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Otto.

“La delusione che brucia di più è quella data da chi non ti aveva promesso nulla. Perché la bugia l’hai raccontata tu, mentendo a te stesso.”

Avanzo di qualche passo verso la cucina, senza fiatare. Mio padre mi sta ancora guardando. In questo momento vorrei che ci fosse Isaac qui con me, in modo che possa almeno difendermi, nel caso fossi in difficoltà. Mi invita a sedermi, con un gesto della mano, per poi mettere l’acqua nel bollitore. Sta facendo il tè, ciò significa che vuole parlare e che io devo ascoltarlo fino alla fine, senza dire nulla a riguardo. O probabilmente, devo parlare solo io, il che non è confortante.

Mi siedo in assoluto silenzio, guardando il pavimento e sentendo il telefono nella gamba tremare. Lo esco di poco dalla tasca, vedendo che mi sta chiamando Nathan. Mi schiarisco la voce e la stacco, non alzando minimamente lo sguardo.

«Voglio solo sapere la verità, Sophie.» dice facendo scivolare la tazza di tè bollente verso di me.

L’afferro con una mano, sospirando. «Dovrei aprire una grossa parentesi, papà.» dico seria, girando distrattamente il cucchiaino nella tazza.

«Abbiamo tutta la notte.» sussurra, sedendosi di fronte a me e sorseggiando il suo tè rigorosamente amaro.

Annuisco, sentendo nuovamente il telefono suonare. «Posso rispondere, un attimo?» chiedo a bassa voce. Lui annuisce, osservandomi interessato. Tiro fuori il telefono dalla tasca e getto un profondo respiro. «Ehi.»

«Stavo pensando che… tutto bene? Sei strana.» dice il ragazzo leggermente preoccupato.

«È importante? Sto parlando con papà, posso chiamarti dopo?» sussurro.

«Cristo, sul serio? Vuoi che venga a darti sostegno?» risponde di fretta.

«No, è tutto okay, a dopo.» rispondo, staccando velocemente la chiamata e appoggiando il telefono sul tavolo.

Mio padre prende un gran sorsata di tè, osservandomi curioso. «Era la persona con cui sei stata fino ad adesso?» domanda.
Annuisco, senza rispondere. «Sophie, amore, non mi arrabbierò, voglio solo sapere con chi sei stata.» dice dolcemente.

Alzo lo sguardo, fissandolo nei suoi occhi curiosi e leggermente agitati. «Nathan.» sussurro. «Nathan Coleman.» aggiungo. «E prima che tu possa chiedermi dove sono stata, ti dico che siamo andati in una collina, abbiamo parlato e poi sono tornata a casa. Non mi ha toccata e non mi ha fatto nulla. Posso andare a letto ora?» dico velocemente, sbuffando.

Lui sorride, scuotendo la testa. «Sto provando ad avere dialogo con te, amore. C'è qualcosa fra voi due?» chiede, bevendo il tè con nonchalance.

«Non lo so, papà.» dico seria, schiarendomi la voce.

«Come previsto.» risponde, facendo spallucce. «Sai quanti anni ha Nathan?» chiede.

Lo guardo confusa, annuendo. «Certo, ventidue.» dico stranita.

Lui annuisce, sorridendo appena. «E quanti anni hai tu?» chiede.

«Sedici.» rispondo ancora più confusa.

Lui beve il tè, posando poi la tazza e fissandomi con la sua solita serietà. «E cosa pensi che si aspetta, un ragazzo di ventidue anni, da una ragazzina?» mi guarda interessato.

Rimango in silenzio per qualche secondo, cercando una risposta plausibile e matura da dare. Poi chiudo gli occhi e sospiro, scuotendo il capo. «Non lo so, papà.» dico a bassa voce.

Lui si alza, prendendo la sua giacca e mettendola sulle mie spalle. «Molto spesso alla tua età si fanno degli errori madornali. Nathan è quasi un uomo, tu sei lontanamente vicina ad essere una donna. Sei ancora piccola, non potrai mai dargli quello che può invece dare una ragazza della sua età.» risponde dolcemente, dandomi un bacio sulla fronte.

Chiudo gli occhi di nuovo, sentendo l'aria mancarmi nei polmoni. Mio padre ha fatto fronte ad una terribile verità, la nostra differenza di età. Deglutisco, stringendo i pugni. «Papà, Nathan è un bravo ragazzo…» rispondo guardando altrove.

«Non ho mai detto una cosa del genere, tesoro. E se te lo stai chiedendo, non ti vieterò neanche di vederlo. Anzi, se devo dirla tutta, sono felice di sapere che un ragazzo più grande stia accanto a mia figlia per aiutarla nelle sue prime esperienze. Ma comprenderai con me che sono tuo padre, amore, e sapere che esiste la minima possibilità che mia figlia sedicenne possa fare esperienze con un ragazzo più grande, beh, non mi rende di certo sereno.» spiega tornando al suo posto.

Ruoto gli occhi, sospirando. «Fra me e lui c’è solo una profonda amicizia.» dico velocemente, guardando il pavimento.

«E mi assicuri che sia così anche fra qualche mese?» chiede.

«No, non posso assicurartelo.» dico di colpo, scuotendo la testa.

«Perché lui ti piace, non è così?» sospira.

«Sì.» rispondo decisa, guardandolo negli occhi.

Lui sorride teneramente, annuendo. «E dimmi un po’, amore, tu piaci a lui?» chiede.

Rimango a fissarlo. La sicurezza che ho avuto qualche secondo prima, è vacillata di colpo. Adesso mi sento completamente indifesa, senza armi con cui contrattaccare. «Non… non lo so.» sussurro, chiudendo gli occhi.

Lui sospira, finendo il suo tè che io non ho neanche iniziato. «Hai visto? Metti che un giorno deciderà di fidanzarsi con te. Arriverà il momento prima o poi in cui lui vorrà qualcosa di più dei semplici baci. Si accorgerà che sei solo una bambina che non sa neanche dove mettere le mani. E sai come andrà a finire? Cercherà altro, altrove. Rifletti, amore.» posa la tazza dentro il lavandino, appoggiandosi poi ad esso.

«Voglio solo andare a dormire, papà. Non voglio altro.» sussurro.

Lui annuisce, andando verso la porta della cucina. «Pensa, Sophie. Pensaci bene. Poi valuta come vivere la questione.» dice, uscendo dalla stanza.

Prendo un profondo respiro e appoggio la testa sul tavolo, lasciando cadere una lacrima. Non ho la più pallida idea del perché sto piangendo, ma mi sento di farlo e voglio farlo. E se mio padre avesse ragione? Forse non posso dargli quello che merita e questa è una verità che devo accettare. Ma lui cosa merita davvero? Cosa meritiamo? Mi alzo dallo sgabello e raggiungo la mia stanza, strisciando i piedi. Mi metto a letto, senza asciugarmi o cambiarmi, fissando il soffitto. Mi accorgo dopo poco di avere un messaggio, così lo apro tirando su con il naso.

“Quando avrai finito, se vuoi chiamami.” Nathan.

“Buonanotte.” scrivo velocemente, strizzando gli occhi.

“Vai già a letto?”

“Sì.”

“Tutto bene?”

“No.” rispondo senza pensare.

“Vuoi che venga da te?”

Faccio un mezzo sorriso triste e sospiro, chiudendo gli occhi. “No, tranquillo. Una dormita e tutto passa. Grazie.”

“Okay… buonanotte, muffin.”

“Notte.”

Spengo il telefono e mi metto sotto le coperte, rimanendo a fissare il vuoto assoluto.

Tre giorni più tardi, le cose con Nathan vanno ad alti e bassi. Sto percorrendo il corridoio della scuola, con aria assorta, mentre noto che Maddison è leggermente nervosa. Sbuffo, osservando la mia amica con un sopracciglio alzato.

«Oh, ma insomma che succede?» dico digitando l'anno di nascita di Rupert Grint nell'armadietto, lei si appoggia al suo, mordendo il labbro.

«Sono in punizione. La signorina Evans ha pensato benissimo di farmi passare altre quattro fottute ore nell'aula punizioni  solo perché ho leggermente tirato i capelli a Cassie.» dice nervosa.

«Leggermente? È già una mancanza delle regole. E poi perché diamine hai tirato i capelli a Cassie?» ruoto gli occhi, sbuffando.

«Perché faceva apprezzamenti strani su mio fratello. Ti pare che la lasciavo parlare il quel modo del mio Nathan? Oh, cristo. Io in prigione non ci sto.» dice paonazza, spalancando gli occhi e gesticolando in modo anomalo.

«Senza contare che ti toglieranno qualche credito.» sussurro seria.

Lei alza un sopracciglio, ridendo ironicamente. «Grazie tante per la tua puntualizzazione, Hermione Granger.» fa una smorfia. «Al diavolo! Oggi Nathan a pranzo è da solo, avevo promesso di portargli qualcosa nell'ora buca che abbiamo, mi ucciderà.» borbotta.

«Lo faccio io. Passo da Daisy, prendo due panini e pranzo con lui. Poi però ho nuoto, non posso restare.» faccio spallucce.

Lei sorride enormemente, dandomi un bacio. «Se ti chiede perché non ci sono io, digli che sono rimasta per recuperare un compito, non menzionare la punizione, okay?» sorride.

«No, Harley Quinn, niente punizione.» dico scuotendo il capo.

Lei spalanca gli occhi, dandomi un pizzicotto sul gomito. Mi volto nervosa, guardando poi nella sua stessa direzione. Addison è con Cassie e sembrano molto intimi e affiatati. «Non reagire, è una provocazione.» sussurro a denti stretti.

«Io la faccio diventare un maschio, a questa figlia di puttana! Tutta la scuola sa di me e Addison.» ringhia. La tengo dal braccio e sorrido al moro, imbarazzata. Lui si avvicina con nonchalance, mandando via per un attimo Cassie.

«Dobbiamo parlare.» dice alla bionda, che scoppia a ridere.

«Valla ad infilare nel primo buco che trovi. Tanto sei capace a fare solo questo, no?» sputa con cattiveria. Spalanco gli occhi e mi allontano leggermente, senza farmi notare. «E tu rimani qui!» urla la ragazza, tirandomi dalla mano.

«Senti, mi dispiace okay?» dice il moro timidamente. «Lo sa anche Sophie che mi dispiace, vero?» mi indica, cercando aiuto.

Lo guardo male, scuotendo la testa. «Io… che cosa? Io non…» farfuglio, prima di vedere Max arrivare verso di noi.

«Ah, finalmente ti ho trovata! Non puoi capire cosa è successo, devi assolutamente saperlo!» il mio amico mi tira per mano, strappandomi dalle grinfie di Maddison e dalla situazione assurda. Scoppia a ridere, portandomi in aula di biologia. «Rimani qui, fra poco arrivano i tuoi compagni.» ride ancora.

«Dio, mi hai salvato il culo.» tiro un sospiro di sollievo, ridendo.

Max rimane un po’ con me, fin quando non arriva la mia classe. Saluta qualche mio compagno e poi esce dall'aula, mandandomi un bacio.

Quando suona la quarta campana, esco dalla classe con espressione stanca e confusa. Di chimica non ci ho mai capito un tubo, ancor di più quando viene spiegata da quel dannato professore. Sento qualcuno chiamarmi, e mi volto vedendo Ryan venire verso di me e Maddison.

«Ehi, considerando l'ora buca potremmo studiare insieme.» dice il biondo passandosi una mano dietro la testa, imbarazzato.

«Sarebbe perfetto, ma devo andare a fare una commissione. Tanto sei con me a nuoto, giusto? Ci vediamo lì. Ripassa, stai andando bene.» faccio l’occhiolino, raggiungendo l'ingresso.

Oggi mi sento particolarmente allegra, il che mi piace. Vedo Addison raggiungermi di corsa, agitando le chiavi della sua macchina. «Dove vai?»

«Da Daisy, credi che ce la farò ad arrivarci in dieci minuti?» ridacchio, facendo spallucce.

«Ti dò uno strappo, devo passare anche io da lì.» sorride.

Salgo in macchina e appoggio la testa sul sedile, guardando il moro. «Addy, si può sapere cosa state combinando tu e Maddison?» sbuffo.

«Non me lo chiedere, non lo so neanche io. Tu, invece? Ti ho visto, sai?» ride beffardo.

Aggrotto la fronte, mettendo i piedi sul cruscotto. «Mi hai visto?» faccio una smorfia confusa.

«Due giorni fa, con Nathan. Credo si chiami così, giusto? In ogni caso, vi stavate baciando.» fa spallucce.

Se ve lo state chiedendo, Addison abita di fronte casa mia. Siamo cresciuti insieme, ma nonostante ciò abbiamo preso strade diverse. Lui è più da idiota senza cervello, non so se mi spiego. Ma quando ci capita, tipo ora, siamo contenti di fare una chiacchierata piacevole. Il grande difetto di Addison è mostrarsi stupido con gli altri e un bravo ragazzo da solo.

Lo guardo e scoppio a ridere, annuendo. «Beccata. Ma meglio non farsi domande, credimi. Devo ancora capirci qualcosa anche io.»

«Ah, se è come la sorella lascialo perdere. Impazzirai.» ridacchia.

Lo guardo male, dandogli un leggero schiaffo sulla spalla. «È la mia migliore amica e anche tu hai i tuoi difetti, signorino.» dico togliendo la cintura di sicurezza. Il ragazzo scende dall'auto, ridendo come un cretino.

«Sono innamorato da morire, Soph. La amo, davvero. Ma forse sono troppo coglione da avere paura.» ammette sospirando.

Sorrido dolcemente e cammino nel parcheggio della tavola calda, prendendolo a braccetto. «Siete dei figli di puttana entrambi. Con tutto il rispetto per Mary e Alice.» sorrido.

«Sì, in ogni caso, perché non ti fermi a mangiare con me?» chiede entrando nel locale.

«Devo andare da Nathan, Addy. Anche se temo di non fare più in tempo per nuoto.» sbuffo.

Lui sorride, facendo spallucce. «Ti accompagno io, mangerò in macchina nell'attesa.» fa l’occhiolino.

Ordiniamo i panini e ci sediamo in un tavolo, aspettandoli. «In macchina? Dai, è brutto. Entra con me.» dico sorridendo.

«No, sul serio. Non credo di stare molto simpatico al tuo amico e ci posso anche credere, visto che con sua sorella… beh, lo sai.» dice ridacchiando.

«Non insisto. Ci metterò pochissimo, giuro. Devo anche dirgli della gara.» sbuffo.

Lui alza un sopracciglio, scuotendo il capo. «Non sa che deve ballare il latino con te?»

«No, non sono stati dei periodi particolarmente belli tra noi due. Spero che questo possa alzare la bandierina bianca. Tu verrai alle mie lezioni di domani?» chiedo giocando con il menù.

Il moro fa spallucce, sorridendo a Chuck che è appena entrato con Cassie e Vicky. «Non lo so. Io e Mad abbiamo messo i nomi nell'annuncio, ma di questo passo al ballo ci andrò da solo. Ci sono già un bel po’ di studenti. Pensi che tu e Denis riuscirete a gestirli?»

«Denis! Non ne abbiamo ancora parlato, è un casino.» replico rassegnata.

«Si sistemerà tutto.» risponde alzandosi e prendendo i panini. «Andiamo, Weasley. Non vorrai far mangiare del cibo freddo al tuo Romeo.» fa l’occhiolino, prendendomi per mano.

Saliamo di nuovo in macchina, raggiungendo il quartiere di Maddison in cinque minuti. Sospiro e prendo il sacchetto, guardando il ragazzo.

«Beh, ci siamo. Buona fortuna a me.» dico non nascondendo una leggera ansia.

«Andrai benissimo. Ti aspetto all'angolo, d'accordo?» sorride, guardandomi scendere per poi fare retromarcia con la macchina. Percorro il vialetto a passi lenti, suonando poi alla porta.

Passano esattamente due minuti e mi ritrovo davanti Abby, che mi sorride dolcemente. Ha una felpa di Nathan addosso e sotto è praticamente con le mutande. Faccio una smorfia, sentendo il mondo crollare a pezzi dentro di me. La ragazza si sposta per farmi passare, non so bene il motivo per cui io sia entrata, avrei dovuto andarmene. Subito.

«Ciao, ehm… scusa l'abbigliamento.» fa spallucce.

Non rispondo, rimango in completo e assoluto silenzio. Sento dei passi veloci scendere le scale, con fretta. «Abby hai aperto tu la…» si blocca. È Nathan, ed è a petto nudo con la tuta sotto. Sarò anche stupida ma so per certo che non stavano giocando a poker. Ha i capelli più scombinati del solito e la sua espressione è… sorpresa? Triste? Non lo so.

«Sophie…» sussurra.

Sorrido leggermente, mostrando il sacchetto. «Avevo pensato di mettere fine a quella strana freddezza fra di noi e avevo approfittato del fatto che fossi a pranzo da solo per farti compagnia. Ma non importa, vedo che c'era già qualcuno prima di me. Ragion per cui, visto che la buona educazione non guasta mai, vi lascio i panini. Sono certa che sarete affamati. Io torno a scuola, è stato un piacere rivederti.» dico con voce tremante.
Lui scuote la testa, cercando di raggiungermi. Lo blocco con un cenno della mano, sorridendo appena. «Buon pranzo, Nathan.» dico uscendo e chiudendo la porta.

Chiudo gli occhi e vado dritta verso la macchina di Addison, salendo senza fiatare. Il moro mi guarda con il panino a mezz'aria e la bocca aperta. «Va bene che dovevi fare veloce per non lasciarmi qui, ma ciò non significa che dovevi ingozzarti.» dice abbassando il panino.

Stringo i pugni e scuoto la testa, affondando le dita nella carne. «Gli ho lasciato il sacchetto.»

«Pensavo dovessi pranzare con lui.» risponde sorpreso, mettendo in moto.

«Era in ottima compagnia. Una ragazza seminuda.» sussurro, guardando davanti a me.

Lui sospira e scrocchia le dita, annuendo. «Vuoi che gli dia giusto due pugni? Posso farlo, non preoccuparti.»

Sorrido gentilmente e scuoto la mano, come per rifiutare. «Non serve. I pugni gli ha già dati lui a me, al centro dello stomaco. Non credo che rovinare il suo viso possa alleggerire il peso della delusione. Va bene così, andiamo a scuola.»

Lui mi passa il sacchetto con il cibo, facendo un mezzo sorriso. «Come vuoi, ma mangia. Compro sempre due panini per me, sarò felice di dividerlo con te.» sussurra.

Sorrido di nuovo, appoggiando la testa sul finestrino. «Non credo di avere più fame.» dico, mentre il ragazzo è già in viaggio verso la scuola.

Arriviamo al suono della campanella, per fortuna. Corro verso gli spogliatoi della piscina, vedendo già il resto della squadra pronto a cambiarsi. Mi siedo un attimo sulla panchina, sospirando.

«Tutto bene, Weasley?» domanda Cassie, avanzando in costume. La guardo male e non rispondo, mettendo il bikini nero con il nome della scuola.

Vado in piscina e mi getto senza pensarci, facendo delle vasche sott'acqua, ripetutamente. È l’unico modo che ho per sfogarmi, purtroppo. Riemergo per un secondo, vedendo Ryan e Addison parlare a bassa voce. Sorrido, facendo cenno al biondo di avvicinarsi, appoggiando le braccia a bordo piscina. «Mi passeresti l’acqua, biondino?» dico.

Lui la tira fuori dal suo borsone da football e si inginocchia per passarmela. «Stai bene, Sophie?» chiede. È la prima volta che mi chiama per nome, il che mi fa stranire.

Apro la bocca per rispondere, ma una voce mi precede. «Possiamo parlare?» Nathan. Ryan si allontana, tornando al suo posto. Esco fuori dall'acqua e acchiappo l'accappatoio, mettendola sul corpo.

«Io non ho nulla da dirti.» dico fredda, portando i capelli all'indietro.

Lui sospira, chiudendo gli occhi. «Io sì, invece.»

«Non mi interessa, semplice.» dico cercando di andarmene lontana da lui. Mi blocca dal braccio, così chiudo gli occhi e stringo i pugni. «Non lo vuoi capire che devi lasciarmi in pace?» dico infuriata, voltandomi.

Lui ride ironicamente, scuotendo la testa. «Fanculo. Non voglio lasciarti in pace, cristo! Sono tre fottuti giorni che cerco di avere un minimo di contatto con te. Mi rifiuti come se fossi un cazzo di lebbroso e adesso pretendi di trovarmi depresso su un cazzo di divano?» urla.

Lo guardo nervosa, sbattendo la gamba freneticamente. «No, ma neanche che ti fossi consolato con Abby. Ma in fin dei conti, che importa? Io non ho il diritto di dirti cosa fare, non sono nessuno. E vorrei che questo ragionamento lo facessi anche tu, per cui vattene. Non ho bisogno delle tue cazzo di spiegazioni.» dico fredda, ma con una calma disarmante.

«Stai parlando seriamente? Ti sei allontanata senza un fottuto motivo e lo stronzo sarei io?» dice gesticolando in modo nervoso, passandosi poi una mano sul ciuffo.

«Mio padre aveva ragione. Devo starti lontano.» dico secca, senza alcuna emozione.

Le narici del ragazzo si allargano, mentre stringe le labbra e i suoi occhi verdi si arrossano di colpo. «Era questo, vero? Tuo padre. Stai scherzando, spero. Cristo, non ci credo.» scuote la testa freneticamente, indietreggiando.

Lo guardo con rabbia, stringendo gli occhi. «Non credi a cosa? Al fatto che per una cazzo di volta avrei dovuto dargli retta? Dove siamo, Nathan? Cosa stiamo facendo? Io non voglio finire così! Non voglio soffrire solo perché sono una stupida e fottuta ragazzina di sedici anni! Siamo diversi, ed è la triste verità che ho cercato di ignorare pur di non stare male!» urlo.

Addison e Ryan mi raggiungono mettendosi al mio fianco. Il moro guarda Nathan con aria minacciosa, stringendo i pugni. «Ti sta infastidendo?» chiede.

Chiudo gli occhi, lasciando cadere una lacrima. «Sì, cacciatelo, per favore.» dico con voce tremante.

Nathan mi guarda con la bocca spalancata, facendo una risata sarcastica. «Cosa dici?» si avvicina, cercando di prendermi la mano. Indietreggio, scuotendo la testa.

«Non hai sentito, amico? Devi andartene.» dice Ryan serio, facendo scrocchiare le dita.

Lui guarda i due ragazzi, annuendo. «Ti sei presa i ragazzi di scorta?» dice guardandoli male.

Tiro su con il naso, scuotendo la testa. «Non gli ho chiesto io di difendermi, sono miei amici.»

Lui mi guarda deluso, sospirando e chiudendo gli occhi. «Tu non vuoi che io vada via.» sussurra, guardandomi.

Ryan avanza verso di lui, lo fermo appoggiandogli una mano sullo stomaco. «Mi hai deluso, Nathan. Ti credevo diverso da tutti gli altri, invece sei solo uno di quelli che fa massa.» pronuncio fredda.

Lui si avvicina, guardando male Addison che cerca di fermarlo. «Togliti di mezzo. Non devi dirmi tu cosa devo fare con lei, d'accordo?» ringhia, prendendomi poi la mano e guardandomi negli occhi. «Non andartene.» sussurra.

Scoppio a piangere, sentendo la mano di Ryan appoggiarsi alla mia spalla. «Sei tu ad essertene andato.» rispondo, asciugando gli occhi.

Addison mi tira dal braccio, allontandomi da lui. Nathan si avvicina minaccioso, per poi bloccarsi quando vede che io tengo ancora lo sguardo basso. «Non me ne frega un cazzo dei tuoi problemi con lei. Ma non so se stai notando che tutta la squadra di nuoto vi sta guardando e che Cassie sta godendo come una bastarda. Basta così, me la porto via. Se proprio ci tieni a parlare con lei, fallo in un altro cazzo di momento ma non ora. Ha già dato spettacolo.» dice tirandomi dal braccio e guardando male Cassie. «Che tu possa patire il doppio, brutta serpe.» lei ridacchia soddisfatta. Non mi difendo, mi lascio trascinare da Addison negli spogliatoi, per poi lasciarmi andare ad un pianto liberatorio tra le sue braccia, liberando tutto il dolore che mi sta praticamente distruggendo.

-Spazio Autrice

Posso dirlo? Che casino! Sophie è rimasta molto scossa dalla conversazione con il padre e Nathan non ha perso tempo a consolarsi! In ogni caso, spero vi sia piaciuto, ci leggiamo mercoledì prossimo! ❤️

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