli per sempre.
Prima che la carica si esaurisse, Ostuni ne sfruttò un'altra, uscendo dalla copertura per colpire l'ultimo costrutto, ma questi aveva già ricalibrato il tiro sulla nuova posizione. Spararono quasi contemporaneamente. Ostuni fu abbastanza rapido da sparare muovendosi di lato, evitando che il colpo gli penetrasse il cuore di qualche centimetro, spappolandogli però una spalla e facendogli cadere l'arma di mano.
Steso a terra, Ostuni si guardò la ferita, il braccio era tenuto insieme solamente dalla tuta corazzata. Sfruttò due cariche di nanomacchine per contenere il disastro ed estrasse la pistola.
- Sei colpi contro otto droni.
- Si può fare, campione – si disse, mentre la bocca gli si riempiva del sapore di sangue.
- Si può fare – si rispose, sorridendo.

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