Capitolo 18:Mezze veritá
L'aria era frizzante. In fondo cosa ci si doveva aspettare da una giornata di inizio novembre?
Gabe gettò un'occhiata all'orologio che portava al polso, rabbrividendo nel suo giaccone imbottito verde bottiglia.
19:10
Sfregò le mani intorpidite dal freddo. Meno male che Wilmington era una città costiera, altrimenti la temperatura, se fosse stata all'interno e non mitigata dal mare ,sarebbe potuta andare benissimo sotto zero. Anche se la brezza marina che fluiva in ogni via della città era piuttosto frizzantina, pensò Gabe infagottandosi nel giubbotto per tenersi caldo.
Finalmente la scorse da lontano. Ma quando si avvicinò quasi non la riconobbe. Non si era truccata, se non un leggero tocco di matita sugli occhi. Non indossava il solito chiodo di pelle ma un caldo cappotto di panno nero, sopra a un paio di jeans. L'unica cosa uguale erano gli anfibi.
«Sei…sei bellissima»disse quando furono a poca distanza l'uno dall'altro.«Come mai questo cambiamento di look?»
Lilith scrollò le spalle sorridendogli complice.«Avevo voglia di cambiare. E poi non eri tu a volermi vedere senza trucco?»
Gabe rimase spiazzato.«Non ho mai detto che…»
«L'hai pensato»lo interruppe Lilith.«E io sfortunatamente so leggere nel pensiero, se la mente non è schermata»replicò con un sorriso.
Gabe rimase a bocca aperta. Non ci aveva mai pensato a questo terribile potere in comune tra Originari e Arcangeli. Che avesse letto nella sua mente altro?
«Non preoccuparti Gabe»lo rassicurò Lilith.«Eri sempre in allerta a scuola per cui non ho mai avuto il privilegio di scoprire i tuoi segreti più profondi, né cosa ti stava passando per la testa. Questo avrebbe dovuto insospettirmi un po' quando ancora ero all'oscuro della tua natura, ma pazienza»gli disse facendogli l'occhiolino.
«Ma la stai leggendo adesso».
Lilith lo fissò con esasperazione.
«Allora schermala se non ti fidi di me».
Gabe non se lo fece ripetere due volte ed eresse tra la sua mente e il mondo esterno un muro invalicabile.
Tra i due scese un silenzio tombale, incerti su come comportarsi. Gabe quasi si pentì di aver schermato la mente. Gli sembrava quasi che non volesse fidarsi di lei. Ma alcuni segreti dovevano rimanere segreti.
«Allora»azzardò Lilith,cercando di cancellare l'imbarazzo che era sceso come una coltrina di ferro tra i due.«Dove mi porti di bello?»
Gabe andò ancora di più nel pallone. Accidenti, non ci aveva pensato.
«Ecco…io…»
Lilith alzò gli occhi al cielo, con espressione mista esasperazione e divertimento.
«Meno male che ci sono io. Vieni. Conosco il posto ideale».
«Non è il Feuer Bar, vero?»domandò subito Gabe, quasi sulla difensiva.
Lilith scoppiò a ridere.
«Nein. Non preoccuparti. Per stasera opterei per qualcosa di più…normale».
Lasciarono alle loro spalle il caos del centro, per raggiungere il lungomare. Il mare quella sera era particolarmente irruento infrangendosi contro la scogliera.
Camminavano fianco a fianco in silenzio, come una normale coppia di ragazzi.
"Amici, siamo solo amici" ricordò tra sé e sé Gabe.
Procedevano entrambi in silenzio, un silenzio diverso da quello di prima. Non più carico di sospetto, bensì trasmetteva una sorta di piacevolezza. Non avevano bisogno di parole in quel momento, ma di sentirsi solo vicini.
«Siamo arrivati». La voce di Lilith ruppe finalmente il silenzio.
Si fermarono a due isolati dalla scuola davanti a una pizzeria, "I due forni".
Gabe deglutì.«Sicura di voler passare la serata qui?»
«Assolutamente. Il proprietario, Joes è napoletano da parte di padre, e fa le pizze migliori in assoluto. Te lo dice una grande intenditrice di cibi italiani»lo tranquillizzò Lilith, facendogli l'occhiolino.
«Perdona la domanda pertinente, ma come fai a conoscere il pizzaiolo?»
Lilith alzò le spalle.«Ho ordinato la pizza a domicilio qualche giorno fa. E una volta sono venuta qui di persona, dopo che tu…tu mi hai salvata»rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Non pensavo che voi Demoni mangiaste i cibi comuni».
Lilith sorrise.«È vero, ma non per questo ho rinunciato a mangiare certe prelibatezze. E inoltre speravo che potesse essere un ottimo sostituto del sangue».
«E ha funzionato?»
«Chi può dirlo, dato che il tuo sangue mi ha donato resistenza. Non posso sapere con certezza se abbia fatto qualche effetto. E se anche non li abbia fatti, non rinuncerò mai alla pizza».
«Scusa, ma quando voi Originari eravate vivi, non esistevano le pizze. Quindi non riesco a capire come tu possa conoscerle»fece notare Gabe dubbioso.
Lilith gli diede un buffetto scherzoso sulla guancia.«Tutto a tempo debito Angioletto troppo curioso. Andiamo».
L'interno la pizzeria era carinissima con i tavolini per due disposti in modo ordinato, ornati di fiori al centro tavola. Si respirava un profumo invintantissimo di pizze e anche di qualcos'altro che Gabe non riuscì a identificare.
«Qui fanno tutte le specialità italiane. Dalle trofie al pesto genovesi, alle rosette romane».
«Pensavo fosse una pizzeria»balbettò Gabe confuso.
«Lo è. Ma Joes e la sua famiglia non vogliono dimenticare le loro origini italiane».
«Chi mi ha nominato?»esclamò una voce alle loro spalle.
«È un piacere rivederti Joes»lo saluto Lilith con un sorriso.
Era un uomo di mezza età non troppo alto ma abbastanza slanciato, dai capelli neri, occhi castani e aria gioviale.
«Oh, Lilith. Bentornata nella mia modesta pizzeria».Scostò lo sguardo su Gabe, squadrandolo da capo a piedi.«Un tuo amico, immagino».
«Già. Gabriele lui è Joes. Joes, Gabriele».
«È un piacere conoscerla Señor Joes»disse Gabe allungando la mano con fare cordiale.
Joes si massaggiò il mento.«Mmm…la tua voce non mi è nuova. Ma dove l'ho già sentita? Bah, non importa. Prego, sistematevi dove più vi aggrada».
Scelsero un tavolo vicino alla cassa e poco lontano dall'uscita, e dopo essersi accomodati su comode sedie in vimini, riapparve Joes armato di taccuino per prendere le loro ordinazioni.
«Cosa vi porto ragazzi?»
Oh, oh pensò Gabe quasi in imbarazzo. Non aveva ancora familiarizzato con tutte le pizze esistenti. Per fortuna Lilith lo tolse dall'impiccio.
«Due margherite e due lattine di cola. Va bene Gabe?»
Gabe si affrettò ad annuire sollevato.
«Arrivano subito»disse Joes con un sorriso, per poi scomparire dietro al bancone dove ad attenderlo c'erano già due paste di pizza. Con movimenti leggiadri cominciò a stenderla e per finire volteggiare in aria con maestria. Se ci fosse stato Gabe al suo posto sarebbe finita spiaccicata o contro il soffitto o in testa a qualcuno. L'Angelo, in imbarazzo, distolse lo sguardo dal pizzaiolo, per posarlo su Lilith, intenta a giocherellare con lo smalto nero delle unghie.
«Grazie».
Lilith alzò lo sguardo dallo smalto rovinato sul pollice destro.
«E di cosa?»domandò sorpresa.
«Mi hai tirato fuori da una situazione imbarazzante prima. Mi sento ancora un po' fuori luogo. In più, Joes lo conoscevo già. L'ho fatto disperare quasi un mese fa al telefono»spiegò arrossendo.
Lilith scoppiò a ridere.«Povero Joes. Che pazienza che deve avuto avere con te».
«Già. Sono un buono a nulla, un imbranato, chiamami come vuoi. Gli altri Angeli avevano ragione a dire che sono troppo maldestro e pasticcione»ammise Gabe amaramente.
Ecco. Stava cadendo nell'autocommiserazione.
«Non è affatto vero»replicò Lilith seria.«Sei una persona speciale che possiede un grande cuore. Sono sicura che nessuno di loro avrebbe fatto ciò che hai fatto».
Gabe abbassò lo sguardo.«Ho tradito le Leggi, non sono capace ad adattarmi a questa vita neanche nelle cose più semplici. Forse…forse al primo segno della mia imbranataggine avrebbero dovuto mandare qualcun altro a portare avanti la missione».
«Un Angelo che mi ucciderebbe senza pietà?»domandò Lilith accigliandosi, e inarcando un sopraciglio.
La fissò negli occhi, come ipnotizzato.
No, non voleva che lei morisse.
«Hai ragione. Dimentica ciò che ho detto»borbottò cercando di allentare le parole che aveva appena pronunciato.
Lilith fece per replicare quando arrivò Joes con le pizze.
«Buon appetito»augurò il pizzaiolo portandosi lo straccetto al braccio a mo di cameriere improvvisato.
Gabe annusò la sua intensamente, lo stomaco già che reclamava quella prelibatezza.«Mmm…ho già l'acquolina in bocca»esclamò ficcandosene in bocca un pezzo enorme.
Lilith sorrise divertita davanti a tanta voracità. Anche lei era così animata di spensieratezza e ingenuità. Prima che la sua vita cambiasse. Prima che l'Inferno entrasse nella sua vita, condannandola a un'esistenza voltata esclusivamente alla morte.
Prese un trancio di pizza che gustò a piccoli bocconi, guardandosi attorno e volando con lo sguardo sui presenti. Gente comune, con una normale vita da vivere, a volte sciatta eppure così semplice.
Ad attirare la sua attenzione fu una coppia poco distante.
La ragazza stava piangendo, il mascara che disegnava sottili righe nerastre sulle guance. «E quando pensavi di dirmelo?»stava sussurrando tra un singhiozzo e l'altro.
Il ragazzo che era con lei, forse il suo fidanzato, replicò gelidamente.«Non ti ho mai amata, e tu lo sai. Ti sei illusa che tra noi potesse nascere qualcosa di più, ma ti sbagli. Non ti amo e non ti amerò mai».
La mente di Lilith nel sentire quelle parole corse al vicolo e al viso sorridente e beffardo di Belial nel vicoletto dove tutto era cominciato.
"Non ti ho mai amata"le aveva detto con calma glaciale.
«Lilith, ti senti bene?». Gabriele la osservava con apprensione, sinceramente preoccupato dall'espressione sconvolta che si era fatta strada sul volto della ragazza.
Non resse al ricordo. Si alzò e scappò velocissima fuori dalla pizzeria. La fetta che teneva in mano cadde sul piatto, pieno a metà.
«Ma cosa…»si lasciò scappare Gabe, incrociando lo sguardo con quello preoccupato di Joes. Il ragazzo pagò velocemente la consumazione per poi gettarsi all'inseguimento di Lilith.
Le corse dietro. Aveva ancora impressa nella sua mente l'espressione atterrita che l'aveva subito preoccupato.
"Accidenti se è veloce"pensò, facendo tutto il possibile per scansare la gente che passeggiava tranquillamente.
Oh, eccola là, pensò con sollievo notandola qualche metro più avanti, poggiata con i gomiti al parapetto della ringhiera che li separava dall'oceano.
Avvicinandosi, riuscì a sentire che singhiozzava. Forse aveva pianto dalla pizzeria fino a lì.
«Lilith».
La ragazza si girò con gli occhi gonfi di pianto.
Gabe allargò le braccia senza dir niente. Sapeva che era di conforto di cui aveva bisogno in quel momento.
Lilith nascose il viso nel petto del ragazzo, piangendo.
Lui le accarezzò dolcemente la schiena.
«Non è niente. Qualunque cosa fosse, è finita».
Lilith scosse la testa.«Non è così facile Gabe. Ho ricordato quello che avrei voluto dimenticare».
«Lilith…non capisco…cosa…»
«Io non sono un Originario come lo pensi tu Gabe. Lo sono diventata con l'inganno»confessò tra le lacrime.
Gabe rimase sorpreso.
«Sembra che sia arrivato il momento di raccontarmi la verità».
Lilith annuì.
Gabriele la condusse gentilmente a una panchina. Lilith si sedette stancamente e Gabe si accomodò accanto a lei, lontano quel poco che gli permettesse di fissarla negli occhi, se avesse decisi di alzare lo sguardo.
Rimasero un attimo in silenzio. Lilith a contorcersi le mani nervosamente, Gabe con la testa china in attesa.
E alla fine la ragazza trovò il coraggio di parlare.
«Un tempo non ero così. Ero una ragazza normale, con una famiglia, pochi amici devo ammettere, ma i migliori che abbia potuto desiderare. Sono sempre stata un tipo solitario, un po' fuori dagli schemi. Non mi piaceva uscire i sabato sera, né andare a caccia di ragazzi come molte mie coetanee. Ero definita un tipo…strambo, diciamo così. E piuttosto timida aggiungerei. Mio cugino mi prendeva in giro per questo»disse con lo sguardo rivolto a terra.
«Stento a credere che tu sia stata timida»si lasciò scappare Gabe, zittendosi subito.
Lilith alzò lo sguardo su di lui.«Da quando sono diventata un Demone sono cambiata molto»spiegò.
«Conobbi Carlo nel locale gestito da Leopold, mio cugino, il Luna Rossa»continuò.«Ti sembrerà strano, ma dal primo momento in cui lo vidi capii di amarlo. E quando fuori dal locale quella sera stessa mi baciò, pensai che le mie convinzioni fossero giuste. Quando stavo con lui, non me ne rendevo conto più di tanto, il mio cervello metteva il pilota automatico e sentivo che ogni cosa che mi dicesse era sempre quella giusta. I miei coetanei cominciarono a definirmi sua succube, ma a me i loro commenti non importavano. Volevo solo rendere felice Carlo, più di ogni altra cosa». Tirò su con il naso. «La mia famiglia fin dall'inizio non vide di buon occhio Carlo. Ma per lui avrei fatto qualsiasi cosa. Arrivai perfino a odiare tutti:i miei genitori, mia nonna, Leo e anche i miei migliori amici. Adesso mi pento amaramente di non aver dato loro ascolto finché ero ancora in tempo».
Gabe vide un leggero rossore colorare le sue goti pallide. Sembrava si vergognasse a rivelargli il suo segreto più profondo. Non era di certo facile aprirsi con qualcuno che ancora non si conosceva bene. Anche lui si sarebbe trovato in difficoltà a parlare di sé.
«Lui mi faceva stare bene. Un giorno, però, si ammalò gravemente. I medici avevano subito scosso la testa. Non sarebbe sopravvissuto».
«Cos'aveva?»
«Meningite fulminante».
Lilith si portò le mani al viso.
«Ero disposta a tutto per salvarlo. Mi venne in aiuto un amico di Carlo, che scoprì dopo un po' di tempo che si trattava di un Demone. Mi propose uno scambio: la mia anima in cambio della salvezza del mio ragazzo. Accettai. Lui si salvò, e io mi ritrovai all'Inferno, nel Settimo Cerchio. Era il prezzo equo da pagare. Ma durante il mio soggiorno lì all'Inferno, sentivo la sua mancanza comprimermi il cuore, mi sentivo impazzire senza di lui. E Jake come compagnia non giovava certo al mio stato d'animo. Ti giuro non ho mai provato così tanto disprezzo nei confronti di qualcuno, come nei confronti di Jake».
Non lasciò il tempo a Gabriele di formulare qualsiasi domanda su Jake, riprendendo la sua storia.«Trovai un prezioso alleato inaspettato direi, che mi condusse allo Specchio Lete, una sorta di portale unidirezionale, cioè capace di condurti in qualsiasi luogo sulla Terra ma incapace di riportarti indietro. Per quello si aprono portali temporanei»spiegò brevemente.«E grazie allo Specchio mi materializzai davanti al Luna Rossa».
«E poi? Cos'è successo?»
«Quello che vidi poco dopo mi lasciò senza fiato. Trovai lui uscire dalla porta secondaria abbracciato passionalmente a un'altra. Non resistetti e mi rivelai».
Gabriele ridacchiò.«Non l'avranno presa bene».
Lilith gli scoccò un'occhiataccia.
«Già. Sbiancò in modo vistoso, se ti interessa. Mentre la ragazza se la diede a gambe. Provai a parlargli, convincerlo che se ero morta l'avevo fatto per lui. Si era divincolato urlandomi che non mi aveva mai amato e che se stava con me lo faceva perché voleva dannare la mia anima. Ed è stato solo in quel momento che la sua mente che mi aveva soggiogata fino a quel punto, allentò la sua presa. E capii».
Gabe sentì montare la rabbia dentro di sé, nei confronti di quel maledetto che aveva osato farle una cosa simile.
«Non crucciarti per me Gabriele. È successo molto tempo fa»lo rassicurò con tristezza Lilith, percependo il suo rancore.
«Non sarebbe mai dovuto accadere»sibilò di tutta risposta Gabe, la collera che non era scemata neanche di un microgrammo.
«Il passato è passato Gabe, e non possiamo cambiarlo»ribatté Lilith calma.
Gabe annuì controvoglia, intimando la ragazza a continuare il suo discorso.
«Capii di essere stata raggirata, e che la mia mente era stata succube della sua influenza demoniaca per tutto il tempo che siamo stati insieme. Ero così arrabbiata con lui per quello che aveva fatto, per questo diedi ascolto a una voce, una voce che mi sussurrava nella mente e che mi convinse a fare ciò che feci».
Rimase in silenzio per un attimo.
«Lo uccisi senza pietà. Non mi sono mai pentita, neppure adesso, di quello che ho fatto. Ma il suo sangue riuscì a penetrare nel mio corpo attraverso le ferite e da lì si è propagato in tutto il mio corpo».
«Cavolo»si lasciò scappare Gabriele scosso.
Lilith scrollò le spalle.«Quello che non sapevo era che lui era Belial, un Originario»continuò amareggiata.
Gabriele ci mise un po' a capire.«Il Capo del Settimo Cerchio».
«Ex Capo»puntualizzò Lilith annuendo.
«Entrando in contatto con il suo sangue, dopo che lui senza rendermene contro mi aveva sottoposta al Daemon Ritus, ereditai il suo fardello. La sua anima è finita, per fortuna mia e di tutti, nella Fossa, nell'oblio eterno».Gabe si grattò la testa confuso.«Ancora non capisco come hai fatto a diventare un Originario»ammise imbarazzato.
«Esistono diversi modi per diventare Demoni in base soprattutto alla propria natura di partenza»cominciò a spiegare Lilith in tono didattico.«Partiamo dall'esempio più semplice:l'umano. Basta che il sangue entri in circolo anche solo in un taglietto minuscolo, o si può essere morsi alla carotide».
«Come con i vampiri dei romanzi?»
Lilith annuì.«Esatto. Per le creature sovrannaturali, invece, si ricorre al Daemon Ritus».
«Il Daemo che?»domandò Gabe confuso.
«Daemon Ritus»ripeté Lilith.«È un rito arcaico, nato poco dopo la Caduta di Lucifero e i suoi, in grado di trasformare una creatura del Paradiso in un Demone. Ne esiste di diversi tipi in base alla gerarchia. Un Angelo Comune deve bere anche il sangue di una vittima innocente, uccisa in un determinato modo. I dettagli te li risparmio»aggiunse, vedendo la smorfia disgustata di Gabe.«Per gli Arcangeli invece esiste di due tipi, in base se la trasformazione va contro o meno la sua volontà».
«Non capisco. Chi vorrebbe vendersi al male?»
Lilith lo fissò a lungo.«Lilith, la prima donna creata, da cui ho ereditato il mio nome demoniaco, è stata la prima a volersi sottoporre a questo rito».
Era logico. Come prima donna creata in assoluto era creatura del loro Signore, e quindi di conseguenza del Paradiso.
«Ancora non capisco. Come ci si può vendere al male più assoluto?»
Lilith scrollò le spalle. «Per amore si è disposti a tutto. Lilith ha fatto ciò che si sentiva di fare per stare con colui che amava».
Gabe preferì non andare oltre.
«E come funzionano questi due tipi sugli Arcangeli?»domandò poi incuriosito. Queste magie nere non si studiavano di certo su in Paradiso, ma più ne sapeva meglio era, anche per le missioni future.
«Uno è quello a cui sono stata sottoposta io, che è quello involontario. È simile a quello usato sull'umano, e come unica differenza sostanziale devi ripetere la formula rituale prima in latino e poi nella lingua parlata nella zona dove lo compi».
«Perché, ne esiste anche uno volontario?»
Lilith gli sorrise tristemente.«Già, da non credere, eh? Il secondo è più doloroso per il destinatario del sangue e il donatore. Succede che…»
Si bloccò mordendosi il labbro, indecisa se proseguire o meno la spiegazione.
«Succede cosa? Ti prego, dimmelo»la supplicò Gabe.
Lilith abbassò lo sguardo.«Non vuoi saperlo sul serio, vero?»
Gabe sentì crescergli addosso una strana inquietudine a quelle parole.«Sono sicuro di potercela fare».
La ragazza sospirò, e riportò lo sguardo su Gabe.«Nel Pandemonium, la dimora di Lucifero sul Cogito, tra le innumerevoli sale, ce n'è una che ospita un macchinario. I due interessati vengono fatti sedere su due sedie simili a quelle usate qui in America per i condannati a morte per folgorazione. Vengono bloccati a esse con ceppi di metallo ai polsi, e poi gli vengono infilati due tubi all'altezza dell''incavo del gomito dove di solito si fanno i prelievi del sangue».
Gabe sentì il cuore accelerare, intuendo cosa avrebbe detto dopo.
«E poi?»domandò ugualmente.
«E poi si aziona il macchinario che preleva il sangue al donatore e lo trasferisce nel destinatario che a sua volta viene privato del suo sangue che esce dall'altro tubo. E non parlo di tubi grossi, ma di capillari. Il processo è lungo e dolorosissimo. O almeno, così mi hanno detto».
«E come fai a saperlo? Nessun Arcangelo è mai stato sottoposto a simile trattamento».
Lilith sospirò.«Hanno provato con un Angelo e un Demone Comune, con la speranza che il Rito funzionasse anche con loro. Sono morti entrambi in preda all'agonia più pura. Nessuno dei due ha retto».
Un brivido gelido percorse la schiena di Gabe.
«E quindi tu sei diventata una Demone per colpa di quel…maldito*»disse poi ancora scosso, tornando al discorso lasciato un attimo da parte per aprire quella parentesi tutt'altro che lieta. Accidenti, sperava di dormire da quella sera in poi senza incubi.
«Già»sorrise Lilith, un sorriso amaro, sollevata di aver abbandonato quel discorso così tetro e lugubre.«Dopo la trasformazione persi anche me stessa. La mia memoria fu resettata. Non i ricordi, quelli rimasero, ma i sentimenti che avevo provato. Mi sembravano così effimeri e privi di senso. In me regnarono rabbia e odio per quasi vent'anni».
«E poi?»
«E poi sei arrivato tu. All'inizio ti avevo visto come una facile vittima con cui divertirmi. Finché non mi hai salvato la vita, cambiandomi completamente».
«E adesso? Cosa pensi di me Lilith?»
La ragazza scosse la testa.«Non lo so Gabe. Sono confusa. Non so che fare. Non riesco neanche più a capire chi sono».
«Io lo so».
Lilith lo guardò intensamente.
«Non ti ho mai vista pericolosa Lilith. Certo, stavo scherzando con il fuoco me ne rendo conto. Ma adesso che so come stanno le cose, so che sei una ragazza finita per sbaglio in un gioco più grande»disse di getto, bloccandosi prima di pronunciare:"E sei la ragazza che ha risvegliato il mio cuore dopo anni".
«Beth»disse lei arrossendo.«Tutti mi chiamavano Beth. È una sorta di diminutivo del mio vero nome, Elisabeth».
Gabe sorrise.«Allora comincerò a farlo anch'io. Beth»disse gustando la parola.«Suona meglio di Lilith».
La ragazza alzò gli occhi al cielo.«Naturale. Lilith è un nome da Demone».
«Ho un'altra domanda da farti»disse poi Gabe.
«Spero non sia legato a quello che ti ho detto prima. È difficile parlarne anche per me».
«Per salvaguardare la mia salute mentale,che credo non sia mai esistita, mi asterrò a farne»ribatté Gabe con un sorriso.«No, volevo solo sapere qualcosa riguardo ai tuoi…denti»aggiunse in imbarazzo.
Beth batté le palpebre confusa.«I miei denti?»
«Bé, si…la faccenda dei canini che si accorciano e si allungano, ecco…»
la ragazza scoppiò a ridere.«I canini si allungano solo in caso di bisogno, cioè quando dobbiamo mordere la nostra vittima alla carotide».
«Che schifo»ribatté Gabe con una smorfia di disgusto sul viso.
Beth fece spallucce.«È una cosa normale. Sai che noi Demoni ci nutriamo di sangue. Adesso, fortunatamente per te, non è più di moda come nel Medioevo. Devo dirti che è più gettonato il taglio delle vene dei polsi».
«Fa schifo comunque».
«Per un Angelo come te è normale. Solo i dannati come me ne traggono piacere»ammise Beth.
«Ma per te non è più così».
Beth lo fissò allarmata, colta in fragrante.«Magari è solo una questione temporanea che passerà presto».
Gabe la fissò.«Davvero vorresti tornare a uccidere?»
«È quello che sono Gabe, e non posso cambiare la mia natura. Il destino ha voluto che diventassi un Demone».
«Non sono d’accordo»la interruppe Gabe. C’era una tale decisione nelle sue parole, che per un attimo Beth si lasciò andare alla tenerezza di quel pensiero. Ma fu un istante solo.
«È stata una pazzia. Non sarei dovuta venire»sibilò infine alzandosi.
Gabe le prese il mento fra le dita, e la costrinse a guardarlo negli occhi.
«Ma Beth…»
«No, non puoi capire Gabe. Nessuno può farlo» disse, in prossimità delle lacrime.
«Grazie per la serata, è stata davvero piacevole. Ma adesso devo andare. Addio Gabriele».
Fece per allontanarsi, ma Gabe la bloccò, afferrandola per il braccio e costringendola a fissarlo negli occhi.
«Non è affatto una pazzia credere di voler cambiare»disse determinato. Beth fece per ribattere ma lui la interruppe prima ancora che potesse controbattere.«Te lo leggo nel cuore Beth. Tu vuoi davvero cambiare. Tagliare i ponti per sempre con la vita che hai condotto fino adesso. È questo ciò che vuoi veramente».
«Come fai a sapere ciò che voglio, se io stessa non lo so».
Gabe rimase in silenzio.«A dire il vero non so come faccio. Lo so e basta»ammise.
Beth sentì le lacrime pizzicarle gli occhi.
Gabe si risedette e d'istinto allungò le braccia come per invitarla a trovare conforto. Beth non se lo fece ripetere, e si accoccolò al suo fianco. Gabe l'avvolse in un abbraccio, facendole poggiare la testa nell'incavo della spalla. Beth si lasciò andare a quella sensazione tenera e avvolgente desiderando che non finisse mai. Sentiva il petto di lui alzarsi e abbassarsi in un respiro appena affannato, il pulsare ritmico del suo cuore che sapeva essersi riacceso solo perché in consistenza umana. E quel calore, quel calore che si propagava in tutto il corpo donandole una sensazione terribile meravigliosa come cadere in un abisso al rallentatore. In quel momento ogni cosa all'orizzonte sbiadì. Beth sentì le lacrime solcarle le guance, senza che potesse fermarle. Era da tempo che non piangeva e si sfogava.
«Sai…non credo ci sia memoria di un appuntamento così bagnato come questo» disse Gabe per alleggerire la situazione.
Beth ridacchiò tra le lacrime che continuavano a scivolare giù per le goti, asciugandosele poi con il dorso della mano.
«Vieni. Ti riaccompagno a casa»disse l'Angelo cingendole il fianco.
Percorsero le strade a piedi godendosi la quiete delle strade deserte. Gabe per tutto il tragitto la tenne stretta a sé, e Beth si sentiva in pace con se stessa e protetta, come se nulla al mondo potesse farla di nuovo soffrire. Era una sensazione così dolce il suo braccio intorno alla spalla, che neppure Carlo, con i suoi infidi trucchetti, era stato in grado di farle provare.
«Abiti qui?»domandò Gabe non appena si fermarono di fronte a una palazzina moderna, al tempo stesso riccamente decorata come le tenute dei nobili antichi, alta cinque piani, la facciata rosso mattone, i terrazzi in marmo bianco così come i ricami, che catapultavano direttamente nel passato.
Beth sorrise di fronte al suo sguardo di puro stupore e meraviglia.
«Cosa credi? Noi Demoni abbiamo buon gusto».
Gabe le rispose con un sorriso sornione.
Rimasero a fissarsi in silenzio.
Fu lei a tradimento ad alzarsi sulle punte e a dargli un bacio sulla guancia, ritraendosi sorpresa dopo pochi secondi.«A domani Gabe»sussurrò d'un soffio, prima di allontanarsi e sparire al di là del portone che aprì rapida con il solo tocco della mano.
Gabriele rimase sorpreso, toccandosi là dove si erano poggiate delicatamente le labbra di Beth, sentendo un leggero formicolio estremamente piacevole.
Diede un'ultima occhiata al portone, e si incamminò verso casa.
Davanti alla porta, Beth frugò freneticamente nella piccola borsa che portava a tracolla alla ricerca delle chiavi. Se con le altre porte, bastava poggiare anche solo un dito e queste magicamente si aprivano, con quella del loro appartamento non funzionava. Era stata un'idea del Signore degli Inferi. La porta non si sarebbe mai aperta se non con una specifica chiave custodita sia da lei che dal suo sottoposto. Un modo per evitare che qualcuno potesse coglierla di sorpresa quando era più tranquilla e vulnerabile. Non erano i ladri che temeva, bensì gli Arcangeli. Dopo quello che aveva fatto quasi dieci anni prima, era inevitabile che se avessero saputo della sua presenza sulla Terra sarebbero partiti in una caccia irrefrenabile, seguendola addirittura in capo al mondo se era necessario.
Alla fine, dopo aver svuotato mezza borsa sul pianerottolo, la trovò. Si sbrigò a rimettere tutto dentro la borsa, e con mano tremante infilò la chiave nella toppa e aprì lentamente la porta, facendola cigolare tetramente.
Perché gli aveva dato quel bacio, proprio lei che era finita nei guai per colpa di quello stupido sentimento? Quei vent'anni che aveva passato, come prigioniera nella sua stessa mente, non le erano bastati come monito?
Anche se tutto si era giocato sull'inganno tessuto da Belial, non poteva scordare che per colpa di quell'amore che credeva provare, aveva perso se stessa.
Forse era il suo destino desiderare la felicità, ma non raggiungerla mai.
Ma se con Gabe fosse stato tutto diverso?
Dentro di sé sentiva di potersi fidare, ma era la ragione a bloccarla. Sapeva bene come sarebbe andata alla fine. Lui che si sarebbe stufato e l'avrebbe mollata per un'altra ragazza, magari quella mora senza cervello che si era portata dietro. Era un ragazzo così adorabile, che meritava senz'altro il meglio, non una come lei con un pesante fardello sul cuore.
C'era un motivo dietro al fatto per cui Gabe non era morto qualche giorno prima. Lei, Beth, aveva infranto per un attimo il controllo totale del suo alterego, colei che aveva dominato e infiammato il suo cuore con il suo furore omicida:Lilith.
Gabe avrebbe capito e accettato che la sua anima era contesa tra la luce e le tenebre? Avrebbe accettato che in lei albergasse un mostro, che però il sangue angelico aveva zittito?
Infatti, dopo che era entrata in contatto con il sangue di Gabriele sembrava che la sua nemesi si fosse ritratta nel suo inconscio lasciandole campo libero. L'unica cosa che testimoniava ancora la sua presenza dentro di lei erano qualche sussurro appena accennato, come quello che le aveva suggerito la punizione di Jake.
«Quanto tempo ancora mi terrai qui?»le domandò una voce roca dall'altra stanza, che la strappò dai suoi pensieri.
"Parli del diavolo" si ritrovò a pensare Beth, seccata.
Entrò con un'espressione sul viso imperscrutabile. Il suo sottoposto sembrava ancora in forma, anche se aveva gli zigomi molto pronunciati, il viso smunto e cinereo, ma a parte questo non sembrava patire molto la fame.
«Può bastare la tua punizione. Ma non credere che sarò così clemente in futuro»sibilò minacciosa, non credendo neanche a un briciolo alla sue parole. Eppure mantenne un'espressione fredda per ingannare il suo sottoposto.
Tirò fuori dalle tasche le chiavi e cercò quella del lucchetto delle catene. L'armeggiò lentamente, assaporando l'impazienza nel cuore di Jake. Ecco, un altro momento dove l'essenza di Lilith tornava a influenzarla.
Non appena libero, il Demone si massaggiò i polsi doloranti e martoriati.
«Siete stata molto clemente con me Mia Signora. Non accadrà più»disse poi prostrandosi a terra.
«Spero per te che ciò non accada più in futuro»fu la risposta repentoria di Beth, che non notò il sorriso sardonico che piano piano si faceva strada sul volto del suo sottoposto. Presto sarebbe tornato a cospirare contro di lei con l'aiuto di Annabel. Ma prima doveva procurarsi del sangue per rimettersi in forze.
Beth parve percepire cosa gli passava per la testa in quel momento, perché si affrettò a precisare: «Ti è proibito andare a caccia di sangue d'ora in poi. Me ne occuperò personalmente».
Questo smontò la sua momentanea felicità. «C-co-osa?»boccheggiò a fatica. Quando uccideva quegli insulsi umani si sentiva più forte e appagato. Non poteva togliergli assolutamente quello sfizio.
«Ha i capito benissimo. Ti è proibito tornare a uccidere».
Jake chinò il capo nuovamente in segno di sottomissione.«Come desiderate Mia Signora».
Non appena Beth lasciò la stanza per recuperare dal frigo una bottiglia di sangue d'animale-ecco il motivo del suo ritardo all'appuntamento con Gabriele, doveva convincere il macellaio di quartiere a cederglielo- sul volto di Jake si dipinse una smorfia di frustrazione. Ben presto gliel'avrebbe fatta pagare.
Gabe rientrò nell'appartamento quatto quatto per non svegliare Annabel.
Richiuse delicatamente la porta di camera sua ripensando alla serata passata con Lilith…correzione con Beth.
Dopo le rivelazioni di quella serata la vedeva con occhi diversi, ma com'era stata nel passato? Era diversa dalla ragazza che aveva imparato a conoscere meglio?
Chiuse gli occhi e il suo ultimo pensiero andò al dolce bacio di Beth sulla guancia.
*trad dallo spagnolo:maledetto
Angolino autrice:
Ta daaan :3
Vi è piaciuto il loro primo appuntamento? XD
Spero di si ^^
E spero anche di non avervi traumatizzato tanto con le spiegazioni macabre di Lilith/Beth ^^"
Ringrazio tutti voi che seguite la storia :-*
A presto!
FreDrachen
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