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Venticinque

"Finché continua a piacervi.

Finché vi sentirete, vi mancherete, vi cercherete.

Non sarà mai sbagliato.

Non sarà mai abbastanza."

-Anonimo.

Il tempo.

Le persone ne parlano come se fosse una cosa sacra, inafferrabile, il nemico di ogni essere umano. Si dice che esso curi le ferite, rimargina gli errori e cerca in tutti i modi di allontanare il dolore che ci ha accompagnato per un periodo.

Il tempo: veloce e bastardo, un fenomeno temuto da tutti.

Per quanto mi riguarda, ho stretto un patto strano con lui. Ho cercato in tutti i modi di farne tesoro, di approfittare delle settimane che passavano per dimenticare il suo viso, la sua voce, le sue mani che mi accarezzavano i capelli. Ma non è servito. Sembra che ogni secondo passato lontano da lui, sia servito soltanto a farmi capire quanto le mancanze possano farti male, prenderti l'anima e renderti schiava di un dolore che non hai scelto, voluto. Mi mancano le sue follie, il suo modo totalmente pazzo di entrare dalla finestra, di sorridermi quando come al solito ero estranea alle cose che per lui erano assolutamente naturali. Siamo molto diversi, l'ho sempre pensato, ma era proprio questa nostra differenza che mi faceva sentire al mio agio con lui. Sospiro profondamente e mi guardo allo specchio, per niente pronta ad affrontare un'altra giornata alla Ronwood. Odio il fatto di dover per forza frequentare quel posto. Non posso dire a mio padre di essere di cattivo umore per andare, non capirebbe e considerando la mia punizione, non mi permetterebbe per nessun motivo al mondo di restare. Mi passo una mano sul viso, mordicchiando il labbro e voltandomi verso la porta, per vedere chi è entrato. Sorrido leggermente alla vista di Ethan, che si siede sul letto con le gambe aperte, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e le mani sul mento.

«Devi dirmi qualcosa?» chiedo, guardandomi di nuovo allo specchio, per cercare di far risultare la mia coda decente.

Il ragazzo fa spallucce, sorridendo appena. «Innanzitutto, buongiorno.» borbotta, arricciando il naso.

Ridacchio, osservandolo dallo specchio. «Buongiorno a te.» rispondo facendo l'occhiolino.

Lui sorride dolcemente, alzando un sopracciglio. «Sei pronta per andare a scuola?» chiede. Annuisco, prendendo lo zaino e raggiungendo la porta della stanza.

«No, mentalmente no. Ma fisicamente credo di esserlo.» borbotto, scendendo le scale. Lui ridacchia, venendomi dietro e abbracciandomi di colpo. «Ethan... che problemi hai?» alzo un sopracciglio, mentre mio padre sorride teneramente.

«Buongiorno, amore. Fai colazione con me?» chiede dolce.

Scuoto la testa, sistemando lo zaino nella spalla e facendo una smorfia. «Devo andare papà, o rischio di fare tardi. Ci vediamo alle sette, ricorda che ho la punizione.» sbuffo, uscendo in giardino seguita da Ethan. Mi blocco, guardandomi intorno e incrociando le braccia. Addison sta ancora dormendo, mi gioco la vita.

«Maddison Elizabeth Coleman! Alza il culo da questo cazzo di lettooo!» urla Nathan. Spalanco gli occhi, portandomi una mano davanti alla bocca per non ridere, mentre Ethan lo fa senza fare troppi complimenti.

«Buongiorno, Nathan! Qualcuno è di buon umore stamattina?» urla il ragazzo, facendomi l'occhiolino e circondando il mio collo con il suo possente braccio. Mordicchio un'unghia, guardando verso la porta di Addison, mentre a casa di Nathan si sentono dei passi scendere velocemente le scale. Il moro spalanca la porta, è a petto nudo, con i capelli fuori posto e una tuta nera dell'Adidas. Ed è figo da morire.

«Infame! Ieri mi hai ucciso così tanto il personaggio di Fortnite che ho dovuto rifarlo daccapo!» gli punta il dito contro, sbracciandosi poi come un matto. Sta parlando sul serio?

Ethan scoppia a ridere, mentre Isaac irrompe fuori con un sorriso beffardo. «Sono stato io!» ammette orgoglioso.

Nathan spalanca la bocca, mentre Maddison dietro di lui sembra voler aver poca voglia di vivere. «Io stavo dormendo! Sei scorretto!» protesta.

«E io devo andare a scuola! Muovi il culo o torno a letto?» risponde la sorella guardandolo male. Scoppio a ridere, non riuscendo più a trattenermi, mentre lui mi rivolge uno sguardo tra il confuso e il dolce.

«Le accompagno io le pesti, Nat. Devo fare una cosa in zona.» dice Isaac dandomi un pizzicotto. Arriccio il naso e alzo un sopracciglio, guardando Maddison.

«Possiamo andare anche a...» Ethan mi punta il dito contro, scuotendo la testa.

«No, col cazzo. Voi marinate, avete entrambe la stessa voglia di andare. Filate in macchina.» borbotta autoritario. Faccio una smorfia, prendendo per mano la mia amica che lo sta guardando male e mormora maledizioni contro di lui. Nathan scuote la testa, sorridendomi, mentre io mi volto dal lato opposto cercando di non ricambiare, sorridendo di nascosto.

Il liceo.

Non ci sono parole per esprimere cosa vuol dire passeggiare per i corridoi di una scuola affollata, dove la metà di studenti porta la giacca rossa e nera dei Lion, un quarto sono quelli che gli idioti definiscono "asociali", capitanati da niente di meno che da Harry Script, che passeggia con aria fiera verso il suo armadietto, accerchiato da quei cinque amici con cui passa il tempo a giocare a D&D. E poi ci siamo noi, quelli che veniamo visti come il gruppo compatto, indissolubile e difficile da spezzare. Da quando ho sotterrato l'ascia di guerra con Ryan, il ragazzo si è dimostrato un valido amico e una persona meravigliosa su cui poter contare. Addison è diventato meno spocchioso, Denis e Max sono sempre gli stessi, e noi ragazze ci sentiamo super protette con loro quattro al nostro fianco. Sono contenta, del gruppetto che ci siamo creati. C'è un rapporto stupendo, anche quando Mad e Addison litigano per le loro stupide cose. Siamo unici e soli, non c'è storia.

I corridoi, comunque, sono pieni di studenti che si accalcano verso la mensa. Addison ha il braccio intorno al collo della sua quasi ragazza, Max sta parlando della sua nuova e segretissima fiamma, Denis sbuffa di tanto in tanto, Ryan sorride sornione ad ogni individuo di sesso femminile che gli capita sott'occhio e io e Mad stiamo ascoltando interessate il misterioso ragazzo che ha fatto breccia al cuore del difficile adolescente dai capelli rosa.

«Dev'essere speciale, allora!» dico raggiungendo il mio armadietto con i libri stretti sul braccio.

«Ed è assolutamente segreto.» borbotta.

Ryan ruota gli occhi, alzando un sopracciglio. «Ma allora che ne parli a fare, scusa? Non ha senso dire le cose a metà, amico.» protesta.

Max ride, assumendo un'espressione beffarda. «Vi dico solo che gioca a football.» sussurra a bassa voce.

Addison e Ryan si guardano, sbigottiti, poi scoppiano a ridere. «Impossibile, nei Lion non ci sono ragazzi omosessuali, te lo posso assicurare.» risponde il biondo.

Arriccio il naso, ruotando gli occhi. «Non ne sarei così sicura, capitano. Ma adesso vogliamo sapere il nome.» rispondo seria.

Denis annuisce. «Assolutamente sì, esci questo nome.» borbotta.

«Ragazzi, rilassatevi! Quando prenderemo il nostro solito tavolo in mensa, rivelerò ogni cosa. Ogni dettaglio, tutto.» replica divertito.

Maddison lo guarda interessata. «Oh, allora muovi il culo Sophie! Io voglio sapere.» sbuffa.

Poso i libri dentro l'armadietto, scuotendo la testa e prendendo a braccetto Ryan, sorridendo appena. Il biondo mi pizzica la guancia, per poi guardarsi intorno.

«Ma cos'è questo casino, oggi? Nessuno assente, che cosa strana.» storce il naso, mentre spingo la porta della mensa, ridacchiando.

«C'è il festival della scienza, domani. Chi vuole partecipare deve cominciare a dare le ultime adesioni. Io per quest'anno passo, nessun progetto da presentare e poca voglia di farlo.» faccio una smorfia.

«Ah, io non ho mai partecipato.» fa spallucce, dirigendosi al tavolo.

Addison ride. «Io dopo che l'anno scorso ho rischiato di perdere i capelli a causa del fuoco, sono apposto così.» mormora.

«Ah, ricordo quella scena! Fantastica!» esclamano Denis e Maddison all'unisono.

Max sospira. «Mi mancheranno tutte le nostre mattinate a scuola.» sussurra. Maddison lo guarda tristemente, mentre io sospiro e gli prendo la mano.

«Ehi, andrai a Yale! Dovresti essere contento, okay? Ci vedremo nelle vacanze e in estate. Non ci perderemo, nessuno di noi.» dico sedendomi al mio solito posto.

Ryan sorride. «Sapete troppe cose, dovrei uccidervi, poi! Inoltre, anche io tra due anni andrò a Yale, quindi saremo di nuovo insieme!» esclama.

Sorrido dolcemente, guardando Maddison. «Tutti lì state andando, alla fine?» chiedo a bassa voce.

Denis storce il labbro, mordicchiandolo. «Tu sei ancora decisa per Oxford?» sussurra.

Annuisco. «Sì, ma Yale potrebbe diventare la mia seconda opzione, non lo so ancora. In ogni caso, basta parlare di college, dicci il nome di questo tuo spasimante.» dico beffarda, mentre Addison fa scivolare una porzione di patatine davanti a me, facendo l'occhiolino.

Max ci fa cenno con la mano, facendoci avvicinare le teste così vicine da sentire i fiati fondersi. «Justin Cartner, signori.» sussurra. Mi volto con la bocca spalancata, guardando il ragazzo che sta ridendo con i suoi compagni di squadra.

«Just, sul serio? Non sembra proprio gay!» esclamo. Ryan e Addison sono sorpresi quasi quanto Denis e Mad, il che è molto divertente.

«No, infatti. Neanche lui ha fatto coming out con i genitori, e al contrario di me non vuole dirlo in giro. Però sì, lo è. Ci siamo incontrati in un pub sabato scorso e tra una chiacchera e l'altra è scattato un bacio. Adesso usciamo insieme.» dice sognante.

Denis aggrotta la fronte, confuso. «Scusa, ma i tuoi non lo sanno?» chiede.

Max scuote la testa. «Ma ti pare? Mio padre è all'antica, figurati che quando ho fatto i capelli rosa me la sono vista brutta.» sbuffa.

Scuoto la testa, guardando di nuovo Justin, sorridendo beffarda. «Beh, dai è carino!» esclamo.

«E si professa incredibilmente etero negli spogliatoi della palestra.» continua Ryan.

Addison fa spallucce. «Beh, pazienza!» ridacchia, appoggiando la schiena alla sedia e guardando verso l'ingresso, per poi aggrottare la fronte. «Ehi, Mad... cos'hai combinato stavolta?» chiede curioso.

La ragazza fa una smorfia, scrollando le spalle. «Ma che vuoi? Io non ho fatto niente.» borbotta infastidita.

Il ragazzo fa spallucce. «No, perché tuo fratello sta raggiungendo il nostro tavolo leggermente incazzato.» sussurra continuando a guardare in quella direzione.

«Cosa?» chiede la ragazza accigliata. Mi volto, indirizzando lo sguardo verso la stessa traiettoria di Addison, insieme al resto della mensa. Sta avanzando con i pugni serrati, lo sguardo serio e gli occhi puntanti su di... me? Perché su di me? I miei amici si voltano verso la mia persona, alzando un sopracciglio.

«Perché mi guardate così? Io non c'entro niente.» sussurro a denti stretti, alzandomi di scatto e facendo il giro del tavolo, per poi appoggiarmi ad esso e incrociare le braccia, puntando gli occhi su di lui. Tutti gli alunni, professori e gente presente in questa mensa, ci sta guardando con il fiato sospeso, mentre lui si para davanti a me. Max si schiarisce la voce, mentre io sono ferma con lo sguardo su di lui. «Nathan cosa...? Oh.» sussurra, vedendo che mi prende di colpo e mi attacca a sé, baciandomi. Rimango letteralmente impalata, sentendo lo sguardo degli altri addosso, seguiti da certi mormorii sommessi. Mi rilasso notevolmente e circondo il mio collo con le sue braccia, chiudendo gli occhi. Mi erano mancate da morire le sue labbra, finalmente non sento più quel vuoto che da settimane mi squarciava l'anima a metà. Mi attacco di più a lui, schiudendo le labbra e approfondendo il bacio, sentendomi di nuovo viva. Bentornato, Caffè, mi sento di nuovo a casa. Gli accarezzo il viso mentre qualcuno dietro di Nathan si schiarisce la voce.

«Avete finito?» borbotta la professoressa di storia, nonché la nostra tutor. Il ragazzo si stacca, voltandosi di scatto verso di lei e andando via, a passo spedito. Scuoto la testa, confusa, facendo un profondo respiro.

«Ehi! Non puoi venire qui, baciarmi e poi scappare!» urlo, cercando di raggiungerlo. La professoressa mi blocca, alzando un sopracciglio.

«Dove credi di andare, Cooper?» dice seria.

La guardo male, sbuffando. «Da Nathan! Ho delle ore libere per diritto, no?» sbraito.

Lei annuisce. «Sì, certo.»

«Perfetto, a dopooo!» dico, mentre vengo bloccata dal braccio.

«Ma resta il fatto, Giulietta Capuleti, che lei è in punizione e non può usufruire di quelle ore. Cercherà dopo il suo Romeo, torni a sedersi.» borbotta andando via. La guardo male, sedendomi nervosamente e guardandomi intorno.

«E voi cosa avete da guardare? Tornate a mangiare, su.» ringhio.

Blake scoppia a ridere, mettendo le gambe sul tavolo. «Scena da film, Weasley. Al momento te lo facevi in mensa o cosa?» dice divertito.

Addison, Denis, Max e Ryan si alzano di scatto, guardandolo male. «Attento a come parli o ti gonfiamo, idiota.» dice Addy, scroccando le dita.

Ruoto gli occhi e sbuffo, spingendoli dal braccio. «Niente risse per favore! E tu, Blake vedi di piantarla.» dico seria, voltandomi poi verso ai miei amici, ignorando i loro occhi a cuoricino.

«Cos'hai intenzione di fare dopo la sua follia?» sussurra Maddison.

Mi alzo, passandomi una mano in faccia. «Per ora andiamo in classe, dopo cercherò di parlare con lui. Sicuramente non mi dirà dove si trova.» borbotto.

Denis sorride, facendo spallucce. «Posso chiedere io e tu lo raggiungi.» propone.

Annuisco, baciandogli la guancia. «Grazie, sei un tesoro.» dico dolcemente, andando verso i corridoi, cercando di ignorare i mormorii. I ragazzi sono divertiti e le ragazze invece esclamano frasi tipo "Che cosa bella!" o "Quanta invidia, lui è davvero figo!". Sospiro e scuoto la testa, entrando in classe di biologia. Sono stanca di fingere un'indifferenza che non provo, più tardi cercherò di parlare con lui, di risolvere, di capire. Voglio sentire i suoi motivi e provare a comprenderlo, non riesco a stare più senza di lui. Mi sento come un muffin al caffè senza il suo ingrediente principale. Spero davvero che le cose possano risolversi una volta per tutte.

Se c'è una cosa che odio di più al mondo è stare due ore in aula punizioni. È un sospiro di sollievo quando la campana, per noi ragazzi visti come le pecore nere della Ronwood, suona per avvisarci che ora di andare a casa. Denis mi ha detto che Nathan è da Daisy, per cui ignorando la mia reclusione in casa per altri tre giorni, mi dirigo dritta alla tavola calda, progettando dentro la mia testa tutto un discorso articolato e ben pensato. Svolto l'angolo, vedendo la tavola calda di fronte a me e facendo un profondo respiro. Forza, Sophie, è ora di agire. Apro la porta, sentendo il solito campanellino snervante che accompagna il gesto. Mi guardo intorno, vedendo Nathan qualche tavolo più in là completamente da solo, che al solito sta pigiando freneticamente i tasti sul suo laptop. Sospiro profondamente e mordo il labbro, avanzando dritta verso di lui.

«Okay, io ci ho provato ma sono stanca. Non ce la faccio proprio a starti lontana, lo capisci? Tu sei... sei un ragazzo strano, e mi confondi. Mi tieni segreti come se per te non fosse importante stabilire un rapporto solido con me, mi ignori pur essendo nel torto e poi... poi vieni a scuola baciandomi davanti a tutta la mensa. Io non so cos'è, lo giuro. Ho provato a fermarla ma è come una sorta di forza fisica che mi fa dipendere da te, mi attrae in un modo totalmente involontario, e soprattutto contro il mio volere. Ci ho provato davvero, ma ogni secondo lontano da te, dura un secolo. È amore? Forse, non lo so. E non lo capirò mai perché con te è impossibile capirlo. Mi mandi in tilt, cristo santo. Prima ti voglio da morire, poi muoio con te al mio fianco. Sei un controsenso, un cazzo di groviglio nel quale io stessa ne sono rimasta prigioniera. E ti odio da morire perché non so odiarti e ti amo perché è l'unica cosa che so fare davvero. E so che non ha senso, perché prima ho detto di non sapere cosa provo per te. Ma con te nulla ha senso. Solo io e te insieme.» dico tutto ad un fiato.

Il ragazzo alza lo sguardo dal pc, alzando un sopracciglio. «Hai finito?» chiede guardandosi intorno.

Annuisco. «Io sì, ho.... Cosa?» chiedo sorpresa. Che figura di merda, ma mi stava ascoltando?

Lui ridacchia, incrociando le braccia. «Mi sembri parecchio confusa, sicuro che il controsenso tra noi due sia io? In ogni caso, non è proprio il massimo parlare davanti a tutta questa gente, che per inciso, sta cercando di trovare un nesso al tuo discorso quasi quanto me. Sarebbe l'ideale andare a discuterne da soli, che dici?» chiede divertito.

Spalanco gli occhi, indignata. Che persona svernante, Dio santo. «Sul serio? Ho parlato per dieci minuti buoni, quando avresti potuto interrompermi e dirmi prima che volevi parlarne in privato!» esclamo offesa, allargando le braccia.

Lui scuote la testa, facendo una smorfia dolce. «Oh, certo che no. Eri troppo carina in difficoltà, non mi sarei perso lo spettacolo per nulla al mondo.» ride.

Lo guardo male, incrociando le braccia. «Ti odio.» sbotto.

Il ragazzo si alza, chiudendo il laptop e mettendolo in borsa, guardandomi per un attimo. «Ne sei sicura? Perché prima sembrava che volessi affermare il contrario.» fa l'occhiolino, beffardo. Fanculo, Nathan Caffè Coleman, sei uno stronzo patentato. Lo seguo all'esterno, fermandomi davanti alla sua moto con aria incerta. Alza un sopracciglio e mi guarda divertito, passandomi il casco. «Bimba, la tua ribellione è calata di colpo?» chiede.

Lo guardo male. «Beh, scusa se trovo strano il fatto di salire di nuovo su quella moto con te.» sbuffo.

Lui scoppia a ridere, annuendo. «Secondo la mia logica, non sono ancora diventato cannibale e rimango una specie innocua per l'essere umano. Ma se desideri viaggiare usando i tuoi piedini minuscoli, prego. Non mi ribellerò.» fa spallucce.

Incrocio le braccia, facendo una smorfia. «Sì, Nathan, mi sei mancato anche tu.» borbotto piano, mentre lui sorride.

«Ma in sostanza salti su o no? Non ho voglia di seguirti a passo di lumaca.» alza un sopracciglio.

Annuisco, saltando su e guardandolo. «Adesso quello indeciso mi sembri tu, però.» dico fiera.

Lui sorride teneramente, scuotendo la testa. «Sei sempre la stessa, Muffin.» sale davanti a me, accendendo la moto.

«Nathan non co...» non finisco in tempo la frase che sta già sfrecciando per le strade, mentre mi attacco a lui e sbraito maledizioni ad alta voce. Arriviamo a casa, io mi nascondo il viso per evitare che mio padre si affacci, muovendo freneticamente la gamba in attesa che apra la porta. Una volta fatto, mi fiondo dentro, tirando un sospiro di sollievo.

«Benvenuta nella mia nuova dimora!» esclama.

Mi guardo intorno, sorridendo leggermente. «Perché sei diventato il mio vicino di casa?» dico osservando i mobili in legno scuro.

Fa spallucce. «Perché sono il tuo tormento.» borbotta ironico, salendo verso le scale. Guardo il salotto pieno di pacchi di patatine e faccio una smorfia.

«Potevi mettere in ordine!» esclamo salendo dietro di lui.

«Hai sempre qualcosa da ridire, Walleby?» urla dalla sua stanza. Mi blocco davanti la porta, vedendolo a petto nudo.

«Perché...?» borbotto.

Scrolla le spalle. «Ho caldo!» sbuffa. Annuisco, sospirando, mentre lui si sdraia sul letto e accende una sigaretta, incrociando le caviglie. «Suppongo che tu voglia sapere perché stessi spacciando della droga.» dice serio.

Annuisco, avvicinandomi nel letto e sdraiandomi di traverso, appoggiando la testa sulla sua pancia e accendendo una sigaretta anche io. «Sono qui per questo, credo.» sussurro.

Nathan sospira. «Ti prego di farmi parlare senza interruzioni, è più difficile di quanto tu pensi.» spiega serio. Annuisco leggermente, invitandolo a continuare. «Quando avevo diciotto anni facevo uso di droghe. Non mi è ancora chiaro il motivo per cui lo facessi, ma ho smesso quando delle persone mi hanno aiutato da una possibile morte. Mia madre, per quel motivo, mi spedì a studiare in Canada. Mi trovavo bene a Vancouver, a Ronwood non volevo tornarci neanche per le vacanze, io e J avevamo costruito una vita lì, anche se lui faceva spesso avanti e indietro per Lali. In ogni caso, Ronwood non faceva più parte dei miei piani, almeno non fin quando ricevetti un messaggio da una persona che credevo fosse morta. Quella persona era mio padre, l'uomo con la quale io e Maddison conviviamo adesso.» spiega serio.

Spalanco gli occhi. «Tuo... sul serio? Ma perché Mary e lui non...» borbotto.

Lui annuisce. «Non mi hanno detto la verità? Bella domanda. Mia madre probabilmente voleva proteggerci da un uomo che conduceva una vita sbagliata, lo stesso lui. Solo che quando ha capito che ero abbastanza grande per capire, decise di farsi vivo. Il che è un eufemismo, considerando che lo credevo morto. In ogni caso, lui viveva in una roulotte al Saint Martin, ragion per cui frequentavo quel posto molto spesso. Mi raccontò che si era immischiato in robe strane, uscendone, o almeno in parte. Aveva un grosso debito che doveva saldare, o con la morte o con i soldi. Nel frattempo, ho conosciuto te, che mi sei piombata come un fulmine a ciel sereno. Non avevo bisogno di distrazioni, dovevo capire chi minacciasse mio padre e trovare un modo per risolvere. Eppure, il tuo arrivo non è stato un caso, perché la questione di Denis mi ha portato alla verità. Quella sera, dopo aver parlato con te nella tua stanza, sono andato a cercarlo e mi disse che lavorava per il Cobra, un uomo molto cruento per le vie di quel quartiere. Sono andato a parlare con lui, venendo a capo di una questione davvero sconcertante: era il tipo con cui mio padre si era messo nei casini. Così, dopo essere sceso a compromessi, mi disse che con la perdita di Denis avrebbe avuto un problema enorme, ovvero un rifornitore in meno. Mi propose di lavorare per lui per un periodo di tempo, e in cambio avrei avuto la libertà di Denis e di mio padre. Non accettai subito, devo essere onesto. Ma non potevo permettermi di mettere a rischio la vita di mio padre e di un sedicenne.» spiegò accarezzandomi i capelli.

Mi alzo di scatto, guardandolo negli occhi. «Hai fatto tutto questo per loro? Dio, quanto mi sento in colpa! Mi dispiace se ho pensato male di te. Ma non potevi andare che so, alla polizia?» chiedo incerta.

Lui scuote la testa, accarezzandomi il viso. «Eri confusa, non ti ho mai odiato per avermi visto come un mostro. La polizia non era la soluzione migliore, avrei rischiato di far arrestare tutto il Saint Martin, compreso mio padre e quelle persone che mi hanno salvato la vita, che poi scoprì che erano amici suoi, che avevano promesso di proteggermi a tutti i costi. In ogni caso, dopo aver litigato con te, venni alla conclusione che le bugie non erano la strada migliore per tenermi strette le persone che amavo, così per prima cosa raccontai a Maddison la verità su nostro padre. Ci furono un po' di casini con mia madre, ce ne andammo di casa e risolvemmo la questione con lei solo qualche settimana dopo. Mio padre scelse di comprare una casa tutta per noi, la roulotte e il quartiere in cui era situata non era un bel posto per Maddison, che si sta avvicinando agli anni più critici. Per cui, eccoci qui. Questo è quanto.» sospira.

Annuisco, ancora sorpresa. «E perché Maddison non mi ha detto nulla di tutto ciò?» chiedo.

Lui sorride, facendo spallucce. «So che è sciocco da dire, ma è stata una mia richiesta. Volevo essere io a dirtelo, perché ci tenevo che sapessi da me personalmente come la mia vita si era stravolta nel giro di ventiquattro ore. La nostra lontananza mi ha dato molto da pensare, soprattutto a noi due, al nostro rapporto.» dice con una nota di agitazione, prendendomi le mani e giocherellando con le dita.

Mi appoggio di nuovo alla sua pancia, curiosa. «A cosa hai pensato?» chiedo a bassa voce.

Lui sospira, continuando a giocare con le mie dita. «Beh, prima del casino eravamo qualcosa questo era certo. Io mi sentivo legato a te e sono sicuro che per te era lo stesso. Sì, insomma. Avevamo una relazione non ufficializzata e mi sono ritrovato a pensare che non aveva alcun senso. Io sono più grande di te, lo so. Tu sei ancora piccola e con tante esperienze ancora da fare. Ho capito che non era da persona matura, comportarmi come un fidanzato e non esserlo a tutti gli effetti. Adesso sei qui, con me, che nonostante tutto stai ascoltando ciò che ho da dirti e se c'è una cosa di cui sono certo è che non voglio più perderti. Se per te va bene, io sarei disposto ad andare contro tuo padre, a sfidare ciò che lui stesso ci ha imposto ingiustamente. Beh, in poche parole a rendere ufficiale ciò che c'è già da un bel po' tra noi...» borbotta incerto.

Sorrido enormemente, alzando il busto e attaccando di colpo le nostre labbra. Il ragazzo rimane teso per un po' sciogliendosi subito dopo e ricambiando il bacio, intrecciando le nostre lingue e donandomi una sensazione disumana. Non credevo che gli esseri umani fossero capaci di provare tutte queste emozioni messe insieme, è come se fossi calata in un vortice di sensazioni del tutto nuove, ma incredibilmente belle e spaventose. Il ragazzo mi accarezza i fianchi, staccandosi e appoggiando la fronte alla mia, sorridendomi appena. «È... un sì?» domanda incerto. Annuisco contenta, baciandolo di nuovo, mentre il ragazzo mi stringe a sé, accarezzandomi una guancia con una mano e intrecciando l'altra alla mia.

Non ho idea di cosa significa fare parte di una relazione amorosa. Non so come si comportano i fidanzati e mi sento totalmente ignorante su questo punto. Ma Nathan mi ha insegnato tanto, mi ha fatto vivere nuove esperienze e mi ha fatto capire cosa significa amare. Se sono pronta alla guerra con mio padre? Assolutamente sì. Ma so che ne varrà la pena, perché noi due insieme siamo legati da qualcosa di unico. Sono pronta a vivere questa nuova avventura, accanto alla persona che voglio al mio fianco dalla prima volta che ho incrociato il suo sguardo.

Adesso non siamo più Nathan e Sophie, non siamo più e lui, ma siamo un noi. Non so cosa significhi esattamente, ma mi piace così tanto, al punto da non poterne fare a meno.

Nathan è il mio nuovo inizio, quello che non avevo programmato ma che adesso lotterò a tutti costi per fare in modo che non vada più via da me.

È finito il tempo di perdere, adesso voglio solo vincere, e lui al mio fianco, come fidanzato, è una delle mie più grandi vittorie.

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