Trenta
"L'amore ti rende un ribelle, un rivoluzionario. L'amore ti dà le ali per volare alto nel cielo."
-Osho
Giugno.
Il mese per eccellenza, dove comincia il vero caldo estivo, le giornate si allungano e tutto sembra andare alla perfezione. Beh, quasi tutto. La giornata media di uno studente della Ronwood High in questi periodi, è composta da circa il novanta per cento di ansia. Non appena scatta il primo giorno di quel tanto amato quanto temuto momento dell'anno, nel cervello di ogni singolo alunno si attiva un campanello d'allarme.
Studio.
È l'unica parola che continuiamo a sentire, dai genitori, dagli amici, dai compagni di scuola...
Ognuno ha dei percorsi diversi. Max, ad esempio, è diventato un eremita a causa degli esami che lo allontaneranno dal tanto caro liceo, per portarlo in un mondo nuovo e totalmente diverso: il college. I più piccoli, invece, o come meglio diciamo noi, i futuri senior; sono con il naso schiacciato contro la carta per evitare di essere rimandati o bocciati. O almeno, chiunque ritenga che durante l'anno ha dato modo di portare i professori ad arrivare a tale conclusione.
Come se non bastasse, nella vita media di un adolescente, susseguono tante altre cose al di fuori dell'ambiente scolastico, che non solo inseriscono ulteriori stress a tutto il pacchetto, ma rallentano di parecchio la tabella di marcia prefissata per lo studio.
Non vado molto lontano e vi prendo il mio esempio. Sono stati due mesi altamente stressanti, che hanno messo a dura prova la mia sanità mentale e fisica.
Partiamo dal presupposto che, come ormai ognuno di voi avrà intuito, le cose con mio padre sono arrivate ad un punto di non ritorno. Nei mesi precedenti, ci sono state diverse (e aggiungerei anche molto fantasiose), strategie per fare in modo che io dovessi obbligatoriamente sottostare alle sue regole. Quindi via con la carrellata di punizioni – che se devo essere onesta mi hanno aiutato a rimettere il naso sui libri – compiti totalmente inutili e modi davvero epici per tentare di farmi passare al tanto famigerato lato oscuro. Pensate che, per un breve periodo, mi ha categoricamente vietato di vedere Maddison. Direte perché, vero? Ve lo spiego. Secondo la sua psicologia maniacale e, lasciatemelo dire, perversa, lui credeva che la mia migliore amica fosse la custode segreta di una probabile relazione tra me e Nathan. Divertente, vero? Peccato per lui che, naturalmente, io e Nathan abbiamo un cervello e un corpo totalmente funzionante che ci permette ancora di poter decidere per i fatti nostri. Comunque, per fortuna ha tolto quella malsana idea dalla testa. E dopo innumerevoli tentativi per persuadermi e avermi completamente dalla sua parte, ha alzato la fantastica bandierina bianca. Il risultato? Brutte occhiate e frasi sprezzanti che adora usare per ricordarmi la sua delusione nei miei confronti. Poco male, direi. Fin quando non deciderà di rinchiudermi ad Azkaban per aver violato qualche decreto strano tra genitore e figlio, mi va benissimo così.
So che fremete di sapere come vanno le cose fra me e Nathan, ma andiamo per gradi, non c'è fretta.
Tornando alla questione scuola, cominciano ad arrivare le prime domande di ammissione ai college. Quelli che abbiamo fatto al terzo anno, si intende. Attenzione, ciò non significa che se per puro caso venissi accettata a Cambridge, devo per forza obbligatoriamente andare lì. Nossignori. Non è una stupida accettazione collegiale a farmi scegliere dove andare. Nonostante ci facciano già mandare le domande con largo anticipo, io posso decidere di cambiare idea e mandarne una ad un college diverso l'anno prossimo, anche se da quello precedente sono stata accettata. Ma non è questo il punto. Qui a Ronwood, come in qualsiasi altra parte nel vasto stato americano, le risposte dei college sono il male assoluto. Se vieni accettato, ti senti la persona più brillante del pianeta. Ma se così non fosse? Depressione totale e poca autostima in sé stessi. E partono le frasi tipiche tipo "sono ignorante", "non farò più richieste, forse è meglio che vada a lavorare ai cantieri" e via dicendo. Per cui, diciamo che non è proprio il periodo perfetto per un comune adolescente americano.
Adesso passiamo alla parte che stavate aspettando: Nathan. Con lui le cose vanno straordinariamente bene. Beh, cioè non nel vero senso del termine. Noi, andiamo bene. Ma la relazione vista come punto di vista esterno è tutto un altro discorso. Anche quella, a volte, risulta essere stressante.
Badate, non siamo quelle coppie rose, fiori, cioccolatini e baci alla cannella. Proprio no. In quel caso, per quanto potessi amarlo, avrei seriamente considerato l'idea di cambiare fidanzato. Immaginate quanto possa essere noioso un amore del genere? Stucchevole e assolutamente nauseante. Siamo quel tipo di coppia da litighiamo per cose inutili ma poi facciamo pace in modi assolutamente casuali e disagiati. Un esempio lampante? C'è stato un pomeriggio in cui ci siamo ritrovati a litigare per un motivo che adesso non rammento, ma posso assicurarvi che era decisamente stupido. Però, per qualche assurda ragione psicopatica, mi ero incazzata parecchio. Quindi, immaginate la scena che si presenta davanti a voi: urla a non finire, maledizioni lanciate a caso (non senza perdono, mica vogliamo essere ricercati numero uno), imprecazioni decisamente poco femminili e tante quelle belle cose. Nathan, dal canto suo, ha reagito di conseguenza. Quindi era tutto un miscuglio di "ho ragione io" però naturalmente urlato così forte, che perfino Beyoncé è venuta a farci l'applauso per i nostri acuti sublimi. E alla fine? Alla fine, niente. C'è stato un attimo di silenzio, ci siamo guardati in faccia per un secondo, serissimi e indovinate? Siamo scoppiati a ridere! Già. Avete letto bene. Ci siamo messi a ridere senza una logica. Poi lui si è avvicinato, mi ha dato un bacio e il giorno dopo né io e né lui ricordavamo il motivo di quella lite furiosa. Fine della storia. Avete capito che genere di coppia siamo? No, vero? Ve lo confesso: neanche io. Però tutto sommato, insieme siamo belli. Lo dico sul serio. Certo, dovete tener conto che la nostra relazione è fatta al cento per cento di clandestinità assoluta. Tipo gli amanti, solo che noi non siamo sposati con altra gente. La ragione, naturalmente, è mio padre. Logico, c'è sempre lui in mezzo quando si parla di cose nascoste. In ogni caso, questa nostra relazione proibita, chiamiamola così, ha coinvolto tutti i nostri amici, adolescenti e non. Quindi mi riferisco anche a Daisy e al mio caro e amato Ahlam. Che se non fosse per l'età, avrei preso in considerazione di sposare lui. Cioè è perfetto.
A proposito di Daisy. Nathan sta lavorando lì insieme a Jason. Questo ci costringe a vederci poco durante il pomeriggio e molto durante la sera, quando rientra. Solitamente, quando vado alla tavola calda, la perfetta proprietaria ci permette di passare un po' di tempo dentro la stanza che sta dietro al bancone. Evitiamo di farlo, perché coinvolgere persone adulte non è mai stato nei nostri piani, ma a volte è indispensabile. Per il resto, il nostro posto preferito per passare del tempo insieme è in camera mia. Fortunatamente il mio ragazzo è un grande arrampicatore, per cui durante la notte me lo ritrovo con il naso schiacciato contro la mia finestra che impreca, perché come al solito ho dimenticato di tenerla aperta. In realtà lo faccio di proposito per farlo imbestialire, è piuttosto sexy quando è arrabbiato.
Comunque, abbiamo deciso di passare un weekend all'insegna del divertimento, precisamente a New York. Siamo i soliti di sempre, quindi Ryan, Max, Nathan, Mad, Addy, Isaac, Ethan e, ovviamente, io. Convincere mio padre è stato facile, Isaac gli ha detto che non poteva rinunciare a questo finesettimana, lui parte domani mattina per lavoro... per cui lasciarmi sola non era il caso. Ovviamente sa una versione tutta sua, tipo che siamo con i colleghi di Isaac ed Ethan. Partiamo venerdì mattina, alle sei. Ci sono sette ore di macchina, Nathan mi ha pregato di non riempire la borsa di cose inutili perché abbiamo solo due auto a disposizione. Morale della favola? Non si fida quindi nel momento in cui faccio la borsa, lui starà in web. Assurdo. Comunque, partiremo domenica sera. Nathan il lunedì lavora, come Ethan e Isaac, mentre noi dobbiamo andare a scuola. In realtà è un modo per rilassarci tutti insieme. In questo momento sono le undici, sto aspettando Nathan che torna dal lavoro e nel frattempo fisso la mia lettera di Oxford arrivata questo pomeriggio. No, non l'ho aperta. Non me ne frega niente del risultato a dire il vero, poi Nathan ci teneva che lo facessimo insieme.
Sento ticchettare alla finestra e mi volto, vedendo Nathan decisamente contrariato. Sì, signori, è di nuovo chiusa. Mi alzo con un ghigno e appoggio la fronte al vetro freddo, alzando un sopracciglio.
«Parola d'ordine?» chiedo imitando la signora grassa.
Spalanca la bocca, ruotando gli occhi. «Sul serio? Apri che non mi reggo più, spastica!» sbraita guardandomi male.
Scoppio a ridere e apro la finestra, invitandolo ad entrare. «È Caput Draconis, comunque. Dovresti saperla.» dico fingendomi offesa.
Poggia il sacchetto con il muffin serale sul pavimento e mi guarda con un sopracciglio alzato. «Scusa se non sono nerd come te. Sono sicuro che c'entri con Harry Potter.» mormora buttandosi letteralmente nel letto.
Annuisco, soddisfatta. «Oh, sì! Che mi hai portato? Ho una fame assurda.» ammetto passandomi la lingua tra le labbra.
Scuote la testa e fa spallucce. «Vediamo... ci sono quattro muffin alla vaniglia, due ciascuno non ci provare,» dice puntandomi il dito contro per via della mia espressione decisamente famelica, «un milkshake alla fragola con panna per te, e l'ennesimo caffè della giornata per me.» continua sbadigliando appena.
Faccio il labbruccio, pizzicandogli la guancia. «Sei stanco?» chiedo dolcemente.
«Noooo, sono riposatissimo.» borbotta ironico.
Faccio una leggera smorfia e mi sporgo di poco verso di lui, dandogli un piccolo bacio sulle labbra. «Beh, adesso ci sono io. Che ti stresso più del lavoro.» dico arricciando il naso, ridacchiando appena.
Annuisce, ridendo. «Non posso darti torto.» risponde prendendomi in giro.
Lo guardo male e tiro il mio muffin dal sacchetto, sedendomi con le gambe incrociate sul pavimento. «Come è andata oggi a lavoro?» chiedo leccando la panna dalla superficie.
Mi guarda leggermente divertito e poi scuote la testa, facendo spallucce. «Tutto bene. Ci sono stati un po' di clienti che avrei voluto uccidere all'istante. Tipo una famiglia di Green Hills che è arrivata nel primo pomeriggio. Non avevo idea di quanti figli avessero, ma ti assicuro che erano tanti e facevano un casino assurdo. Tu hai studiato?» chiede bevendo un sorso di caffè.
Annuisco, facendo poi una smorfia contrariata. «Tutto il pomeriggio. Rischio di essere bocciata a latino, per cui sto cercando in ogni modo possibile di recuperare quel brutto voto. Ad un certo punto Ryan, dopo avermi spiegato per l'ennesima volta lo stesso argomento, mi ha gentilmente mandato a fanculo. Non è colpa mia se non mi entra in testa!» protesto, per poi afferrare il bicchierone di milkshake.
«E tuo padre?» mi chiede, per poi sbadigliare leggermente.
Sospiro, mordicchiando il labbro. «Mio padre? Cosa vuoi che ti dica. È sempre lo stesso, le cose tra di noi non vanno per niente. Io mi sento ancora in gabbia e lui è ancora in possesso della chiave.» spiego rassegnata.
Si passa una mano in faccia, lanciando un respiro pesante. «Fallo giocare finché può. Fin quando non ti farà del male va bene così. Il peggio arriva dopo, e spero di non toccare mai quel punto. Per il momento agisci in silenzio, come hai sempre fatto. Il resto verrà da sé.» sorride appena.
Abbasso lo sguardo, riportando la mia attenzione su qualcosa che in realtà non è molto interessante, ovvero il pavimento. «È questo il problema, Caffè. Agire in silenzio. Non voglio farlo più, perché poi arrivo al punto che tutto quello che non riesco ad esprimere, comincia a bruciarmi in modo disumano. E non servirà neanche dirle a te, o a chiunque altro, perché neanche lo sfogo può essere d'aiuto. È a lui che sono riferite e deve essere proprio lui a dovermi ascoltare.» spiego cauta.
Nathan storce le labbra, guardandosi intorno. «Ti è arrivata la risposta da Oxford.» dice curioso.
Che fidanzato perspicace! Annuisco leggermente e mi allungo verso la scrivania, prendendo la lettera e porgendola al ragazzo. «A quanto pare sì.» faccio spallucce.
Nathan fissa la busta tra le sue mani, girandola e rigirandola più volte, con aria interrogativa. Alza lo sguardo verso di me, puntando i suoi occhi verdi sui miei e lasciandomi un attimo con il fiato sospeso. Le sue iridi, nonostante tutto, riescono ancora a lasciarmi senza respiro. «Sei pronta per sapere l'esito?» chiede continuando a fissare quella busta.
Stringo le labbra, torturandomi i pollici. «Tu quale vorresti che fosse?» chiedo incerta.
Chiude gli occhi e sospira, battendo la busta ripetutamente tra le sue mani. «Non lo so. Un esito positivo sarebbe bello per te, per il tuo futuro. Ma quello negativo... beh, potrebbe non portarti lontano da me.» ammette serio.
Faccio un cenno con la testa alla lettera, facendo spallucce. «Aprila e scopriamolo insieme.» dico incrociando le braccia.
Annuisce e strappa la lettera molto lentamente, per poi leggere silenziosamente tra quelle righe. Alza lo sguardo, fissandomi e facendo un enorme sorriso. «Sei stata ammessa. Andrai ad Oxford, Muffin, ce l'hai fatta.» dice dolcemente, anche se tra i suoi occhi posso leggere una nota di dispiacere. Non mi vieterà mai di andare, lo so. Ma non sarà di certo contento a sapermi così lontana da lui. Afferro la lettera e senza pensarci due volte, la riduco in mille pezzi, chiudendo poi quei fogli di carta in un pugno serrato. Lui guarda ogni mio singolo movimento, incredulo, senza emettere il minimo respiro. «L'hai strappata. L'hai fatto per me?» domanda completamente spiazzato.
Scuoto la testa, sospirando. «L'ho fatto per me. Mio padre quando era ragazzo aveva provato a entrare a Oxford è il risultato è stato negativo. Così, ha tentato in tutti i modi di convincere Isaac a farlo, senza però alcun successo. Poi io sono cresciuta: la figlia perfetta, quella che avrebbe fatto di tutto per accontentare il proprio papà, la ragazza facile da soggiogare secondo i propri voleri. Mi ha convinto che Yale non facesse per me, mi ha costretto a mandare la lettera per la Oxford University, con la scusa che quella scuola avesse potuto darmi un futuro migliore. Io non volevo, Nathan. Non ho mai voluto essere il riscatto per i suoi fallimenti, la vittoria per le sue sconfitte. Ma non avevo il coraggio di dirglielo, permettevo che lui continuasse a tenermi in quella gabbia costruita apposta per me, che all'impatto sembrava un rifugio accogliente, poi si è trasformata in una prigione insopportabile, piccola e decisamente fredda. Il primo passo per uscirne è non stare sotto le sue costrizioni, cominciare a pensare da sola per quel futuro che ho sempre voluto avere. Il prossimo anno manderò la lettera a Yale, Oxford non è il mio posto e non posso permettermi di stare in un'altra gabbia che non ho scelto.» spiego, prendendo respiro, liberando finalmente quel macigno che mi schiacciava il petto.
Mi sorride leggermente e si sdraia sul letto, tirando un sospiro di sollievo. «Dio, il letto. Potrei tradirti per lui. In ogni caso, se è quello che vuoi, avrai tutto il mio appoggio.» borbotta stanco.
Alzo un sopracciglio. «Sono già gelosa di un migliaio di ragazze, non mettere anche il letto nella lista, grazie.» dico scherzosamente.
Allunga un braccio verso di me, ridacchiando. «Ti sdrai con me?» chiede con voce implorante, facendomi arricciare il naso in una smorfia dolce. Mi alzo e lo raggiungo e lui senza perdere tempo appoggia la testa sul mio petto. «Mi fai i grattini?» chiede con voce assonnata.
Sorrido leggermente, sbadigliando. «Sulla testa?» chiedo, mentre lui annuisce. Passo una mano tra i suoi capelli e rimango a fissare il soffitto, con aria assorta.
«Com'è andata oggi a scuola?» chiede con voce assonnata.
Faccio spallucce. «Bene, credo. Mi sento triste all'idea che Max il prossimo anno non sarà con noi, avrei dovuto conoscerlo prima. Voglio dire, nel caso non mi accettassero a Yale, lo vedrei solo durante la vacanze. Mi sono già affezionata a lui, mi dispiacerebbe un sacco.» mormoro tristemente.
«Sicuramente verrai accettata e sarete tutti insieme in lì. La vostra amicizia è troppo bella per essere distrutta da un stupido college.» farfuglia.
Continuo a passare le dita tra i suoi capelli, sorridendo appena e rimanendo in silenzio per un po'. «Siamo un gruppo impossibile da spezzare. Mi chiedo cosa ti abbia fatto cambiare idea su Ryan, prima non lo sopportavi. Beh, in effetti neanche io, ma sono contenta che adesso siamo tutti uniti. Tu no?» chiedo allegra. Nessuna risposta. «Nathan?» abbasso lo sguardo e lo vedo con gli occhi chiusi, il volto rilassato e la bocca leggermente aperta. Sta respirando profondamente e sembra essere completamente addormentato. Continuo ad accarezzargli i capelli e lo guardo dormire, sospirando. Sono così tremendamente innamorata di lui, non credo che possa esistere persona più bella in tutto il pianeta terra. Arriccia il naso, mormorando qualcosa di alieno e facendomi ridacchiare leggermente. È un dono dal cielo. Mi volto verso la porta, che qualcuno ha aperto, sperando che non fosse mio padre. Mi rilasso di colpo quando vedo Isaac fissarmi accigliato.
«Si è addormentato?» sussurra.
«Sì, non svegliarlo, è stanco. Chiudo la porta a chiave così papà domani non può entrare.» lo prego.
Sospira. «Soph, dormirai con lui a New York, cerchiamo di non rischiare adesso.» dice piano, avanzando all'interno della stanza e chiudendo la porta.
Faccio una smorfia, guardando dispiaciuta verso Nathan. «Io non riesco a svegliarlo, è distrutto. Fallo tu.» mormoro infastidita.
Si avvicina leggermente al ragazzo, scuotendolo con dolcezza. «Nathan, sveglia.» dice piano.
Si accoccola di più al mio braccio, facendo una smorfia. «Mmmh.» mormora.
«Nathan per favore, se passasse mio padre, ucciderebbe tutti e tre.» lo prega, mentre io continuo ancora ad accarezzargli la testa.
«Ma mi sta facendo i grattini.» protesta imbronciato, con una voce da bambino.
Isaac mi guarda, trattenendo una risata. «Amico lo so, ma devi tornare a casa per favore.» dice divertito.
Spalanca gli occhi, balzando in piedi e passandosi una mano in faccia. «Mi sono addormentato, vero?» dice guardandoci. Annuiamo all'unisono, ridendo. «Cristo, sono così stanco. Vado a casa, a domani Muffin. Ti amo.» mi dà un bacio sulle labbra, molto lungo, per poi dare una pacca sulla spalla a mio fratello.
«A domani, Caffè.» sussurro dolcemente.
«Sì, a domani crostata alla marmellata. Avete finito di nominare cibo?» Isaac ruota gli occhi, facendoci scoppiare a ridere. «Non uscire dalla finestra, dal sonno che hai rischi di ammazzarti. Vai dalla porta, ti copriamo io ed Ethan.» spiega, avanzando verso l'uscita della mia stanza. «Tu resta qui, così è meno sospetto.» mi punta il dito contro, mentre io lo mando elegantemente a fanculo con il dito medio.
Nathan scuote la testa, sbadigliando intensamente. «Okay, operazione parare il culo a Nathan Coleman. Possiamo andare?» ridacchia, aprendo la porta e girandosi verso di me. «A domani, amore mio.» dice uscendo e chiudendola, lasciandomi con il sorriso sulle labbra.
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