Capitolo 9: Anime spezzate
Annabel fu di parola, e lo svegliò in tempo per farlo ad arrivare a scuola puntuale.
Pur avendo le palpebre che facevano i salti mortali per rimanere aperte si trascinó verso il suo armadietto.
Tornare alla routine di Wilmington fu tutto sommato piacevole.
Lì non regnava il caos della grande metropoli.
James lo raggiunse poco dopo in compagnia di Rebecca.
«Wow mai viste occhiaie del genere! Hai fatto le ore piccole per caso?»lo salutò il riccio con un sorriso divertito, beccandosi una gomitata non molto delicata da parte della ragazza.
«Ahi! La mia era una semplice constatazione»si lamentò lui massaggiandosi il fianco.
Gabe ridacchiò debolmente per poi stropicciarsi gli occhi.
«Ho dormito solo due ore circa, dato che Beth ed io siamo tornati da New York tar...»
«Siete andati dove?»domandò perplesso James e Gabe raccontò brevemente quello che era successo qel week end.
A racconto finito James continuava a fissarlo a bocca aperta mentre Rebecca era raggiante e lo fissava con occhi sognati.
«E come mai New York? Non potevate passare il week end cone due persone normali qui senza ridurti peggio di uno zombie?»
Gabe si grattò distrattamente la guancia.
«È stata un'idea di Beth e l'ho trovata ottima. Perchè? È un problema per caso?»
James fece per replicare ma Becca lo anticipò.
«Quello che James intendeva dirti era che è molto felice che tu e Beth vi siate divertiti. Non è così Jam?»
«Si si certo. Ma spero si sia trattato solo di una vacanza…»
Lì per lì Gabriele non colse il significato celato dietro quelle parole. E quando l'amico glielo spiegò brevemente si fece rosso per l'imbarazzo.
«Sei un pervertito James. Non abbiamo mai fatto niente del genere. Anche perché a noi non serve quell'intimità».
Anche perchè se avessero intrattenuto quel tipo di rapporto lui avrebbe rischiato di perdere la sua parte divina dato che incompatibile con i diversi peccati infernali, con l'eventuale rischio di perdere i suoi poteri, cosa che voleva evitare.
Rebecca diede un'ennesima gomitata a James.
«Ahi. Ma perchè sei così petulante oggi?»protestò il ragazzo.
«Io non vedo nulla di strano in tutta la faccenda Jam. Sono innamorati. C'est l'amour»disse con gli occhi che le brillavano.
«Lasciala perdere. Si è letta per tre volte consecutive Romeo e Giulietta. Ora vede amore ovunque, tra poco anche tra il marciapiede e i tombini»si scusò. Poi si coprì il fianco temendo una possibile vendetta da parte della ragazza.
«Perlomeno lei legge»gli lanciò la frecciatina Gabe, andando in soccorso alla ragazza che gli sorrise complice e alzando i pollici.
James sbuffò, alzando gli occhi al cielo
«E va bene. Avete vinto».
Gabe e Rebecca esultarono dandosi il cinque.
«Uno a zero per noi Becca»si complimentò Gabe tutto soddisfatto.
«Ehi, adesso non montatevi la testa. E comunque non ho mica detto che è stata una pessima idea. Non mettetemi in bocca parole non mie»disse in sua difesa. «Anche se io avrei preferito una meta come Gerusalemme o Roma».
Ma si dai anche Bangkok o Tokyo che erano dall'altra parte del mondo. In fondo avevano un intero week end no?
«Io adoro Roma»s'intromise Rebecca prima che Gabe potesse ribattere.
James a quelle parole fece un sorriso a trentadue denti.
«Allora mi adorerai per questi»disse tirando fuori due biglietti dell'aereo.
«Non starai per dirmi che…»
«Proprio così. Ho prenotato l'albergo per una settimana. Saremo solo tu ed io nella città eterna».
Rebecca gli buttò le braccia al collo in preda all'euforia.
«Jam ti ho mai detto che sei un tesoro?»
Gabe soffocò una risata.
E meno male che il suo breve week end con Beth era stata una pessima idea. Adesso addirittura lo copiava.
Ma per non rovinare l'idilliaco si allontanò per lasciare un po' d'intimità ai due piccioncini.
Intravide la cascata di capelli biondi ormai famigliare pochi metri davanti a lui.
Beth.
Sentiva il bisogno di vederla almeno per qualche minuto, avvertire la sua presenza ormai indispensabile al suo fianco, respirare il suo profumo inebriante.
Ma con sua somma delusione, notò la presenza al suo fianco di Jake.
Ah, già. L'unico lato negativo di quella realtà semplice e tranquilla era che non poteva vedere Beth quando voleva. Non con quell'irritante di Jake in mezzo ai piedi.
Quanto avrebbe voluto possedere una maxi matita e cancellarlo dalla faccia dell'Universo. Forse avrebbe fatto anche un favore all'intera umanità.
I suoi occhi si incrociarono per un attimo con quelli di lei. Sembravano volergli trasmettere la voglia di avvicinarsi, ma al tempo stesso lo inchiodavano al suo posto.
Non avrebbero potuto fare niente con Jake presente, lo lesse nei suoi occhi amaranto.
Come percepisse uno sguardo su di sé, anche Jake si voltò nella sua direzione e strinse gli occhi, per poi sorridergli beffardamente.
Sapeva cosa voleva significare quello sguardo:"Prima o poi finirò la tua insulsa vita".
E ovviamente Gabe condivideva il suo sentimento.
Eppure c'era dell'altro lo sentiva nell'aria, lo lesse nel suo sguardo. Aveva fatto qualcosa, sicuramente nulla di buono. Ma sinceramente non era certo di voler sapere di cosa si trattasse.
Scostò lo sguardo in tempo prima che gli venisse un'idea malsana e pericolosa di cui si sarebbe potuto pentire, tipo scagliargli contro una vampata di Fuoco Celeste, e li posò su una ragazza che aveva incontrato poche volte durante la sua permanenza. Margaret si chiamava se non errava, soprannominata Meggy.
In quel momento aveva un'aria così triste tanto che si attivò il suo istinto angelico, quello che invogliava quelli come lui capire cosa ci fosse che non andava.
Quando Beth e Jake svoltarono l'angolo, Gabriele si avvicinò alla ragazza. Il suo sesto senso gli continuava a sussurrare che c'era qualcosa che veramente non andava.
«Stai bene?»le domandó preoccupato.
Margaret si girò, gli occhi gonfi di pianto. Era una ragazza minuta e bassina, che arrivava appena a metà petto di Gabe. Aveva i capelli lunghi fino alle spalle scompigliati castani dello stesso colore degli occhi.
Scosse la testa, senza premurarsi del motivo per cui uno sconosciuto come Gabe le rivolgesse la parola.
«Mio fratello si è suicidato»disse tutto d'un fiato con la voce rotta dal pianto.
Gabe sgranò gli occhi per nulla prepapararo a quella rivelazione. Il fratello di Meggy era un suo compagno di corso di (), Thomas.
«Quando...quando è successo?»domandò d'un soffio sconvolto.
«Sabato verso mezzogiorno. Si è buttato giù dal tetto del palazzo del comune. Ieri abbiamo celebrato il funerale».
Sabato sera era con Beth a New York reduce di una giornata di scorrazzamento da una parte all'altra.
Si sentì un po' in colpa per non essere andato al funerale dell'amico, anche perchè non lo sapeva. Anche James gli aveva taciuto su quel fatto. Ma ciò che gli pesava di più, era che la sua anima era finita dritta dritta con un biglietto di sola andata nel Girone dei Suicidi, parte del Cerchio di Beth.
«Mi dispiace»disse quasi a corto di parole. Michael avrebbe senza ombra di dubbio saputo come comportarsi, ma putroppo lui non era suo fratello.
Meggy scrollò la testa asciugandosi le lacrime, come se volesse scacciare dalla sua mente il ricordo vivido di quel momento. In fondo lei aveva assistito a tutta la scena. Quando suo fratello era salito sul cornicione del papapetto del tetto del palazzo e quando si era gettato nel vuoto girato di spalle e le braccia aperte come delle ali. Quando il corpo aveva toccato il suolo poco distante da lei si era quasi disfatto e aveva creato sbuffi di sangue che le avevano macchiato la camicia che indossava. Ma non le importava. Tutto quello che vedeva era il corpo senza vita del fratello. Nulla sembrava aver senso. Era scappata senza una meta precisa e si era femata solo quando era a corto di fiato. Solo allora si era lasciata andare a un pianto liberatorio. Finchè non aveva sentito una voce sussurrarle all'orecchio, una voce maligna all'apparenza femminile che le faceva ripercorrere quegli attimi tremendi, facendola piombare dapprima in uno stato di disperazuone e per finire in uno stato catatonico interrotto da qualche pianto esteriorizzato. E per finire le era parso di avvertirne una anche maschile che però parlava in una lingua che le pareva latino, su cui non era del tutto sicura.
«Non m'importa. Non mi importa più niente. Voglio dimenticare. Lasciami vivere il resto della mia vita sola con il mio dolore e la mia disperazione. Ma tanto a che serve vivere se la persina a me più cara non c'é più»disse lei sempre più convinta.
Gabe sbiancò a quelle parole. Ma più di tutto a spaventarlo fu una sorta di simbolo che stava affiorando sulla sua fronte, una sorta di pentacolo rosso, dapprima apprna accennato e poi sempre più intenso. C'era in gioco energia demoniaca e la mente lo ricondusse ad un solo possibile colpevole: Jake. Avrebbe di sicuro scommesso un rene tanto era certo del suo coinvolgimento.
«Meggy, non crederai davvero a queste parole»sussurrò. Doveva cercare di farle tornare la voglia di andare avanti, sentimento che sembrava essersi spento. Se era davvero come ipotizzava quella sorta di sortilegio demoniaco si nutriva di una particolare debolezza della vittima doveva in qualche modo cercare di contrastarla.
Ma se avrebbe continuato su quella strada esisteva il grosso rischio che finisse tra gli accidiosi.
Era solo una teoria la sua ma pensava che l'obbiettivo di quel maledetto fosse dannare l'anima e indurla a compiere uno dei peccati per cui si veniva condannati all'Inferno.
«Mai stata più convinta. E ora scusami ma devo andare»disse girandosi e avventurandosi tra i ragazzi che correvano nel corridoio, a testa china.
Gabriele fece per allungare una mano verso la sua spalla. Magari il suo contatto avrebbe potuto innescare una qualche reazione nella ragazza e farla ritornare in sè.
«Meggy...»sussurrò. Poteva ancora salvarla, doveva salvarla.
La ragazza si girò. I suoi occhi si erano scuriti, e in quell'istante seppe di essere ormai imponente.
«Cosa vuoi ancora? Lasciami in pace».
Gabe retrocesse con espressione di sconfitta. Un Demone aveva già preso possesso del suo corpo, e vi sarebbe rimasto fino alla fine della sua vita.
Stando alle poche informazioni che i suoi simili avevano raccolto i Demoni venivano divisi in diverse gerarchie in base alla loro forza. E quelli che venivano evocati tramite rituali come quello lì in questione, e obbligati a possere i corpi delle vitime le cui anime venivano danante per l'eternità, erano sicuramente di fiducia ma il livello più basso, considerati abbastanza inutili in caso di battaglie.
Si fece da parte e la osservò allontanarsi. E solo in quel momento si accorse di aver dimenticato il quaderno e per quello s'incamminò scuro in volto verso il suo armadietto. Si sentiva in colpa di non essere intervenuto in tempo. Se ci fosse stato Mike o anche un altro Angelo Conune sarebbe senza imbra riuscito a salvare quella povera ragazza che epr cilpa della sua inesperienza era cindannata a un destino atroce.
Aprì l'antina cercando in tutto il caos che regnava al suo interno quello che gli serviva con evidente concentrazione, ma non per quello non colse due voci poco distanti da lui.
«Quindi stasera tocca a te»sentì dire da uno dei due che se ne stavo poggiato con la spalla all'armadietto di fianco.
«Già. Te ci sei già stato?»rispose l'altro evidentemente soddisfatto.
«La scorsa settimana. Giuro, non ho provato così tanto piacere come quella notte».
«Fico»esclamò l'amico.«Certo che allora Savannah è un asso in questo».
«Assolutamente»approvò l'altro.
Gabe represse una smorfia di disgusto. Sapeva che la mente di Savannah era a binario unico e che pensava solo ed unicamente a Quello.
Se davvero però questa sua voglia si stava ripetendo così spesso se la sua anima non era già stata dannata, lo sarebbe stato molto presto.
Stabco di ascoltare e deciso a vedere se la sua ipotesi era giusta si allontanò a grandi passi dall'aemadietto, dopo averlo accuratamente chiuso, e senza volerlo urtò la spalla di Raulf.
«Scusa»disse Gabe con fare abbastanza frettoloso.
L'altro lo squadrò da capo a piedi con i suoi occhi scuri. Ma non li aveva chiari fino a poco tempo prima?
«Attento dove vai la prossima volta se non vuoi che ti spacchi il tuo bel faccino».
Solo quando notò il pentacolo che per un attimo gli era sfuggito, Gabe lo fissò con pietà. Anche lui era già finito nelle mani dei Demoni.
Com'era potuto accadere tutto questo?, si ritrovò a pensare.
Non poteva essere accaduto in un solo week end. O forse si? Se fosse rimasto in città avrebbe potuto fare qualcosa per evitarlo? Forse no ma si sentiva comunque in colpa e imponente.
Scrisse un messaggio veloce a Beth, adesso era diventato parecchio bravo a inviarli, dato che non le poteva parlarle direttamente. Una parte di lui lo fece per avere conferma della sua teoria, mentre una più piccola scettica voleva dimostrare l'estranietà di Beth in tutto quel macello.
"Stanno accadendo strane cose. Alcune anime dei nostri compagni sono state dannate".
Inviò il messaggio sentendosi un tantino in colpa per non fidarsi completamente di lei. Ma non aveva alternative. Se Beth ne era all'oscuro significava che Jake aveva agito da solo e quello non era affatto un bel segnale.
La risposta arrivò pochi secondi dopo.
"Accidenti, non farmi questi scherzi. Jake è qui di fianco a me, e se ci scoprisse è finita".
Quello lo sapeva ma aveva lo stesso fatto un tentativo.
"Non ti avrei contattata se non fosse stata un'emergenza. È vero ciò che ti sto dicendo".
Immaginò Beth davanti allo schermo alzare gli occhi al cielo.
"Cos'è accaduto esattamente?"
Gabe le scrisse in modo estremamente sintetico di Margaret, Savannah e Raulf.
"Per Savannah non mi spiace più di tanto. Andrò a parlare con gli altri due. Poi ti saprò dire".
Gabe le rispose con una semplice manina alzata e chiuse la schermata dei messaggi con un sospiro.
Ma nel cuore sperò di essersi sbagliato su tutto e che quello fosse uno scherzo di pessimo gusto della sua mente.
Angolino autrice:
Buonsalve 😍
Ecco un nuovo cap dove finalmente stiamo cominciando a capire che cos'hanno combinato Ann e Jake (non si possono mai lasciare da soli visto? 😑😂)
A presto(speriamo 🙈) per il prossimo cap😍 e buon fine e inizio anno 😘
FreDrachen
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